Hegemony

Il collettivo greco Hegemonic Project ci propone un gioco davvero originale, che prende le forme di una complessa simulazione economica e politica, intenta a ricreare il funzionamento di una democrazia liberale contemporanea.

I nostri video dedicati a Hegemony su YouTube:
Esempio di gioco
Analisi critica

1. Ambizioni smisurate
La storia di qualunque tipologia di opere dell’ingegno, dall’arte figurativa alla letteratura, dalla musica al teatro, è punteggiata da pietre miliari riconosciute come tali solo ex post, in quanto talmente innovative da essere poco fruibili dal grosso del pubblico, assuefatto a determinati pattern e poco disposto ad allontanarsene. La storia del gioco da tavolo (e anche del videogioco) è ancora troppo giovane per consentire una prospettiva storica che permetta di riconoscere questi meccanismi: il gioco di cui ci apprestiamo a parlare però è senza dubbio già definibile come una pietra miliare, e nonostante abbia ricevuto numerosi riconoscimenti siamo convinti che li abbia ottenuti non in ragione della sua popolarità ma solo ed esclusivamente in ragione della forza e dell’unicità delle idee e del punto di vista tematico. Hegemony: Lead Your Class to Victory è un gestionale asimmetrico che mette i giocatori nei panni di 4 gruppi socio/economici, definiti come la classe operaia, i capitalisti, la classe media e lo stato. Nella loro interazione, queste quattro entità perseguono ciascuna i propri obiettivi, finendo con il simulare meccaniche tipiche del funzionamento delle contemporanee democrazie liberali: o almeno questa è l’intenzione degli autori. Chiaramente queste ambizioni devono costantemente scontrarsi con la necessità di astrarre e di sintetizzare: ma l’idea generale è anche molto facilmente criticabile perché basata su premesse inevitabilmente ideologizzate. Su quest’opera si potrebbe scrivere, riflettere e ponderare per pagine e pagine: e basta questo per capirne la portata e lo spessore.

2. Giocabilità generale
Hegemony è fortemente asimmetrico: prima tratteremo lo scheletro di regole che riguarda tutti i giocatori, per poi approfondire gli obiettivi specifici dei quattro “gruppi” che il gioco chiama classi. Il gioco è completo solo se giocato in 4: è anche possibile giocarlo in 3 o in 2. Giocando in 3 il funzionamento dello stato viene automatizzato; giocando in 2 lo stato è automatizzato e la classe media semplicemente non c’è, quindi si gioca operai contro capitalisti.
Il gioco è card driven. Ogni giocatore ha un suo mazzo di carte, che mescolerà e da cui pescherà all’inizio della partita 7 carte. Nel tuo turno, il giocatore cala una carta e sceglie se eseguire l’azione descritta sulla carta stessa o se eseguire un’azione ‘generica’ disponibile per la sua classe. Prima o dopo l’azione principale, il giocatore può anche eseguire una free action, sempre scegliendola tra quelle disponibili per la sua classe.
Alcune carte hanno dei requisiti per poter essere giocate: più precisamente, potrebbe essere richiesta una precisa policy in atto, ovvero quella che in italiano chiameremmo una apposita “legge”. Sulla plancia generale sono indicate le possibili policy che la nostra immaginaria nazione può seguire in un determinato momento: queste opzioni sono organizzate sulla base di 7 macro-ambiti, ciascuno dei quali offre 3 diverse opzioni, organizzate sulla base dell’asse socialismo/neoliberismo o sulla base dell’asse globalismo/nazionalismo. Tutti i meccanismi del gioco sono in qualche modo influenzati da queste policy, quindi dobbiamo spiegarle almeno brevemente. Il primo ambito è quello delle politiche fiscali, che determina l’ampiezza del settore pubblico e i criteri di intervento da parte dell’IMF (Fondo Monetario Internazionale). Il secondo è il mercato del lavoro, che determina il salario minimo dei lavoratori, sia nel settore pubblico sia in quello privato. Il terzo riguarda la tassazione: alzandola, si ha la possibilità da parte di lavoratori e classe media di ottenere servizi pubblici a un costo più basso. Il quarto e il quinto riguardano rispettivamente la sanità e l’istruzione: anche in questo caso abbassarne i costi ha come effetto un aumento delle tasse. Il settore riguardante il commercio con l’estero determina l’ammontare dei dazi per le importazioni e la disponibilità di affari esteri per la classe capitalista. Infine, il settore dell’immigrazione determina l’ammontare di lavoratori che saranno disponibili in ciascun round.
Una azione principale che è condivisa da tutte le classi è chiedere un bill, ovvero effettuare una proposta di legge: concretamente, vuol dire chiedere un voto per cambiare una delle policy. In questo gioco non si svolgono mai le elezioni propriamente dette: si vota continuamente per quelli che sono in realtà dei referendum, ovvero per approvare o bocciare una proposta di legge. È possibile proporre un voto e spendere una influenza, che è una risorsa rappresentata da cubi viola, per costringere tutti a votare immediatamente: oppure è possibile proporre il voto e aspettare la fine del round, quando tutti i voti proposti nel corso del round vengono risolti uno dopo l’altro ‘automaticamente’. Quando si effettua un voto, le quattro classi dicono apertamente se sono a favore o contro la proposta: dopodiché si estraggono da un sacchetto 5 cubetti colorati e si dispongono sulla plancia sulla base della posizione della classe a cui appartengono (nel corso della partita, varie azioni consentono di inserire cubi del proprio colore nel sacchetto). Dopo l’estrazione, i giocatori decidono se spendere cubi influenza per aumentare il proprio peso elettorale: prima comunicano quanti cubi hanno, poi decidono segretamente quanti ‘investirne’ nel voto mettendoli dentro il loro pugno chiuso e stendendo il braccio al centro del tavolo. Lo stato non ha mai cubetti del proprio colore nel sacchetto: può intervenire nel voto solo tramite i cubi influenza. Una volta rivelata l’influenza, si determina se il referendum ha avuto successo o meno. In caso di fallimento nulla cambia: in caso di successo la policy cambia e chi ha proposto il voto ottiene 3 punti vittoria, mentre ne ottiene 1 chi ha vinto e ha contribuito con almeno 1 cubo al risultato. I cubi dello schieramento vincente vengono eliminati, quelli dello schieramento perdente vengono rimessi nel sacchetto.
L’economia del gioco è determinata dalla produzione di beni e servizi tramite industrie rappresentate da carte collocate in appositi slot del tabellone. Ci sono le industrie pubbliche, controllate dallo stato, e ci sono quelle private, appartenenti ai capitalisti o alla classe media. Lo stato non può decidere autonomamente quante industrie avere, perché dipende tutto dalle policy in atto. Capitalisti e classe media, invece, possono decidere, come loro azione principale, di aprire una azienda, scegliendola da un display personale: ne pagano il costo e la dispongono sulla plancia generale, utilizzando dei cubetti trasparenti per indicare lo stipendio che verrà pagato ai lavoratori che dovessero decidere di lavorarci (tenendo presente che lo stipendio minimo è fissato per legge dall’apposita policy). Alcune aziende richiedono solo lavoratori della classe operaia, altre solo lavoratori della classe media, altre un mix di entrambi; queste ultime però funzionano anche se solo una categoria di lavoratori è presente in esse, ma saranno meno efficienti se non pienamente operative. La classe operaia e la classe media hanno, come azione principale, quella di distribuire lavoratori, rappresentati da meeple colorati, nelle aziende: possono scegliere liberamente, ma un’azienda può essere solo riempita completamente dei lavoratori necessari appartenenti a una certa classe. Alcuni posti di lavoro, poi, sono riservati a lavoratori specializzati, ovvero di un determinato colore: a volte i lavoratori specializzati arrivano autonomamente tramite l’immigrazione, ma più spesso dovranno essere formati spendendo la risorsa istruzione. Quando un lavoratore viene assegnato a un’azienda, lo si piazza disteso, a indicare che quel lavoratore si impegna a lavorare lì almeno per una stagione, ovvero per un round: alla fine del round i lavoratori distesi vengono rialzati e a quel punto possono essere liberamente riassegnati. Il pagamento degli stipendi e la produzione di risorse avviene solo alla fine del round: il proprietario dell’azienda (i capitalisti, lo stato o la classe media) paga gli stipendi pattuiti al giocatore che controlla quei lavoratori e riceve in cambio le risorse prodotte dall’azienda. Le risorse sono cibo, beni di lusso, istruzione, sanità e influenza e sono rappresentati da tessere di cartone, tranne l’influenza che, come abbiamo già scritto, è rappresentata da cubetti viola. I lavoratori della classe operaia che non sono committed, ovvero che sono in piedi, possono anche scioperare: è, questa, una azione principale riservata alla classe operaia. I lavoratori in sciopero non vengono pagati e non producono, e danno punti negativi a chi controlla l’azienda: per fermare uno sciopero è necessario alzare gli stipendi ai lavoratori, che è un’azione gratuita sia per i capitalisti sia per la classe media sia per lo stato. Un’altra azione riservata alla classe operaia è organizzare un corteo di protesta: lo si può fare quando la disoccupazione è molto alta, ovvero quando ci sono tanti lavoratori disponibili e pochi posti di lavoro. Anche in questo caso le altre classi possono ottenere punti negativi se non corrono ai ripari aprendo nuove aziende. Le risorse prodotte dallo stato vengono piazzate sulla plancia generale e hanno un costo fisso, determinato dalle policy in vigore: i beni prodotti dai capitalisti e dalla classe media, invece, vengono stoccati sulle rispettive plance personali e sono acquistabili a un prezzo deciso dai rispettivi giocatori all’interno di un determinato range.
Spieghiamo ora rapidamente quali sono gli obiettivi delle ‘classi’. La classe operaia ha come obiettivo quello di guadagnare denaro tramite gli stipendi pagati agli operai per poi spendere questo denaro per comprare cibo, beni di lusso, istruzione e sanità da dare ai lavoratori. La classe operaia ottiene punti soprattutto durante la partita: spendere risorse per soddisfare i lavoratori è un’azione gratuita che questo giocatore si troverà a compiere molto spesso e che darà subito punti. I capitalisti hanno come obiettivo quello di accumulare denaro per aumentare il proprio capitale: nel corso del gioco, il capitalista produce risorse e le vende, o alla classe media o ai lavoratori o soprattutto al mercato estero, alle condizioni determinate dalle apposite policy. A fine round, dopo aver pagato le tasse, il capitalista sposta il suo profitto nella sezione della propria plancia destinata al capitale, ovvero al denaro ‘pulito’ in proprio possesso. Ogni volta che viene effettuato questo spostamento, il capitalista ottiene punti vittoria sulla base di quanto è aumentato il suo capitale. La classe media è un po’ un mix delle due precedenti: anch’essa deve ottenere risorse da dare alla propria popolazione, ma la sua prosperità è anche influenzata direttamente dal numero di aziende attive. Lo stato gioca in maniera completamente differente: il suo obiettivo è avere una buona legitimacy, ovvero un buon supporto, da parte di tutte e 3 le altre classi. La legitimacy viene segnata in 3 tracciati sulla plancia personale del giocatore e viene influenzata da varie azioni, a volte condotte direttamente dallo stato tramite le sue carte e a volte condotte dalle altre classi autonomamente. In più occasioni, infatti, le altre classi possono ‘costringere’ lo stato a effettuare determinate azioni: lo stato perderà denaro o risorse, ma otterrà in cambio legitimacy. L’obiettivo è avere più o meno la stessa legitimacy con tutti, perché a fine round otterremo punti sulla base del tracciato più basso. Lo stato deve anche occuparsi di risolvere 2 eventi pescati casualmente da un apposito mazzo di carte: questi eventi rappresentano disastri naturali o contingenze geopolitiche particolari, e se non vengono risolti compiendo determinate azioni o spendendo determinate risorse comporteranno la perdita di punti vittoria.
Il round si conclude quando ogni giocatore ha calato 5 carte: a quel punto scatta una lunga sequenza di fine round. Come prima cosa, le aziende producono risorse e gli stipendi vengono pagati ai lavoratori. Poi la classe operaia e la classe media devono nutrire i propri lavoratori spendendo cibo in relazione alla grandezza della popolazione: se non hanno cibo a sufficienza possono comprarne, da un’altra classe o anche dal mercato estero. Se non hanno soldi a sufficienza devono prendere un prestito, che darà punti negativi a fine partita se non verrà ripagato. Poi si controlla se ci sono le condizioni per un intervento del Fondo Monetario Internazionale: può accadere quando lo stato ha troppi debiti insoluti, ed è una fattispecie negativa soprattutto per gli operai e la classe media (l’IMF chiude tante aziende statali provocando licenziamenti di massa e impone politiche di austerità). Poi si passa al pagamento delle tasse: capitalisti, classe media e lavoratori pagano denaro allo stato in base a diverse variabili quali il profitto ottenuto durante il round e il numero di aziende aperte, oltre che naturalmente in funzione delle policy attive. Poi si passa alla fase delle elezioni, durante la quale si risolvono eventuali referendum pendenti; infine si passa alla fase di punteggio, diversa per tutte le classi e già in parte spiegata in precedenza. All’inizio del nuovo round c’è una fase di preparazione, durante la quale i giocatori pescano carte fino ad averne nuovamente 7 e durante la quale effettuano altre piccole azioni di upkeep (per esempio, i capitalisti e la classe media possono rinnovare il loro display delle aziende; arrivano anche nuovi lavoratori sulla base delle politiche migratorie in atto). Al termine del quinto round c’è una fase di punteggio ulteriore: le classi ottengono punti sulla base delle policy in atto a fine partita. Chi ha più punti è il vincitore.

3. Componentistica
Hegemony ha una notevole quantità di materiali: numerosi mazzi di carte, tanti token di cartone raffiguranti risorse, cubetti colorati, sacchetti, meeple a rappresentare i lavoratori. La qualità è buona, anche se il gioco non punta anzitutto sulla sua estetica: le illustrazioni, curate da Jakub Skop, puntano sul realismo, con una estetica pulita e razionale. L’aspetto generale del gioco ricorda quella dei canali all-news, in cui alle fotografie dei fatti del giorno si alternano immagini di repertorio, grafici e tabelle. La scatola è piuttosto voluminosa e quando è piena è molto pesante: va detto però che la nostra edizione deluxe contiene anche piccole espansioni e molti mazzi di carte che si utilizzano solo se si desidera automatizzare qualche giocatore. La presenza degli automi è apprezzabile e dà, in teoria, la possibilità di giocare anche in solitario: “in teoria” perché la gestione degli automi è tutt’altro che semplice, e ha talvolta esiti anche paradossali. Forse non si tratta del gioco ideale da intavolare quando si è da soli.

Excursus: riflessioni sui presupposti teorici

Si potrebbe scrivere per ore riguardo all’ideologia che sorregge Hegemony: il gioco include anche un libretto di approfondimento, scritto da importanti esperti di economia e politica, che spiega i presupposti teorici di partenza e il funzionamento, ovviamente a grandi linee, dell’economia e della società contemporanee sulla base delle più importanti teorie contrapposte. Chiaramente non tutto ci convince, e ognuno avrà la sua prospettiva particolare da cui giudicare il risultato.
A nostro avviso il problema maggiore è il fatto che l’opera è permeata interamente da una architettura teorica squisitamente novecentesca che ci sembra ormai del tutto sorpassata e che si basa sulla contrapposizione tra “socialismo” e “neoliberismo” (già la scelta di quest’ultimo termine, abbastanza insensato ma amatissimo dai polemisti di sinistra, la dice lunga sullo sguardo degli autori). Gli esiti dei tentativi di concretizzazione della ‘scienza’ socialista hanno dimostrato senza ombra di dubbio che “socialismo” è sì il contrario di “liberalismo”, ma non nel senso che il primo è la sinistra e il secondo è la destra, come sottinteso dal gioco: la vera contrapposizione è tra liberalismo e collettivismo, e sotto quest’ultima etichetta possiamo mettere tanto il socialismo quanto il fascismo, termine che il gioco comprensibilmente evita di utilizzare. Il liberismo non è di destra né di sinistra: o meglio, può tendere a destra o può tendere a sinistra, può essere conservatore o progressista, ma per sopravvivere deve mantenersi ben lontano dal “socialismo”, come anche ben lontano dalla reazione. Il paradosso della visione incentrata unicamente sulla dicotomia destra-sinistra emerge in pieno nelle ultime due policy implementate dal gioco, ovvero il commercio globale e l’immigrazione: in genere il nazionalismo è associato alla destra, quindi dovrebbe essere associato al “neoliberismo”, mentre è invece il globalismo a essere parte integrante dell’ideologia liberale ‘pura’ (e nel gioco si vede: nessuno più dei capitalisti guadagna dall’avere frontiere aperte e assenza di dazi e dogane). Il nazionalismo porta a esiti autoritari proprio come il socialismo e proprio come il fascismo: se a volte abbiamo l’impressione che le ricette dell’estrema destra e quelle dell’estrema sinistra si assomiglino in modo un po’ sospetto, è anche per questo motivo.
Strettamente collegata a quanto appena scritto è la sensazione che la classe operaia descritta dal gioco quasi non esista più nelle società occidentali contemporanee: il gioco rappresenta i lavoratori come una classe unita, fortemente sindacalizzata e anche fortemente ideologizzata, disposta a sacrifici importanti anche solo per veder affermata la propria teoria politica di riferimento. Davvero i lavoratori lottano per avere più tasse, così da poter avere servizi pubblici più economici? Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso lo facevano, forse. Oggi quasi tutti i partiti promettono di abbassare le tasse o di non alzarle, in ossequio al sentimento popolare che le odia indistintamente. Perché i lavoratori dovrebbero essere interessati ad avere un più forte settore pubblico, che da che mondo è mondo è il settore più inefficiente? Se il settore pubblico fosse piccolo e poco costoso non sarebbe meglio per tutti?
La stessa idea che la società debba essere per forza vista come una contrapposizione di classi in lotta tra loro è legata indissolubilmente all’ideologia marxista. Ma qualunque ideologia che punti a farci sentire parte di un gruppo ci fa remare verso il collettivismo: un cittadino di una società libera contemporanea deve sentirsi prima di tutto un individuo, che certamente ha degli interessi che si contrappongono agli interessi di altri, ma che deve sentirsi capace di posizionarsi nel mondo in piena libertà. A che classe sociale appartengo io come individuo? Lavoro quasi tutti i giorni: sono dunque parte della classe dei lavoratori? Sono abbastanza benestante: sono dunque della classe media? Penso che il capitalismo sia da sempre la base dell’economia umana e che sia imprescindibile, e ho grande ammirazione verso chi si arricchisce sfruttando il suo talento e le sue risorse: sono dunque della classe dei capitalisti? Secondo me sono domande senza senso. Sono un individuo, che sceglie le sue battaglie in base alle sue esigenze e alle sue sensibilità del momento, e non sento alcun bisogno di diventare parte di un gruppo per sentirmi ciò che sono.

 

4. Conclusioni
Hegemony è un gioco difficilissimo da giudicare. Si tratta sicuramente, come scrivevamo anche nell’intro, di un prodotto notevolissimo, di una pietra miliare, anche solo per il concept e per come esso è stato concretizzato, utilizzando in modo anche molto creativo alcune meccaniche tipiche del gioco da tavolo contemporaneo (le carte multiuso, il piazzamento lavoratori, la gestione risorse, la risoluzione di contratti). La simulazione è spinta in avanti forse in modo anche troppo ardito: le fasi dei round sono numerose e composte da momenti dettagliati che è quasi impossibile memorizzare, e il solo fatto che ogni ‘classe’ abbia una sua collezione di fogli di aiuto e di riassunto dice molto a riguardo. Per molti versi però questa simulazione funziona, e lo testimonia l’interessante dinamica che si viene a creare tra i giocatori, con momenti di ostilità alternati a momenti di temporanea alleanza, discussioni e (si spera bonari) litigi, proposte diplomatiche e controproposte che tentano di raggirare il competitor con l’inganno. Uno stato in crisi potrà aiutare i capitalisti nella loro battaglia per l’abbassamento dei salari; d’altro canto, la classe operaia potrebbe trovarsi a sostenere attivamente lo stato nel tentativo di scongiurare l’arrivo del temibile Fondo Monetario. E questi sono solo alcuni esempi delle improbabili e precarie alleanze che potrebbero formarsi nel gioco. Ci stupiremo nello scoprire quanto alcune dinamiche create indirettamente dalle regole riproducano eventi di cui ci è capitato di leggere sulle pagine dei giornali, o che ci capita di sperimentare nella vita di tutti i giorni, in piccolo. La contropartita è, per l’appunto, un sistema di regole molto complesso: non tanto nella fase azioni, che anzi scorre senza grossi problemi, quanto piuttosto nelle fasi iniziali e finali dei round, quando occorre gestire la produzione, la tassazione, l’avanzamento nei tracciati, il voto, l’assegnazione di punti vittoria. Hegemony non è certo un gioco adatto a chi veda questo passatempo come un momento di riposo o di attività spensierata: la simulazione richiede impegno e soprattutto interesse nei confronti del tema. Chi si accosti a questo prodotto solo ed esclusivamente con la voglia di giocare resterà irrimediabilmente deluso: più che un gioco, Hegemony è una simulazione creata per aiutarci a capire meglio determinati meccanismi, per aiutarci a metterci meglio nei panni degli altri, per farci pensare e per dar vita a interazioni curiose, inedite, tese e talvolta anche irresistibilmente comiche. I premi ricevuti da questo gioco e l’apprezzamento generale da parte del pubblico dei gamer sono perfettamente comprensibili e sono anzi ottime notizie: è importante però sottolineare che si tratta di un gioco esclusivamente per 4 persone, che devono essere motivate, un minimo preparate sulla politica e sull’economia, e con molto tempo a disposizione (nessuna delle nostre partite è durata meno di 4 ore). Se si tratta di un capolavoro, è un capolavoro difficile, che non riusciremo a intavolare con frequenza: lo apprezzeremo più per le sue ambizioni e per il suo ‘carisma’ che non per la sua utilizzabilità. E questa è una considerazione non del tutto trascurabile per un prodotto che voglia essere un “gioco” e non un libro o un quadro.

Tre pregi di Hegemony Tre difetti di Hegemony
Ha un tema davvero interessante e ardito. La struttura del round è molto complessa e impossibile da memorizzare.
Dà vita a situazioni al tavolo molto interessanti, con alleanze e scontri impagabili e imprevedibili. Richiede tempo, interesse, impegno.
L’asimmetria funziona bene e sembra anche ben bilanciata. Alcuni presupposti teorici sono criticabili.

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Scroll to Top