Two Worlds II

Reality Pump torna alla sua saga di GdR digitali innestando in essa notevoli miglioramenti, che però, purtroppo, non si traducono in un tangibile salto di qualità complessivo.

[articolo originariamente pubblicato il 5 gennaio 2012]

Nota del 2020
Two Worlds II è, sorprendentemente, ancora supportato. Poco dopo la sua pubblicazione è stato arricchito da una espansione intitolata Pirates of the flying fortress, ma successivamente, ad anni e anni di distanza, Reality Pump è tornata ad espanderlo con Call of Tenebrae (2017) e Shattered Embrace (2019). Inoltre, nel 2018 il motore di gioco è stato riscritto per i nuovi sistemi, in un update gratuito che porta il gioco alla versione intitolata Two Worlds II HD. In futuro potremmo tornare a giocarlo per provare i nuovi contenuti.

1. (Non) Aura mediocritas
Qualche anno fa, per essere precisi nel 2007, la casa di sviluppo polacca Reality Pump dava alle stampe un gioco di ruolo che si potrebbe usare come la definizione perfetta del concetto di occasione mancata. Pur avendo un respiro senz’altro notevole, soprattutto considerando il fatto che gli autori erano esordienti almeno all’interno di questo genere particolare, Two Worlds mancava di sufficiente profondità per competere con i dominatori dell’epoca: anzitutto il grandioso The Elder Scrolls IV: Oblivion di Bethesda, ma anche l’incerto Gothic 3 di Piranha Bytes, lacunoso sia tecnicamente sia contenutisticamente ma preso a cuore dalla comunità, che vi stava già mettendo mano tramite progetti amatoriali.
Eppure a un primo approccio il prodotto d’esordio di Reality Pump sembrava avere tutte le carte in regola: un mondo di gioco vasto e variegato, un sistema di sviluppo del personaggio complesso e aperto alla creatività, un intrecciato sistema di fazioni. Che cosa mancava, allora? Come abbiamo già avuto modo di dire nella sua recensione, Two Worlds soffriva essenzialmente per l’incapacità di incasellare tutte queste caratteristiche in uno ‘scheletro’ che consentisse un loro effettivo utilizzo sensato e soddisfacente. L’assenza di qualsivoglia elemento simulativo rendeva l’esplorazione un ingenuo e sterile collante tra un combattimento e l’altro; la trama, dal canto suo, soffriva di eccessiva dispersione e falliva nell’intento di catturare l’attenzione del fruitore; le numerose abilità, infine, trovavano come unica concretizzazione gli scontri col nemico, che uniti all’accumulo compulsivo di oggetti provocavano un quadro d’insieme pericolosamente affine a quello di un comune GdR d’azione, ma senza la calibrazione perfetta che ogni buon esponente di quest’ultimo sotto-genere deve possedere per poter ambire a un giudizio positivo. In altre parole, gli autori di Two Worlds mostravano una certa indecisione di fondo nel caratterizzare il proprio lavoro, finendo per dar vita a un gioco insapore, che faceva della medietà la sua principale cifra stilistica.
Spiace dirlo, ma con il nuovo capitolo della saga le cose non sono migliorate. O meglio: ciascuna parte, presa singolarmente, è senza dubbio migliorata. Ma l’insieme soffre ancora dello stesso problema visto nel primo episodio: l’incapacità di puntare alla caratterizzazione forte.

2. Parenti serpenti
La trama del primo Two Worlds ruotava attorno alla necessità di salvare la sorella dell’innominato protagonista, di nome Kyra, rapita da una misteriosa organizzazione con la volontà di riportare in vita il malvagio dio orchesco del fuoco Aziraal, a cui per qualche motivo la famiglia dell’eroe è legata. A fungere da tramite tra il protagonista e i rapitori era un potente mago di nome Gandohar, che inizialmente si presentava come amico dell’eroe ma che poi si rivelava essere una delle menti dietro il progetto di resurrezione dell’antico dio: il finale offriva la possibilità di sconfiggerlo, oppure di unirsi a lui in cambio di una parte di dominio sul mondo fantasy di Aziraal, sullo sfondo del quale si svolgeva l’avventura.
Il nuovo capitolo parte da questa seconda conclusione: il protagonista e Gandohar regnano assieme per un paio di anni, ma a un certo punto l’eroe senza nome inizia a dissociarsi dai metodi violenti del mago, che per tutta risposta lo imprigiona assieme alla sorella. Il filmato iniziale vede i due sottoposti a indicibili torture, ma i macabri rituali di Gandohar vengono interrotti dall’incursione, nel suo palazzo, di una strana spedizione orchesca, che riesce rocambolescamente a liberare il protagonista ma non sua sorella. La nuova trama principale, dunque, ruota ancora una volta attorno alla liberazione di Kyra: ad aiutare l’eroe è proprio il gruppo di orchi responsabile della sua liberazione, che peraltro agisce sulla base di motivazioni poco chiare, alla guida di una enigmatica profetessa di nome Cassara. La sconfitta di Gandohar, secondo quest’ultima, passa per l’apprendimento dei suoi segreti: bisogna dunque accedere alla misteriosa Tower of Fangs, che in passato è stata il laboratorio del mago. Una buona metà della lunga avventura si risolve proprio nel tentativo di accedere a questa torre, che si trova più o meno al centro della grande isola di Erimos, in gran parte occupata da deserti e savane.
Tutto il gioco, in realtà, si svolge su una serie di isole, dotate di ambientazioni peculiari ed estremamente (fin troppo, forse) diversificate. L’eroe, controllato dal giocatore tramite una classica visuale in terza persona da dietro le spalle, si muoverà tra città, villaggi, deserti, foreste: la maggior parte del suo tempo sarà assorbita dai combattimenti contro creature ostili, ma non mancheranno dialoghi, ampi comparti dedicati alla creazione di oggetti o incantesimi, e tutta una serie di mini-giochi e attività complementari. Vediamo tutte queste sezioni nel dettaglio.

3. Il sistema di controllo e l’esplorazione del mondo
Il nostro eroe può essere spostato tramite la classica combinazione di tasti WASD, mentre il mouse gestisce la direzione dello sguardo. Di default, il personaggio corre; possiamo anche scegliere di farlo camminare, oppure di effettuare un veloce sprint di corsa, che però consuma la stamina, rappresentata nell’interfaccia da una sfera gialla.
Il mondo di gioco di Two Worlds II è veramente vasto: per coprire rapidamente lunghe distanze esiste un pratico sistema di teletrasporti, gestito tramite punti fissi che vanno attivati prima di poter essere utilizzati (ma il nostro eroe può anche entrare in possesso di una specie di piattaforma di teletrasporto portatile), ma esistono anche gli spostamenti a cavallo e via barca, di cui parleremo meglio più avanti.
I luoghi esplorabili sono organizzati con criteri piuttosto discontinui, che in alcuni casi fanno anche pensare che si debbano a squadre di autori del tutto diverse. Dopo il prologo sull’isola di Alsorna, una buona metà della campagna principale è ambientata nelle grandi savane dell’isola di Erimos, nelle quali sono solamente pochi villaggi, popolati da un numero modesto di abitanti; la parte occidentale della stessa isola, invece, presenta due cittadine (Hatmandor e Cheznaddar) ridicolmente vicine. La seconda parte dell’avventura è collocata su altre isole: Eollas, di ispirazione vagamente asiatica (vi è ubicata la grande città di New Ashos e il territorio devastato noto come Swallows, la cui origine viene spiegata durante la trama) e infine Eikronas, l’isola più grande, collocata proprio al centro della mappa di gioco, che però durante la campagna viene esplorata solo in minima parte (il territorio restante è per il comparto multigiocatore, di cui in questa recensione non ci occuperemo).
Possiamo già dare una prima testimonianza di quanto sia anonima questa ambientazione, pur così vasta e apparentemente così diversificata: pur avendo giocato a Two Worlds II decine e decine di ore, abbiamo dovuto cercare in rete i nomi delle varie isole, perché non c’era verso di ricordarsene uno. Se pensiamo che il sottoscritto ricorda ancora tutti i nomi delle città e degli insediamenti di giochi come Baldur’s Gate, Icewind Dale, Morrowind, Oblivion e tanti altri, possiamo capire quanto insipido sia, ancora una volta, il mondo creato da Reality Pump.
L’interazione di base viene gestita con la barra spaziatrice: attivando una porta o l’ingresso di un dungeon accederemo all’interno (gli interni sono gestiti tramite caricamenti separati, comunque molto rapidi), attivando un oggetto lo raccoglieremo, attivando un personaggio non giocante inizieremo un dialogo; nei casi appropriati, la pressione della barra spaziatrice darà il via a uno dei tanti mini-giochi disponibili. Prima di occuparci di tutte queste varie attività, però, vediamo com’è gestita la crescita di livello del protagonista.

4. Lo sviluppo del personaggio
Two Worlds II è organizzato, come il predecessore, attorno al classico sistema dei punti esperienza: questi ultimi vengono guadagnati sia sconfiggendo nemici sia completando missioni, e la loro acquisizione determina il progressivo riempimento di una barra posta subito sopra ai tasti rapidi in fondo allo schermo. A ogni passaggio di livello, il nostro eroe può migliorare le sue caratteristiche di base e le sue abilità.
Le prime sono quattro e influenzano ciascuna un ambito particolare: la Resistenza determina l’ammontare dei punti ferita del personaggio, la Forza determina il danno inferto in combattimento, il peso trasportabile e la possibilità di usare armi e armature pesanti, l’Accuratezza determina l’efficacia del combattimento a distanza e la Forza di Volontà determina l’ammontare dell’energia magica.
Le abilità sono moltissime e vengono raggruppate sulla base del loro ambito di interesse: esistono le abilità del guerriero, del mago e dell’arciere, ma anche quelle dell’assassino e dell’artigiano, nonché alcune abilità generali che migliorano la rigenerazione dei punti ferita e le resistenze. Ciascuna abilità ha dieci differenti livelli, quindi può e deve essere scelta più volte per raggiungere la sua massima efficacia. Le abilità sono attive e passive: le prime possono essere collocate sulla barra rapida posta nella parte bassa dell’interfaccia, così da poter essere selezionate al momento opportuno. Molte abilità sono disponibili fin dall’inizio, ma altre vanno sbloccate nel corso della partita accedendo ad appositi tomi che si trovano sia in vendita presso i mercanti sia durante le esplorazioni. Ogni livello di ciascuna abilità ha un prerequisito connesso al livello generale del personaggio; alcune, inoltre, funzionano solo se quest’ultimo usa un determinato tipo di arma. Le abilità collegate alle varie scuole di magia consentono di utilizzare più ‘carte’ di quella scuola contemporaneamente: spieghiamo meglio la faccenda nella sezione dedicata alle arti arcane.
In generale, il sistema di gestione del personaggio in Two Worlds II è decisamente ingannevole. Nelle prime fasi della partita, ci potrà sembrare che sia davvero vasto e complesso, aperto alle più varie sperimentazioni, pronto ad assecondare le più remote fantasie del giocatore. Presto, però, quest’ultimo si renderà conto che molte abilità sono, dal punto di vista della giocabilità, completamente inutili: e quelle che danno davvero soddisfazione sono anche, guarda caso, le più classiche e prevedibili. Purtuttavia, il miglior modo per sviluppare un personaggio potente è la preventiva consultazione di una guida online, che neutralizzi del tutto la possibilità di investire punti in comparti che risultano poi, alla prova dei fatti, non semplicemente poco utili ma proprio del tutto inutilizzabili. Da questo punto di vista, la situazione è aggravata ulteriormente dal tutorial, che essendo strutturato come una sorta di ‘allenamento’ riguardante ogni sezione di abilità, può dare l’impressione che queste ultime siano tutte utili dall’inizio alla fine della campagna. Niente di più sbagliato: alcune abilità (come per esempio quelle dell’assassino) sono utilizzabili davvero solo durante il tutorial. Non sappiamo se questo stato di cose sia frutto di semplice idiozia, di pura cattiveria o solo di mancanza di tempo per completare le implementazioni: sappiamo solo che si tratta di qualcosa di paurosamente simile a una presa in giro.

5. Il combattimento
Il mondo di Two Worlds II pullula letteralmente di creature ostili: si va dagli animali realistici della savana (babbuini, struzzi, giaguari, rinoceronti) a cani antropomorfi che ricordano il dio egizio Anubi fino alle aberrazioni che popolano i tremendi canyon dei Swallows. Per affrontare i nemici all’arma bianca, sarà necessario anzitutto impugnare l’arma stessa, operazione che di default viene compiuta tramite la pressione del tasto F.
I due pulsanti del mouse  gestiscono i colpi semplici e la parata; i danni maggiori, però, si fanno utilizzando le abilità collegate all’arma che si sta impugnando, e che in genere il gioco colloca automaticamente sui primi tasti della barra rapida in basso (che cambia quando si attiva la parata, dato che esistono anche abilità che possono essere scelte solo mentre si è in posizione difensiva). Il gioco riserva abilità di combattimento particolari a ogni stile: arma singola, arma e scudo, due armi, arma a due mani, perfino arma e torcia. Per facilitare la messa a segno dei colpi, il gioco ‘connette’ il personaggio al suo nemico corrente, facendo ruotare il primo sulla base dei movimenti del secondo.
Ciascun colpo a segno diminuisce la quantità di punti ferita del nemico, visualizzata a schermo; purtroppo non c’è alcuna implementazione del danno localizzato, e in generale gli scontri in corpo a corpo sono rappresentati in maniera semplicistica e poco credibile, dando spesso anche l’impressione che non vi sia alcun reale impatto tra armi e corazze. Naturalmente anche il nostro eroe vedrà diminuire i suoi punti ferita per ogni colpo nemico andato a segno; molte creature ostili utilizzano anche attacchi velenosi, che coloreranno di verde la sfera della salute nell’interfaccia e che potranno portare alla dipartita del protagonista in tempi molto rapidi. Per rimediare esistono naturalmente pozioni e incantesimi di cura, ma la salute dell’eroe si rigenera automaticamente anche mentre questi non impugna alcuna arma.
Il combattimento a distanza rientra purtroppo in parte in quel che si diceva pocanzi a proposito dell’ingannevolezza del sistema di sviluppo del personaggio: alcune abilità relative ad arco e frecce sono inutilizzabili, a causa della loro estrema macchinosità oppure dell’eccessiva mole di pre-requisiti che deve avere la situazione di partenza per renderle effettivamente appetibili. Basti pensare al fantomatico sniper mode (modalità cecchino): per attivarlo occorre puntare normalmente la freccia, cliccando il tasto sinistro del mouse e mantenendolo premuto, poi premere il tasto X, poi premere il tasto dell’abilità particolare che intendiamo utilizzare, cliccare col tasto destro del mouse sull’obiettivo (mentre il sinistro è ancora premuto!) e infine rilasciare tutto per far effettivamente partire il colpo. È un’osservazione che forse si può fare per il prodotto nel suo insieme, ma nel combattimento la cosa risulta evidente ai massimi livelli: Two Worlds II è colmo di opzioni e di variabili che non servono a nulla se non a dare l’impressione (fallace) di essere di fronte a un prodotto complesso.

6. La magia
Il sistema magico di Two Worlds II è, insieme all’alchimia, l’unico ambito in cui la ricchezza delle opzioni corrisponde a reale varietà in termini di gioco. A differenza che nella quasi totalità degli altri prodotti simili, infatti, nella serie di Reality Pump non esistono incantesimi ‘preconfezionati’: ciascuna magia va ‘messa insieme’ dal giocatore attraverso un complesso sistema di ‘carte’, che possono essere sia acquistate dai mercanti sia trovate nel corso dell’avventura.
Le carte si dividono in tre tipi fondamentali. Le carte carrier determinano che ‘direzione’ prenderà l’incantesimo: potrà essere scagliato sul nemico, diretto verso il giocatore stesso (utile se vorremo dar vita a una magia di protezione) o anche posizionato in un luogo e attivato da un passaggio del nemico, come una trappola. Le carte effect determinano il tipo di effetto e si riferiscono alle varie scuole di magia (fuoco, aria, acqua, terra, veleno, più una sorta di ‘sesta scuola’ che emerge solo nelle fasi avanzate della campagna). Infine, le carte modifier introducono altre specificazioni atte a determinare con precisione il funzionamento della magia: ad esempio, la presenza o meno di una carta damage può trasformare un incantesimo da difensivo a offensivo, mentre la carta time aumenta la durata della magia e la carta split aumenta il numero dei proiettili magici lanciati. Alcune carte, inoltre, possono essere impilate una sull’altra così da migliorare ulteriormente gli effetti generali dell’incantesimo.
È anche possibile combinare più incantesimi in uno. Per esempio, un proiettile infuocato può essere collegato a una esplosione infuocata alla fine del suo percorso, così da dar vita a una magia simile alla classica “palla di fuoco”. Naturalmente più è complesso un incantesimo e più sarà elevato il suo costo in mana, oltre che il tempo necessario per ‘caricarlo’. Infatti, quando selezioniamo una magia e ordiniamo al nostro eroe di lanciarla, vedremo comparire al centro dello schermo una sorta di cerchio runico che si ‘riempirà’ progressivamente: solo quando lo vedremo perfettamente pieno potremo rilasciare il pulsante del mouse e lanciare la magia.
Non tutte le combinazioni di carte, ovviamente, danno vita a incantesimi utilizzabili: l’interfaccia ci segnala la ‘lanciabilità’ di un incantesimo tramite un apposito bagliore, che compare solo quando mettiamo assieme una serie di carte coerenti tra loro. Il sistema è aperto alla sperimentazione e davvero ben congegnato, anche perché pur essendo complesso non dà mai l’impressione di essere aleatorio o insensato: ogni tanto, anzi, ci capiterà di trovare libri o PnG che ci spiegheranno come creare incantesimi potenti, e non saranno infrequenti i casi in cui ci chiederemo, di fronte a quella combinazione di carte, come avevamo fatto a non pensarci prima.

7. Dialoghi e personaggi non giocanti
Le città e i piccoli insediamenti sono, in Two Worlds II, straripanti di personaggi non giocanti. Il più delle volte li vedremo semplicemente passeggiare per le strade, ma non mancano circostanze in cui li incontreremo intenti in varie attività, come martellare su una parete, spazzare per terra, zappare, chiacchierare per strada. Questi personaggi sono, nella maggior parte dei casi, pure comparse, e non possono nemmeno essere selezionati per il dialogo: si può dunque dire che con loro il nostro eroe non può avere alcuna interazione.
Quando invece un personaggio ricopre un ruolo più importante, selezionandolo potremo accedere al dialogo, che è gestito con il classico sistema della risposta multipla. Le conversazioni sono interamente doppiate, anche per quel che riguarda il nostro eroe, che peraltro parla con una voce roca e monocorde che ci verrà a noia ben presto. Durante le conversazioni, è possibile cambiare l’inquadratura muovendo il mouse; i personaggi accompagnano le loro battute con gesti atti a sottolinearle, in maniera non troppo diversa da quel che succede nei Gothic, anche se i risultati non sono molto credibili.
Nonostante il sistema della scelta multipla, gran parte dei dialoghi è a senso unico e non contempla bivi autentici: il più delle volte, l’unica vera opzione è se accettare o meno una missione secondaria. Molti personaggi non giocanti appartengono a una delle tante gilde che si spartiscono il potere in Antaloor: il diario tiene traccia, tra le altre cose, anche del gradimento del nostro eroe presso queste fazioni, gradimento che può essere migliorato anzitutto svolgendo missioni per conto delle fazioni stesse. Purtroppo la struttura della giocabilità di Two Worlds II impedisce di sfruttare questi elementi per effettuare autentica interpretazione: l’assenza di qualsivoglia velleità simulativa (continua a essere impossibile dormire, per esempio), la ripetitività seriale dei combattimenti nelle zone selvagge, il mondo insapore che si dispiega davanti al giocatore durante le esplorazioni sono tutti elementi che riconducono impietosamente il titolo nella dimensione del GdR action con poche pretese, vanificando gli elementi di interesse pur presenti di quando in quando.
Per esempio, una caratteristica nuova e curiosa è il sistema di tracciamento della rispettabilità dell’eroe nelle città e nei villaggi. Se il protagonista si lascerà andare ad attività come il furto, la rissa o l’omicidio, ma anche se si scontrerà con troppi cittadini durante le sue corse per le strade, vedremo colorarsi progressivamente di rosso una simbolica lama posta in alto sullo schermo: quando questa si riempirà del tutto, l’eroe inizierà a essere attaccato dalle guardie. Anche in questo caso, in realtà, il sistema è più uno sfizio fine a se stesso che un reale arricchimento della giocabilità, soprattutto se si pensa che per esempio nel caso dei furti è perfettamente possibile entrare ovunque e arraffare di tutto, purché nessuno stia guardando; ma se anche c’è qualcuno che guarda, questi si limiterà a intervenire interrompendo l’azione dell’eroe, senza alcuna altra conseguenza.

8. Minigiochi
Two Worlds II è letteralmente colmo di minigiochi, introdotti presumibilmente per arricchire la giocabilità: il più delle volte, purtroppo, il risultato è che quest’ultima ne viene soprattutto spezzata, senza che vi sia alcun reale miglioramento complessivo.
Possiamo includere tra i minigiochi, anzitutto, la gestione del cavallo. Una volta acquisito e montato un quadrupede, vedremo apparire due nuovi elementi nell’interfaccia: uno rende conto della salute dell’animale, l’altro gestisce la sua attuale velocità. Quest’ultima viene progressivamente aumentata tramite gli speroni, collegati al tasto destro del mouse: per raggiungere la velocità massima, dovremo cercare di tenere sempre il più possibile ‘piena’ la barra che la rappresenta, facendo però attenzione a non esagerare, perché se agiamo sugli speroni quando la barra è già piena il nostro eroe verrà disarcionato. Le briglie sono controllate dai tasti direzionali, anche se in realtà è più semplice orientare il cavallo usando il puntatore del mouse. Una volta presa la mano, la gestione del cavallo in Two Worlds II non è così malvagia: il problema è che si tratta ancora una volta di un comparto del tutto fine a se stesso. Ha senso (ed è possibile) cavalcare solo nella savana, alcune zone della quale non sono altro che enormi ‘piste’ dove correre col nostro quadrupede, superando missioni a tempo o divertendoci semplicemente a saltare gli ostacoli: ma chi preferisce un’esperienza di gioco più omogenea e meno frammentata farà bene a ignorare del tutto l’esistenza dei cavalli.
L’altro sistema di spostamento, questa volta interamente inedito, è la barca. Una volta posizionato a bordo il nostro eroe, potremo controllare la vela con un tasto e il timone con un altro: per avanzare con una certa velocità dovremo calibrare le due variabili tenendo conto soprattutto della forza e della direzione del vento, che per l’occasione verranno rappresentate nella minimappa da una serie di frecce. Anche per la barca, purtroppo, vale quel che si è detto a proposito del cavallo: si tratta di un comparto curioso che però resta fine a se stesso e quindi complessivamente poco riuscito e poco utile, soprattutto tenendo conto che il personaggio può tranquillamente nuotare per raggiungere le isolette al largo della costa.
Il minigioco che ci troveremo ad affrontare più spesso è senza dubbio quello collegato allo scassinamento, e risulta tutto sommato abbastanza divertente: vedremo il grimaldello ruotare attorno a una serie di cerchi sovrapposti di metallo, e il nostro compito sarà cliccare nel momento in cui il grimaldello incontrerà il punto ‘vuoto’ di ciascun cerchio (è un sistema più complicato da spiegare che da giocare). Anche il borseggio è gestito tramite un minigioco piuttosto simpatico: dovremo cercare di raggiungere il ‘bottino’ passando col mouse attraverso una serie di ‘serpenti’ rotanti che circondano il medesimo.
In giro per le città, poi, potrà capitarci di trovare tavoli da gioco con cui interagire per provare la nostra fortuna ai dadi. Esiste sia la possibilità di ingaggiare un semplice scontro diretto basato sul punteggio, sia l’opzione che prevede una vera e propria partita a poker in più ‘tempi’, secondo modalità del tutto simili a quelle viste in The Witcher, ma purtroppo senza neanche la parvenza della stessa atmosfera. Un altro modo per raccogliere qualche spicciolo è unirsi a un bardo o a un suonatore in una locanda o per la strada: lì il minigioco si concretizza nella necessità di scegliere la giusta ‘nota’ nel giusto momento, seguendo una sorta di ‘cascata di note’ collegata in qualche modo alla melodia scelta. Anche in questo caso, la domanda che ci verrà spontanea sarà: era proprio il caso di dedicare tempo ed energie a questi giochini opzionali? Non sarebbe stato meglio concentrarsi di più sulla giocabilità generale?

9. Artigianato e alchimia
Una delle idee più interessanti di Two Worlds II, ripresa peraltro dal predecessore, è la gestione del miglioramento di armi e armature. Nelle sue peregrinazioni, il nostro eroe entrerà in possesso di tonnellate di bottino: anziché tornare continuamente da un mercante per liberarsene, egli potrà decidere di distruggere gli oggetti più comuni per ricavarne materie prime con cui poi rendere più efficace il suo equipaggiamento. Mentre tutti possono distruggere oggetti e accumulare materie prime, sarà necessario un certo livello nella relativa abilità per procedere al potenziamento, che però potrà essere effettuato in qualsiasi momento.
Oltre a migliorare le statistiche di base dell’arma o dell’armatura, i potenziamenti creano nell’oggetto delle sedi dove incastonare gioielli che possono conferire caratteristiche ulteriori al manufatto (protezioni nel caso delle corazze e danni elementali nel caso delle armi). Le pietre preziose si trovano in giro per il mondo, ma possono anche essere ottenute distruggendo oggetti incantati; un’ulteriore abilità conferisce poi al nostro eroe la capacità di fondere tra loro queste pietre, rendendole ancora più potenti.
Tutto questo sistema, che ha declinazioni anche squisitamente frivole (c’è anche la possibilità di colorare l’equipaggiamento come più ci aggrada), riesce a dare uno spessore diverso alla semplice attività di accumulo di bottino; un risultato ancora migliore sarebbe stato raggiunto se il gioco avesse offerto un inventario più intuitivo e meno ingombrante di quello presente nel prodotto base, organizzato sulla base di caselle dalla dimensione esagerata e dall’aspetto pacchiano.
Anche il sistema alchemico merita senza dubbio un plauso. Two Worlds II ci mette a disposizione decine e decine di ingredienti, che possono essere combinati nei modi più vari e creativi, dando vita a pozioni dotate anche di più effetti. Gli effetti degli ingredienti sono tutti ‘in chiaro’ fin dall’inizio, e si può dire che non v’è alcuna limitazione, di fatto, alle possibilità di combinazione: due sostanze con proprietà simili daranno vita a una pozione con la stessa proprietà, la cui potenza dipenderà anche dal livello della relativa abilità appreso dal personaggio fino a quel momento. Il fatto che possano essere combinati anche due ingredienti identici vanifica in parte la spinta a sperimentare, ma il giocatore davvero creativo troverà senz’altro pane per i suoi denti.

10. Grafica e sonoro
Il motore di gioco alla base di Two Worlds II si chiama GRACE ed è stato progettato e realizzato per l’occasione. Si tratta senza dubbio di un software capace di prestazioni interessanti, soprattutto per la vastità dei paesaggi riprodotti e per la gran quantità di elementi animati al loro interno, costruiti peraltro senza pesare eccessivamente sulle risorse di sistema: Two Worlds II gira senza problemi al massimo del dettaglio anche in configurazioni non particolarmente all’avanguardia, presentando solamente, durante gli spostamenti veloci, i tipici problemi di stuttering (scatti improvvisi) tipici dei giochi basati sull’esplorazione di grandi aree.
Una caratteristica che ci ha lasciati perplessi fin dalle prime battute è l’enorme quantità di blur (sfocatura) che gli autori hanno adoperato soprattutto nella gestione degli sfondi: neanche il sottoscritto, che ha una miopia molto grave, vede il mondo che lo circonda così sfocato e pervaso di bagliori. Non abbiamo capito se si tratta di un compromesso necessario per mantenere leggero il motore oppure di una precisa scelta stilistica: in ogni caso è un elemento un po’ disturbante.
A proposito di scelte stilistiche, queste ultime rappresentano senza dubbio il punto più debole della grafica: per quanto essa sia evocativa, non fa nulla per caratterizzarsi in qualche modo, condannandosi da sola al più grigio anonimato. Decisamente discutibili sono anche le realizzazioni dei personaggi non giocanti, i cui modelli, che peraltro si ripetono con frequenza, sono poco ispirati e mal animati, soprattutto durante i dialoghi.
Il comparto sonoro è soddisfacente per quel che riguarda le musiche, peraltro anche queste decisamente anonime, mentre il doppiaggio è, il più delle volte, mediocre e artefatto.

11. Conclusione
Può sembrare una frase insensata, ma la scriviamo ugualmente: Two Worlds II è un gioco pieno di miglioramenti che, in ultima istanza, non migliorano proprio nulla. Molte abilità sembrano utili durante il tutorial e poi non lo sono durante il gioco vero e proprio; il mondo è organizzato in maniera discontinua e poco coerente, danneggiando anche la stessa trama che si svolge al suo interno; i tanti mini-giochi non fanno che spezzare il ritmo senza arricchirlo davvero; ogni velleità interpretativa viene mortificata dall’assenza di simulazione, di scelte ‘pesanti’, di una esplorazione appagante.
Tutto ciò è un grosso peccato non solo per la gran mole di lavoro dietro la realizzazione di un gioco comunque così vasto, lavoro che dal nostro punto di vista è in gran parte ‘sprecato’. Questo pressapochismo ci urta anche perché in alcuni frangenti gli autori dimostrano di avere le capacità per creare prodotti di qualità: pensiamo per esempio al sistema di gestione della magia, all’alchimia, alla stessa vastità del mondo, ma anche ad alcune missioni davvero curiose e ironiche, che ci strapperanno più di un sorriso e che sapranno stupirci per i loro imprevedibili sviluppi.
Intendiamoci: Two Worlds II è, complessivamente, un gioco interessante e godibile, capace di darci più di qualche ora di spensierato divertimento. Quel che ci ha spinto a insistere così tanto sui difetti è la convinzione che sarebbe bastato davvero poco a rendere questo prodotto appetibile anche agli appassionati di autentica interpretazione digitale. Così com’è, Two Worlds II è, per un giocatore di ruolo, quasi inservibile: un vero dispetto.

Tre pregi di Two Worlds II
Tre difetti di Two Worlds II
Mondo vasto (ma incoerente)
Non consente alcuna reale interpretazione
Ottimo sistema di gestione della magia
Abilità scarsamente bilanciate
Interessante sistema di fazioni
Minigiochi inutili e poco riusciti

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