Torchlight

Da sviluppatori già membri dell’immensa Blizzard arriva un GdR action che strizza entrambi gli occhi al capolavoro Diablo.

[articolo originariamente pubblicato il 28 febbraio 2010]

Nota del 2020
Torchlight ha avuto un certo successo, tanto che nel 2012 ne è stato prodotto un seguito, Torchlight II, e tanto che è prevista presto la pubblicazione di un terzo capitolo, Torchlight III.

1. Il dito e la Runa
Il gioco di cui ci apprestiamo a parlare è il frutto del lavoro di una compagnia di sviluppo molto giovane, fondata solo nel 2008, della quale l’oggetto di questo articolo è l’unico prodotto per il momento disponibile. Eppure questo non deve trarre in inganno: Runic Games è sì appena nata, ma nasconde al suo interno alcuni autori dal curriculum vitae decisamente significativo, almeno nel piccolo ambito relativo al nostro hobby preferito. Il fondatore nonché capo dello studio si chiama Travis Baldree, già autore presso Wildstudios del GdR action Fate, che potrebbe essere considerato la prova generale per Torchlight. Tra gli altri membri del gruppo ci sono Max ed Erich Schaefer, già componenti e co-fondatori nientemeno che di Blizzard North (la divisione di Blizzard responsabile dello sviluppo di Diablo II) e poi di Flagship Studios, la sfortunata compagine creatrice dell’irrisolto Hellgate: London e del non ancora rilasciato Mythos.
Con la chiusura di Flagship e il passaggio dei diritti per la continuazione dello sviluppo di Mythos allo studio coreano Hanbisoft, gli Schaefer hanno deciso di unire le loro forze, nonché quelle di gran parte del loro ex-studio, con Baldree: nel giro di soli undici mesi la neonata Runic Games ha immesso nel mercato, esclusivamente per via digitale (ma visto il successo di vendite è in arrivo anche una edizione fisica), il GdR action Torchlight. Si tratta della prima tappa di un marchio che, se tutto va bene, avremo occasione di rivedere presto: Baldree ha già annunciato che il suo studio è al lavoro su un MMORPG ambientato nello stesso mondo creato per il loro debutto. Cerchiamo allora di capire se Torchlight ha le carte in regola per sfidare quei colossi di settore dei quali i suoi autori dovrebbero essere ben a conoscenza.

2. Panoramica
In un mondo fantasy con qualche venatura steampunk, descritto con pennellate cartoonesche e psichedeliche, si situa una oscura vallata, nella quale sorge la cittadella mineraria di Torchlight. Gli scavi sono dedicati a un minerale preziosissimo, chiamato ember, dotato della capacità di infondere energia magica a oggetti o persone. Tuttavia non è tutto oro quel che luccica: l’utilizzo prolungato della sostanza si accompagna a pericolosi effetti collaterali, che si configurano come una autentica maledizione, della quale è caduto vittima di recente anche un potente mago. L’onda nera del maleficio sta per invadere tutte le terre circostanti: ci sarà un sistema per porre fine al pericolo? Il mago potrà essere salvato? L’ember potrà ancora essere utilizzato senza incorrere nei nefasti effetti collaterali?
Per dare una risposta a tutte queste domande non c’è che un sistema: scegliere uno dei tre eroi predefiniti e lanciarsi nell’esplorazione dei sotterranei che si celano nelle viscere della terra della vallata, facendosi largo tra legioni di creature demoniache, frutto del potere perverso dell’ember, fino ad arrivare all’agognato traguardo. Lo schema di gioco di Torchlight è molto semplice, così come la trama che fa da pretesto per il dipanarsi del medesimo: dall’epoca del primo Diablo sembra essere passato poco più di un battito di ciglia, e questo può essere positivo per tanti appassionati nostalgici di quella giocabilità lineare e compulsiva, quasi inspiegabilmente dotata di fascino e capacità di attrazione. Una volta scelto il nostro alter ego, potremo girare per la piccola città, ottenendo missioni principali e secondarie e visitando mercanti e incantatori, per poi dirigerci con passo sicuro verso le miniere e iniziare la nostra strage, che verrà ampiamente ripagata con punti esperienza (tradotti in punti abilità al passaggio di livello) e con preziosi manufatti. In realtà non c’è molto altro da spiegare: eppure mai come per questi giochi dallo scheletro così elementare si può dire che sono i dettagli a fare la differenza. Vediamo allora cosa rende Torchlight diverso dai tanti altri esponenti che affollano il suo sotto-genere.

3. Eroi in incognito
I tre eroi tra i quali è possibile scegliere il nostro personaggio corrispondono in pieno ai tre archetipi tipicamente presenti nei GdR più semplificati, anche se gli autori hanno cercato di conferire loro qualche caratteristica più originale del solito. Il guerriero prende il nome di Distruttore e ricorda anche iconograficamente il classico barbaro: forte con le armi e incapace con le arti magiche, pur essendo in questo caso dotato di qualche abilità connessa all’evocazione di spiriti. Il mago è qui etichettato come Alchimista: il suo aspetto ingenuo alla Harry Potter è controbilanciato da un arsenale di magie elementali, accompagnate alla possibilità di dar vita a costrutti meccanici capaci di affiancarlo in battaglia. Il corrispettivo del ladro, chiamato pomposamente Conquistatore, altri non è che una leggiadra fanciulla poco vestita e specializzata nelle armi a distanza e nelle trappole; degno di nota è il fatto che le prime non sono solo archi e balestre ma anche ben più potenti fucili, pistole e moschetti.
Ciascun personaggio è tratteggiato tramite le caratteristiche e le abilità: le prime (forza, destrezza, magia e difesa) modificano direttamente il danno, i punti ferita, il mana e la resistenza, mentre le seconde, attive o passive, contribuiscono ad arricchire le nostre opzioni di combattimento. Ciascuna classe ha tre differenti categorie di abilità, che possono essere liberamente combinate dal giocatore; l’organizzazione delle stesse non è ad albero ma segue semplicemente uno schema basato sul livello minimo necessario per l’acquisizione di ciascuna. Una volta acquisita un’abilità, questa diventa subito operativa nel caso delle abilità passive, mentre nel caso di quelle attive andrà collegata a un tasto di scelta rapida, che a sua volta legherà l’abilità al tasto destro del mouse. Ogni utilizzo di una abilità attiva consuma energia magica (anche nel caso del guerriero o del ladro): il mana però si ricarica abbastanza velocemente con il tempo. Nel caso dei punti ferita, invece, sarà necessario ricaricarli tramite pozioni o magie curative: com’è classico di questi giochi, però, la ricarica avviene anche quando si passa di livello. Le abilità apprese possono anche essere migliorate (in genere fino al livello 10) investendo su di esse altri punti abilità; questi ultimi non vengono ottenuti solo al passaggio di livello ma anche in certe circostanze particolari, per esempio dopo la sconfitta di una creatura eccezionalmente forte.

4. Viva il clic selvaggio
Il nostro eroe può essere agevolmente controllato tramite l’utilizzo del solo mouse: con il tasto sinistro si avanza e si esegue l’attacco predefinito con l’arma equipaggiata, con il tasto destro si attivano le abilità. Ogni tanto premeremo qualche tasto per bere una pozione o per cambiare l’abilità selezionata. Oltre che con le creature ostili, interagiremo con gli immancabili barili e forzieri (qualcuno di questi ultimi ogni tanto si trasforma in un pericoloso mimic) e con qualche leva destinata ad aprire porte o a far calare ponti necessari a proseguire. Il percorso dei dungeon è lineare e le uniche piccole variazioni servono a condurre verso zone ‘nascoste’ ricche di tesori; ciò nonostante il design dei labirinti è sufficientemente vario e creativo da non venire a noia se non dopo molte ore di gioco, e questo è un pregio non da poco, considerando anche che tutti i livelli di Torchlight sono generati casualmente e quindi diversi per ogni partita. I mostri sconfitti lasciano cadere tonnellate di oggetti, che si dividono nelle classiche categorie presenti in ogni gioco di questo tipo: normali, magici, facenti parte di un set, dotati o meno di sedi in cui incastonare gioielli eccetera.
L’ipertrofia che travolge, abbastanza inspiegabilmente, gran parte dei prodotti appartenenti alla categoria dei GdR action è tutta presente anche in Torchlight: dopo pochi minuti di scorrazzamento nei sotterranei il nostro inventario sarà già colmo di oggetti rari o magici, quindi ci toccherà tornare ripetutamente in città tramite l’apposita pergamena del portale cittadino. Lì interagiremo con qualche mercante per vendere tutte le cianfrusaglie inutili: nel giro di poche decine di minuti saremo già colmi di denaro con cui potremo comprare ogni oggetto dai venditori stessi. Ma lo sfavillante oggetto appena acquistato diventerà irrimediabilmente superato solo dopo pochi istanti, quando un mostro sconfitto lascerà cadere un manufatto ancora più potente. Torchlight si configura, in ultima istanza, come la continua ripetizione del loop in cui consistono, sfrondate tutte le superfetazioni, tutti o quasi i GdR d’azione: uccidi il mostro, raccogli il bottino, vendi il bottino (nel gergo degli appassionati questo procedimento viene abbreviato nella sigla EUMATE, che sta per Entra Uccidi Mostro Arraffa Tesoro Esci). In questo caso specifico, poi, qualsiasi elemento strategico è stato bandito a favore di quella giocabilità compulsiva e semi-automatica che forse possiamo considerare il vero elemento di differenziazione tra il GdR action e il GdR ‘puro’, sempre se quest’ultimo esiste. Nel conferire personalità alla giocabilità di Torchlight, a poco servono le piccole novità, come la presenza costante di un pet, ossia di un animaletto alleato dell’eroe e capace di combattere con lui, di portare oggetti o addirittura di andare a venderli in città; oppure la possibilità di interrompere le sessioni di combattimento con la pesca, semplice mini-gioco tramite cui procurare pesci da dare in pasto al pet per trasformarlo temporaneamente in un forte guerriero. Il dettaglio arricchisce il sapore del piatto, ma non è in grado, da solo, di renderlo memorabile.

5. Grafica e sonoro
Pur avendo un motore grafico tridimensionale, Torchlight utilizza un punto di vista rigorosamente isometrico e fisso, anche questo identico a quello esibito dai grandi capolavori del suo sotto-genere. La scarsità di poligoni, che ha il piacevole effetto collaterale di rendere il gioco utilizzabile su qualunque piattaforma anche a risoluzioni molto elevate, è accoppiata con un tratto stilistico cartoonesco e caricaturale, fortemente caratterizzato e perfetto nel mettere in risalto gli elementi con cui è possibile interagire. Il punto forte della grafica di Torchlight, che rimane molto gradevole anche in termini generali, è forse proprio questo, ossia il suo essere completamente al servizio della giocabilità, riducendo al minimo gli orpelli puramente decorativi ma evitando anche il minimalismo eccessivo. Il comparto sonoro, pur senza far gridare al miracolo, è curato e interessante: il responsabile, Matt Uelmen, è l’autore della celeberrima musica che faceva da sfondo alla cittadina di Tristram nel primo, glorioso Diablo. Gli appassionati non mancheranno di cogliere qualche eco di quel tema anche in Torchlight, e questo non può che far aumentare ancora di più la sensazione di deja-vu: che questo sia positivo o negativo lo lasciamo decidere alla sensibilità e ai gusti del lettore.

6. Conclusioni
Tra tutti quelli che abbiamo avuto l’occasione di provare, Torchlight è il clone di Diablo più clone di Diablo in assoluto. La struttura di gioco è identica, il sistema delle caratteristiche e delle abilità è molto simile, la giocabilità è la stessa, perfino la musica ricorda da vicino il capolavoro di Blizzard. Complessivamente, il gioco in esame è ben fatto, soddisfa in pieno le promesse degli sviluppatori e mostra sotto molti punti di vista di essere il frutto del lavoro di veri esperti del ramo. Purtuttavia, crediamo sia semplicemente impossibile promuovere a pieni voti un prodotto che rinuncia in partenza a qualunque pretesa di avere una sua identità e che sbandiera in maniera quasi imbarazzante il suo carattere derivativo. Tutto quel che c’è di buono in Torchlight, ed è molto, annega nel ricordo del gioco che a suo tempo fece altrettanto riuscendo però a essere autenticamente rivoluzionario. L’arte, per essere tale, deve essere immersa in pieno nel suo tempo: sull’opera di chi agisce avendo come faro la semplice replica del passato non si può che attaccare l’etichetta del semplice e onesto prodotto di mestiere, destinato a scomparire presto dai ricordi e a regalare al massimo qualche ora di svago passata nel rimembrare quant’era bello il tempo che fu.

Tre pregi di Torchlight
Tre difetti di Torchlight
Semplice e divertente
È uguale a Diablo
Giocabilità elementare ma curatissima
Viene presto a noia
Motore grafico piacevole, leggero e funzionale
Inutilmente ipertrofico

2 thoughts on “Torchlight”

  1. CheccoPintori

    Come detto nella recensione, troppo numerosi gli oggetti raccolti che perdono presto del loro senso.
    Le locazioni sono costruite in automatico da diversi pezzi di scenario tipo Lego e questo porta i dungeon a essere praticamente tutti uguali.
    L’ho finito in una 30 di ore ma non vedevo l’ora di levarmelo di torno.

    1. Mosè Viero

      Sì, direi che condivido il tuo sentimento.
      Peraltro la costruzione modulare delle ambientazioni è abbastanza tipica di questo sotto-genere, ma qui risulta particolarmente fastidiosa, forse per mancanze a livello di atmosfera e narrazione.

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