Certe formule ludiche sembrano veramente ‘magiche’: riproposte a distanza di anni con pochissime variazioni, paiono sempre e comunque capaci di attirare l’attenzione e la passione del pubblico. Iron Lore Entertainment ha tirato fuori dal suo cappello l’ennesimo GdR action ‘alla Diablo’: incredibile a dirsi ma anche questa volta il colpo è a segno.
[articolo originariamente pubblicato il 4 agosto 2006]
Nota del 2020
Titan Quest è ancora perfettamente godibile e consigliabile. Nel 2016 è stata pubblicata una Anniversary Edition che, oltre a includere l’espansione Immortal Throne, adatta il gioco alle nuove risoluzioni e lo ottimizza notevolmente quanto a stabilità. La nuova edizione è stata a sua volta arricchita da due espansioni, intitolate Ragnarok e Atlantis, che però hanno avuto una ricezione un po’ controversa. In futuro potremmo decidere di provarle e di dare il nostro parere.
1. Cloni veri e cloni presunti
Molti anni fa, la pluripremiata casa di sviluppo Blizzard (i cui dirigenti oggi navigano nell’oro dato l’immenso successo del loro MMORPG World of Warcraft) dava alle stampe un gioco molto semplice, puramente ricreativo, ai limiti della banalità. Il gioco si chiamava Diablo: il giocatore impersonava un eroe combattente che doveva percorrere un lungo labirinto uccidendo qualunque creatura gli si parasse davanti fino ad arrivare al mostro dei mostri, Diablo appunto. A distinguere questo gioco dai cosiddetti ‘picchiaduro’ era l’impalpabile entità che va sotto il nome di ‘atmosfera’, alla cui definizione concorreva anche il prestito di alcuni elementi tipici dei GdR come ad esempio l’ambientazione fantasy e la crescita di livello delle abilità del personaggio con l’aumentare della sua esperienza. Il successo fu notevolissimo, tanto che molti altri sviluppatori in seguito si sarebbero cimentati con questo nuovo genere particolare, alimentando la leggenda dei “cloni di Diablo” moltiplicantesi con sospetta velocità.
Secondo chi scrive si tratta appunto di una leggenda in quanto molti GdR action nati dopo Diablo e da esso ispirati hanno in realtà un’identità precisa e caratteristiche che quasi sempre li staccano con decisione dal capostipite (si pensi a Sacred o a Dungeon Siege, tanto per fare due nomi). Forse il primo vero e autentico “clone di Diablo” mai immesso sul mercato è quello di cui ci accingiamo a parlare ora, ovvero Titan Quest di Iron Lore Entertainment, neonata casa di sviluppo capitanata dal veterano della strategia in tempo reale Brian Sullivan. Mai infatti action-RPG fu più vicino a Diablo di questo come meccaniche di gioco Non che sia necessariamente un difetto: se una formula piace e se viene concretizzata con professionalità e cura per i dettagli, perché respingerla? A differenza di tante altre testate di critica videoludica, La maschera riposta non pensa affatto che l’originalità debba essere il primo dei valori né che compito di ogni gioco sia porre una nuova pietra miliare o inaugurare un nuovo genere. Ben vengano i cliché, se sono cliché ben fatti.
2. Il fantasy più bello che ci sia
Gli adolescenti e i giovani in generale a volte hanno comportamenti abbastanza buffi. Nella fascia più precoce di lettori, una fetta consistente della letteratura consumata è quella di ambientazione fantasy, in particolare negli ultimi anni, dopo che la serie cinematografica dedicata ai capolavori tolkeniani ha fatto scoprire questo ‘mondo’ a molti che prima lo ignoravano. Gli imberbi divoratori di libri passano ore e ore a leggere di orchi e troll e maledicono il tempo che sono costretti a passare studiando, senza accorgersi magari che è proprio fra le materie scolastiche che si nasconde il fantasy migliore mai prodotto dall’ingegno umano. Di fronte all’Iliade e all’Odissea, la saga di Dragonlance sembra il patetico scarabocchio di uno scrittore povero di stile e di inventiva. Deve aver pensato la stessa cosa Brian Sullivan, in particolare dopo essersi immerso nei mondi delle diverse mitologie dell’antichità durante lo sviluppo del RTS Age of Mythology di Ensemble Studios, di cui Sullivan era membro.
Proprio lì nacque l’idea di un GdR action ambientato in questi mondi, che pescasse a piene mani dalle genealogie create da filosofi e pensatori dell’antichità per spiegare i fenomeni naturali e l’indecifrabilità della natura umana, genealogie piene di mostri e creature ibride che sembrano fatte apposta per popolare il pericoloso mondo in cui debba muoversi il tipico eroe coraggioso protagonista di un GdR action. Age of Mythology prevedeva la presenza di tre diverse ‘mitologie’, quella greca, quella egizia e quella nordica: Sullivan ha mantenuto in Titan Quest la tripartizione, ma ai nordici ha sostituito i cinesi; le tre diverse ambientazioni fanno da cornice ai tre atti in cui è divisa la storia, la cui linea di fondo richiama con una certa evidenza quella presente nella espansione di Age of Mythology, che infatti si chiamava proprio The Titans. Insomma, siamo di fronte a un prodotto che non solo ‘copia’ da altri il genere e le meccaniche di gioco ma anche l’ambientazione e la trama! Eppure, Titan Quest riesce a farsi perdonare senza problemi la sua mancanza di originalità.
3. Meccaniche di gioco
In Titan Quest, il giocatore controlla un singolo personaggio muovendolo nel mondo e facendogli intessere dialoghi e soprattutto combattimenti con le creature che lo circondano. Le uniche fasi della creazione del personaggio riguardano la scelta del sesso e quella del colore della tunica: ulteriori specializzazioni verranno scelte direttamente in-game secondo una procedura che tratteremo più avanti. L’avventura comincia in Grecia nei pressi del piccolo villaggio di Helos, in difficoltà a causa dei misteriosi attacchi di creature mitiche che negli ultimi tempi devastano le sue campagne. Il nostro personaggio è sempre al centro dello schermo: tramite il tasto sinistro del mouse gestiremo tutte le funzioni principali tra cui il movimento, l’attacco semplice, il dialogo e la raccolta di oggetti. Al tasto destro è possibile assegnare una qualche abilità ‘attiva’, cioè che necessità del nostro input per concretizzarsi: altre abilità dello stesso tipo possono essere assegnate alla barra rapida, a cui possiamo collegare anche pozioni e altri oggetti dell’inventario in modo da poterne far uso rapidamente attraverso la semplice pressione di un tasto.
C’è poco altro da spiegare: Titan Quest ha una giocabilità estremamente collaudata e chi ha giocato a un Diablo o anche a un altro GdR action in passato si troverà immediatamente a casa. I mostri e le creature uccise lasceranno cadere oggetti di vario tipo (una caratteristica molto interessante che val la pena sottolineare è che gli oggetti lasciati cadere sono ‘coerenti’ con il tipo di creatura: uno scheletro armato di spada e scudo lascerà cadere la sua spada e il suo scudo, e non ci capiterà di uccidere un topo e scoprire che conteneva delle monete d’oro o un’armatura, fattispecie ahinoi piuttosto comune nei giochi di questo tipo). Gli oggetti raccolti o acquistati dai mercanti possono essere equipaggiati tramite la finestra dell’inventario e quasi sempre comporteranno un cambiamento anche visivo nell’avatar che rappresenta il nostro eroe; non manca nemmeno la possibilità di potenziare gli oggetti incastonando al loro interno delle gemme o delle reliquie particolari, tutte collegate a qualche mito classico di cui la finestra delle caratteristiche si dilunga a raccontare i dettagli.
4. Gestione del personaggio e salvataggi
Titan Quest mostra qualche elemento di originalità nella gestione delle abilità e della crescita del personaggio. Come si è già detto, il nostro eroe comincia il gioco come una classe ‘neutra’: quando passerà di livello per la prima volta (bastano pochi minuti di gioco) potrà scegliere una sua classe di specializzazione fra le otto presenti. Le classi rispecchiano in maniera abbastanza canonica le suddivisioni classiche presenti in questo genere di giochi: c’è la classe dedicata al combattimento corpo a corpo, quella dedicata alla magia elementale, quella dedicata alla magia druidica, quella dedicata al combattimento a distanza e così via. Una volta scelta una classe, dovremo decidere come distribuire al suo interno i tre punti abilità che ci vengono assegnati a ogni crescita di livello: è possibile assegnarli alla classe in generale oppure a una specifica abilità. Assegnando i punti alla classe si migliorano alcune caratteristiche del personaggio (quelle più legate alla classe medesima) e si sbloccano nuove abilità, ciascuna delle quali ha una sorta di prerequisito concretizzato appunto in un livello minimo a cui dev’essere la relativa classe prima di poterla adoperare; assegnando i punti alle abilità già sbloccate le si rende disponibili oppure le si migliora in caso fossero già tali.
Una volta assegnati i tre punti abilità, non è più possibile tornare indietro a meno che non ci si imbatta in un particolare PnG chiamato ‘mistico’ (sono piuttosto rari), che dietro il pagamento di una certa somma di denaro è in grado di farci recuperare i punti abilità spesi nelle singole abilità (non quelli spesi nella classe) e di farceli riassegnare a piacimento. Fra le abilità da scegliere molte sono passive, cioè una volta scelte e migliorate sono sempre in funzione indipendentemente da tutto; altre sono attive, cioè devono essere assegnate al pulsante destro del mouse o alla barra rapida per poter essere utilizzate. Alcune abilità attive hanno un effetto istantaneo e consumano una certa quantità di energia magica (che si rigenera col tempo oppure tramite le apposite pozioni), altre invece possono essere attivate e tenute attive per un tempo indefinito, ma mentre sono in funzione abbassano la nostra quantità di energia magica disponibile. Non è tutto: una volta raggiunto il livello 8 (più o meno a metà del primo atto), avremo la possibilità di scegliere una seconda classe per il nostro personaggio. Non è obbligatorio: specializzando il nostro alter ego in una singola classe si raggiungeranno livelli di potenza maggiori, a scapito della versatilità. La possibilità di creare personaggi multiclasse aumenta il già notevole numero di combinazioni possibili incrementando così la longevità di un titolo che comunque si fa già notare per la particolare lunghezza della sua campagna.
Abbiamo già fatto notare come Titan Quest riservi uno spazio peculiare al ‘realismo’ nella definizione degli oggetti lasciati cadere dalle creature sconfitte. Ebbene, altrettanta attenzione per la realtà si rispecchia nella costruzione della campagna: ciascun atto si svolge in una versione virtuale della Grecia, dell’Egitto e della Cina dell’antichità, e l’attenzione per i dettagli e per la verosimiglianza è davvero notevole. La geografia dei luoghi è fondamentalmente rispettata (con qualche ovvio contrattempo dovuto alle necessità di gioco, come il fatto che la distanza fra Sparta e Atene sia percorribile a piedi di corsa in pochi minuti) e non mancano sottili richiami all’arte e alla storia dei singoli luoghi, coglibili solo da chi conosce la materia o ha memorie scolastiche non ancora cancellate dal tempo trascorso. Il motore di gioco prevede solo caricamenti iniziali o nel caso in cui ci si sposti tramite qualche portale in luoghi molto lontani fra loro: per il resto tutto è gestito ‘in streaming’, compreso il passaggio dalle zone esterne ai dungeon che di quando in quando costellano il percorso (e la cui visita è quasi sempre opzionale).
Alle missioni principali si affiancano missioni secondarie non particolarmente ispirate ma divertenti e non sempre facili da trovare e da risolvere: più di qualche volta ci capiterà di ‘perderci’ a causa di deviazioni dal percorso principale o di mappe estremamente estese; per fortuna potremo adoperare l’ottimo sistema di mappe per ritrovare la direzione giusta. Potrà destare perplessità il sistema di salvataggio, che non è totalmente libero: si può salvare in qualunque momento, ma quando ricaricheremo il nostro personaggio non sarà nel punto in cui l’avevamo lasciato bensì nei pressi dell’ultima ‘fontana della rinascita’ (leggi: punto di salvataggio) attivata. Poiché i mostri si rigenerano da una sessione all’altra, se la suddetta fontana era parecchio più indietro del punto in cui eravamo arrivati dovremo combattere nuovamente contro mostri che avevamo già sconfitto. Le fontane sono ben distribuite: se ne trova in media una ogni venti minuti di gioco. Queste particolari strutture entrano in ballo anche nel momento in cui il nostro personaggio trova la morte: quando succederà, il nostro eroe ricomparirà vicino all’ultima fontana della rinascita attivata con una piccola penalità nell’esperienza acquisita ma tutti i suoi oggetti ancora al loro posto (ergo non c’è la necessità di andare a ‘recuperare il cadavere’ come succede in Diablo II). Altro elemento di deja-vu rispetto a tanti altri titoli di questo genere è il ‘portale’ tramite cui tornare nella più vicina città a vendere il bottino recuperato; in Titan Quest questo portale può essere attivato a piacimento, non essendo legato a un incantesimo né a un oggetto: è semplicemente un tasto fisso nella barra degli strumenti della schermata principale.
5. Tecnicismi e conclusioni
Il problema maggiore di Titan Quest è forse il suo comparto tecnico. Non che il gioco sia brutto a vedersi, anzi: la grafica è pulita e dettagliata, gli scenari sono pieni di elementi animati, le ombre sono calcolate in tempo reale ed è implementato anche un rudimentale motore fisico per il quale vedremo appendersi agli alberi o cadere dai burroni i cadaveri dei mostri spazzati via dai guerrieri particolarmente forzuti. Naturalmente Oblivion è tutto un’altro pianeta, ma in un gioco dalla visuale isometrica di questo tipo non si può chiedere di meglio. Il problema è che il motore di gioco è tutt’altro che stabile e ottimizzato: rallentamenti anche pesanti e crash si sprecano un po’ a tutti i livelli di dettaglio, e la cosa è particolarmente seccante dato che, come spiegato sopra, il sistema di salvataggio non è totalmente libero. La cosa singolare è che il gioco è poco ‘scalabile’, o meglio lo è molto ma, poiché lo sforzo richiesto alla scheda video è relativamente modesto, anche chi è in possesso di schede ultra-veloci dovrà fare i conti con qualche rallentamento.
Al di là di questo problema comunque non così soverchiante, Titan Quest è un ottimo gioco, che mantiene tutte le promesse fatte e che farà divertire tutti coloro che vi si avvicineranno senza campare pretese che il genere a cui esso appartiene non potrà mai soddisfare. Particolarmente riuscita è l’ambientazione o meglio le tre ambientazioni, che riescono contemporaneamente ad assolvere in pieno il ruolo di background credibile da un punto di vista ludico nonché a essere curate e ‘istruttive’ da un punto di vista storico e culturale: per certi versi, Titan Quest è la prova che il videogioco di ispirazione storica non deve necessariamente essere uno strategico o un gestionale ma può essere benissimo anche un gioco di ruolo. Il neo più grave è senza dubbio l’instabilità e la pesantezza del motore di gioco: l’altro ‘grande’ GdR action uscito negli ultimi mesi, cioè Dungeon Siege 2, vanta una programmazione che al confronto è lo stato dell’arte. La prima prova del marchio Iron Lore ha passato l’esame: speriamo che in futuro lo passi ancora meglio di così.
Tre pregi di Titan Quest | Tre difetti di Titan Quest |
Ambientazioni curate e piacevoli | Poco originale |
Giocabilità collaudata | Qualche problema di stabilità |
Molto rigiocabile | Pesante in termini di hardware |