Le lunghe attese spesso valgono la pena. Per giocare a un capolavoro come The Witcher, avremmo aspettato volentieri anche altri cinque, dieci, venti anni.
[articolo originariamente pubblicato il 24 dicembre 2007]
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Esempio di gioco
Il nostro parere
La nostra collezione
Nota del 2020
L’articolo risale a un momento nel quale la saga di Geralt era praticamente sconosciuta al di fuori della Polonia. Oggi si tratta invece di una serie di enorme successo, sia letterario sia videoludico sia anche televisivo grazie a Netflix. L’excursus relativo ai libri lamenta l’assenza di traduzioni, che oggi sono ampiamente disponibili, sia in italiano sia in inglese. Per chi volesse avvicinarsi alla serie di videogiochi ha perfettamente senso cominciare dal primo capitolo, che è ancora molto godibile e che gira senza problemi sui sistemi odierni, adattandosi anche alle nuove risoluzioni.
1. Semplici previsioni
Chi è CdProjekt? La domanda sarà risuonata spesso negli ultimi anni tra chi spulciava le anticipazioni sui nuovi giochi di ruolo per computer in uscita. Nel nostro settore come in tanti altri, infatti, i nomi che girano sono sempre più o meno gli stessi, almeno quando si parla di grandi produzioni. Per un programmatore in erba, le strade prese in considerazione sono due: fondare una piccola casa indipendente, dicendo addio alle grandi produzioni (e spesso anche ai grandi guadagni) o farsi assumere da una casa già affermata. I membri di CdProjekt in realtà non sono gli ultimi arrivati: fondata nel 1994, questa compagnia è leader nella produzione e distribuzione di software videoludico (e non solo) in Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Del tutto sconosciuta oltre i confini di questi stati, questa casa decide di compiere il grande salto nel 2002, fondando un ramo di lavoro dedicato allo sviluppo di videogiochi e impegnandolo fin da subito in un progetto estremamente ambizioso: un gioco di ruolo caratterizzato da una trama forte, contenuti maturi e libertà interpretativa basata sulla presenza di scelte che influenzano pesantemente il dipanarsi degli eventi. Siamo quindi di fronte a un gruppo di programmatori che sono debuttanti solo in senso lato, dato che bazzicano il mondo dell’intrattenimento videoludico da più di dieci anni.
Certo, i grandi capolavori sono difficili da realizzare perfino per i veterani, ma CdProjekt ha mostrato di avere le idee chiare, inanellando scelte che hanno fatto fin da subito accendere l’entusiasmo degli appassionati. Prima scelta: basare il gioco su un motore già realizzato e affinato, conosciuto dai giocatori ed estremamente flessibile (l’Aurora del primo Neverwinter Nights), ha consentito agli autori di concentrarsi prima di tutto sui contenuti. Seconda scelta: porre l’accento sulle caratteristiche salienti di tipo narrativo-tematico, rilasciando in contemporanea immagini e artwork fortemente evocativi anche sul piano grafico, ha catalizzato l’attenzione degli hardcore gamer più che dei giocatori occasionali; i primi sono meno numerosi dei secondi, ma sono anche dotati di un livello di attenzione meno aleatorio. Terza scelta: iniziare la realizzazione di un gioco nel 2002 e pubblicarlo nel 2007 (cinque anni di lavoro!), procrastinando più volte la data di uscita per affinarne i dettagli, è qualcosa che puoi fare solo se sei pazzo o se hai dietro di te una struttura economica capace di ammortizzare gli esorbitanti costi; ecco perché è così importante tener presente la storia passata di CdProjekt. Il risultato di queste scelte è un capolavoro ancora migliore di quello che ci saremmo aspettati. E ci aspettavamo davvero molto.
2. Geralt di Rivia
Il background e i personaggi di The Witcher provengono da una serie di romanzi fantasy molto famosa nell’est Europa, dovuta alla penna dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski. Il protagonista è un personaggio tutto particolare: si chiama Geralt e a un primo sguardo potrebbe sembrare solo un umano un po’ bizzarro. Ha un pallido volto segnato da cicatrici, lunghi capelli bianchi e una innata abilità per l’uso della spada. In realtà Geralt è umano solo in parte: la stirpe dei witcher (“cacciatori di streghe”, per estensione “di mostri”) è infatti costituita da mutanti creati in laboratorio. Il mondo fantasy in cui è ambientato il gioco in esame è, come tutti i mondi fantasy che si rispettano, popolato da creature mostruose che mettono costantemente a repentaglio la sicurezza del vivere civile: ecco perché una setta di maghi, molto tempo fa, ha deciso di dar vita a una sorta di contro-mostri da liberare nel mondo a seconda della richiesta, per così dire. I witcher possiedono abilità sovrumane sia nell’ambito della bruta forza sia nell’ambito dell’intelligenza magica, ma questa potenza comporta un prezzo da pagare: l’isolamento, la sterilità e soprattutto una psicologia intrinsecamente disadattata, conseguenza diretta dell’essere un ‘prodotto’ destinato a uno scopo e nulla più, guardato sempre con sospetto, soprattutto quando tenta di vivere una vita normale.
Quando iniziamo la partita, Geralt sta attraversando un momento particolare: privo di gran parte della sua memoria a causa di un sanguinoso combattimento, viene rinvenuto in fin di vita e trasportato con mezzi di fortuna nella fortezza di Kaer Morhen, sui monti del regno di Kaedwen, antico luogo di creazione e addestramento dei witcher più potenti. A causa del sospetto che da sempre circonda i mutanti come Geralt, la creazione di witcher ha subito, negli ultimi tempi, una battuta d’arresto: Kaer Morhen è quasi del tutto abbandonata, essendo presidiata solo dal maestro Vesemir, che la adopera più come luogo di riflessione ed eremitaggio che come rifugio per i pochi witcher esistenti. Geralt intraprende, sotto la disincantata guida di Vesemir e con la compagnia di una piccola guarnigione di soldati e maghi, un percorso di riappropriazione della propria forza fisica e interiore, che però viene interrotto precocemente dall’incursione nella fortezza di un gruppo di banditi. Aver ragione degli invasori, che peraltro riusciranno comunque ad appropriarsi dei segreti connessi alla creazione dei mutanti, è la molla che spinge il giocatore nel corso del prologo, che è a tutti gli effetti il tutorial del gioco: il dipanarsi degli eventi costringerà Geralt, e il giocatore con lui, ad abbandonare anzitempo il luogo della sua rinascita, mescolando forzatamente l’anamnesi personale con l’indagine sui nuovi nemici dei witcher, in un mondo che sopporta a fatica la disturbante presenza di questi ultimi ma che cerca al contempo di sfruttarne biecamente le capacità soprannaturali. Le ambientazioni in cui ci muoveremo sembrano appartenere a un fantasy medievaleggiante molto classico, ma il piccolo accenno di trama appena effettuato ci può già chiarire l’equivoco latente: in The Witcher, tutto è decisamente più serio e più realistico del solito. A partire dalla emarginazione dei diversi (non solo i witcher ma anche gli elfi o i nani), svolta con argomentazioni a noi fin troppo familiari, per passare alla difficoltà di incontrare persone monocolori o prive di difetti, per finire con i toni cinici e dissacratori con cui Geralt commenta ciò che lo circonda… nel gioco di CdProjekt, quel che succede è lontano dall’essere un pretesto per farci ammazzare il tempo: qua siamo di fronte a qualcuno che ha realmente qualcosa da dirci.
Excursus: Andrzej Sapkowski
Il background di The Witcher, e anche il suo personaggio principale e alcuni elementi della trama, derivano da una serie di libri fantasy composti a partire dal 1986 da Andrzej Sapkowski, scrittore polacco di classe 1948. Molto popolare nell’Europa dell’est, il ciclo omonimo del gioco ha ricevuto grandi riconoscimenti da parte della critica per la sua capacità di unire tematiche e atmosfere tipiche del dark contemporaneo a una ambientazione fantasy anomala, che pesca contemporaneamente dalla letteratura tolkeniana alla mitologia slava. Nonostante questo, però, la saga non ha ancora avuto una seria edizione critica in lingua occidentale: in inglese esiste la traduzione di un’unica serie di racconti brevi intitolata The Last Wish, che tra l’altro mostra in copertina il medesimo artwork che nel gioco descrive l’amuleto di Geralt. Ovviamente in italiano non esiste nulla di nulla: il grande successo commerciale avuto dal gioco, però, lascia presagire un rinnovato interesse verso quello che ormai appare come uno dei prodotti più interessanti della letteratura fantasy contemporanea.
L’ambiguità morale dell’ambientazione e dell’eroe protagonista della saga non è stata una invenzione di CdProjekt, essendo già pienamente presente nell’opera letteraria di Sapkowski. Geralt appare contemporaneamente nobile e cinico, ma in diverse circostanze è tormentato dai dubbi; in alcune occasioni sembra anche passare al ruolo di vittima, a causa del comportamento fraudolento di diversi comprimari, pronti a sfruttare le sue abilità soprannaturali per scopi dalla dubbia moralità. Tra i nemici che Geralt si trova più spesso a combattere nei suoi romanzi il più importante è forse la “striga”, che in un certo senso dà anche il nome all’entità incarnata dall’eroe: si tratta di una donna, solitamente giovane e bella, che muore violentemente e risorge dalla sua tomba in forma mostruosa, seminando il panico e attaccando i membri sopravvissuti della sua famiglia. Sul combattimento con una striga è incentrato il racconto breve intitolato appunto The Witcher, che da un punto di vista cronologico segna la prima apparizione di Geralt nella letteratura di Sapkowski (il racconto è incluso in The Last Wish; il libro, in inglese, può essere acquistato senza problemi dall’Italia attraverso internet).
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3. Esplorazione e dialogo
In The Witcher, il giocatore controlla esclusivamente il protagonista, Geralt, che inizia con delle caratteristiche predefinite e personalizzabili solo nel corso del gioco; in alcuni frangenti capita che un personaggio non giocante collabori con Geralt o lo segua, ma il protagonista resta l’unico elemento controllabile direttamente. Esistono diverse visuali possibili: una isometrica dall’alto, scegliendo la quale potremo spostare Geralt cliccando sul terreno, una isometrica più zoomata e una da dietro le spalle del protagonista, scegliendo la quale potremo muoverlo attraverso i consueti tasti WASD. La visuale più coreografica è indubbiamente quest’ultima, che ci consente, a differenza delle altre, di osservare il cielo e di spaziare con lo sguardo fino all’orizzonte; talvolta, però, sarà più pratico utilizzare la modalità isometrica, soprattutto in occasione di combattimenti contro nemici particolarmente ostici. Le somiglianze con Neverwinter Nights emergono in casi come quest’ultimo o quando consideriamo le opzioni di interazione con il mondo: esiste un tasto che evidenzia gli elementi interattivi, siano essi oggetti o PnG, e per avviare l’azione predefinita è sufficiente un clic con il tasto sinistro del mouse. Gli oggetti con cui è possibile interagire sono pochi, generalmente casse e barili, oltre alle porte che ci consentono di cambiare ambiente; la possibilità di raccogliere piante e fiori è contemplata solo per i giocatori che decidono di far apprendere a Geralt la relativa abilità (ma spesso è anche necessario aver letto qualche libro).
Attivando un PnG si aprirà la finestra di dialogo: in caso di personaggi secondari questa si concretizzerà in una frasetta estemporanea, mentre con i PnG importanti (vale a dire dotati di nome e cognome) l’inquadratura cambierà dando vita a scambi di battute conditi da gesti e zoomate, in modo non molto differente a quanto avviene in Gothic o in Neverwinter Nights 2. Questi dialoghi sono a scelta multipla e molto spesso non consentono, come sovente accade in questo genere di giochi, di riprovare se una scelta non va a buon fine: la prima parola è quella che conta. Qualche volta oltre alle scelte di dialogo saranno presenti delle icone relative a qualche possibilità particolare di interazione con quel personaggio: per esempio, ad alcuni PnG sarà possibile regalare un oggetto presente nel nostro inventario, con altri si potrà commerciare, altri ancora ci daranno l’opzione di riposarci in casa loro o di giocare a poker con i dadi. Un tipo di interazione tutto particolare è l’approccio sessuale, che Geralt può tentare con le numerose fanciulle presenti nel gioco: in caso di successo, il giocatore vedrà il proprio diario abbellito da una ‘carta’ raffigurante una versione erotica soft della ragazza in questione. Tutti i dialoghi sono parlati, sia quelli importanti sia quelli estemporanei; un particolare interessante è che, a differenza di quel che succede di solito in questo genere di giochi, il mondo non subisce alcuna artificiosa sospensione durante lo svolgimento dei dialoghi, per cui vedremo i PnG intenti nelle loro occupazioni sullo sfondo delle nostre lunghe conversazioni.
4. Lo sviluppo del personaggio
Come già detto, in The Witcher tutti i giocatori iniziano con il medesimo personaggio, Geralt. A causa degli eventi recenti e della sua perdita di memoria (artificio fin troppo usato nei giochi di ruolo), il protagonista inizia il suo viaggio con pochissime abilità a disposizione. Risolvendo missioni e uccidendo mostri, però, Geralt può accumulare preziosi punti esperienza, che comporteranno la sua crescita di livello a intervalli prestabiliti. The Witcher in questo è un gioco molto classico: ogni volta che raggiunge un nuovo livello, Geralt deve riposare per poter distribuire i punti abilità a sua disposizione. Questi ultimi, denominati anche “talenti”, sono di vario tipo a seconda del livello raggiunto: quelli di bronzo si ottengono nelle prime fasi della partita, quelli d’argento nelle fasi centrali, quelli d’oro nelle fasi finali. Ciascuna abilità che è possibile imparare è collegata a un certo tipo di talento: questo sistema impedisce l’acquisizione di abilità molto potenti troppo precocemente.
Con i talenti è possibile migliorare gli attributi base, che sono forza, destrezza, stamina e intelligenza (i primi tre collegati al combattimento, il quarto a magia e alchimia), oppure sbloccare qualche specifica abilità. Queste ultime sono suddivise in base all’attributo che ne influenza la potenza e sono organizzate in uno schema ad albero che prevede la necessità di sbloccare le abilità di basso livello prima di poter accedere a quelle più potenti. Le abilità di base relative al combattimento rendono possibili le mosse speciali collegate alle combo relative ai tre diversi stili di lotta con la spada: forte, veloce e di gruppo (rimando al prossimo capitoletto per maggiori dettagli), mentre le abilità di combattimento di livello alto implementano effetti speciali collegati a queste mosse (per esempio la paralisi o il ferimento prolungato del nemico) o anche vantaggi difensivi per Geralt. Le abilità collegate all’intelligenza rendono più potenti gli incantesimi oppure consentono la raccolta di erbe, il potenziamento delle pozioni o la realizzazione di unguenti per le armi o ‘bombe’ da utilizzare come armi da lancio. Il gioco distribuisce con parsimonia i talenti e risulta tecnicamente impossibile costruire un personaggio abile in tutto: sarà necessario scegliere una specializzazione e portarla avanti, pena l’impossibilità di accedere alle abilità di livello più alto. Va sottolineato comunque che i talenti si possono ottenere anche grazie al rinvenimento di particolari sostanze che, se trasformate in pozioni, consentono di avere a disposizione immediatamente uno o più punti abilità. Come detto sopra, l’aumento di livello si può concretizzare solo tramite il riposo: sarà quindi necessario recarsi in una locanda, o anche cercare un focolare se ci si trova nel bel mezzo delle terre selvagge. Sarà possibile quindi, dopo aver distribuito i talenti, scegliere fino a che momento far proseguire il riposo, che ha anche il consueto effetto di ripristinare i punti ferita e la stamina, oltre che di riportare a zero la tossicità se abbiamo consumato pozioni. A questo proposito, se dobbiamo creare qualche pozione o anche unguenti o bombe, dovremo fare anche questo prima di riposare.
Excursus: Pugni e dadi
I programmatori di CdProjekt hanno pensato di inserire in The Witcher due mini-giochi, seguendo un trend presente da molto tempo nei titoli di grande richiamo (si pensi allo scassinamento e alla persuasione in Oblivion, per esempio). Si tratta dei giochi che gestiscono le risse nelle taverne e le partite a poker con i dadi. I combattimenti a mani nude sono uno dei passatempi più praticati nelle locande di Temeria: nessuno viene ucciso, si tratta solo di stendere al suolo il proprio avversario onde incassare la posta messa in gioco. Le modalità di svolgimento sono simili al normale combattimento, con qualche importante differenza. Anche qui è presente il feedback del cursore, che ci indica il momento migliore per sferrare il colpo successivo, ma è contemplata anche la possibilità di parare attivamente i colpi nemici: ogni parata ci costerà però una certa quantità di endurance, quindi dovremo dosare con attenzione le mosse offensive e quelle difensive.
Tutto particolare è invece il poker di dadi, che prevede anche una sua schermata e un commento sonoro esclusivo. Se accetteremo di sfidare un PnG (esistono sia i dilettanti sia i professionisti: solo con questi ultimi è possibile mettere in gioco cifre di una certa consistenza), comparirà la plancia di gioco, diversa a seconda del luogo in cui ci si trova (all’aperto, in una casa, in una locanda). Ci verrà chiesta la quantità di monete che vogliamo puntare, dopodiché tireremo i nostri cinque dadi; il nostro avversario farà lo stesso, e a quel punto una finestra ci informerà del risultato ottenuto da ciascuno e ci permetterà di aumentare eventualmente la posta prima di effettuare il secondo tiro. Una volta regolata la cifra in palio, potremo selezionare i dadi da ritirare (anche nessuno, se siamo soddisfatti col nostro primo tiro): il nostro avversario farà lo stesso, e alla fine i due risultati verranno comparati per stabilire chi ha vinto. Una partita consta di tre sfide consecutive: chi ne vince due incassa la posta; ovviamente se un giocatore vince entrambe le prime due sfide, la terza non viene nemmeno giocata. Le combinazioni valide sono quelle classiche del poker: coppia, tris, doppia coppia, full, poker eccetera; valgono anche le regole in base a cui tra due coppie vince quella formata da numeri più alti. Questo minigioco è davvero appassionante, ma purtroppo è anche viziato da un comportamento da parte dell’IA decisamente discutibile: i nostri avversari tenderanno a cercare le scale con insistenza decisamente non realistica, soprattutto quando nell’intento romperanno combinazioni molto allettanti (come il full o la doppia coppia). Senza contare che la maggior abilità dei NPC non si concretizza in una reale capacità strategica, ma semplicemente in una maggior fortuna in sede di tiro.
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5. Il combattimento
Data la professione del protagonista, non fa meraviglia che una parte importante (anche se non preponderante) della giocabilità di The Witcher sia occupata da combattimenti. In presenza di mostri o di personaggi ostili, è possibile far impugnare a Geralt la sua fedele spada tramite la pressione di un tasto; peraltro va sottolineato che il protagonista tende a sguainare la spada con una autonomia che talvolta è anche leggermente fastidiosa. Un primo importante distinguo riguarda proprio la tipologia di arma utilizzata. I witcher sono esperti del combattimento con la spada: solo utilizzando quest’arma, infatti, sarà possibile mettere in atto le letali combo a cui accennavamo sopra parlando dello sviluppo del personaggio. Geralt può scegliere tra una spada di acciaio, disponibile fin da subito e perfetta per gli umanoidi ostili, e una di argento, disponibile più avanti e perfetta per i mostri e le creature soprannaturali. Ciascun tipo di spada è collegato a tre diversi stili, cui sono a loro volta connesse tre diverse sequenze di combo. Lo stile strong (forte) è adatto a nemici singoli dotati di una pesante corazza; lo stile fast (veloce) è adatto a creature agili che attaccano sfruttando il fattore-movimento; lo stile group (di gruppo) è adatto per combattimenti contro una gran quantità di nemici relativamente deboli. Una volta sguainata la spada e scelto lo stile, il primo fendente si sferra cliccando semplicemente sul nemico. A questo punto, affinché si attivi la seconda mossa della combo, sarà necessario effettuare il secondo clic con un tempismo molto preciso: andando troppo lenti o troppo rapidi Geralt tentennerà o resterà sopraffatto dai movimenti del nemico. Viceversa, il giusto clic farà scattare la seconda mossa, e la terza andrà attivata col medesimo sistema, e così via fino a che si terminerà il ciclo e si ricomincerà. Ai livelli di difficoltà più alti, la responsabilità di azzeccare il tempismo delle mosse sta tutta sull’intuito del giocatore; ai livelli più bassi, invece, ci verrà in aiuto il puntatore del mouse, che si ‘infiammerà’ nel momento opportuno, suggerendoci che si tratta del giusto frangente per cliccare.
Come scegliere lo stile di combattimento? A volte ci verrà suggerito dal diario, dove si trova una descrizione dettagliata di ogni creatura ostile (ma alcune descrizioni compaiono solo leggendo un apposito libro); altre volte dovremo andare per tentativi: non sempre, per esempio, nemici che all’apparenza sembrano corazzati subiscono danni dallo stile strong, e non sempre gruppi di nemici subiscono danni con lo stile group. Sarà necessario sperimentare. A certe mosse delle combo sono collegati effetti secondari quali il ferimento; in casi particolari potremo addirittura rendere il nemico incosciente, e in quel caso la successiva mossa di Geralt sarà il cosiddetto colpo di grazia: la creatura ostile verrà uccisa indipendentemente dalla quantità di punti ferita ancora in suo possesso. Dicevamo sopra che i witcher sono specialisti nel combattimento con la spada: questo non significa però che non sia possibile combattere con altre armi. Sono per esempio disponibili grandi asce o martelli, o anche veloci pugnali: con queste armi non è possibile adoperare le combo, quindi è ovvio preferire a esse la spada in condizioni normali. Tuttavia, in certi casi la quantità massiccia di danni che può provocare una grossa arma a due mani può rappresentare una forte tentazione di cambiamento. L’implementazione del combattimento è stata forse uno degli elementi maggiormente controversi nei commenti degli appassionati: lo stratagemma del cursore è stato accusato di introdurre nel gioco una componente sterilmente meccanicistica, e di distrarre il giocatore dal succedersi vero e proprio delle varie mosse; in realtà noi crediamo che questo aspetto del gioco sia curato ed efficace, soprattutto tenendo in considerazione il fatto che è anche possibile disattivare del tutto il feedback ottenendo, alla fine, un ottimo sistema in bilico tra l’action e la strategia (senza contare che è anche presente la pausa attiva, marchio di fabbrica dei motori Bioware).
6. La magia
Pur essendo principalmente guerrieri, i witcher possono anche imparare e utilizzare alcuni incantesimi che possono rivelarsi particolarmente utili durante lo svolgimento delle loro imprese. Le magie nel gioco vengono chiamate segni: ce ne sono cinque, ciascuna dotata di diversi livelli di apprendimento, a ciascuno dei quali sono connessi effetti supplementari rispetto a quello base. Il segno Aard allontana fisicamente il nemico e lo sbatte per terra (può anche essere utilizzato per rimuovere barriere naturali come rocce o simili). Il segno Quen crea uno scudo che danneggia i nemici attorno a Geralt. Il segno Yrden dà vita a una sorta di trappola che, una volta attivata, provoca nel nemico vari effetti come dolore, accecamento e simili. Il segno Igni è forse l’incantesimo di attacco più classico: attivandolo verrà lanciata una fiammata verso i nemici. Il segno Axii, infine, funziona come uno charme e può trasformare temporaneamente una creatura ostile in un alleato.
I segni vengono appresi in particolari locazioni, chiamate places of power: ciascuna di esse è connessa a un certo segno, e attivandole Geralt apprenderà la relativa magia oppure la potenzierà per breve tempo in caso già la conoscesse. Nel caso di un segno potenziato, il lancio sarà particolarmente complesso, dato che sarà necessario attendere che il segno si carichi, rimanendo nel frattempo esposti ai colpi nemici. Lanciare magie consuma il valore di endurance di Geralt: questa statistica si ricarica comunque con una certa rapidità, e può anche essere migliorata tramite apposite pozioni. Globalmente, la magia in The Witcher appare come una interessante variazione sul tema, ma è lungi dall’essere un elemento cruciale: al livello di difficoltà normale, è perfettamente possibile completare il gioco senza mai far ricorso alle arti arcane, se non in rarissimi punti previsti dai programmatori.
Excursus: Alchimia
The Witcher contempla un sistema alchemico molto complesso, che consente la creazione non solo di pozioni con effetto positivo su Geralt, ma anche di oli per potenziare le lame delle sue spade o di bombe da lanciare contro i nemici. La prima cosa da fare per creare un composto è ovviamente raccogliere le materie prime: ne troveremo principalmente nelle piante e nelle creature uccise. La raccolta è consentita solamente se conosciamo la relativa abilità (nel caso delle piante) e soprattutto se Geralt ha letto qualche libro che gli descriva la pianta o l’animale e che gli spieghi come ricavare le sostanze utili. Una volta in possesso delle materie prime, dovremo cercare una qualche ricetta che ci spieghi come combinarle in modo fruttuoso. Le materie prime, infatti, non sono collegate a un effetto specifico, come in Oblivion, ma a uno o più reagenti, i cui effetti non sono meglio precisati. Una ricetta potrà ad esempio spiegarci che per ottenere una pozione swallow (che aumenta la rigenerazione dei punti ferita) serve una parte del reagente A e due parti del reagente B. Dovremo quindi procurarci una materia prima con dentro il reagente A e due materie prime, anche diverse, contenenti il reagente B.
Talvolta, assieme ai reagenti comuni, compaiono nelle materie prime dei reagenti speciali che comportano effetti collaterali, come una durata maggiore o una tossicità minore. Una volta avute le materie prime e combinate in base a una ricetta, manca ancora qualcosa: serve una base per la nostra creazione, cioè alcol per una pozione, grasso per un’olio e polvere per una bomba; anche queste sostanze esistono di diverso tipo, e in base alla loro potenza sarà regolata la potenza del prodotto finale. Quando abbiamo tutto, ci basterà riposare per avere a disposizione il menu della creazione alchemica: tramite esso potremo combinare automaticamente gli ingredienti sulla base delle ricette in nostro possesso, ma anche provare a combinarli a caso ottenendo pozioni dagli effetti ignoti. Una volta terminato il riposo, le pozioni faranno bella mostra nel nostro inventario, pronte per essere adoperate. Attenzione, però: a ogni pozione è connesso un valore di tossicità, e se ne consumeremo troppe di seguito Geralt ne risentirà, e potrebbe anche morire per questo motivo! Esiste però una pozione particolare che riporta il valore di tossicità a zero. Al livello di difficoltà normale, adoperare le pozioni è utile ma non critico: sarà assolutamente necessario averne solo quando combatteremo contro i boss (e anche in quel caso adoperando molta strategia se ne può fare a meno); al livello di difficoltà più alto, invece, è assolutamente impensabile tentare di andare avanti nel gioco senza padroneggiare appieno l’arte dell’alchimia.
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7. L’interfaccia
Nella normale schermata di gioco, The Witcher lascia ovviamente la maggior parte della schermata completamente libera da icone, in modo da consentire una visuale del mondo più ampia possibile. In alto a destra è presente una minimappa, con eventuali frecce indicanti l’obiettivo della quest attiva, e di fianco i tasti che permettono di accedere a tutte le altre schermate. Sul lato sinistro è presente in alto il medaglione di Geralt attorniato da eventuali icone riguardanti il suo stato attuale (ubriaco, ferito eccetera), in basso i tasti che attivano le armi o le magie. Il medaglione implementa una funzionalità interessante, anche se non così cruciale nel corso del gioco: è possibile infatti configurarlo per rilevare nemici o fonti magiche; nel primo caso lo vedremo accendersi e agitarsi nella vicinanza di creature ostili, nel secondo caso nei pressi dei places of power. L’inventario è costruito in modo molto classico: una sezione è dedicata agli oggetti indossati, con relativa sagoma animata di Geralt, mentre una seconda sezione è dedicata agli oggetti nello zaino. Ciascun oggetto occupa una casella, indipendentemente dalla sua effettiva grandezza nel mondo di gioco; gli oggetti identici possono essere impilati così da risparmiare spazio. Questo problema sarà uno dei più assillanti del gioco: pur avendo un settore dedicato solamente agli oggetti necessari per le quest, che possono essere infiniti, l’inventario è piuttosto limitato e non contempla un tasto per il riordino automatico. Questo significa che già dalle prime fasi del gioco saremo costretti a scegliere con oculatezza cosa prendere e cosa lasciare. Moltissimi oggetti, infatti, non hanno un utilizzo immediatamente evidente: c’è molto cibo, che può essere consumato, venduto o regalato; ci sono libri e pergamene, talvolta quasi solamente decorativi, talaltra contenenti informazioni importanti ai fini del gioco (comunque sono sempre molto brevi, non esistono veri e propri racconti come in Oblivion); ci sono oggetti che servono solo come potenziali regali, per esempio fiori o particolari capi di vestiario.
Una categoria a parte è ovviamente occupata dagli ingredienti per l’alchimia o dalle pozioni, di cui parliamo diffusamente nell’apposito excursus. La descrizione di ciascun oggetto è sintetica e compare in una finestra a scomparsa quando passiamo con il puntatore sopra al relativo quadratino. Estremamente complessa e articolata è la schermata relativa al diario, suddivisa in tante sotto-sezioni. La più familiare è quella che enumera le varie quest ottenute: sono organizzate in forma di elenco, che può essere filtrato per escludere le quest completate o per visualizzare solo quelle connesse alla trama principale. Selezionando una quest, verrà mostrato il suo stato attuale e l’obiettivo successivo; un tasto permette di visualizzare tutte le sue tappe comprese quelle già risolte, e un altro permette di attivare il cosiddetto tracking, che altro non sarebbe che un suggerimento riguardo al luogo dove ci si deve recare per continuarne la risoluzione. Tale suggerimento, simile a quelli presenti di default in Oblivion, si concretizza in una freccia nella minimappa e in un puntino lampeggiante nella mappa di gioco vera e propria, contenuta in una apposita schermata; purtroppo, questa funzionalità non è molto ben implementata, dato che il suggerimento punta solo ai luoghi e non ai personaggi, e questi ultimi si spostano spesso e quindi non sono necessariamente nel punto che ci viene indicato. Le missioni vengono descritte in modo piuttosto essenziale, e qualche volta ciascuna di esse viene suddivisa in più voci talvolta conflittuali: questo da un lato aumenta la sensazione di avere a disposizione più possibilità di scelta, ma dall’altro contribuisce anche a rendere confuso il quadro di insieme.
Altre sezioni del diario sono dedicate rispettivamente ai NPC, ai mostri, alle formule, agli ingredienti, ai luoghi, al glossario e al tutorial. La sezione dedicata ai NPC mostra l’immagine di ciascun personaggio rilevante incontrato, con una piccola descrizione che cambia in base alle circostanze: ci capiterà di consultarla spesso in determinati frangenti, per esempio quando staremo indagando su un gruppo di personaggi sospettati di aver compiuto un certo delitto. La sezione dedicata ai mostri descrive ogni creatura ostile, spesso fornendo particolari molto utili in fase di combattimento (resistenze e debolezze, e magari suggerimenti sullo stile più adatto). La sezione dedicata a formule e ingredienti riguarda l’alchimia, al cui excursus rimando per maggiori dettagli. La sezione dedicata ai luoghi dà una breve descrizione di tutte le locazioni, con l’accompagnamento di amene immagini per ciascuna di esse. Il glossario fornisce una veloce spiegazione riguardante determinati concetti del lore che entrano spesso in ballo, soprattutto nella trama principale. Infine, la sezione di tutorial elenca tutte le spiegazioni per l’utilizzo delle varie parti del gioco e dell’interfaccia. Sicuramente il giocatore di The Witcher non si può lamentare per il feedback scarso offerto dai programmatori.
8. La struttura del mondo e delle quest
Fino a questo momento abbiamo enumerato in maniera piuttosto fredda e distaccata le caratteristiche tecniche della giocabilità di The Witcher: come si fonda tutto questo nell’esperienza di gioco globale? Geralt si muove all’interno di mappe di dimensioni variabili, collegate tra loro da punti di passaggio; normalmente ciascun atto si svolge in una grande area, che può essere una zona selvaggia o di campagna o anche un quartiere cittadino; a questa grande zona sono collegate aree di dimensioni minori, come gli interni, i dungeon o ambientazioni dove comunque ci si reca per la risoluzione di una o più missioni. Pur essendo un gioco quest-oriented, The Witcher offre una sensazione di libertà molto maggiore rispetto a quella offerta solitamente dai prodotti Bioware, compreso il primo Neverwinter Nights, costruito con lo stesso motore: la dimensione molto ampia delle mappe principali e la presenza di aree in cui è possibile spaziare senza soluzione di continuità, nonché il fatto che il paesaggio continua anche oltre la mappa subito dopo qualche elemento che in modo pertinente ci impedisce di proseguire (niente muri invisibili!), regalano al giocatore l’impressione di essere all’interno di un mondo molto vasto, anche se poi le aree realmente calpestabili non sono così cospicue.
Ciascuna ambientazione è costruita in modo coerente e realistico, secondo un ciclo temporale che contempla cambiamenti anche profondi nella identità delle varie zone: di giorno in un villaggio vedremo i suoi abitanti affaccendati nei loro lavori, i bambini giocare per strada, i mercanti spostarsi da un luogo all’altro; di notte gli stessi luoghi saranno popolati da creature pericolose, e le persone comuni saranno all’interno delle loro case illuminate dalla luce della candela, magari con la faccia incollata al vetro della finestra, timorose di uscire allo scoperto e di rischiare la pelle. Certi luoghi riveleranno una natura particolare solo in seguito alla risoluzione di qualche missione: il giocatore viene sapientemente spinto a sentirsi a casa in una certa locazione, per poi scoprire che quella apparentemente innocua baracca abbandonata diventa, in qualche circostanza, il covo di un pericoloso gruppo di banditi, o che quel mulino può essere, di notte, un’ottima alcova dove sedurre la nostra ultima fiamma. Questo modo di procedere non dà mai la spiacevole sensazione, tipica dei giochi story-driven, di aver ‘finito’ una mappa una volta completata la sua esplorazione: The Witcher riesce, in questo, a compiere il miracolo di trasferire in un gioco dall’impronta fortemente narrativa una delle caratteristiche migliori dei giochi sandbox come Morrowind o Oblivion.
Il dipanarsi delle missioni è costruito in modo sapiente e particolareggiato, con una particolare attenzione soprattutto alla coerenza delle reazioni della intelligenza artificiale in seguito a certe azioni compiute dal nostro alter ego: a missioni classiche che richiedono l’uccisione di un certo numero di mostri o il recupero di qualche oggetto smarrito, si aggiungono complesse investigazioni e risoluzioni di misteri a cui arriveremo solo dopo varie tappe, spesso non sempre così chiaramente collegate, e soprattutto dopo molto peregrinare. La necessità di spostarsi frequentemente in giro per le mappe viene indicato spesso come uno dei difetti del gioco, ma per quanto ci riguarda non è così: il problema è, piuttosto, del giocatore impaziente, che richiede al RPG la stessa dose di adrenalina di uno sparatutto.
Excursus: Parliamo di sesso
Miracolo! Gli autori di The Witcher hanno deciso di ignorare il sistema di classificazione dei videogiochi per età e di affrontare nella loro opera prima anche la tematica che secondo i tutori dell’ordine non dovrebbe mai sfiorare i bambini, pena lo sconvolgimento del loro sviluppo sano: il sesso. A dire il vero non è la prima volta: diversi giochi di ruolo in passato hanno toccato l’argomento, sempre però con un certo pudore. In Baldur’s Gate 2 il personaggio principale poteva fare sesso con un membro del party, ma l’evento arrivava dopo un estenuante corteggiamento durante il quale bastava sbagliare una risposta per vedersi negato l’agognato obiettivo. In Planescape: Torment era possibile flirtare pesantemente con Annah e Fall-From-Grace, ma l’atmosfera alienante e la natura ambigua delle creature popolanti il gioco rendevano impossibile completare l’approccio. In Morrowind liscio, una khajiit di nome Anhassi si affeziona al personaggio principale (se è maschio) dopo che questi completa una quest per lei, e gli dice di tornare spesso a casa sua per “giocare sul lettone”, ma concretamente non succede mai niente. In Gothic 2 c’è un bordello che l’eroe senza nome può visitare e nel quale può anche comprare i servigi di una prostituta: questo è il gioco in cui il sesso viene maggiormente rappresentato, grazie a una animazione offuscata che visualizza sinteticamente le acrobazie del protagonista con la fanciulla. Per uscire dall’ambito dei RPG, in The Sims 2 c’è la possibilità di far conoscere carnalmente due simmini, ma il sesso viene pudicamente chiamato “fiki fiki” e viene rappresentato in modo molto stilizzato; inoltre, anche in questo caso il sesso può arrivare solo dopo un lungo ed estenuante corteggiamento. La possibilità che due semisconosciuti possano farlo per il gusto di farlo non è contemplata.
Intendiamoci: nemmeno The Witcher rivoluziona quest’ambito. L’atto sessuale viene ancora una volta debitamente nascosto tramite una animazione stilizzata e offuscata: ciò che cambia è il modo in cui il sesso viene vissuto all’interno del gioco dal suo protagonista. Anzitutto, Geralt è sterile: per lui il sesso è solo ed esclusivamente piacere, non ha alcuna finalità al di fuori del soddisfacimento degli istinti corporei. In secondo luogo, il nostro eroe è cinico e dissacratore: non sarebbe mai in grado di corteggiare come si deve una donna. A lui interessano le femmine che si intuiscono disponibili senza troppe paranoie: a volte sono prostitute, altre volte si accontentano di un regalo o di un piccolo favore, altre volte ancora sono amiche di vecchia data disposte a divertirsi con lui senza tante pretese. In alcune circostanze, la realizzazione dell’atto sessuale dà vita a scenette divertenti e smaliziate, in cui sembra veramente di essere all’interno di un mondo realistico, che bada alla realtà del piacere piuttosto che agli idealismi romantici. Il sesso è anche presente nei discorsi di tutti i giorni, nei modi di dire, nei giochi di parole. In questo contesto, appare come un simpatico dettaglio la possibilità di collezionare dei “tarocchi” rappresentanti una versione erotica soft delle fanciulle conquistate: da alcuni appassionati tacciata di infantilismo, questa funzionalità è invece interessante perché introduce con eleganza dentro un gioco di ruolo l’eros in forma visiva, autentica primula rossa all’interno di mondi che si dicono realistici e poi si dimenticano dell’aspetto forse più importante della vita.
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9. L’intelligenza artificiale e i PnG
Ormai qualunque GdR per computer che si ponga come obiettivo la creazione di città e villaggi credibili e realistici deve puntare molto sulla intelligenza artificiale dei suoi abitanti: nessuno più si accontenta di statuine animate che rimangono ventiquattr’ore al giorno nella stessa posizione. The Witcher mostra una cura notevole per questo aspetto, soprattutto sul versante delle creature amichevoli. Gli abitanti dei villaggi visitati da Geralt sono dotati di routine quotidiane piuttosto complesse e suscettibili di cambiamento in certe circostanze; oltre a lavorare, tornare a casa, andare a dormire eccetera, i PnG corrono sotto le tettoie quando piove, scappano quando arriva un mostro, intrecciano brevi conversazioni tra loro quando si incontrano. Avremo modo di vederli impegnati in moltissime attività tra cui curare l’orto, pescare, pregare, chiedere l’elemosina, fabbricare armi. I bambini (già solo vederli presenti è un miracolo in un gioco di ruolo) giocano, corrono, camminano in equilibrio sui gradini, seguono il nostro eroe e commentano il suo aspetto. Piccoli gruppi di animali selvatici si radunano nelle zone più isolate e scappano a tutta velocità (o volano via) quando ci passiamo vicino; altri animali pacifici si avvicinano curiosi al nostro personaggio, per poi lasciarlo andare e tornare agli affari propri.
Le creature ostili si comportano in modo molto meno sofisticato: nella gran parte dei casi si limitano a caricare a testa bassa, solo i boss, cioè i nemici potenti collocati normalmente alla fine di qualche quest rilevante, sono dotati di una strategia personalizzata. Uno dei problemi maggiori del gioco si riscontra, purtroppo, proprio nell’ambito della gestione dei PnG e delle creature ostili: i modelli adoperati sono decisamente scarsi, e questo ha un forte impatto non solo sull’estetica ma anche sull’immersività, che viene danneggiata in più di una circostanza. In altre parole: è poco sensato dedicare tanto tempo all’affinamento di una intelligenza artificiale credibile se poi a concretizzare questa IA ci sono quattro modelli ripetuti per decine di volte, anche per personaggi di grande peso nella trama. Questo accade sia con le creature pacifiche (normali cittadini, sacerdoti, mercanti: ciascuna di queste categorie ha in pratica un solo modello a disposizione, continuamente ripetuto) sia con i nemici: che si tratti di generici ladri o dei membri di una importante setta cospirativa, a rappresentarli c’è la stessa identica grafica. Il ricordo che ci resterà impresso di un certo personaggio, attentamente tratteggiato nella sua psicologia, sarà quindi praticamente privo di feedback grafico: ricordo di romanzo, più che di videogioco.
10. Questione di scelta
L’attesa che ha caratterizzato il processo di creazione e di affinamento di The Witcher si appoggiava anche a certe dichiarazioni ad effetto rilasciate dai programmatori; una delle più frequenti riguardava la presenza nel gioco di scelte realmente importanti, capaci di condizionare con decisione lo svolgimento della trama, in modo non del tutto controllabile dall’utente. Alla base di questa promessa, forse ovvia per un profano, sta uno dei problemi più diffusi nel mondo del gioco di ruolo per computer, ovvero il problema che potremmo chiamare della “scelta fittizia”: nella maggior parte dei casi, infatti, le scelte che vengono lasciate al giocatore sono un mero artificio retorico privo di qualunque conseguenza pratica. Qualche volta vengono offerte molte opzioni di dialogo, ma poi hanno tutte lo stesso effetto. Altre volte vengono offerte opzioni con effetto diverso, ma il personaggio che ci parla ci si rivolge ogni volta come se non gli avessimo mai parlato, con il risultato che basta provare continuamente finché non si trova l’opzione ‘giusta’. Altre volte ancora l’effetto è immediato, cosicché al giocatore basta ricaricare un salvataggio immediatamente precedente per scegliere l’opzione più conveniente. Insomma, tutti questi casi messi assieme fanno sì che sia davvero complesso rinvenire un gioco di ruolo in cui ci si trovi davvero nel dubbio riguardo a come procedere. I ragazzi di CdProjekt hanno pensato a un modo brillante per risolvere il problema: la separazione temporale tra scelta e conseguenza. Nel corso del gioco, ci troveremo di quando in quando di fronte a due possibilità di comportamento realmente diverse: scegliendo una delle due avremo una conseguenza immediata, che ci potrà piacere o meno, e che potremo modificare con lo stratagemma della ricarica, ma ci sarà anche una conseguenza a lungo termine, sulla quale non avremo alcun controllo, a meno che ovviamente non abbiamo già completato il gioco. Quando arriverà il momento in cui si paleserà la conseguenza della nostra scelta, verremo informati di questo tramite una sorta di mini-filmato composto da schermate statiche commentate da Geralt a mo’ di ricordo.
Facciamo un paio di esempi. Un commerciante ci assolderà per smascherare i ladri delle sue merci: scopriremo che si tratta di un gruppo ribelle di non-human (elfi e nani), che le adoperano per combattere il razzismo nei propri confronti. Ci verrà presentata la scelta di assecondarli oppure di denunciali. Nel primo caso, scopriremo dopo molte ore (nel capitolo successivo!) che le armi rubate sono state utilizzate anche per ammazzare un signore che nel frattempo ci aveva assegnato una quest, della quale quindi perderemo la ricompensa. Secondo esempio. Nel tentare di ammazzare un mostro che minaccia la città di Vizima, ci verrà offerto l’aiuto di un cavaliere membro di un ordine sacro; se lo accetteremo, lui ce ne sarà grato e diverso tempo dopo ci aiuterà in una particolare circostanza. La trovata sembra originale ed efficace, ma i casi in cui viene adoperata sono tutto sommato limitati e non così critici in termini di giocabilità. Ben più apprezzabile è invece il fatto, già accennato, che le conseguenze immediate delle opzioni di dialogo sono spesso non recuperabili se non tramite caricamento: ma l’atmosfera del gioco, e anche la durata dei caricamenti, saranno un ottimo deterrente per l’utilizzo di questi biechi trucchetti. In The Witcher, le scelte sono proprio scelte.
11. Estetica
Pur basandosi su un motore di gioco vecchio di anni, The Witcher si presenta all’occhio come un prodotto estremamente sofisticato e appagante. I programmatori hanno rivestito il glorioso Aurora con texture dettagliate, effetti di luce pregevoli, riflessi e ombre curati e appropriati. Ciò che forse colpisce maggiormente è la capacità di modificare in tempo reale l’aspetto delle ambientazioni, conferendo a esse una intonazione cangiante, in grado di coprire praticamente tutto lo spettro delle sensazioni: dal massimamente tranquillo al massimamente spaventoso. Piacevoli anche gli effetti atmosferici, in particolare le tonalità assunte dal cielo durante i diversi momenti della giornata. Per apprezzare appieno la caratterizzazione delle ambientazioni, è necessario adoperare la visuale da dietro le spalle: solo così infatti lo sguardo può scrutare l’orizzonte e seguire le enigmatiche tracce lasciate dagli stormi di uccelli in volo, che segnano la luce del crepuscolo mentre avvolge monti, laghi e foreste in lontananza. Il sistema di ombre in tempo reale è altrettanto evocativo, anche se mostra le tipiche incongruenze presenti in questo genere di giochi (ombre che passano attraverso i pavimenti, per esempio) e anche se risulta l’elemento più pesante da gestire a livello hardware. Globalmente, comunque, il problema estetico maggiore del gioco è ancora una volta rappresentato dal limitatissimo numero di modelli di PnG; anche le animazioni non sono sempre accuratissime, specialmente quelle connesse alla corsa.
A questo proposito, sottolineiamo un inspiegabile difetto che ha causato molte polemiche tra gli appassionati: scegliendo la visuale da dietro le spalle, che come abbiamo ripetutamente detto è sicuramente la più evocativa, non è possibile camminare ma solamente correre, a differenza che con le altre visuali. La cosa è francamente seccante, soprattutto in determinate circostanze (per esempio nei dungeon) quando sarebbe preferibile procedere con cautela anziché scapicollarsi in avanti. L’audio di The Witcher è semplicemente magistrale: dalla colonna sonora, meritevole di un cd tutto per sé (presente nella collector’s edition del gioco), al bel doppiaggio inglese. Da apprezzare è ancora una volta soprattutto il dinamismo del commento sonoro, che cambia in tempo reale in base non solo alla situazione di pericolo ma anche al clima o al momento della giornata.
12. Manifesto per la vita filosofica
In un gioco fortemente narrativo come The Witcher è chiaro che la qualità della trama riveste una importanza decisiva. Paradossalmente, questo è in realtà uno dei punti più deboli del prodotto confezionato da CdProjekt: non che il racconto non funzioni, semplicemente non è il motivo per cui ricorderemo questo gioco. A colpire e a rendere interessante la prosecuzione dell’avventura è principalmente l’atmosfera matura e ambigua che permea il mondo: in più di una occasione le varie tappe della narrazione sono legate da missioni incentrate su personaggi i cui scopi non sono ben chiari, collocati in un mondo sinistramente simile a quello reale, dove leggi e moralità sono quasi sempre solo una maschera dietro cui collocare il soddisfacimento dei bassi istinti e delle brame di ricchezza. La trama di ciascuna missione è molto ben sceneggiata e i personaggi principali sono caratterizzati da una identità precisa, anche se l’omogeneità del mondo tende a confondere le carte in tavola.
L’inseguimento dei banditi intenti a rubare i segreti della creazione dei witcher è, in questo contesto, leggermente riduttivo: soprattutto se confrontiamo questo scopo con quello degli altri grandi GdR story-driven come Planescape: Torment o anche il recente Neverwinter Nights 2 e la sua espansione Mask of the Betrayer. In tutti questi titoli la trama principale ha uno spessore filosofico spesso notevole, mentre in The Witcher si è costantemente alle prese con problematiche etiche dai risvolti fortemente pratici: in una occasione, Geralt si scusa anticipatamente con un suo amico nano prima di parlargli di grandi concetti inerenti al ruolo dei witcher nella realtà in connessione con la natura più o meno caotica del concetto di male. Anche da questo punto di vista, il gioco di CdProjekt è fortemente realistico: come nella vita non tutti possono passare il proprio tempo nell’indagine dei massimi sistemi, così in un mondo vivo l’azione ha sempre la meglio sulla parola. Alla riflessione lunga e pausata di Planescape: Torment, dove la vita pare mettersi di quando in quando in angolo per consentirci di guardarle dentro, si sostituisce la necessità cogente di mettere in pratica qui e ora la difficoltà di vivere e di praticare la coerenza: il sistema che ha preso forma verbalmente bypassa l’analisi e approda alla sintesi.
13. Conclusioni
The Witcher è un capolavoro. La sua caratteristica più particolare sarà forse emersa dalla lettura di questa analisi: siamo di fronte a un caso emblematico in cui il totale non corrisponde alla somma delle componenti. Umanamente imperfetto, questo gioco non verrà ricordato per la grafica all’avanguardia, e neanche per la trama d’impatto, e nemmeno per la giocabilità rivoluzionaria: verrà ricordato perché è quello che è. La sua forte identità è difficile da convertire in parole, come accade con ogni grande prodotto dell’ingegno. Con The Witcher rifletteremo, ci divertiremo, dubiteremo. Nessun appassionato di giochi di ruolo per computer può pensare seriamente di privarsi di tutto questo.
Tre pregi di The Witcher
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Tre difetti di The Witcher
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Fortemente caratterizzato
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Pochissimi modelli di personaggi
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Pieno di colpi di genio
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Il sistema di combattimento è un po’ semplicistico
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Unisce una forte narrazione a una grande libertà
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Il motore grafico non è perfetto
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