The Elder Scrolls IV: Oblivion

Dopo un’attesa che forse non ha precedenti in quanto a grado di trepidazione (almeno per gli appassionati di GdR), il quarto capitolo della serie The Elder Scrolls è approdato sui nostri computer e sulle nostre vite di videogiocatori. Con Oblivion, Bethesda si dimostra ancora e più che mai il gruppo di sviluppatori più vicino ai sogni e alle speranze del giocatore di ruolo di tutto il mondo.

[articolo originariamente pubblicato il 22 aprile 2006]

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Nota del 2020
Abbiamo deciso di lasciare questa recensione più o meno intoccata, dato che può essere utile come testimonianza storica di un momento di poco successivo alla pubblicazione di questo gioco, tutt’oggi amato e discusso. Abbiamo anche lasciato le immagini originali, a bassa risoluzione, l’unica che il nostro computer dell’epoca potesse sopportare. Per una disamina più ‘attuale’ di Oblivion, per immagini più moderne e per consigli su come provare oggi questo titolo così importante, rimandiamo alla second opinion.

1. Introduzione tecnico-metodologica
L’entusiasmo può giocare brutti scherzi. Soprattutto se ne è investito uno che è già grafomane per natura e si trova nella condizione di dover scrivere una recensione analitica di un videogioco che è ponderoso come un romanzo ottocentesco, proponendosi di indagarlo nelle pieghe più recondite, di metterne a nudo tutte le sfaccettature. Facile, in questa condizione, farsi prendere la mano e buttare giù pagine e pagine di considerazioni lunghe e contorte, unite da un filo conduttore di cui sarà necessariamente difficile scorgere i contorni. Per ovviare a questo problema, La maschera riposta ha scelto di procedere nell’antica arte della divisione in capitoli. In questa pagina il lettore troverà una recensione il più possibile ‘compatta’, intervallata qua e là da excursus, nei quali vengono presi in esame alcuni aspetti specifici del gioco in oggetto. Gioco che, altra precisazione importante, non viene in questa sede scandagliato in tutti i suoi aspetti: l’articolo lascerà volutamente in ombra alcune parti niente affatto secondarie, come ad esempio la trama. Il motivo è presto detto: l’autore, che ahinoi deve anche far altro nella vita oltre che videogiocare, non è ancora riuscito ad arrivare a un punto sufficiente per poter esprimere un giudizio circostanziato. Ma niente paura: col tempo altri articoli colmeranno le lacune. Anche perché caratteristica peculiare della serie di cui il gioco in oggetto fa parte è proprio quella di migliorare con il tempo. Altra nota preliminare importante: la traduzione in italiano del gioco è di qualità infima, ma si è deciso di non prenderla in considerazione in fase di valutazione.

2. Quello che sanno tutti
La serie The Elder Scrolls è una delle più conosciute tra i giocatori di ruolo ‘virtuali’. Nata nel 1994, la serie ha tentato fin dall’inizio di concretizzare un tipo di interpretazione diverso da quello del GdR per computer tradizionale. Se quest’ultimo, per una fin troppo presente consapevolezza dei limiti della tecnologia da parte degli autori, si concretizza di solito come una storia interattiva, nel quale la libertà è data dalla possibilità di compiere scelte di tipo morale o di intraprendere o meno missioni secondarie, la serie TES si configura come un quasi eroico tentativo di mettere in secondo piano la trama e in primo piano il mondo, offrendo al giocatore una ambientazione in cui far vivere i suoi personaggi in modo del tutto libero, anche senza seguire alcun intreccio particolare. L’ambizione porta talvolta a fare passi falsi: i primi capitoli della serie sono rivoluzionari ma anche umanamente imperfetti, e la loro fruizione è goduta fino in fondo solo dagli appassionati dotati di una certo grado di adulta autonomia ludica. Le cose cambiano almeno in parte con il terzo capitolo Morrowind, per due motivi: intanto perché gli sviluppatori regolano maggiormente il passo alla gamba diminuendo le dimensioni del mondo e aumentando la cura dei particolari, in secondo luogo perché il gioco viene rilasciato anche per la console Microsoft Xbox, offrendo la serie a una fetta di consumatori parecchio diversa dallo zoccolo duro. Il successo di Morrowind è eclatante e va oltre le più rosee previsioni degli stessi sviluppatori: Bethesda, che era un piccolo gruppo galleggiante a stento nell’agguerrito mare della creazione di GdR digitali, è diventata il leader assoluto del ramo, vedendo aumentare in modo significativo il suo budget e il numero di persone sotto il suo diretto comando.
Intendiamoci: anche Morrowind, nonostante gli evidenti miglioramenti, restava un prodotto imperfetto. A correggere quasi del tutto tale imperfezione, però, contribuiva l’editor rilasciato con il gioco: nel giro di qualche mese la rete si è riempita di creazioni amatoriali, e la community è ancora oggi attivissima nel produrre mod in grado di soddisfare in un batter d’occhio i desideri reconditi di qualunque appassionato. Non proprio tutti, però: le limitazioni stesse del motore di gioco impedivano la realizzazione di parecchi desideri. Ecco perché l’attesa per il nuovo capitolo della serie si è fatta sempre più febbrile, soprattutto dopo che gli sviluppatori hanno cominciato a rilasciare notizie, immagini e filmati da far venire i brividi, soprattutto per l’aspetto meramente estetico. Oblivion ha cominciato a materializzarsi sotto i nostri occhi molti mesi fa, ed è con un una grande dose di trepidazione che gli appassionati sono corsi tempestivamente nei negozi il giorno della sua uscita, rendendolo bestseller dopo solo una settimana dal rilascio. Ora è tempo anche per La maschera riposta di analizzare il giocone: oltre al fumo, c’è anche un po’ di arrosto?

Excursus: le razze giocabili
Gli Argoniani sono lucertole antropomorfe. Razza versatile, sono in grado di respirare sott’acqua e sono resistenti ai veleni.
I Bretoni sono particolarmente portati per la magia: hanno un livello iniziale di magicka alto e in più una alta resistenza agli incantesimi.
Gli Elfi Scuri o Dunmer sono stati i protagonisti di Morrowind, l’episodio precedente della serie. Sono abili sia come maghi sia come combattenti e hanno un’alta resistenza al fuoco.
Gli Elfi Alti o Altmer sono la razza più dotata per le arti magiche, ma al contempo soffrono di una notevole debolezza ai danni elementali.
Gli Imperiali sono la razza nativa di Cyrodiil e i colonizzatori di tutte le altre Provincie di Tamriel. Sono dotati nell’oratoria e nell’arte del commercio.
I Khajiit sono una sorta di tigri antropomorfe. Possono vedere al buio e sono particolarmente dotati nelle arti del sotterfugio.
I Nord sono abili guerrieri e fabbri, e la loro provenienza dalle fredde lande di Skyrim li rende particolarmente resistenti al gelo.
Gli Orchi sono eccellenti guerrieri, ma non sono particolarmente abili nella magia o nelle arti basate sul carisma.
I Redguard sono i guerrieri più forti in assoluto, grazie anche alla loro alta resistenza al veleno e alle malattie.
Gli Elfi dei Boschi (Bosmer) sono abili arcieri, e possiedono il potere di comandare le creature selvagge.

3. La premessa della libertà
I diversi capitoli della serie The Elder Scrolls non sono parti della stessa storia, o meglio lo sono ma in senso molto ampio. Sono ambientati nel medesimo mondo (il continente di nome Tamriel, diviso in nove Provincie), ma ciascun capitolo presenta una storia a sé, che può avere (ma anche no) conseguenze sull’organizzazione del mondo che si troverà nel capitolo successivo. Morrowind era ambientato in una parte della Provincia omonima, patria degli elfi scuri: il protagonista era la reincarnazione di un eroe tribale degli autoctoni, destinato a disinnescare la potenzialmente distruttiva contesa fra il capo della “Sesta Casata” Dagoth Ur e gli dei-eroi della religione indigena, smascherando nel frattempo il carattere fraudolento di quest’ultima. Nel corso di Oblivion, scopriremo che in quel di Morrowind le cose sono cambiate in seguito alle imprese dei tanti eroi che abbiamo impersonato in quelle lande: gli dei del Tribunale sono scomparsi, le casate sono in declino e l’armistizio ha subito pesanti emendamenti, primo fra tutti uno che abolisce la schiavitù. Il protagonista di Oblivion, però, è in tutt’altre faccende affaccendato e non ha tempo da perdere con simili pettegolezzi provenienti dalle parti periferiche dell’Impero. Questa volta l’azione si svolge su Cyrodiil, la Provincia capitale, patria appunto dei cosiddetti “Imperiali”, razza caratterizzata dalla propensione per il commercio e l’oratoria.
All’inizio della storia il nostro eroe si trova, come peraltro tutti i suoi emuli dei capitoli precedenti, in prigione, per motivi a noi ignoti. Più precisamente si trova nelle prigioni della capitale, chiamata semplicemente Imperial City. Il destino però gioca a suo favore: un giorno infatti arriva nella sua cella niente meno che l’imperatore in persona, accompagnato da tre sue guardie del corpo, guerrieri d’elite appartenenti al corpo delle Blades (che chi ha giocato a Morrowind conosce molto bene). L’imperatore è braccato da assassini che vogliono fargli la pelle: le Blades tentano di farlo scappare da una via segreta che, guarda caso, passa proprio attraverso la cella occupata dal nostro personaggio. Le Blades lo trattano a pesci in faccia, ma l’imperatore appena lo vede si illumina: pare infatti che, in uno dei sogni premonitori inviatigli dagli dei, abbia visto le sue sembianze. In qualche modo l’imperatore è convinto che il nostro personaggio sia la chiave per il dipanarsi della complicata situazione: le Blades però sono di altro avviso e, dopo aver aperto una porta segreta, spariscono nell’oscurità portandosi dietro il grande capo e intimando al galeotto di non provare a seguirle.
Ovviamente al protagonista non resta altro da fare che disobbedire all’ordine, e a forza di seguire il gruppetto il malcapitato si troverà ad assistere in prima persona all’uccisione dell’imperatore, che spirando fra le sue braccia gli chiederà di cercare il suo erede legittimo onde evitare che il trono tamrielico resti per troppo tempo vacante. Le Blades superstiti si convincono a lasciar libero il nostro personaggio, che si trova catapultato nelle verdeggianti distese di Cyrodiil alla ricerca del figlio misterioso dell’imperatore e con sulle spalle il gravoso compito di salvare il continente da un’invasione demoniaca, le cui avvisaglie spuntano qua e là sotto forma di portali infuocati da cui escono creature pronte a mettere a ferro e fuoco l’arcadica amenità delle contrade imperiali. Il problema sembra dei più urgenti, ma, come saprà ogni appassionato della serie, la fretta è mero artificio retorico: in realtà il giocatore è libero di far fare al suo personaggio quello che gli pare. Se anche il collasso dell’impero venisse del tutto ignorato, Cyrodiil si limiterebbe a stare per tutto il tempo sull’orlo della caduta, in una sorta di equilibrio precario, all’interno del quale si possono materializzare archetipi umani di qualunque tipo, dal paladino senza macchia al ladro gentiluomo al feroce assassino al frivolo ‘fancazzista’. Dire che il limite è solo la fantasia del giocatore non è, una volta tanto, una semplice sparata pubblicitaria.

4. Creazione del personaggio e meccanismi generali di gioco
Oblivion mantiene una giocabilità che è nel complesso molto simile a quella dei capitoli precedenti, anche se non mancano le differenze, spesso consistenti. La creazione del personaggio si svolge durante il particolarmente lungo tutorial, nel corso del quale è data al giocatore la possibilità di provare diversi stili di gioco per poi scegliere quello più affine ai propri gusti. La prima scelta riguarda la razza: il gioco offre la possibilità di scegliere fra dieci razze, ciascuna dotata di un proprio background e di una certa formazione fisica e culturale, che peraltro il giocatore è libero di ignorare. Contestuale è la scelta del sesso, che ha delle conseguenze negli attributi (generalmente i maschi sono più forzuti e le femmine più intelligenti-carismatiche), nonché la possibilità di scegliere la faccia del nostro personaggio, non fra una serie di facce predefinite come in Morrowind ma attraverso un sistema di creazione in tempo reale delle diverse parti del volto simile a quello che si trova in The Sims 2. Più avanti avvengono le scelte fondamentali, quelle riguardanti le abilità principali e il segno zodiacale.
Nella scelta delle abilità si viene a contatto con la prima profonda differenza in termini di giocabilità rispetto a Morrowind. La lista delle abilità è stata, in Oblivion (come peraltro si sapeva da tempo), decisamente ridimensionata. Le abilità con le armi passano da cinque (spada lunga, spada corta, ascia, arma contundente, lancia) a due (lama e arma contundente, nella qual ultima categoria peraltro sono state fatte rientrare, non senza una certa forzatura, le asce). Le abilità relative alle armature passano da quattro (armatura leggera, armatura media, armatura pesante, senza armatura) a due (armatura leggera e armatura pesante). E questi sono solo alcuni esempi: per maggiori dettagli rimando al relativo excursus. In questa sede basti affermare che vi sono sette abilità belliche, sette abilità magiche e sette abilità ‘ladresche’. Il nostro personaggio avrà sette abilità principali e quattordici abilità ‘generiche’: le sue abilità principali partiranno a un livello più alto e determineranno, attraverso la loro crescita, l’aumentare del livello del personaggio.
Le abilità crescono con l’uso: più spesso si colpisce con la spada, più rapidamente aumenterà l’abilità “Lama”; è anche possibile ricorrere agli addestratori, speciali NPC che, dietro compenso in denaro, possono far aumentare le abilità bypassando l’uso diretto delle stesse (inoltre vi sono, come in Morrowind, libri speciali che una volta letti provocano l’aumento di determinate abilità). Per aumentare di livello, il nostro personaggio deve far crescere per dieci volte le sue abilità principali (in qualunque combinazione: si aumenta di livello facendo crescere per dieci volte la stessa abilità principale, oppure per cinque volte due abilità, o ancora per due volte cinque abilità). Ad ogni passaggio di livello sarà possibile aumentare tre degli otto attributi del personaggio (forza, intelligenza, volontà, agilità, velocità, resistenza, personalità, fortuna: il loro livello iniziale dipende dalla razza e dal sesso); alcuni attributi avranno dei ‘moltiplicatori’ a seconda delle abilità aumentate durante quel passaggio di livello: ad esempio, se sono aumentate molte abilità basate sulla forza, l’attributo “Forza” avrà un moltiplicatore alto e quindi potrà essere aumentato più degli altri attributi.
Come spesso accade nei giochi di ruolo, tutto questo meccanismo è molto più difficile da spiegare che da utilizzare concretamente. Per riassumere il tutto diciamo che il sistema di crescita del personaggio adottato dalla serie TES è estremamente flessibile e ‘realistico’: abbandonando del tutto il concetto di “punto esperienza”, libera il giocatore dalla necessità oggettiva di accettare quante più missioni possibili per accedere alla relativa ricompensa in termini di ‘esperienza’ (e quindi di concreta possibilità di aumentare di livello). Nei giochi della serie TES è perfettamente possibile arrivare a livelli molto alti senza mai accettare missioni o incarichi da chicchessia, e questo ha la conseguenza non da poco di instillare nel giocatore la sensazione di essere realmente libero di fare delle scelte, fossero anche scelte ‘negative’, impossibili di fatto in molti titoli che pure danno, a livello puramente tecnico, la possibilità di dire “sì” o “no”. L’ultima scelta da fare durante il tutorial che vede la precoce dipartita dell’imperatore è quella relativa al segno zodiacale: alcuni segni prevedono l’aumento di determinati attributi, altri il conferimento di ‘poteri’ da utilizzare attivamente durante il gioco. Tutte le scelte possono essere riviste subito prima di uscire dai sotterranei delle prigioni: una volta all’aperto, l’avventura comincia veramente.

Excursus: le abilità

In Oblivion vi sono ventuno abilità fra cui scegliere, divise in tre gruppi. In questo excursus le vedremo una per una.

1. Abilità di combattimento
Block: questa abilità regola la capacità del personaggio giocante di parare i colpi con lo scudo o, in casi di emergenza, con l’arma stessa. Come diciamo anche nella recensione, una delle novità di Oblivion è il fatto che la parata non avviene più in automatico ma è sotto il controllo diretto del giocatore. Quando questa abilità raggiunge livelli alti, una parata riuscita potrà ferire il nemico o addirittura disarmarlo.
Armorer: questa abilità determina la capacità del personaggio di riparare da sé il proprio equipaggiamento. A livelli alti, questa abilità determina un miglioramento dell’oggetto riparato anche rispetto alle sue condizioni iniziali.
Heavy Armor: questa abilità governa il grado di capacità del personaggio di utilizzare con profitto le armature pesanti. Quando raggiunge alti livelli, viene diminuito o annullato il livello di ingombro causato dall’armatura.
Blunt Weapon: questa abilità riunisce le abilità “Arma Contundente” e “Ascia” di Morrowind. Con la crescita dei livelli si rendono disponibili attacchi speciali che disarmano o paralizzano il nemico.
Blade: questa abilità riunisce le abilità “Spada Lunga” e “Spada Corta” di Morrowind. Con la crescita dei livelli si rendono disponibili attacchi speciali che disarmano o paralizzano il nemico.
Athletics: questa abilità determina la capacità del personaggio di correre o nuotare velocemente. A livelli alti, la stamina del personaggio si rigenera a velocità sempre maggiori.
Hand to Hand: questa abilità determina la capacità del personaggio di fare danni combattendo a mani nude. L’abilità è cambiata rispetto a Morrowind: ora il combattimento a mani nude è del tutto simile a quello con le armi. Con la crescita dei livelli si rendono disponibili attacchi speciali che disarmano o paralizzano il nemico.

2. Abilità magiche
Destruction: gli incantesimi appartenenti a questa scuola danneggiano fisicamente l’avversario attraverso danni elementali (fuoco, gelo, fulmine).
Alteration: gli incantesimi appartenenti a questa scuola permettono di camminare sull’acqua, di respirare sott’acqua, di aprire le serrature, di alleggerire il proprio impaccio o di aumentare quello dei nemici e di difendersi dagli attacchi con scudi magici. Come spieghiamo meglio nella recensione, in Oblivion è scomparso l’incantesimo di levitazione.
Illusion: gli incantesimi di questa scuola permettono di diventare invisibili, di creare luce, di paralizzare e di modificare in positivo o in negativo il morale di nemici e NPC. In Oblivion è scomparso l’incantesimo Sanctuary.
Summoning: gli incantesimi di questa scuola permettono di evocare creature che combattano a fianco del loro ‘padrone’. È anche possibile evocare per breve tempo armi e armature daedriche, nonché scacciare i non morti.
Mysticism: gli incantesimi di questa scuola permettono di assorbire, riflettere o dissipare gli incantesimi altrui, muovere gli oggetti a distanza, percepire la presenza di vita e intrappolare le anime. È da sottolineare che in Oblivion sono scomparsi gli incantesimi di teletrasporto, e che le magie di assorbimento degli attributi sono state spostate dalla scuola del Misticismo a quella della Ristorazione.
Restoration: gli incantesimi di questa scuola permettono di ripristinare gli attributi del personaggio, di fortificarli e di assorbire quelli del nemico.
Alchemy: questa abilità governa la capacità del personaggio di realizzare pozioni con gli ingredienti che si possono trovare nel mondo di gioco. Anche in Oblivion come in Morrowind l’Alchimia, se allenata con costanza, si rivela una delle abilità più utili in assoluto.3. Abilità di sotterfugio e persuasione
Security: questa abilità determina la capacità del personaggio di scassinare le serrature; in Oblivion c’è la possibilità di lasciare calcolare al computer l’esito di un tentato scassinamento, oppure di provare in prima persona attraverso un mini-gioco.
Sneaking: questa abilità determina la capacità del personaggio di muoversi non visto. Questo aspetto è molto più curato in Oblivion rispetto che in Morrowind: ora la possibilità di nascondersi nelle ombre dipende dalla quantità di luce presente, dagli stivali indossati e da molte altre variabili, e inoltre è presente un grande moltiplicatore ai danni per il primo colpo effettuato da una posizione nascosta contro una vittima ignara.
Acrobatics: questa abilità determina la capacità del personaggio di saltare e di cadere da grandi altezze senza farsi male.
Light Armor: questa abilità determina la capacità del personaggio di indossare con profitto armature leggere. Quando raggiunge alti livelli, viene diminuito o annullato il livello di ingombro causato dall’armatura.
Marksman: questa abilità determina la capacità del personaggio di tirare frecce con l’arco. In Oblivion l’arco è l’unica arma a distanza disponibile: sono scomparse balestre e coltelli da lancio. A livelli alti, l’abilità dà la possibilità di atterrare o immobilizzare il bersaglio con un colpo andato a segno.
Mercantile: questa abilità determina la capacità del personaggio di ottenere prezzi migliori durante le transazioni commerciali. A livelli alti l’abilità permette di commerciare qualsiasi oggetto con chiunque e aumenta la quantità di denaro a disposizione dei singoli negozianti.
Speechcraft: questa abilità determina la capacità di persuasione del personaggio. La persuasione in Oblivion avviene tramite un nuovo mini-gioco; rimando al relativo excursus per ulteriori dettagli.

5. Geografia e società di Cyrodiil
Diciamo subito che, a livello di ambientazione, in Oblivion non c’è la varietà presente in Morrowind. Gran parte del territorio selvaggio della Provincia degli Imperiali è occupato da foreste temperate; c’è qualche accenno di neve nelle montagne del nord e del nordest, e qualche accenno di territorio paludoso verso sud-sudest, ma l’impressione generale (non necessariamente negativa, anzi) è quella di una grande omogeneità di fondo. Contribuiscono a ‘staccare’ le nove città, ciascuna caratterizzata da un diverso stile architettonico e da una diversa atmosfera, nonché, se il nostro personaggio deciderà di provare a salvare Tamriel, le frequenti incursioni nel piano infernale che dà il nome al gioco.
Come abbiamo già ripetutamente sottolineato, Cyrodiil è la capitale dell’Impero: la coerenza e l’omogeneità dell’ambientazione e la sua caratura ‘tradizionale’ rispondono alla necessità di dare l’idea dell’altro rispetto all’ambientazione esotica di Morrowind, nel quale la cultura imperiale era penetrata solo in parte e si trovava concretizzata solo negli insediamenti di recente costruzione (come Pelagiad, Caldera o i forti della Legione). L’amenità e la familiarità dei luoghi in cui si squaderna la Provincia Imperiale si riflette anche nella sua organizzazione sociale e politica: alla lotta fra fazioni e casate presente in Morrowind si sostituisce la presenza consolidata di strutture di potere di durata secolare, intente più all’ordinaria amministrazione che non alla sopraffazione dell’altro. Risponde forse a questo nuovo e relativamente pacifico clima la diminuzione del numero di fazioni a cui è possibile affiliarsi, accompagnata peraltro da una cura maggiore nella realizzazione di ciascuna di esse, tanto che non pare esagerato affermare che siamo di fronte a vere e proprie trame principali alternative.
Le fazioni propriamente dette sono quattro: le tre gilde (guerrieri, maghi e ladri) più la Dark Brotherhood. La gilda dei maghi si occupa della corretta gestione della magia nell’Impero: i suoi compiti sono principalmente ‘istituzionali’, e si concretizzano fra le altre cose nel contenimento delle pratiche necromantiche e nella gestione della Arcane University nella Imperial City (unico luogo in cui è possibile creare magie e incantare oggetti). La gilda dei guerrieri è una sorta di agenzia per il reclutamento di mercenari, principalmente al servizio del rispetto della legge o comunque di istituzioni legate in qualche modo all’Impero. La gilda dei ladri è un’associazione privata di fuorilegge, caratterizzata però dalla presenza di un codice di condotta ‘etico’ fortemente presente fra gli associati. La Dark Brotherhood è un esperimento importante perché si configura come la prima fazione della serie a essere solo e compiutamente malvagia: la sua presenza rende possibili sperimentazioni interpretative assenti nei capitoli precedenti, dove tutti i gruppi di potere in gioco erano accomunati dalla presenza di una moralità o di un ‘legalismo’ declinati in modo sempre leggermente ‘buonista’.
Oltre alle quattro fazioni principali esistono altre para-fazioni. Fra esse va citata almeno l’Arena: è possibile puntare sui combattimenti fra gladiatori nell’anfiteatro presente dentro l’Imperial City oppure diventare uno di essi e ‘scalare’ i loro ranghi fino al più alto. La drastica diminuzione del numero di fazioni è compensata non solo dalla cura maggiore riposta in ciascuna di esse ma anche dall’aumento notevole del numero di quest ‘indipendenti’, nonché dalla articolazione stessa di ciascuna missione, spesso composta da diverse tappe e interpretabile in molti modi differenti. C’è da dire che la presenza massiccia di quest ‘aperte’ è un po’ un’arma a doppio taglio: queste missioni si renderanno giocoforza disponibili per qualunque personaggio, aumentando il rischio della ripetitività in caso di partite multiple da parte del medesimo giocatore.

6. L’arte del combattimento
Il sistema di controllo di Oblivion è molto simile a quello di Morrowind: ci si sposta con i tradizionali tasti WASD, si salta con il tasto E, si entra in modalità furtiva con il tasto CTRL (che però basta premere una volta, non è necessario tenerlo sempre premuto), si estrae l’arma con il tasto F e si colpisce con il tasto sinistro del mouse. Ci sono però anche differenze importanti, che si esplicano soprattutto nei momenti maggiormente frenetici, quelli in cui il nostro personaggio è impegnato in combattimenti con il nemico, sia esso un feroce animale incontrato nella foresta o un pericoloso demone proveniente dal piano infernale. Oblivion dà al combattimento uno spessore maggiormente action rispetto ai capitoli precedenti, rendendolo contemporaneamente più tattico e appassionante ma anche leggermente meno ‘separatista’. Anzitutto, è scomparso il “tiro per colpire”: in altri termini, i nostri colpi andranno sempre a segno, a meno che il nostro personaggio non si metta a fendere l’aria. I nemici, complice anche la presenza del motore fisico Havok, di cui parleremo più avanti, hanno una loro ‘fisicità’, che li porterà a indietreggiare in seguito ai nostri colpi, a inciampare, insomma a comportarsi in modo fisicamente più realistico.
Naturalmente lo stesso vale per il nostro personaggio, che non potrà più starsene fermo nello stesso punto a agitare scompostamente la sua arma, dovrà seguire il nemico nei suoi spostamenti, cercare di chiuderlo negli angoli, sfruttare i punti deboli della sua strategia. Gli viene in aiuto la possibilità, del tutto inedita per la serie, di bloccare i colpi con lo scudo o, in casi di emergenza, con l’arma stessa. A dire il vero gli scudi erano presenti anche negli episodi precedenti, ma il loro uso avveniva in automatico e migliorava con il crescere della relativa abilità: ora invece la parata è sotto il controllo diretto del giocatore, che può usare il tasto destro del mouse per attivarla. Dopo aver parato un colpo del nemico, quest’ultimo indietreggerà brevemente: è il momento adatto per rispondere con un contro-attacco che si rivelerà, in caso di buon tempismo, particolarmente efficace.
Con l’aumentare delle abilità di combattimento, si renderanno disponibili per il nostro personaggio una serie di ‘mosse speciali’ attivabili premendo il pulsante di attacco in contemporanea con un tasto di movimento: si va dalla possibilità di disarmare l’avversario a quella di paralizzarlo completamente. Il tutto è divertente e fortunatamente non trasforma il combattimento in quell’agonismo da sala giochi presente in Gothic o Fable: nonostante ora siano importanti anche l’abilità e i riflessi del giocatore, sono comunque sempre fondamentali le abilità del personaggio. Per quanto l’utente sia un asso, difficilmente riuscirà a vincere sfide con avversari complicati se sotto il suo controllo c’è un personaggio negato per le armi. Altra novità interessante è la cura decisamente maggiore rispetto al passato riposta nell’aspetto stealth del gioco, ossia nella possibilità che personaggi ladri o assassini agiscano nell’ombra senza affrontare il nemico in campo aperto: il grande moltiplicatore del danno conferito ad attacchi provenienti dall’oscurità unito alla possibilità di avvelenare le armi rendono questa modalità di gioco una alternativa molto appetitosa, in grado di conferire al mondo di gioco un nuovo spessore.

Excursus: le città di Oblivion
Anvil è una ricca città portuale collocata nella regione della Gold Coast. Le sue case di pietra bianca uniscono a stilemi tipicamente classici (colonnati e peristili) tratti caratteristici degli insediamenti mediterranei.
Bravil si trova lungo il fiume Niben, nel punto in cui il corso d’acqua si fa quasi lago, nella Niben Bay. E’ la città più povera di tutta Cyrodiil e le sue case sono principalmente baracche di legno a più piani con molti camminamenti pensili.
Bruma è la città più settentrionale della Provincia e risente, sia nell’architettura sia nell’atmosfera generale, dell’influenza nordica. Attenzione alle nevicate!
L’arcadica Cheydinhal si trova ai piedi delle Valus Mountains, non lontano dai confini con Morrowind. Percorsa da un fiumiciattolo sovrastato da un paio di romantici ponticelli, trattiene un’atmosfera tipicamente ‘britannica’.
Collocata nel mezzo della Great Forest che sovrasta a ovest la Imperial City, Chorrol è la tipica cittadina imperiale di Provincia, rifugio ideale di cacciatori e viandanti.
La Imperial City è la capitale di Cyrodiil e di tutto l’Impero. Divisa in dieci distretti ciascuno grande come una piccola città, si offre al visitatore con la romana grandezza della metropoli, fondendo al suo interno stili e modanature classiche a velati richiami fantasy.
La cittadina di Kvatch ha visto tempi migliori. Indipendentemente dal nostro seguire o meno la campagna principale, la incontreremo ridotta in macerie, prima vittima dell’imminente invasione demoniaca.
Collocata all’estremo sud della Provincia, la cittadina portuale di Leyawiin presenta uno stile architettonico peculiare, con case alte e variopinte dotate di interni decorati con algido marmo.
Tappa intermedia lungo la strada che unisce la Imperial City ad Anvil, Skingrad è un insieme di robuste case di pietra con i piani alti pensili, abbarbicate su un costone roccioso.

7. L’arte della magia
Qualche importante differenza con Morrowind c’è anche per quanto riguarda la gestione della magia. Anzitutto non esiste più il tasto per mettere il personaggio in modalità lancio incantesimi: questi ultimi possono essere lanciati in qualunque momento, anche mentre si impugna un’arma. È sufficiente premere il tasto C e l’incantesimo selezionato verrà lanciato, a patto che il personaggio abbia la necessaria quantità di magicka, l’energia magica. Il lancio avverrà sempre e comunque, non c’è più, come in Morrowind, la possibilità di ‘fallire’ un incantesimo. Questo non significa che la crescita di livello non abbia più senso: gli incantesimi più potenti sono disponibili solo per i personaggi che hanno un certo livello nella relativa scuola; se il livello è più basso non sarà neanche possibile provare a selezionarli.
C’è una nuova variabile, che lega l’efficacia degli incantesimi lanciati al tipo di armatura indossata dal personaggio e alla relativa abilità di quest’ultimo: se un mago del tutto inesperto di armatura pesante prova a indossarne una e poi a lanciare una magia, scoprirà che questa sarà decisamente meno efficace del solito (non nel senso che fallirà, ma nel senso che farà meno danni o durerà di meno). Le scuole di magia sono le stesse presenti in Morrowind, ma gli incantesimi hanno subito variazioni a volte pesanti: rimando all’excursus relativo alle abilità per dettagli maggiori. Qui sottolineo solamente che è scomparsa, per motivi che spiegheremo più sotto, la levitazione. Altra novità fondamentale in ambito magico è il fatto che la magicka ora si ricarica costantemente, a una velocità piuttosto elevata: bastano pochi secondi per vedere la propria barra di energia magica completamente carica, anche dopo averla consumata del tutto; un aiuto non da poco per chi ha in mente di costruire un mago puro.

8. Gli altri abitanti del mondo
Il nostro personaggio ovviamente non è da solo in quel di Cyrodiil: ci sono circa un migliaio di personaggio non giocanti a fargli compagnia, escludendo ovviamente dal conteggio tutte le creature ostili. La gestione dei NPC è sempre stata un punto debole della serie, e quindi è perfettamente ovvio che gli sviluppatori questa volta si siano concentrati parecchio su questo aspetto. Il risultato è la tanto decantata Radiant AI, una intelligenza artificiale che dalle indiscrezioni fatte filtrare dagli autori avrebbe dovuto essere rivoluzionaria. Uso il condizionale non perché non lo sia, ma perché nonostante gli ottimi risultati raggiunti (soprattutto rispetto al passato) c’è ancora spazio per migliorare. In cosa consiste questa nuova intelligenza artificiale? È presto detto: gli sviluppatori hanno cercato di far sì che ogni personaggio simuli una vita il più possibile realistica non scegliendo la strada già praticata (ad esempio in Gothic) dello scripting (cioè della programmazione minuta delle azioni da svolgere ogni giorno) ma conferendo a ciascun NPC dei semplici bisogni, lasciando poi alla libera iniziativa del personaggio la scelta del modo con cui soddisfarli.
Esempio: a un certo punto della giornata, ciascun personaggio avrà fame; sarà possibile sedersi a un tavolo di casa e mangiare, oppure andare a fare la stessa cosa in una locanda; il personaggio sceglierà in base alla sua convenienza, per esempio se è più vicino alla locanda andrà alla locanda. Questo tipo di programmazione ‘libera’ dà veramente la sensazione di essere in un mondo vivo, perché lo stesso personaggio può essere incontrato in tantissimi posti diversi. Seguendo le vite virtuali dei nostri compagni di avventura si possono scoprire chicche davvero interessanti: per esempio, che la proprietaria di quel negozio nella Città Imperiale si sposta ogni fine settimana in un altro quartiere per andare a trovare suo padre, oppure che una alchimista certi giorni, dopo aver chiuso il suo negozio, esce dalle mura cittadine e si addentra nella foresta per cercare erbe. Quali sono allora i margini di miglioramento a cui accennavo sopra? Anzitutto, gli stessi sviluppatori hanno detto di aver dovuto limitare fortemente la libera iniziativa dei NPC per evitare che potessero combinare azioni potenzialmente distruttive per la riuscita della partita: questo fa sì che la maggioranza dei personaggi abbia delle routine giornaliere prevedibili e sempre uguali a se stesse, con un risultato non troppo diverso da quello che si sarebbe raggiunto con un semplice scripting.
In secondo luogo, alcuni comportamenti risultano abbastanza incomprensibili e rovinano un po’ l’atmosfera di perfetto realismo che permea il gioco. Ad esempio, i personaggi non fanno una piega se li svegliamo nel cuore della notte per chieder loro gli ultimi pettegolezzi. A volte un NPC ci saluta facendoci i complimenti per una missione che abbiamo appena finito di svolgere proprio per lui, come se ne avesse sentito parlare da qualcun altro. Altre volte un NPC ci invita a casa sua per risolvere un problema e dopo che gliel’abbiamo risolto ci fa un sacco di ringraziamenti, ma subito dopo ci si rivolge in tono minaccioso dicendoci: “Cosa ci fai in casa mia? Esci subito o chiamo le guardie!” In più, i dialoghi che i NPC intessono tra loro quando si incontrano per strada soffrono di una notevole ripetitività: aggiungere degli argomenti aggiuntivi non sarebbe stato male. Sottolineo comunque che si tratta di problemi che emergono non tanto per la loro gravità, ma per la ‘perfezione’ di ciò che li circonda: se ci fossero stati in un altro gioco, probabilmente non ne avremmo neanche parlato, troppo occupati a trattare altri e più cogenti problemi di giocabilità. Sempre a proposito dei NPC, un’altra novità importante e nota da tempo è che tutti i dialoghi sono parlati: iniziando un dialogo, la visuale inquadrerà un primo piano del personaggio con cui stiamo parlando, che ci dirà quello che deve dire muovendo la bocca e cambiando espressione in modo credibile (ci sono comunque imperfezioni anche in questo ambito: le espressioni cambiano con velocità fin troppo repentina, e il numero di doppiatori adoperato è decisamente troppo esiguo). Anche in Oblivion c’è la possibilità di adoperare la persuasione per aumentare la disposizione del NPC nei confronti del nostro personaggio, nonché di contrattare i prezzi degli oggetti messi in vendita dai mercanti. Alcuni NPC hanno varie altre funzioni, come riparare gli oggetti danneggiati, ricaricare gli oggetti magici o addestrarci in qualche abilità.

Excursus: l’alchimia

Anche in Oblivion come in Morrowind l’alchimia è una delle abilità più curate nei dettagli e potenzialmente più remunerative, purché il giocatore vi si dedichi con una certa costanza. Il meccanismo di base è semplice: si raccolgono ingredienti in giro per il mondo e li si combina in base alle loro proprietà, creando pozioni in grado di avere qualunque tipo di effetto, positivo o negativo. Gli ingredienti possono essere piante da raccogliere nelle zone selvagge, materiale in vendita presso i negozi, oppure resti di nemici uccisi. In Oblivion ciascun ingrediente ha quattro diverse proprietà, che però sono visibili e accessibili solo a chi ha un livello di alchimia molto alto: chi ce l’ha basso deve accontentarsi di ‘vedere’ da uno a tre effetti per ciascun ingrediente. Per creare una pozione occorre combinare, attraverso l’apposita schermata, almeno due ingredienti con il medesimo effetto; se gli ingredienti combinati hanno più effetti in comune, la pozione creata avrà tutti quegli effetti combinati. Ci sono differenze importanti però da Oblivion a Morrowind: in quest’ultimo era possibile adoperare tutte le proprietà di ciascun ingrediente fin dall’inizio, indipendentemente dal fatto che il nostro personaggio le ‘vedesse’ o meno; in Oblivion invece è necessario ‘vedere’ le proprietà per poterle utilizzare. Un’altra differenza fondamentale è che ora le pozioni possono anche essere usate per avvelenare le armi. In Morrowind, le pozioni con effetto negativo avevano come unico scopo quello di essere rivendute ai mercanti per guadagnare qualcosa: in Oblivion invece basta cliccare su una pozione con effetti negativi e vedremo una finestra tramite la quale sarà possibile scegliere una delle armi in nostro possesso e avvelenarla. L’effetto della pozione sarà così applicato sul primo nemico contro il quale metteremo a segno un colpo con quell’arma.
Anche in Oblivion è necessario possedere un mortaio per poter realizzare pozioni: gli altri apparati alchemici (alambicco, storta, calcinatore) servono per aumentare la bontà delle pozioni, ma non sono strettamente necessari. Una differenza importante rispetto a Morrowind è che la qualità degli apparati appartiene anch’essa alle famigerate liste di oggetti ‘livellati’: sarà impossibile quindi trovare apparati di ottima qualità finché il nostro personaggio sarà a livelli bassi. In Oblivion è rinnovato anche il metodo di raccolta delle piante: queste non sono più trattate come ‘contenitori’, e basta un semplice clic del mouse per ricavarne degli ingredienti, anche se il successo dell’operazione non è garantito (alcune piante sono più difficili da raccogliere di altre). Purtroppo le piante non spariscono dopo essere state raccolte, ma esistono mod in grado di risolvere il problema.

9. Le città con la porta
Com’è strutturato il mondo di gioco, al di là delle sue caratteristiche geografiche e sociologiche? Di primo impatto sembra che tutti i tratti salienti della serie siano al loro posto: ogni luogo chiuso, sia esso un sotterraneo, una casa o un negozio, ha una sua mappa separata, collegata tramite porte alla mappa generale esterna. Nelle città ogni edificio ha un suo interno, che può essere anche costituito da più mappe separate in caso di grandi strutture con più piani: nelle zone selvagge ci si imbatterà di quando in quando nell’entrata di qualche grotta, miniera o santuario. C’è però una grossissima novità rispetto a Morrowind, una novità foriera di notevoli cambiamenti anche a livello di gameplay. In Oblivion, tutte le città sono separate dall’esterno: in pratica, sono progettate come interni con il cielo al posto del soffitto. La cosa si era già vista concretizzata nell’espansione del terzo capitolo intitolata Tribunal e ambientata nella capitale di Morrowind Mournhold. Concretamente, ogni città di Oblivion è circondata da alte e possenti mura che ci impediscono di vedere al suo interno (vedremo solo svettare in alto le punte degli edifici più elevati, di solito le chiese del Culto Imperiale): per entrare dovremo attivare la porta della città, come se dovessimo entrare in una casa o in una grotta.
La cosa sembra un dettaglio e infatti la maggior parte delle recensioni non ne parla nemmeno. In realtà c’è una conseguenza importante: questa scelta di design è incompatibile con l’incantesimo di levitazione, che infatti è scomparso. Se il nostro personaggio volasse sopra le mura, scoprirebbe che dentro sono vuote dato che la città si carica solo nel momento in cui ne attiviamo la porta. Togliere la levitazione significa togliere non solo un certo grado di libertà di movimento (poter arrivare in città da qualunque direzione compreso il cielo era notevolmente affascinante) ma anche tutta una serie di strategie di combattimento. A questo punto sorgerà la domanda: perché questa scelta? La risposta era già in Tribunal: questo è l’unico modo per realizzare città di grandi dimensioni e piene di NPC. Giocando a Oblivion ci si rende conto più che mai che a mettere in ginocchio le potenzialità hardware della nostra macchina non è tanto la rappresentazione di alberi animati, fiumi o mari, ma la presenza di molti NPC, ciascuno con la sua intelligenza artificiale da calcolare. I momenti più difficili a livello di hardware, in Oblivion, sono i villaggetti sparsi per la campagna, dove vivono tre o quattro NPC: là il frame rate precipita a livelli ben più bassi di quelli che si sperimentano nelle città piene di gente ma separate dall’esterno con lo stratagemma delle mura.

10. Un continente al nostro livello
In un gioco che fa della totale libertà d’azione la sua bandiera, sorge fin da subito un problema. Come fare per garantire nei fatti questa libertà mantenendo però un buon livello di sfida e di realismo? Il metodo adoperato da Bethesda nella serie è quello di far regolare il livello dei nemici a quello del personaggio giocante: un personaggio di alto livello incontrerà nemici di alto livello e viceversa. Questo sistema è presente anche in Oblivion, ma è adoperato, a differenza che nei capitoli precedenti, in modo molto esteso, anzi in modo fin troppo esteso: in pratica, ogni aspetto del gioco ne è coinvolto. In Morrowind, la variazione delle creature e delle ricompense in base al livello era limitata alle aree selvagge e ai sotterranei di importanza minore: i luoghi ‘pericolosi’ come la Red Mountain o le rovine daedriche erano popolate fin dall’inizio da creature molto forti e chi vi si avvicinava lo faceva a suo rischio e pericolo. In Oblivion invece ogni luogo è popolato da nemici il cui livello è proporzionato a quello del personaggio giocante: anche i luoghi-cardine della trama come i piani infernali. Il problema non è che ‘manchi la sfida’, anzi: il sistema da questo punto di vista funziona dato che garantisce in ogni frangente nemici all’altezza della situazione. Il problema è che un uso così massiccio di questa pratica provoca conseguenze poco realistiche e a tratti altamente fastidiose.
Per esempio, un personaggio a livelli alti troverà ogni due metri dei tesori che in teoria dovrebbero essere rarissimi (armature di vetro o di ebano). D’altro canto, è possibile diventare campione assoluto dell’Arena con un personaggio di primo livello, cioè debolissimo. Insomma, le situazioni improbabili abbondano e sono decisamente maggiori che in Morrowind, dove il sistema era usato con più parsimonia e in fattispecie debitamente circoscritte. Il problema è aggravato dal fatto che in Oblivion la crescita delle abilità avviene a velocità letteralmente supersonica, almeno per chi è abituato ai ritmi lenti del Morrowind ‘moddato’ con i plugin più apprezzati dai giocatori ‘hardcore’: non è raro, nelle lande di Cyrodiil, entrare in un sotterraneo e uscirne con il personaggio di tre livelli più alto; con la tangente conseguenza che il suddetto sotterraneo è circondato al momento dell’entrata da piccoli ratti e al momento dell’uscita da feroci orsi, arrivati chissà da dove visto che fino a quel momento non s’erano mai visti. Il bilanciamento è sempre stato un problema della serie, ma negli episodi precedenti l’istinto era di perdonarlo, visto che derivava essenzialmente dall’estrema varietà di situazioni che in mondi tanto vasti si vengono giocoforza a creare; in quest’ultimo episodio Bethesda ha provato a risolverlo nel modo peggiore, adeguando tutto al personaggio giocante, come un genitore che durante un gioco da tavolo finge di essere scemo solo per regalare al figlioletto l’emozione di una vittoria.

Excursus: la persuasione e il commercio

 

Anche in Oblivion ci sono due abilità pacifiche basate sulla personalità: la persuasione e il commercio. La prima è stata completamente rivoluzionata rispetto a Morrowind. Là bastava scegliere un certo atteggiamento (spiritoso, strafottente eccetera) e il gioco calcolava il risultato in base a un algoritmo che univa al grado di personalità del nostro personaggio una componente casuale; a seconda dell’esito della nostra azione, il NPC poteva aumentare o diminuire il suo grado di percezione nei nostri confronti, o anche decidere di attaccarci seduta stante. In Oblivion la persuasione avviene attraverso un mini-gioco. Facendolo partire, vedremo in alto a sinistra sullo schermo un tondo diviso in quattro spicchi, ciascuno dei quali corrisponde a un certo atteggiamento. Portando il mouse su ciascuno dei quattro spicchi, vedremo la faccia del NPC cambiare di conseguenza e potremo scoprire quale atteggiamento egli preferisce. Ciascuno dei quattro spicchi è più o meno riempito di colore: il nostro scopo è cliccare sugli spicchi ‘positivi’ quando sono pieni e sugli spicchi ‘negativi’ quando sono vuoti. Il colore che riempie gli spicchi ‘ruota’ dopo ogni nostro clic: poiché per ogni sessione del mini-gioco dobbiamo cliccare su tutti e quattro gli spicchi, dobbiamo decidere rapidamente in che ordine cliccarli tenendo in considerazione i ‘gusti’ del NPC e il movimento rotatorio delle fasce colorate. Ho scritto “rapidamente” perché più passano i secondi e più la percezione dell’interlocutore cala, quindi bisogna fare in fretta. È un meccanismo più difficile da spiegare che da mettere in pratica, come spesso succede in questi casi: comunque si tratta di un giochino divertente, anche se un po’ avulso dal contesto e francamente poco comprensibile in termini di realismo (perché il nostro personaggio dovrebbe prima raccontare una barzelletta e poi dire una minaccia allo stesso NPC?) È stata comunque mantenuta, per i casi di emergenza, la possibilità di corrompere il NPC con del denaro: in Oblivion però le ‘tangenti’ funzionano solo fino a un certo punto, quindi i personaggi più ricchi non potranno distribuire mazzette a destra e a manca per far salire al massimo la propria considerazione.
L’abilità relativa al commercio è gestita in modo un po’ diverso rispetto a Morrowind. Là si poteva decidere a che prezzo provare a effettuare la transazione agendo direttamente sulla cifra: qui invece si deve agire su una barra che va da ‘facile’ a ‘difficile’. Spostando il cursore all’interno di questa barra i prezzi e i costi verranno adeguati di conseguenza, ma non sarà mai possibile vendere un oggetto per più del 100% del suo valore. Altra novità importante è che il denaro a disposizione del venditore è solo un ‘valore massimo’ che non cala durante le nostre transazioni: si tratta di un accorgimento che stronca sul nascere alcune possibilità di imbroglio presenti in Morrowind e ben sfruttate da certi giocatori. Con l’aumentare dell’abilità di commercio, il nostro personaggio può contare sulla possibilità di vendere tutto a chiunque e di veder aumentare il budget di tutti i negozi presenti nel mondo di gioco.

11. Questione di fisica
Oblivion è il primo gioco della serie TES a implementare un sistema fisico, nella fattispecie il celebre Havok già presente in molti sparatutto fra cui la serie Half-Life. Concretamente, questo significa che oggetti di piccole e medie dimensioni (bicchieri, vestiti, armature, cadaveri) possono essere ‘afferrati’ tramite il tasto Z e spostati in giro per lo scenario, con il quale dovrebbero reagire in modo realistico, almeno nelle intenzioni degli autori. Nella prima ambientazione che incontreremo, la cella della prigione imperiale in cui si trova il nostro personaggio, i programmatori hanno piazzato delle catene che pendono dal soffitto, quasi implicito invito a provare l’ebbrezza di afferrarle e scuoterle per vedere come si comportano: effettivamente osservarle penzolare e vedere i giochi d’ombra proiettati sul muro ha un suo fascino. Detto così sembra che il sistema fisico sia un vezzo atto a concretizzare momenti di ricreazione a suon di sciocca manipolazione dello scenario. Invece, le potenzialità della presenza della fisica nel gioco emergono in più di una occasione e si configurano come importanti anche a livello di giocabilità.
Si è già parlato dei combattimenti, nei quali si ha la sensazione di colpire davvero qualcosa di ‘presente’ che reagisce in modo realistico e credibile alle sollecitazioni inferte dai colpi sferrati dal nostro personaggio; più ancora il sistema fisico si fa sfavillante nella gestione delle trappole, momento in cui la creatività degli autori raggiunge i massimi livelli: cordicelle tese che fanno scattare massi rotanti, mazze ferrate che cadono dal soffitto appese a catene, cumuli di tronchi che tagliano improvvisamente il nostro passaggio. Nei sotterranei di Oblivion ci capiterà questo e altro, e sarà particolarmente divertente, soprattutto se impersoniamo un personaggio ferrato nello stealth, provare a far cadere nelle trappole il nemico stesso. Certo, anche in quest’ambito le imperfezioni ci sono: a volte i nemici quando muoiono rimbalzano in modo un po’ troppo espansivo e i loro cadaveri finiscono in pose assolutamente improbabili; altre volte un NPC con un movimento brusco fa cadere tutti gli oggetti da un tavolo e li lascia sempre per terra senza preoccuparsene minimamente; ma nel complesso l’inserimento della fisica è riuscito e aggiunge al mondo un grado di realismo e di coinvolgimento non indifferente.

12. La difficile arte dell’ottimizzazione
Dal punto di vista visivo, Oblivion è un vero splendore, purché si abbia a disposizione un computer molto all’avanguardia. Diciamo senza mezzi termini che questo videogioco è il più esoso in assoluto fra quelli attualmente in commercio per quanto riguarda le richieste hardware: per giocarci ad alte risoluzioni con tutte le opzioni al massimo è necessaria una scheda video da 500-600 euro, attorniata da un sistema all’altezza. Una simile macchina è ovviamente posseduta solo da una ristretta elite di videogiocatori: tutti gli altri dovranno scendere a compromessi più o meno forti. Il problema è che il risultato ottenuto con questi compromessi è altalenante: basta far scendere alcune opzioni grafiche e Oblivion si trasforma, purtroppo, da gioco visivamente splendido a gioco visivamente mediocre. Togliere l’antialiasing, per esempio, rende la visuale estremamente più ‘spixellata’ di quella di Morrowind, e la cosa è francamente poco comprensibile.
Diminuire la distanza visuale, elemento fra i maggiori responsabili dei rallentamenti, provoca situazioni poco piacevoli, molto più penalizzanti sul piano della giocabilità rispetto alle conseguenze provocate dalla medesima azione in Morrowind: là infatti il mondo era progettato tenendo in mente la presenza della ‘nebbia’ sullo sfondo, persistente anche con le opzioni grafiche al massimo; in Oblivion invece la ‘nebbia’ è presente solo se si abbassa la visuale, mentre se quest’ultima è al massimo l’orizzonte è limpido fino alla fine. Per enfatizzare l’effetto-panorama, i programmatori hanno progettato e costruito numerosi punti dello scenario collocati in alto, aperti sulle pianure sottostanti, che però con le opzioni abbassate risulteranno sommerse da una coltre di nebbia, come se il personaggio si trovasse un po’ troppo spesso a quattromila metri di altezza, sopra le nubi, senza la benché minima cognizione di che cosa lo aspetti una volta arrivato in basso.
E questi sono solo alcuni esempi degli inconvenienti che necessariamente si verificano quando si decide di pubblicare un gioco tanto proiettato verso il futuro: installare e ‘godersi’ Oblivion in un computer ‘medio’ è impresa non da poco, e il risultato potrà non essere all’altezza delle aspettative, soprattutto se tali aspettative sono sorte con l’accompagnamento delle immagini e dei filmati diffusi nei lunghi mesi dello sviluppo del gioco. Le immagini pubblicate a corredo di questa recensione possono dare un’idea della qualità grafica di Oblivion eseguito su un sistema vecchio di due anni: niente ombre, risoluzione bassa, niente erba negli esterni, niente avveniristici sistemi di illuminazione (il fantomatico HDR, sul quale non potendolo provare non mi esprimo), e tutto ciò accompagnato da un frame rate che, nelle foreste, ricorda pericolosamente la moviola di una partita di calcio.

13. Riassumendo e concludendo
Dare un giudizio analitico su un prodotto come Oblivion è difficile, soprattutto così poco tempo dopo il suo rilascio. Nei prossimi anni il gioco crescerà e, in seguito a espansioni e modifiche non ufficiali, potrebbe diventare molto diverso da come lo conosciamo ora. Della serie di cui fa parte, Oblivion non tradisce lo spirito, e questa è la cosa più importante: anche questa volta ci troviamo di fronte, più che a un gioco, a un ‘mondo’, dove creare e interpretare i personaggi a noi più congeniali, nella certezza di essere liberi di far fare a loro qualunque cosa.
Questa enorme libertà acquista senso e valore aggiunto grazie alla consueta cura riposta dagli autori nella definizione sociale, politica e anche storica del mondo, cura che porterà il giocatore a creare istintivamente personaggi inseriti nel contesto, che si troveranno di fronte a reazioni coerenti con l’ambientazione. Ad aumentare il grado di realismo e le possibilità interpretative sta l’inserimento della Radiant AI, che fa agire gli NPC in maniera realistica e (quasi sempre) plausibile, e della fisica, che ci permetterà di sperimentare strategie interessanti soprattutto riguardo al combattimento e alle trappole. Molti altri piccoli miglioramenti costellano il gioco: l’alchimia è stata resa più semplice e intuitiva, la persuasione più divertente, il numero di animazioni per i NPC e il personaggio giocante è aumentato drasticamente eccetera. Certo, non mancano i difetti, il più evidente dei quali (tralasciando le questioni hardware) è la diminuzione del numero di abilità e di gilde disponibili, che intacca un po’ la sensazione di enorme libertà presente nei capitoli precedenti. Vi sono poi scelte di design discutibili, prima fra tutte quella che vede l’adeguamento costante dei nemici e dei tesori in relazione al livello del personaggio giocante.
Nel complesso, comunque, si tratta di problemi che non intaccano l’altissima qualità del progetto e che, come già detto, possono essere facilmente risolti con l’impegno della community. Oblivion è, complessivamente, un’ottima evoluzione della serie The Elder Scrolls, e si configura come acquisto obbligato per chiunque sia anche solo vagamente interessato al gioco di ruolo su computer.

Tre pregi di Oblivion
Tre difetti di Oblivion
Libero e flessibile come tutti i giochi TES
Pesantissimo a livello di richieste hardware
Pieno di piccoli miglioramenti
Alcune scelte di design discutibili
Contesto politico e sociale molto curato
C’è un po’ meno libertà di scelta che in Morrowind

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