Ascaron ha pubblicato da poco il secondo capitolo del suo GdR action Sacred. Se il gioco originale seppe a suo tempo farsi apprezzare per la vastità del mondo e la singolarità di certe trovate, il seguito purtroppo non fa altro che proporre more of the same.
[articolo originariamente pubblicato il 5 novembre 2008]
Nota del 2020
Abbiamo lasciato la recensione più o meno identica a com’era in origine. Sacred II non è nato sotto una buona stella, e tutt’oggi gli appassionati della serie amano e ri-giocano soprattutto il primo capitolo. Più o meno un anno dopo la pubblicazione, Sacred II è stato arricchito da una espansione chiamata Ice&Blood che non abbiamo mai provato. Oggi le edizioni in vendita negli store digitali includono tutti l’espansione, ma attenzione perché pare che il gioco abbia qualche problema a girare nei sistemi odierni. Lo sviluppatore Ascaron ha chiuso dopo la pubblicazione di Sacred II: il terzo capitolo della saga, pubblicato nel 2014 e non particolarmente apprezzato dalla critica, è di un nuovo gruppo di autori, Keen Games. Purtroppo, questo ultimo capitolo è praticamente introvabile negli store digitali.
1. Ritorno ad Ancaria
Nel 2004 la casa di sviluppo tedesca Ascaron, già piuttosto popolare per i suoi gestionali storici (in particolare la serie Patrician), pubblicò un gioco che fece molto scalpore, soprattutto in Italia. Il gioco in questione era Sacred, sottotitolato La leggenda dell’arma sacra nella versione italiana: un GdR d’azione di largo respiro, caratterizzato da diversi personaggi giocanti fortemente caratterizzati, centinaia di missioni e ambientazioni molto variegate. Il successo peculiare ottenuto nel nostro paese era dovuto anche al prezzo molto aggressivo con cui il gioco venne messo in vendita: la felice somma di questi fattori ebbe come conseguenza una prima posizione nelle classifiche di vendita che durò per molti mesi. Nulla di strano, quindi, che vi sia stata grande attesa prima della pubblicazione del secondo capitolo, che pur avendo cambiato publisher ha mantenuto la tradizione del prezzo ridotto rispetto agli altri prodotti ad alto budget.
Una attesa amplificata anche dal fatto che le informazioni lasciate filtrare dagli autori durante lo sviluppo sono state insolitamente scarse rispetto al solito: si sapeva che ovviamente il motore di gioco sarebbe cambiato a favore di uno completamente tridimensionale, ma sulla struttura del prodotto e sulla sua giocabilità ha dominato un mistero quasi totale. L’unica vera novità annunciata per tempo è che ci sarebbe stata, a differenza che in passato, la possibilità di schierarsi per il bene o per il male. Ora abbiamo la possibilità di toccare con mano, anche se ci spiace anticipare che le novità di Sacred II, in realtà, sono quasi esclusivamente cosmetiche.
2. Panoramica
Sacred II: Fallen Angel è un gioco di ruolo d’azione con prospettiva isometrica: al giocatore viene data la possibilità di interpretare un personaggio scelto tra sei archetipi fortemente personalizzabili, e tale eroe va poi controllato all’interno di un mondo popolato da una pletora di creature ostili e anche da parecchi personaggi non giocanti, molti dei quali pronti ad assegnare missioni più o meno complesse. Pur vantando una mappa del mondo continua, che si carica in streaming col movimento del personaggio, le varie zone si differenziano non solo esteticamente ma anche in virtù del livello delle creature che le popolano: la missione principale spinge a compiere un certo percorso, all’interno del quale sono previsti scartamenti solitamente connessi alle missioni secondarie.
La crescita del personaggio avviene attraverso la distribuzione di punti esperienza, ma le abilità attive sono governate anche dal ritrovamento o dallo scambio di apposite rune. Gran parte del tempo di gioco viene trascorso esplorando e combattendo: i dialoghi sono essenziali, non contemplano risposte multiple e si limitano a dare le direttive necessarie per connotare e orientare lo svolgimento delle missioni. Come in tutti i giochi di questo genere, grande importanza viene data anche all’equipaggiamento, al ritrovamento di nuovi oggetti e al commercio. Vediamo come tutti questi elementi concorrono nel dare identità al prodotto complessivo.
3. Personaggi e regole di base
Sacred II presenta sei personaggio giocanti completamente diversi e caratterizzati in modo forse perfino eccessivo. La Serafina è una guerriera sacra con capelli lunghi, occhi senza pupilla e sgargianti ali sulla schiena (anche se non vola): si tratta di un archetipo che unisce abilità nel combattimento corpo a corpo a una limitata scelta di incantesimi, prevalentemente offensivi. L’Elfa Alta è la tipica maga dall’abbigliamento sexy, specializzata in magie basate sulle forze elementali e anche in questo caso prevalentemente offensive. La Driade, vicina all’estetica del druido, unisce l’abilità nelle armi a distanza alla padronanza degli incantesimi curativi. Il Guardiano del Tempio sembra una versione bionica del dio egizio Anubi ed è sicuramente il personaggio più originale: le sue abilità sono quasi tutte tecnologiche e prevedono, al posto delle classiche armi, veri e propri innesti corporali in grado di cambiare anche profondamente il suo aspetto e le sue strategie di utilizzo. Il Guerriero Ombra ha l’aspetto di uno zombi o anche di un lontano cugino di Frankenstein: in realtà si tratta del classico guerriero specializzato nel corpo a corpo e senza alcuna abilità magica di qualunque tipo. L’Inquisitore è il personaggio che in altri giochi viene chiamato negromante: dall’aspetto sinistro, è specializzato nella magia nera e nell’evocazione di alleati creati sfruttando i cadaveri nemici.
Ciascun personaggio è caratterizzato da una serie piuttosto estesa e particolareggiata di statistiche. Anzitutto ci sono le sei caratteristiche di base: forza, destrezza, stamina, intelligenza, vitalità e saggezza. Poi ci sono varie altre abilità passive che cambiano parzialmente in base al personaggio scelto: i guerrieri avranno la possibilità di scegliere varie specialità nell’uso delle armi, mentre viceversa i maghi potranno aumentare la loro conoscenza in una certa scuola di incantesimi. Anche queste abilità, come le caratteristiche di base, possono essere aumentate indefinitamente nel corso del gioco. Le abilità passive sono organizzate a gruppi e gerarchizzate in base a due livelli: per accedere al secondo, è necessario conoscere almeno cinque abilità primarie del medesimo gruppo (oppure anche una sola abilità, ma approfondita fino al livello 5). Le abilità attive sono l’elemento più importante da tenere in considerazione, dato che è il loro uso a determinare l’esito dei combattimenti più complessi. Ciascun personaggio ne ha quindici, divise in tre gruppi di cinque ciascuno. Il loro apprendimento deve avvenire attraverso il ritrovamento (o lo scambio) dell’apposita runa, esattamente come nel primo capitolo. Una volta appresa una abilità, ci sono due modi per migliorarla: il primo è trovare (o scambiare) un’altra runa, il secondo è investire nel suo miglioramento i punti assegnati periodicamente al passaggio di livello.
La cosa interessante è che tale miglioramento non è generico ma riguarda aspetti precisi della relativa abilità; per esempio, possiamo decidere di ampliare il raggio di un incantesimo a scapito della sua potenza, oppure di aumentarne la durata a scapito del danno. Va sottolineato che in Sacred 2, come peraltro nel primo capitolo, non esiste il mana: le abilità possono essere lanciate liberamente, con l’unico limite che ciascuna di esse ha un tempo di ricarica, spesso non indifferente. Alle abilità attive proprie del personaggio ne va aggiunta una propria della sua divinità, che può essere scelta all’inizio della partita: solitamente molto potente, è caratterizzata proprio per questo da un lungo tempo di ricarica, che può essere abbreviato pregando presso gli altari posti nel mondo di gioco.
4. Sistema di controllo, interfaccia, combattimento
La visuale offerta di default da Sacred II è identica a quella del primo capitolo: il personaggio è al centro dello schermo, gli spostamenti avvengono tramite clic sul terreno e la telecamera segue, con la sua inquadratura isometrica dall’alto, i movimenti del protagonista, rendendo temporaneamente trasparenti (ma mai del tutto) gli elementi dello scenario che dovessero coprirlo. Il passaggio alla terza dimensione, però, consente all’utente di sperimentare altre visuali cambiando le opzioni: è possibile, ad esempio, impostare come tasti di movimento i classici WASD e imporre alla telecamera di voltarsi assieme al personaggio. Il combattimento si gestisce in modo molto classico: un clic sinistro del mouse corrisponde a un colpo con l’arma equipaggiata, un clic destro fa partire l’abilità attiva selezionata in precedenza. I punti ferita del protagonista sono rappresentati visivamente da una barra curva che circonda in parte il ritratto del medesimo, posto in alto a sinistra; la restante barra indica il progresso dei punti esperienza. I punti ferita del nemico sono invece mostrati da una barra che compare nella parte centrale bassa dello schermo; gli avversari sono anche caratterizzati da un cerchio colorato attorno ai loro piedi, indicatore della loro pericolosità in relazione al livello del personaggio giocante. Un feedback ulteriore è presentato dai numeri che svolazzano sopra alle creature belligeranti, mostrando i punti ferita perduti in seguito a un fendente o a un incantesimo giunto al suo bersaglio. In basso nella parte centrale dello schermo vi sono a sinistra i tondi che accolgono armi e scudi equipaggiati, che consentono di passare velocemente da un’arma a un’altra, mentre a destra vi sono i tondi relativi alle abilità attive; completano questa parte dell’interfaccia i pulsanti tramite cui adoperare le pozioni, oltre naturalmente alla enorme bussola centrale, che indica la direzione in cui si trova il nostro prossimo obiettivo. In basso a destra vari pulsanti consentono l’accesso alle diverse schermate, mentre piccole icone gestiscono l’attivazione delle aure, cioè degli incantesimi che rimangono sempre attivi sul personaggio una volta lanciati; in basso a sinistra, invece, è presente il tasto che attiva l’incantesimo divino, mentre piccole icone gestiscono il funzionamento delle reliquie, oggetti il cui solo possesso garantisce benefici al personaggio. In alto a destra è la minimappa, corredata da simboli indicanti creature ostili e amichevoli nei pressi del nostro alter ego; tramite un tasto è possibile consultare rapidamente una versione ingrandita della minimappa, parecchio utile in varie circostanze data la grandezza e la complessità di certe aree del mondo di gioco. Non mancano naturalmente la schermata dell’inventario, peraltro piuttosto confusa (soprattutto a risoluzioni elevate data la dimensione ridottissima di certi oggetti), il diario, anche questo nettamente migliorabile, nonché le schermate per le caratteristiche del personaggio e l’imprescindibile mappa del mondo: quest’ultima merita un plauso, oltre che per la pregevole animazione che segna la sua apertura, anche perché è estremamente dettagliata e segnata da un paesaggio che viene connotato progressivamente in seguito alle esplorazioni.
5. Quest, trama, struttura del mondo
Ciò che colpisce maggiormente riguardo al mondo di Sacred II è la sua enorme ampiezza. Come nel primo capitolo, anche in questo caso ci capiterà di passare ore e ore a esplorare territori diversi e accorgerci che solo una minima parte della mappa del mondo si è ‘scoperta’ in seguito a queste esplorazioni. All’ampiezza dell’ambientazione corrisponde altrettanta ipertrofia per quanto riguarda le missioni, almeno da un punto di vista quantitativo: ogni città, villaggio o semplice avamposto (e ce ne sono decine) vanta almeno un paio di missioni secondarie, normalmente risolte nei dintorni. I PnG che hanno un incarico da affidare al protagonista sono segnati da un punto di domanda sulla testa; lo stesso punto di domanda compare anche nella mappa del mondo quando siamo sufficientemente vicini al PnG in questione: in questo modo è possibile individuare immediatamente le missioni disponibili nei pressi di una certa zona. Cliccando sul quest-giver, è possibile accettare o rifiutare la missione; nel secondo caso, sarà possibile accettarla più avanti. Una volta ricevuta un incarico, questo comparirà nel diario e potrà essere selezionato come attivo: quando una missione è attiva, l’indicatore sulla bussola ci indicherà la sua destinazione. Sulla mappa del mondo, invece, sono indicate le destinazioni di tutti gli incarichi ricevuti: il simbolo della missione attiva sarà semplicemente più grande degli altri.
Le missioni sono purtroppo estremamente ripetitive: si tratterà sempre di recuperare un oggetto, salvare qualcuno o accompagnare un PnG a una determinata destinazione. La struttura stessa del sistema di dialogo impedisce la sceneggiatura di missioni complesse ed elaborate: i quest-giver sono gli unici PnG dotati di dialoghi (gli altri si limitano a pronunciare una frase generica), ma si tratta in realtà più di monologhi dato che non è previsto alcun grado di interazione. La prima frase è un riassunto veloce della missione, mentre le frasi successive amplificano il concetto riassunto in precedenza: sembra un sistema studiato appositamente per i giocatori che non hanno voglia di leggere testo. Contrasta parzialmente con questa impressione il fatto che nel gioco ci sono vari libri, alcuni molto lunghi e curiosi (ci sono anche libri di ricette, realmente realizzabili!) La struttura del mondo e la disposizione in esso delle missioni spinge a giocare “per zone”, spezzettando in modo esasperato l’avanzamento della trama principale: ogni piccolo passo al suo interno viene intervallato da decine di missioni secondarie che si trovano tra il punto di partenza e il punto di arrivo.
Il risultato è che quando tocca riprendere in mano la trama, non ci si ricorda più il motivo per cui si è partiti, anche perché la storia non è propriamente originale. Altrettanto, ahinoi, si può dire dell’ambientazione: alla caratterizzazione quasi parossistica dei personaggi giocanti si affianca un mondo di gioco anonimo, suddiviso in zone climatiche che al loro interno sono completamente omogenee e punteggiato da città che si differenziano solo in quanto a dimensione. Quando dopo decine di ore di gioco non si ricorda il nome di una città attraversata almeno venti volte, è segno che qualcosa nel design è andato decisamente storto. Come abbiamo già accennato in precedenza, una novità importante di Sacred II è la presenza di due diverse campagne, la campagna “della luce” e quella “delle tenebre”: purtroppo, non si tratta di diversi finali a cui si può giungere in base a qualche scelta ma di due avventure completamente separate, che raccontano la stessa storia nella stessa ambientazione ma da due punti di vista differenti. La campagna va selezionata all’inizio della partita e non può più essere cambiata: forse bisognerebbe spiegare ad Ascaron che quando i giocatori chiedono “più scelte”, non è esattamente questo quello che intendono.
6. PnG per tutti i gusti
Oltre ai quest-giver, indicati dal punto di domanda (che diventa un punto esclamativo quando la missione è risolta), il mondo di gioco di Sacred II vanta diversi altri personaggi non giocanti in grado di offrire qualche servizio al giocatore. Naturalmente i più abbondanti sono gli immancabili mercanti, indicati dall’icona di una borsa: il commercio si svolge col consueto sistema punta e clicca e risulta particolarmente laborioso, soprattutto perché ogni oggetto viene descritto da un numero molto abbondante di statistiche. La sezione collezionistica del gioco è decisamente ipertrofica, difetto questo che è comune all’interno del genere dei GdR action: praticamente ogni creatura uccisa lascia cadere uno o più oggetti, quasi sempre magici e spesso assurdamente descritti come rari e unici dai libri del gioco. Periodicamente è quindi necessario effettuare lunghe pause atte a confrontare gli oggetti trovati con quelli equipaggiati e a vendere il bottino meno interessante: fortunatamente è disponibile un tasto che trasforma automaticamente in oro qualunque oggetto, ma così facendo si ottiene meno denaro di quello che si otterrebbe vendendo il medesimo oggetto a un mercante. Alcune armi e armature possiedono degli slot che possono essere riempiti con anelli, rune o reliquie, così da aumentarne il potere: per accedere a questo servizio è necessario visitare il fabbro, altro PnG presente nelle maggiori città (è indicato dall’icona di una incudine).
Un altro personaggio importante è il venditore di rune: come abbiamo già detto, le abilità attive del nostro alter ego possono essere migliorate grazie al ritrovamento delle relative rune; dato però che dai nemici uccisi si otterranno rune generate casualmente e riferentesi a tutti i personaggi giocanti, ci capiterà spesso di non poterle utilizzare. Niente paura: potremo scambiarle col venditore di rune, ottenendo in cambio quelle necessarie allo sviluppo del nostro personaggio. L’ultimo PnG degno di nota è il venditore di cavalcature: come nel primo capitolo, infatti, anche in Sacred II è possibile acquistare per il nostro alter ego un mezzo di trasporto veloce, che renda più agevole l’esplorazione del mondo. In realtà la mappa è punteggiata da teletrasporti, quindi l’uso di una cavalcatura è facoltativo ed è appetibile, più che per gli spostamenti rapidi, per la possibilità di adoperare le abilità speciali della cavalcatura stessa. I classici cavalli sono disponibili per qualunque personaggio e in numerose versioni; una novità di Sacred 2 è l’introduzione di cavalcature specifiche per ciascun eroe. La Serafina può ottenere una preistorica tigre dai denti a sciabola; l’Elfa Alta il draconico serpente del vento; la Driade la strisciante lucertola gigante; il Guardiano del Tempio il tecnologico mobiculum (una sorta di enorme ruota metallica); il Guerriero Ombra il terribile mastino infernale; l’Inquisitore, infine, lo spaventevole ragno funebre.
7. L’aspetto di Ancaria
Il cambiamento maggiore presentato da Sacred II rispetto al primo capitolo è, probabilmente, il motore grafico. Ora il mondo è completamente tridimensionale, dotato di ombre dinamiche, effetti visivi avanzati e una vegetazione animata fino all’ultimo stelo d’erba (la tecnologia adoperata per questo comparto è SpeedTree, la stessa di Oblivion). Sottolineiamo che, pur essendo il mondo tutto in tre dimensioni, la telecamera non può essere mossa liberamente ma solo ruotata: è il gioco stesso che, in base alla presenza di ostacoli visivi, ne aggiusta l’inclinazione. Complessivamente l’aspetto di Sacred 2 è piacevole, ma non fa gridare al miracolo. Alcuni effetti, come la realizzazione dell’acqua, non sono molto credibili e, da un punto di vista prettamente stilistico, tutto il gioco oscilla tra realismo e caricatura senza trovare un suo peculiare bilanciamento. In più, il motore appare decisamente pesante e poco ottimizzato, soprattutto per quanto riguarda la gestione della RAM: al di là della potenza dell’hardware, il gioco periodicamente scatta e rallenta. Anche su sistemi di tutto rispetto, poi, le battaglie con nemici numerosi fanno precipitare rapidamente il frame rate, che tende a essere quindi assai poco costante durante la maggior parte delle sessioni di gioco. Dal punto di vista dell’audio, ci sono punti di forza e punti di debolezza. I primi ruotano indubbiamente attorno alle musiche, molto evocative e spesso dotate di echi rock decisamente originali; i secondi riguardano soprattutto il doppiaggio, che oltre a essere scarso quantitativamente (i dialoghi sono quasi tutti solo scritti, senza che questo peraltro abbia dato vantaggio in termini di profondità) è anche poco ispirato, almeno nella versione italiana. A proposito della versione per il Bel Paese, sottolineiamo poi che il doppiaggio è incompleto: i PnG minori e i nemici parlano in inglese, e questo mix linguistico non fa che danneggiare costantemente la sospensione dell’incredulità.
8. Conclusioni
Sacred II non è un gioco terribile, ma è comunque una delusione: a conti fatti, nessun reale passo avanti è stato fatto dai tempi del promettente primo capitolo. Ai difetti già elencati nei precedenti paragrafi, bisogna aggiungere la vera croce che perseguita i giocatori di questa serie, fin dal suo inizio: la frequentissima rigenerazione dei nemici. Basta lasciare un’area pulita e tornarci dopo pochi minuti per vederla quasi completamente ripopolata e dover quindi combattere di nuovo contro gli stessi avversari. La rigenerazione può aver senso nei giochi strutturati come Diablo 2, nei quali viene salvato solo il personaggio e non il mondo, oppure nei giochi brevi, concepita come stratagemma per allungare il brodo: Sacred 2 non ha nessuna di queste caratteristiche e risulterebbe comunque sterminato da completare anche senza nessuna rigenerazione; eppure Ascaron ha perseverato nella sua incomprensibile scelta.
Come abbiamo già più volte scritto anche in altri articoli, il problema maggiore dei GdR action è la ripetitività estrema dello schema di gioco: Sacred 2 sembra studiato appositamente per amplificare questo problema il più possibile, accompagnandolo per giunta a tutta una serie di altre scelte opinabili, come ad esempio l’inutilmente contorto regolamento che determina lo sviluppo del personaggio. Erano gli stessi problemi del primo capitolo, e non è stato fatto niente per risolverli o anche solo per dare a essi un sapore diverso. Il precedente Sacred aveva dalla sua una certa originalità nella struttura di fondo, ma ciò che era originale a suo tempo ovviamente non lo è più adesso. Siamo di fronte a una replica, solo un po’ più appetibile dal punto di vista cosmetico: decisamente poco, dopo un’attesa di diversi anni.
Tre pregi di Sacred II: Fallen Angel
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Tre difetti di Sacred II: Fallen Angel
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Estremamente vasto
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Ripetitivo e inutilmente complicato
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Personaggi molto diversificati
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Trama mal sceneggiata e poco incisiva
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La mappa del mondo è molto suggestiva
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Non c’è niente di realmente nuovo rispetto al primo capitolo
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