Path of Exile

Il team neozelandese Grinding Gear Games ha partorito un GdR action che fa della giocabilità estrema la sua bandiera: le idee originali e il virtuosismo creativo non mancano, ma restano appannaggio dei fan sfegatati di Diablo e dei suoi epigoni.

[articolo originariamente pubblicato il 14 marzo 2014]

1. Intro: startup videoludiche
Se dovessimo segnalare la più grande novità comparsa nel panorama dell’intrattenimento digitale negli ultimi mesi, probabilmente sceglieremmo la piattaforma di crowfunding Kickstarter. D’accordo, non si tratta di qualcosa che riguardi solamente il nostro hobby preferito, ma tra i progetti maggiormente degni di nota messi in campo da questa già gloriosa base di lancio figurano senz’altro alcuni tra i potenziali futuri capolavori dell’intrattenimento digitale, per esempio Pillars of Eternity di Obsidian o Tides of Numenera di InXile. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, Kickstarter (letteralmente “colui che dà il calcio d’inizio”) è una piattaforma per la raccolta di finanziamenti a favore di progetti di qualunque tipo: chi ha una bella idea propone il suo piano d’azione, fissa la quantità di fondi necessari per cominciare i lavori e aspetta la risposta del pubblico. Se le donazioni raggiungono o superano la soglia indicata, il progetto può cominciare; altrimenti non se ne fa nulla, e niente viene prelevato dal portafogli dei contributori. C’è da dire che questi ultimi, in caso di successo, non maturano alcun diritto sul prodotto finito, che rimane di proprietà del suo autore: ecco perché solitamente alle offerte viene sempre affiancato un qualche tipo di ‘premio’, che può essere semplicemente una copia del prodotto finito o anche uno o più bonus ulteriori, ‘fisici’ o digitali.
Potremmo dire che se la diffusione capillare della rete ha dato a tutti la possibilità di creare GdR anche complessi a basso budget (si pensi a tutta la galassia dei prodotti indipendenti), la nascita di Kickstarter e di altre piattaforme simili ha dato a molti la possibilità di sognare in grande: i progetti dal basso non sono più destinati a restare appiattiti su livelli di produzione infimi, ma possono seriamente pensare di confrontarsi alla pari con i titoli tripla A. Certo, bisogna sempre tener presenti i limiti di questo sistema di finanziamento. È molto facile esibire idee brillanti difficilissime da concretizzare: e il pubblico, com’è ovvio, mostra di fidarsi ciecamente solo di chi ha già una certa esperienza nel settore. Ma ci sono anche controindicazioni non immediatamente ovvie, emerse solo dopo molti mesi di utilizzo della piattaforma: quest’ultima, così com’è, può essere utilizzata non tanto per finanziare un progetto dal basso quanto per tastare il terreno prima di mettere sul piatto una cifra già a disposizione del proponente. La situazione dunque è quanto mai contorta e ogni progetto va valutato a sé, evitando improprie generalizzazioni.

2. Finanziamenti fai-da-te
Forse è anche a causa dei limiti delle piattaforme di crowfunding che qualcuno tenta di bypassarle completamente, mantenendo però la loro idea di fondo e in un certo qual modo auto-gestendo artigianalmente tutta la questione. È la scelta fatta da Grinding Gear Games, talentuoso ensemble di sviluppatori con sede in Nuova Zelanda, durante lo sviluppo di Path of Exile, il GdR action che ora ci apprestiamo ad analizzare. Il gioco è in sviluppo dal lontano 2006: in tutti questi anni, ma soprattutto nei mesi che hanno preceduto la pubblicazione ufficiale, nell’ottobre 2013, i designer hanno diffuso informazioni sul gioco e invitato gli interessati a contribuire alla sua realizzazione. All’inizio, com’è ovvio, le donazioni erano minime e gli sviluppatori han dovuto contare quasi solo sulle proprie forze; ma più il prodotto prendeva forma più i contributi aumentavano, e più il gioco, dal canto suo, poteva permettersi di ‘mirare alto’, in un circolo virtuoso che ha portato forse perfino più in là di quel che pensavano i suoi stessi iniziatori. Dall’apertura dell’open beta in avanti, sono arrivati in totale 2,2 milioni di dollari: un budget di tutto rispetto, che ha permesso la creazione e l’affinamento di un prodotto perfettamente in grado di competere con i grandi del settore.
L’obiettivo peraltro era, fin dall’inizio, ambiziosissimo: un GdR action ispirato a Diablo II ma giocato interamente online e completamente gratuito. Avete letto bene: Path of Exile appartiene a quella categoria di giochi online noti come free to play, cioè gratuiti. Come in tutti i giochi che si fregiano di questa etichetta, anche l’opera di Grinding Gear Games presenta le cosiddette “micro-transazioni”, ossia la possibilità di acquistare oggetti o abilità nel gioco tramite denaro reale: ma sono micro-transazioni “etiche”, cioè che non danno un vantaggio a chi le acquista, ma solo miglioramenti estetici. Stiamo parlando, ad esempio, di nuove animazioni, di corazze o armi più luccicanti, di animaletti che accompagnano l’eroe nelle sue peregrinazioni: nulla che possa dar vita al cosiddetto pay-to-win, ossia alla spiacevole fattispecie secondo cui chi più paga più ‘vince’. Le premesse, dunque, ci sono tutte, e c’è da dire che il risultato è sicuramente all’altezza delle aspettative. A patto che le aspettative siano ben calibrate: Path of Exile non è in grado di riconciliare il mondo con il suo sotto-genere particolare, ma ‘solo’ a dare materiale di buona qualità a chi non vede l’ora di distruggere il proprio mouse cliccando all’impazzata su centinaia di nemici inferociti. Che il massacro abbia inizio!

3. La terra degli esiliati
Anche se il mondo fantasy dalle sfumature molto dark che fa da sfondo a Path of Exile mostra diversi elementi di interesse, il gioco non fa certo della narrazione il suo punto di forza: ed è comprensibile, dato che siamo di fronte a un prodotto che mostra i muscoli in altri settori. Purtuttavia, gli sviluppatori sembrano più volte dimenticare che a fissare un videogioco nella memoria sono soprattutto le sue componenti estetiche, intendendo il termine in senso proprio: atmosfera, colonna sonora, sceneggiatura, premesse narrative. Tutti elementi che in Path of Exile non si possono definire trascurati ma nemmeno portati in palmo di mano: lo stesso sito ufficiale parla solo e sempre delle caratteristiche tecniche della giocabilità, segno evidente, dal nostro punto di vista, che i suoi programmatori sono un po’ troppo appassionati del genere e un po’ troppo poco ‘scrittori’. O forse, più correttamente, che nessuno tra loro si è occupato esclusivamente dei contenuti estetici.
In ogni caso, Path of Exile è ambientato in un mondo chiamato Wraeclast, che significa “la terra dei dannati”. Ciascuno dei protagonisti è un exile, un essere umano esiliato dal consesso civile, per motivi che rimangono sempre ignoti. Wraeclast è dunque una sorta di prigione a cielo aperto, che si è popolato nel corso del tempo di ogni genere di creature mostruose, e nella quale i più forti tra gli esiliati hanno costruito precari insediamenti e rudimentali forme di organizzazione sociale. Al nostro alter ego tocca inserirsi in questo quadro, facendosi strada tra le orde di aberrazioni e risolvendo missioni per i ‘capi’ dei vari insediamenti, fino ad arrivare a scoprire molti segreti nascosti dietro la maledizione che pesa su tutta Wraeclast.
Il mondo è organizzato sulla base di territori piuttosto vasti, caricati separatamente e collegati da punti di passaggio. Ciascun atto è organizzato attorno a un insediamento pacifico, dal quale si diramano i vari percorsi di esplorazione possibili: apposite piattaforme di teletrasporto consentono di tornare rapidamente alla ‘base’ per risolvere missioni o gestire l’inventario. La stessa cosa è consentita anche da specifiche pergamene, che consentono il teletrasporto da qualunque punto: solo che i portali creati dalle pergamene restano attivi solo per pochi minuti, mentre le piattaforme di teletrasporto attivate restano memorizzate per sempre, anche tra una sessione di gioco e la successiva.

4. La gestione del personaggio
Path of Exile implementa ben sette differenti classi giocabili, la cui caratterizzazione ruota attorno alle tre caratteristiche di base: forza, destrezza e intelligenza. Le classi più semplici da gestire sono quelle univoche, basate su un’unica caratteristica: si tratta del Marauder (basato sulla forza), della Ranger (basata sulla destrezza) e della Witch (basata sull’intelligenza). Poi ci sono tre multiclasse che intrecciano due caratteristiche: il Duelist (forza e destrezza), il Templar (forza e intelligenza) e il Shadow (destrezza e intelligenza). Infine, c’è la Scion, che intreccia tutte e tre le caratteristiche: essendo un personaggio piuttosto complesso da gestire, viene sbloccato solo dopo che si è completato il gioco con almeno una delle altre sei classi disponibili. I personaggi hanno un sesso predefinito e immutabile, come succedeva in Diablo II, ma possono naturalmente essere ampiamente personalizzati tramite lo sviluppo delle abilità e l’equipaggiamento.
A questo proposito, occorre introdurre la prima idea originale avuta dal team di sviluppo. Se la giocabilità immediata è assolutamente tradizionale, basata su forsennati clic del mouse che alternano l’attacco di base alle abilità speciali, la crescita di livello è decisamente sui generis. Una volta accumulata sufficiente esperienza, ci verrà data ‘solo’ la possibilità di distribuire un punto all’interno di un vastissimo albero di miglioramenti passivi: nella maggior parte dei casi si tratterà di un aumento di una delle tre caratteristiche di base, ma potrebbe anche trattarsi di un miglioramento delle abilità di combattimento o di difesa. Saranno sempre, comunque, avanzamenti di tipo *passivo*, quindi del tutto slegati dalle abilità attive: cioè, tanto per essere chiari, da quelle abilità che possono essere associate al tasto destro del mouse o alla barra rapida. Queste ultime, infatti, non sono vincolate al personaggio, ma compaiono nel mondo di gioco sotto forma di oggetti, che possono essere rinvenuti durante le esplorazioni o, più spesso, dati in premio dopo il completamento di missioni.
Ciascuna abilità è caratterizzata da un codice di colore, che indica a qualche caratteristica è associata: rosso per la forza, verde per la destrezza, blu per l’intelligenza. Per poter far uso di una di esse, occorre non solo avere la relativa caratteristica al valore minimo indicato, ma anche ‘incastonare’ la gemma in cui si concretizza l’abilità all’interno di uno slot dello stesso colore in un qualunque pezzo dell’equipaggiamento. A quel punto saremo liberi di associare l’abilità a un tasto e farne uso, consumando ogni volta, com’è consuetudine, un po’ di mana, l’energia magica.
Le abilità equipaggiate aumentano di livello indipendentemente dall’uso che ne facciamo e in maniera del tutto slegata dal miglioramento del personaggio che le adopera: ciascun aumento di livello di ciascuna abilità va però confermato dal giocatore per realizzarsi. Con l’aumentare di livello di un’abilità, aumenta anche il requisito per maneggiarla: non sempre, quindi, è una buona idea confermare il miglioramento. D’altro canto, le abilità ben sviluppate sono oggetti molto preziosi, destinati a fruttare parecchio negli scambi con gli altri giocatori.

5. Un albero che sembra una foresta
Il fatto che le abilità siano oggetti e che richiedano il giusto slot negli equipaggiamenti per poter essere utilizzate apre tutto un inedito ventaglio di possibilità strategiche e influenza profondamente la giocabilità di Path of Exile. Tanto per cominciare, gli oggetti trovati, che si dividono nelle consuete categorie (normali, magici, unici, parte di un set), vanno valutati ed eventualmente utilizzati non solo sulla base delle loro caratteristiche intrinseche, ma anche sulla base degli slot che possiedono. Può essere una scelta saggia usare un’arma non magica ma dotata degli slot che ci servono anziché un’arma magica, unica o comunque potente ma priva di questi slot. Anche perché non è sufficiente che vi sia uno slot relativo all’abilità che vogliamo adoperare: nel gioco ci capiterà di mettere le mani anche su abilità di supporto, che possono migliorare qualche altra abilità, ma solo a patto che vengano collocate in uno slot collegato a quello dove si trova l’abilità principale. La faccenda è forse più complicata da spiegare che da giocare: basti comprendere, in questa sede, quanto è importante ai fini della giocabilità la nuova natura delle abilità attive. Il giocatore, tra l’altro, viene spinto a sperimentare con esse a piacimento, dato che le abilità possono essere incastonate e rimosse a piacimento in qualunque pezzo di equipaggiamento, senza alcuna penalità.
Anche l’albero delle abilità passive merita qualche approfondimento ulteriore. La sua struttura è talmente vasta e complessa che solo le immagini possono rendergli una qualche giustizia. L’elemento più interessante, in questo caso, è il fatto che l’albero è comune a tutte le classi, ma ciascuna di esse parte da un punto diverso al suo interno. Il fatto che tutte le sue parti siano in qualche modo condivise rende possibile la creazione di personaggi sfaccettatissimi anche nell’ambito della stessa classe di partenza: se la Ranger, tanto per fare un esempio, decide che gli piacciono molto le abilità legate all’intelligenza, può scegliere di aumentare quella caratteristica, ‘deviando’ dalla strada più consueta (che peraltro non è evidenziata in alcun modo, spingendo dunque il giocatore alla sperimentazione) per ‘invadere’ gli spazi più vicini alla Witch. Una volta assegnati, i punti passivi non possono più essere rimossi: ma il gioco ci offre, di quando in quando, la possibilità di risistemarne una certa quantità.

6. Un mondo senza denaro
L’altra originalissima caratteristica di Path of Exile è il fatto che nel gioco non compare alcuna forma di moneta, una presenza essenziale sia per i GdR classici sia, ancor di più, per quelli action, dove l’accumulo di bottino è uno degli obiettivi precipui. Gli autori hanno spiegato molto bene il motivo per cui hanno effettuato questa scelta così estrema: le enormi quantità di denaro accumulate in questi giochi non hanno, alla fine dei conti, nessuna reale funzione se non quella di permettere al giocatore di acquistare un gran numero di pozioni della salute, che poi vengono “spammate” (utilizzate ripetutamente) quando si affrontano nemici potenti. Un procedimento ripetitivo, che aggiunge poco alla qualità del gioco. Diablo III ha cercato di risolvere il problema cambiando completamente la natura delle pozioni e ponendo l’accento sui ‘globi’ rilasciati dai mostri uccisi, ma mantenendo le monete d’oro; Path of Exile mostra un piglio ancor più radicale, eliminando sia le monete sia l’acquisto delle pozioni nel modo in cui lo conosciamo.
Scendiamo nel dettaglio. In Path of Exile, tecnicamente il giocatore non acquista le pozioni, bensì il loro contenitore, che può anche avere caratteristiche magiche, proprio come tutti gli altri oggetti. Il contenitore si riempirà ogni volta che torneremo nell’avamposto pacifico oppure, più lentamente, man mano che uccideremo creature ostili. Questo richiederà la messa a punto di precise strategie nel momento in cui si affronta un boss che combatte da solo: dovremo infatti far affidamento solamente sui cinque contenitori posizionati sulla barra rapida, che si svuoteranno progressivamente ogni volta che il nostro personaggio tenterà di guarire le sue ferite. Paradossalmente, i boss che evocano altri mostri sono più gestibili, dato che l’uccisione degli alleati del nemico riempirà nuovamente le pozioni svuotate in precedenza.
Ma senza monete come vengono gestiti i commerci? I ragazzi di Grinding Gear Games hanno pensato di adoperare come bene di scambio tutta una serie di oggetti rinvenibili durante le esplorazioni, oggetti che però hanno anche un valore d’uso e non solo un valore di scambio. I più comuni sono le pergamene: quella della “saggezza” (che permettono di identificare gli oggetti magici) e quella del portale cittadino. Ma ad appartenere alla categoria dei beni adoperabili al posto del denaro sono anche tutta una serie di manufatti atti a potenziare o semplicemente a cambiare gli oggetti in nostro possesso: per esempio migliorando le armature o le armi, mutando le loro caratteristiche magiche, oppure variando il colore degli slot dove inserire le abilità attive. A ciascun giocatore spetterà dunque una scelta importante: meglio adoperare questi oggetti per perfezionare il nostro equipaggiamento oppure accumularli per poter un giorno acquistare (da un PnG o da un altro giocatore in carne e ossa) un manufatto più potente?
Uno degli elementi a mio avviso più interessanti di queste novità è il fatto che il loro peso in termini di strategia e di giocabilità emerge solo dopo qualche tempo. Path of Exile è un gioco tanto semplice da cominciare quanto complesso da padroneggiare fino in fondo: difficile chiedere di meglio a un esponente di quel particolare sotto-genere che mette, prima di ogni cosa, la giocabilità pura.

7. Sempre online
Esattamente come Diablo III, Path of Exile si gioca interamente online. Non è obbligatorio far gruppo con gli altri giocatori ed è perfettamente possibile concludere la campagna in solitaria: ma le ambientazioni sono caricate in streaming direttamente dal server, e negli avamposti pacifici ci capiterà molto spesso di imbatterci negli avatar di altri utenti in carne e ossa (questa è invece una importante differenza con Diablo III, dove nelle partite in singolo non si incontrano mai gli altri giocatori). Al livello di difficoltà standard, la morte non comporta alcuna penalità, se non il fatto di dover ricominciare dall’avamposto pacifico (ma aprendo un portale prima di affrontare una situazione complicata si avrà pronta, in caso di sconfitta, una via veloce per ritentare).
Le ambientazioni ostili sono, come si dice tecnicamente, istanziate. Questo significa che ciascuna di esse è creata esclusivamente per quel fruitore o per quel gruppo di fruitori che sta giocando in modalità cooperativa: non capiterà mai, dunque, di incontrare un giocatore ostile durante una delle missioni della campagna. Esiste una modalità PVP (Player Versus Player), ma si svolge in località particolari: non ne parleremo in questa recensione dato che questa modalità non ci interessa e non è mai stata da noi testata. Un elemento interessante da sottolineare è il fatto che una volta abbandonata un’istanza, questa resterà nella memoria del server per dieci/quindici minuti per poi venire completamente resettata. E con questo termine non intendiamo semplicemente dire che mostri e tesori verranno rigenerati (come in Diablo II), ma che la mappa stessa sarà ricreata casualmente (come in Diablo III).
Abbiamo già avuto modo a suo tempo di criticare questa scelta, che dal nostro punto di vista colpisce pesantemente la suspension of disbelief  e che dà al giocatore la spiacevole sensazione di stare muovendosi a caso anziché verso un obiettivo preciso (dato che si possono incontrare novità sia andando ‘avanti’ sia andando ‘indietro’). D’altro canto abbiamo notato che questa critica viene raramente fatta propria da altri appassionati: segno che questo sotto-genere particolare pone l’attenzione esclusivamente o quasi sugli aspetti tecnici della giocabilità, lasciando le componenti estetiche al margine del discorso.

8. Atmosfere
Path of Exile è fortemente debitore nei confronti di Diablo II anche per quel che riguarda l’evocatività delle musiche e delle ambientazioni. A tratti, pare quasi che questo gioco sia una sorta di risposta indiretta alla scelta di Blizzard di effettuare, con Diablo III, un vistoso cambio di direzione artistica, verso quello stile vagamente “cartoonesco” che tanto ha irritato parte della comunità. Nel gioco di Grinding Gear Games si torna ad atmosfere crude e realistiche, con qualche venatura horror, e il comparto musicale ben si affianca a queste salienze, accompagnandole senza mai sovrastarle. Il motore grafico, sviluppato in proprio dagli autori, è virtuosistico quel tanto che basta per assecondare la giocabilità, senza mai abbandonarsi a eccellenze fini a se stesse: anche da questo punto di vista, la situazione è del tutto simile a quella vista nei titoli Blizzard.
La trama narrata è, come abbiamo già accennato, volutamente esile ed evanescente. Ciò non significa che non esista un background interessante o personaggi privi di personalità: i PnG presenti nelle aree pacifiche sono dotati di dialoghi interamente parlati talvolta ben scritti e sufficientemente approfonditi (anche se, a onor del vero, non si tratta di veri e propri dialoghi bensì di battute collegate ad argomenti presentati tramite una lista: ancora una volta l’esempio è la serie Diablo di Blizzard). Le modalità con cui Path of Exile presenta i contenuti offrono la possibilità di effettuare qualche riflessione. Mentre generalmente i GdR action presentano una trama molto semplice, delineata nella sua ossatura con grande chiarezza fin dalle prime battute, il prodotto di Grinding Gear Games segue una strada differente: le missioni e i dialoghi non si inanellano per costruire assieme una storia, quanto piuttosto per evocare una atmosfera. Potremmo dire che è il background a sostenere esteticamente la giocabilità, anziché, come quasi sempre succede, una narrazione: e che quest’ultima è gerarchicamente sottoposta al background, emergendo in quanto tale solo nelle fasi avanzate del gioco. Questo piglio così originale si accompagna, evidentemente, a una necessità urgente: che l’atmosfera evocata spicchi talmente tanto da sorreggere il prodotto e da renderlo interessante anche per chi non è così catturato dai tecnicismi della giocabilità. E c’è da dire che a nostro avviso per quanto gli sforzi di Grinding Gear Games siano notevoli non si vede, in questo ambito, una così grande originalità. Il mondo dark fantasy di Path of Exile è piuttosto consueto e porta subito alla mente varie altre ambientazioni, prima tra tutte, tanto per cambiare, quella di Diablo e di Diablo II.

9. Conclusioni
Il vero ‘problema’ di Path of Exile forse è proprio quello citato in chiusura del precedente capitoletto: il gioco che ci troviamo davanti affoga tutti i suoi pur notevoli elementi di novità in un confronto continuo e serrato con i passati capolavori Blizzard. Non che questo sia necessariamente un male, ma è un qualcosa che va più e più volte sottolineato: non ci troviamo di fronte a un prodotto che vuole imporsi con la sua identità, quanto piuttosto a un prodotto che vuole perfezionare una formula di gioco senza uscire dai suoi rigorosi confini neanche di un millimetro.
Si può criticare pesantemente Blizzard per i mezzi passi falsi fatti in occasione della pubblicazione di Diablo III, passi la cui incertezza è stata d’altro canto ammessa dagli stessi autori che stanno ora facendo retromarcia, ma è innegabile il fatto che Blizzard non si è accontentata di proporre more of the same, anche se magari questo avrebbe accontentato di più i fan irriducibili di Diablo II. Pur non facendo affatto della novità rivoluzionaria la chiave della sua poetica, Blizzard tenta, con alterne fortune, di introdurre novità che possano anche condurre a delle vere e proprie ‘svolte’. Grinding Gear Games, al contrario, sembra aver compiuto, con Path of Exile, quasi una sorta di “operazione nostalgia”, atta a catturare i fan di Diablo II delusi dal terzo capitolo della saga.
Ciò nonostante, il gioco merita di essere senz’altro provato da tutti i fan dei GdR action: sia per gli elementi di novità presenti, sia per le peculiarità della narrazione. Senza contare che per il momento è anche un prodotto molto ben supportato e continuamente aggiornato, anche con mini-espansioni periodiche, la prima delle quali (Sacrifice of the Vaal) è già disponibile. Con un avvertimento, però: la narrazione è destinata a restare perennemente all’ombra dei tecnicismi della giocabilità, com’è tipico di questo sotto-genere particolare. Costruire un buon personaggio in un GdR action non ha nulla a che vedere con l’immaginazione e con l’interpretazione: è un procedimento più simile alla risoluzione di un cruciverba o di una espressione matematica. Per chi si diverte in questo modo, Path of Exile è senza dubbio un ottimo prodotto, per giunta gratuito.

Tre pregi di Path of Exile
Tre difetti di Path of Exile
Giocabilità veloce e infallibile
Forse troppo simile a Diablo II
Grafica semplice ma funzionale
Atmosfere non originalissime
Le novità nella giocabilità sono ben pensate
Troppo ‘tecnico’, come del resto tutti i GdR action

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