Neverwinter Nights 2

È arrivato sui nostri PC il seguito del controverso RPG di Bioware Neverwinter Nights. Obsidian e il suo designer capo Chris Avellone ci accompagnano dentro un’altra delle loro profonde e contorte storie a cavallo tra il fantasy e la metafisica dei Piani.

[articolo originariamente pubblicato il 6 dicembre 2006]

Nota del 2020
La recensione risente dell’entusiasmo per il gioco nei momenti successivi alla sua pubblicazione. Sul lungo periodo, Neverwinter Nights 2 non ha mai conquistato, presso la comunità di appassionati, lo stesso affetto riservato al primo capitolo. L’editor, in particolare, non è stato sfruttato neanche lontanamente come quello dell’episodio originale, che è ancora adesso più amato e utilizzato. Probabilmente tutto questo si deve alle incertezze del sistema di controllo e alla generale inconsistenza del motore di gioco, almeno se paragonato alla ‘razionalità’ di quello del capitolo precedente.

1. Quando il seguito è meglio dell’originale
Il gioco di cui ci apprestiamo a parlare fonde in un unico titolo tante vicende degli anni appena passati. Il primo Neverwinter Nights è uscito sotto etichetta Bioware: la sua pubblicazione è stata accompagnata da una grande attesa, e il gioco è stato mantenuto in relativa giovinezza dalla sua attivissima community e dai suoi stessi autori, che anche oggi continuano a offrire supporto e contenuti aggiuntivi. L’hype nato e cresciuto attorno a Neverwinter Nights ha diverse motivazioni. Anzitutto c’è il curriculum dei suoi autori: Bioware è responsabile di capolavori come la serie di Baldur’s Gate, e questo pedigree messo in bella evidenza sulla confezione ha sicuramente avuto un suo peso, come ce l’ha oggi per tutte le persone che visitano quasi quotidianamente il sito della compagnia per osservare gli sviluppi dei work in progress come Dragon Age. In secondo luogo, l’attesa e il seguito sono pienamente giustificati da un elemento del gioco che qualcuno aveva scambiato come un semplice accessorio: l’editor. Attraverso il potente strumento messo a disposizione degli utenti, ciascuno poteva creare le sue avventure e pubblicarle su internet, oppure giocarle con i suoi amici, magari vestendo i panni del master sempre presente nelle sessioni di GdR cartaceo, mai prima d’ora riprodotte su schermo in modo tanto vivido e fedele.
Eppure, non tutte le ciambelle vengono col buco: Neverwinter Nights si è dimostrato uno strumento potente, ma il vero e proprio contenuto uscito a suo tempo con il gioco si è rivelato estremamente povero rispetto agli standard a cui Bioware ci aveva abituato. La campagna originale, pur basandosi su buoni spunti, si svolgeva fiaccamente tra capitoli estremamente lineari, poveri di possibilità interpretative, lenti e ripetitivi a livello narrativo. Qualcosa di meglio hanno fatto le espansioni Shadows of Undrentide e Hordes of the Underdark, ma comunque anche loro hanno fallito nel veicolare quel quid che ci fa ricordare le vicende narrate in un gioco anche a distanza di anni (il sottoscritto, ad esempio, non ricorda minimamente quelle storie, pur avendole percorse più volte). Dato l’attivismo della community, perfino troppo pronunciato secondo il publisher Atari (che si è attivamente impegnato per smorzare un po’ gli entusiasmi verso il primo editor onde promuovere meglio il secondo), nessun businessman sano di mente avrebbe smesso di portare avanti il progetto. Bioware, però, ha scelto di passare la palla a un altro gruppo di sviluppatori, il gruppo riunito sotto l’etichetta Obsidian Entertainment, già autore di un altro seguito sempre di un gioco Bioware, quello di Star Wars: Knights of the Old Republic.
A capo di Obsidian c’è un nome eccellente: Chris Avellone, ex ‘guru’ di Black Isle, gruppo di sviluppatori già collaboratore storico di Bioware ai tempi dell’Infinity Engine. Insomma, il passaggio di consegne fra le due etichette non deve trarre in inganno: in realtà siamo di fronte a un gruppo di lavoro ‘allargato’ che esiste da molti anni e che ci ha regalato in passato grandi capolavori. Il nostro sguardo merita di concentrarsi in particolare sulla figura di Chris Avellone, autore di quello che è da molti reputato il miglior GdR esistente per computer, Planescape: Torment. Negli anni, Avellone si è rivelato soprattutto come un ottimo autore di storie: l’ideale dunque per un gioco che era inizialmente stato criticato proprio per la sua debolezza narrativa. Neverwinter Nights 2 si configura quindi come un esperimento in presa diretta di attuazione della perfetta complementarietà: ottimo editor, ottima storia.

2. Identikit essenziale
Neverwinter Nights 2 è un classico gioco di ruolo story-driven con visuale isometrica dall’alto (a dire il vero esistono anche altri sistemi di gestione della telecamera, ma quello tradizionale è senza dubbio il più efficace). Il personaggio attivo è al centro dello schermo: con un semplice clic sinistro del mouse possiamo ordinare lo spostamento, il dialogo o il combattimento. Spostando il puntatore a lato ruoteremo la telecamera, spostandolo in alto e in basso cambieremo angolazione della medesima, agendo sulla rotellina aumenteremo o diminuiremo il livello di zoom. Abilità speciali, incantesimi e inventario sono gestiti tramite una interfaccia con finestre a scomparsa, di cui parleremo più diffusamente in seguito. Il gioco si basa sulla versione 3.5 delle regole di Dungeons & Dragons, il gioco di ruolo cartaceo più giocato nel mondo; il primo capitolo si basava sulle regole della versione 3.0: le differenze, pur presenti, si limitano ad elementi non basilari, quindi chi ha giocato al primo Neverwinter Nights dovrebbe sentirsi a casa scorrendo il manuale del secondo. La campagna principale è ambientata nei Forgotten Realms, l’ambientazione fantasy classica di D&D: gli autori, però, hanno una grande padronanza di tutte le ambientazioni del gioco e non si preoccupano di mischiarle, basando spesso l’intreccio sulla esplicazione delle interdipendenze dei vari ‘mondi’, che pur essendo separati si configurano come pezzi di un enorme puzzle. La storia è suddivisa in capitoli, che non sono però compartimenti stagni come nel primo capitolo: molte location continuano a essere presenti e visitabili al passaggio tra un capitolo e il successivo, e molte quest sono pensate per essere risolte anche dopo diversi capitoli rispetto al momento della loro assegnazione.
Questo peraltro non significa che nel gioco vi sia una parvenza di libera esplorazione: come dicevo sopra, Neverwinter Nights 2 è story-driven, incentrato sulla storia, e anche se è presente una relativa libertà di movimento tra le varie mappe, le strade consentite sono limitate all’assecondamento degli eventi narrati nella vicenda principale e nelle sue sotto-trame, peraltro tutte legate in qualche modo al ‘problema’ relativo alla main quest. Una giocabilità nel complesso simile a quella del predecessore si unisce a cambiamenti nell’interfaccia piuttosto pesanti, che richiederanno probabilmente un periodo di ambientamento: trascorso questo, però, ci si renderà conto che tutto funziona in modo quasi perfetto. Anzi, probabilmente il giocatore sarà talmente rapito dal dipanarsi degli eventi narrati che, per una volta, il programma gli sembrerà davvero un semplice mezzo attraverso cui arrivare al vero fine, quello di portare avanti con coerenza interpretativa le urgenti faccende piovute addosso al nostro personaggio.

3. Creazione del personaggio
Dicevamo prima che Neverwinter Nights 2 è basato sull’ultima edizione del regolamento di Dungeons & Dragons. Il procedimento di creazione del personaggio rispecchia quasi alla perfezione questo regolamento: “quasi” perché ci sono piccole variazioni rese necessarie dal trasporto su computer di un sistema di regole pensato per il gioco cartaceo. Plasmare il proprio alter ego porterà via agli appassionati moltissimo tempo: ci sembra di poter dire con ragionevole certezza che un sistema di creazione del personaggio tanto dettagliato non ci era mai capitato per le mani. Potremo scegliere non solo razza, classe, abilità e talenti (tutte variabili già presenti nel primo capitolo) ma anche particolari come la forma del viso e un tratto caratteriale distintivo del personaggio, che poi condizionerà alcuni momenti del gioco. Aggiungiamo il fatto che sono presenti moltissime “classi di prestigio” (nel primo Neverwinter Nights erano state aggiunte dalle espansioni): non sarà possibile sceglierle in fase di creazione, ma se vorremo raggiungerne una nel corso della partita dovremo fare attenzione ai suoi requisiti e plasmare il nostro personaggio di conseguenza.
Tutte queste finezze sono principalmente destinate a chi conosce bene Dungeons & Dragons: tutti gli altri, o anche semplicemente quelli che desiderano entrare quanto prima nel vivo dell’azione, possono scegliere un personaggio già pronto oppure saltare determinate fasi del processo di creazione scegliendo l’apposito pulsante che effettua le scelte raccomandate dal programma. Va sottolineato che in questo modo verrà creato un personaggio archetipico, solitamente molto specializzato: chi ha in mente qualche idea bizzarra o desidera un personaggio versatile farà meglio a tenere sempre in mano le redini del processo di creazione. Gli appassionati di magia, sia essa arcana (quella di maghi e stregoni, principalmente offensiva) o divina (quella di chierici e druidi, principalmente difensiva), impiegheranno ancora più tempo degli altri, dato che sarà necessario fare una prima scelta fra le centinaia di incantesimi presenti, ciascuno dotato di dettagliata descrizione. Alcune classi dovranno scegliere una o più divinità da adorare, alle quali si collegano attribuiti o abilità speciali. Una novità rispetto al primo capitolo è la presenza delle sotto-razze, già sperimentate peraltro in Icewind Dale 2, ultimo titolo della compianta Black Isle di Avellone: oltre alle razze canoniche (umano, elfo, nano eccetera) sono presenti infatti razze particolari, come ad esempio gli elfi scuri (drow) o gli gnomi delle profondità (svirfneblin). Ciascuna di queste razze ha dei bonus e dei malus: alcune sono significativamente più potenti delle razze ‘normali’, ma crescono di livello più lentamente. C’è anche una nuova classe, il warlock: si tratta di un mago un po’ particolare, capace di lanciare un solo incantesimo che aumenta di livello assieme a lui.

4. Problemi a West Harbor
Terminata la creazione del nostro alter ego, ci troveremo nel bel mezzo di una fiera. È giorno di festa a West Harbor, il paesino sulla Sword Coast in cui il nostro personaggio ha passato la sua giovinezza. Si tratta di un villaggio modesto, collocato in un territorio difficile, ai bordi di una palude infestata da uomini-lucertola: il nostro personaggio vive assieme a suo padre adottivo, un mezzelfo di poche parole. Durante la fiera, che funge da tutorial, avremo modo di partecipare a diverse prove di abilità che servono per dimostrarci come funzionano i vari aspetti del gioco: si va dalla prova di combattimento a quella di magia a quella di scassinamento. Non sarà difficile diventare i campioni del paese, ma i festeggiamenti dureranno ben poco: presto infatti, come da consunto clichè, piomberà sull’indifeso villaggio un’orda di nemici alla ricerca di qualcosa. Non lo trovano e se ne vanno con le pive nel sacco, non senza aver distrutto nel frattempo gran parte di West Harbor. Ma cosa cercavano? Il nostro padre adottivo, che è incredibilmente rimasto vivo, ha un sospetto: secondo lui cercavano un cristallo particolare, resto di un’arma adoperata negli anni passati durante una battaglia epica contro orde di demoni.
La nostra prima missione è recuperare questo cristallo, che il nostro padre adottivo ha nascosto in una rovina in mezzo alla palude. Tutto il resto della campagna sarà incentrato sulla risoluzione di problemi che si succedono con effetto domino man mano che risolviamo il precedente: ci sono altri cristalli? Perché esseri di tutti i tipi (e provenienti da tutti i piani) ci danno la caccia? Chi sono i nostri veri genitori? Cosa nasconde il nostro patrigno, che ha l’aria di uno che dice un decimo di quel che sa? Tentare di rispondere significherà percorrere in lungo e in largo la regione della Sword Coast, dalla città di Neverwinter che dà il nome al gioco (ricostruita dopo la piaga e la guerra con Luskan, eventi narrati nel primo capitolo) a cittadine minori come Port Llast e Highcliff, fino ovviamente a zone selvagge fra cui montagne innevate, foreste, pianure e gli immancabili sotterranei. La trama è contorta e ricca di colpi di scena: pur non raggiungendo (potremmo dire che non ci prova nemmeno) la profondità tematica di Planescape: Torment, Avellone affronta, com’è suo solito, argomenti adulti e ambigui, adoperando il fantasy come pretesto per sessioni di autentica introspezione psicologica. Abbiamo già detto all’inizio dell’articolo che i Forgotten Realms, ambientazione ‘classica’ per eccellenza, vengono spesso e volentieri ‘contagiati’ da elementi provenienti da altre ambientazioni (Planescape anzitutto) e la stessa trama principale si basa su successivi tentativi di mantenere l’integrità dell’idilliaco paesaggio agreste del fantasy classico, minacciato da pericoli che rischiano di segnarne la fine.
È una situazione paradossale: l’obiettivo è salvare i Reami dalle incursioni esterne, ma gli autori tradiscono in più di una occasione il loro amore molto maggiore per queste ‘incursioni’ e per la loro carica eversiva nei confronti degli stantii clichè del genere. È anche grazie a questo che nel gioco si registra spesso una reale situazione di dubbio, ed è anche grazie a questo che i personaggi di allineamento malvagio troveranno pane per i loro denti in più di una occasione. A volte sembra che il momento della catarsi tragica ‘alla Torment’ sia dietro l’angolo: in un frangente, ad esempio, un nonno ucciderà barbaramente la sua nipote senza rendersene conto. Eppure anche in quel caso il minor peso del testo descrittivo, del tutto assente in Neverwinter Nights 2, e la recitazione completa dei dialoghi maggiori stemperano la drammaticità e la incanalano, senza sminuirla, dentro meccanismi di gioco più diretti. In un certo senso questo gioco è un Torment aperto a tutti: sicuramente meno profondo, ma anche meno elitario.

5. Un party appiccicoso
Ai tempi dell’uscita del primo Neverwinter Nights, moltissime critiche piombarono addosso al fatto che il gioco era pensato per un solo personaggio, al massimo affiancato da un henchman controllato dal computer. I giochi basati su Dungeons & Dragons, infatti, sono da sempre sinonimo di party: il regolamento cartaceo consente anche sessioni di gioco con un solo personaggio giocante, ma è ottimizzato per partite di gruppo, in cui molti giocatori collaborino tra di loro, ciascuno controllando il suo personaggio. In Neverwinter Nights 2 il party è tornato, ed è in gran forma: già durante il tutorial il nostro alter ego verrà affiancato da tre compaesani che lo aiuteranno durante la succitata fiera. Più avanti, verremo in contatto con i nostri veri compagni di viaggio: potremo sceglierne tre e viaggiare assieme a loro, ascoltare i loro commenti, anche flirtare con alcuni di loro se la cosa ci aggrada. Il gioco ci consente di controllare completamente ciascun personaggio: basta cliccare sul suo ritratto e lo schermo si centrerà su di lui, trasformandolo in tutto e per tutto in un nuovo ‘personaggio giocante’. Potremo quindi scegliere che incantesimi far lanciare al nostro mago, quando far curare qualcuno dal nostro chierico, quando far adoperare dal nostro guerriero le sue abilità di combattimento speciali. Se non abbiamo voglia di controllare tutto minuziosamente in ogni combattimento, allora possiamo attivare le intelligenze artificiali dei personaggi: a volte i comportamenti lasciano un po’ a desiderare, ma nel caso dei combattimenti più semplici i risultati non sono così disprezzabili.
La schermata delle opzioni presente nella scheda di ciascun personaggio ci permette anche di decidere alcuni dettagli del suo comportamento autonomo: per esempio, possiamo dire a un mago di limitarsi a usare automaticamente la sua arma a distanza, in maniera da intervenire direttamente per lanciare qualunque tipo di incantesimo. Il funzionamento dei dialoghi non consente altrettanta libertà di movimento: in parole povere, è sempre il nostro personaggio principale a gestirli; ai suoi compagni di viaggio è consentito qualche intervento, ma non è possibile, ad esempio, mandare avanti il paladino per sfruttare il suo carisma migliore, come si poteva fare in Baldur’s Gate. Questo crea alcune inconsistenze: per esempio, è inutile sviluppare le abilità di dialogo dei nostri comprimari, dato che non verranno mai sfruttate. Se un dialogo importante prevede una via di uscita pacifica aperta da un alto valore di Spellcraft, è inutile avere nel party un mago esperto: è il nostro personaggio a dover avere quel valore, altrimenti l’opzione non è disponibile. Un elemento nuovo è invece il valore di “influenza”, che in un certo senso sostituisce quello della reputazione presente nei giochi basati sul motore Infinity.
Periodicamente, incontreremo dei dialoghi che verranno presi molto a cuore da qualcuno dei nostri compagni di viaggio: le nostre risposte scateneranno reazioni positive o negative da parte loro, e la conseguente variazione del loro valore di influenza. Quando questo valore arriverà a livelli molto bassi, il personaggio ci abbandonerà. È da sottolineare che a volte scattano battibecchi tra i nostri compagni: la nostra risposta sarà necessariamente positiva per qualcuno e negativa per qualcun altro, ergo non tutte le combinazioni di personaggi sono effettivamente praticabili. Molti personaggi aggregabili al party sono dotati di sotto-quest personali, che a volte hanno conseguenze drastiche in termini di giocabilità: un personaggio, ad esempio, sta compiendo un suo percorso di crescita personale e se lo aiuteremo a portarlo a termine lo vedremo addirittura cambiare completamente classe di appartenenza! Un elemento su cui stranamente nessuna recensione si sofferma è che i nostri compagni di viaggio non sono, come nei due Baldur’s Gate (con la parziale eccezione di Imoen nel secondo), ‘staccati’ dalla trama principale. In Neverwinter Nights 2 la trama principale è costruita anche attorno a loro. Questo ha una conseguenza importantissima: in alcuni momenti della storia, il programma ci impone di portarci dietro un certo personaggio. Siccome il limite numerico massimo resta sempre lo stesso, se quel personaggio non è tra i nostri preferiti dovremo necessariamente cacciare uno di questi ultimi per fargli posto. Capiterà molte volte nel corso della campagna, e la cosa potrebbe dar fastidio a chi ama avere il pieno controllo delle cose. Non basta: essendo essenziali per la storia, i personaggi che abbandoniamo non se ne vanno per i fatti loro, ma restano tutti a disposizione in un unico luogo, inizialmente una taverna, più avanti la nostra fortezza. Tra una spedizione e l’altra dovremo tornare da loro, e scatteranno spesso dialoghi in cui dicono la loro un po’ tutti, come se stessero tutti partecipando alle nostre avventure. La stessa esperienza guadagnata da noi viene ottenuta da ogni singolo personaggio, indipendentemente dal fatto che sia o meno con noi al momento. È un po’ come se il nostro fosse un ‘party allargato’, in cui di volta in volta decidiamo da chi farci accompagnare. È una variazione non da poco rispetto al passato: a qualcuno potrebbe non piacere, e in ogni caso il corollario è che in ogni partita i dialoghi fondamentali saranno assolutamente identici, indipendentemente dal party che avremo creato.

6. Novità nell’interfaccia
Il primo Neverwinter Nights si segnalava per la particolare pulizia e funzionalità della sua interfaccia: andando contro il motto “squadra che vince non si cambia”, Obsidian ha pensato di apporvi alcune variazioni, che a volte hanno scatenato perplessità nei recensori. Sulla destra resta identica la colonna con i ritratti dei personaggi inclusi nel party: è interessante il fatto che i ritratti non sono più dei disegni, come nel primo capitolo e come in ogni gioco partorito in precedenza da questi sviluppatori, ma delle raffigurazioni del volto di ciascun personaggio generate dal programma e aggiornate in tempo reale in base al suo equipaggiamento. Di fianco c’è la barra con i punti ferita ed eventualmente piccolissime icone che documentano lo stato del personaggio (per esempio se è vittima di una maledizione o se sta beneficiando di qualche effetto positivo). In basso a destra è una piccola barra con cui è possibile attivare determinati tipi di abilità che necessitano di restare attive con costanza per un certo periodo di tempo (come la modalità di ricerca trappole, o il “nascondersi nelle ombre”). In basso al centro c’è la barra rapida: una serie di pulsanti inizialmente vuoti in cui è possibile trascinare oggetti, incantesimi o abilità in modo da averle a portata di mano in ogni momento: c’era anche nel primo capitolo, con la differenza che allora le eventuali barre aggiuntive venivano attivate tramite pressione dei tasti CTRL e MAIUSC, mentre ora esistono molte più barre fra cui si può navigare tramite due piccole freccette poste alle estremità delle medesime.
Nell’angolo in basso a sinistra c’è un pulsante che attiva il menu del gioco, tramite cui si può accedere alle varie finestre (inventario, statistiche eccetera), tutte attivabili con maggior velocità tramite l’uso dei tasti rapidi; di fianco c’è un piccolo tasto che attiva, se possibile, il riposo (necessario per guarire i punti ferita persi e per ‘ricaricare’ gli incantesimi). In basso a sinistra, sopra questi pulsanti, c’è la finestra delle informazioni: lì vengono memorizzati i dialoghi e visualizzate tutte le statistiche di combattimento. In alto a sinistra c’è la minimappa, mentre in alto al centro c’è una piccola barra che allinea tutte le azioni selezionate per il personaggio attivo. La differenza principale con il primo capitolo è che è scomparso il “menu radiale” che compariva cliccando il pulsante destro su ogni oggetto dello schermo: in questo nuovo capitolo, cliccando con il destro su un oggetto o su una creatura si rende quell’oggetto o quella creatura l’obiettivo dell’azione successivamente selezionata. La cosa più simile al vecchio “menu radiale” è un menu a discesa, che si attiva cliccando con il destro e tenendo premuto per qualche istante. Sembra una inutile complicazione, ma c’è una spiegazione: ora l’azione predefinita su ciascun oggetto è decisa in modo più ‘intelligente’ rispetto al passato, quindi si sente meno il bisogno di un menu che elenchi di volta in volta tutte le opzioni possibili. Per esempio, cliccando con il ladro su una trappola, questi proverà automaticamente a disattivarla; cliccando su una porta chiusa, proverà automaticamente ad aprirla. In più, c’è un elemento del tutto nuovo rispetto al passato, il cosiddetto “quickcast menu”: adoperandolo, ci si rende conto che la vecchia abitudine di trascinare gli incantesimi da utilizzare sulla barra rapida è diventata obsoleta. In pratica il menu elenca sotto forma di icona tutti gli incantesimi disponibili per un certo personaggio, rendendo molto rapida la scelta di quale magia lanciare in una data circostanza. Secondo noi, insomma, le variazioni apportate all’interfaccia hanno un senso e non pregiudicano la sua immediatezza: si tratta solo di abituarsi un po’ alle differenze.

7. Fortezze e banchi di lavoro
Val la pena soffermarsi un po’ su altri due elementi che nel primo capitolo erano del tutto assenti. Da un certo punto della storia in avanti, il nostro personaggio ottiene una stronghold, una fortezza tutta sua da gestire e organizzare. Le scelte da fare sono molte: che parti ricostruire e come, che persone assumere (a volte sarà un NPC già incontrato nei capitoli precedenti, che aiuteremo a rifarsi una vita), che impronta dare al tutto. Meglio una fortezza piena di soldati pronti a difenderla, o una aperta maggiormente al commercio? Si tratta di un’idea affascinante, già implementata in passato e qui ottimamente realizzata, che però desta, a tratti, qualche perplessità. Si ha l’impressione, specialmente una volta giunti alla fine della campagna, che la fortezza sia una aggiunta impropria, poco coerente con il resto del gioco. Non dimentichiamo che il nostro personaggio è alle prese con problemi scottanti, che richiedono costantemente la sua attenzione e che lasciano in realtà poco tempo a tutto il resto: sul più bello che avremo reso funzionale la nostra fortezza, ci accorgeremo che non c’è reale possibilità di ‘sfruttarla’… e proprio mentre andremo fieri del risultato ottenuto, vedremo scorrere i titoli di coda. In un certo senso, la fortezza sembra un pezzo di Oblivion trasportato dentro Neverwinter Nights: è infatti nei giochi ‘aperti’ come quelli Bethesda che hanno senso la costruzione e l’acquisto di una casa, o anche l’organizzazione di un gruppo di sottoposti; in un gioco così fortemente story driven come quello che stiamo recensendo l’aggiunta della fortezza da gestire (peraltro uguale per tutte le classi, a differenza che in Baldur’s Gate 2) appare forzata. Molto più riuscita è invece la seconda aggiunta, quella delle abilità di crafting tramite cui creare oggetti: nel primo capitolo queste abilità erano state introdotte con la seconda espansione, ma il loro utilizzo era limitato e poco ispirato. Ora invece sono perfettamente implementate e ben fuse con la campagna: tramite esse è possibile creare oggetti magici, pozioni o anche semplici armi da rivendere per guadagno. È sufficiente conoscere la ‘ricetta’ dell’oggetto che si vuole creare, essere in possesso della relativa abilità nonché degli ingredienti necessari (a volte serve anche un apposito banco da lavoro): pochi clic e avremo per le mani l’oggetto desiderato. Non si tratta solo di un passatempo sfizioso: con questo procedimento è possibile creare anche armi molto potenti, quindi val la pena investirci almeno un po’ di punti abilità.

8. Grafica e sonoro
Neverwinter Nights 2 è sicuramente migliore del suo predecessore dal punto di vista grafico, ovviamente. Non che ci volesse molto: la grafica del primo capitolo risentiva in maniera troppo netta della natura modulare dell’editor, e gli esterni in particolare avevano un aspetto fastidiosamente artificiale. Ora le cose sono cambiate, gli esterni rappresentano territori selvaggi o urbanizzati in cui il limite fisico della ‘mappa’ è sempre ben nascosto, e in cui comunque il nostro sguardo può spaziare ben oltre i confini della medesima. Anche se le coordinate alla base del motore di gioco sono le stesse, il territorio ha un aspetto più irregolare, gli alberi sono più alti e ‘mobili’ e le case hanno smesso di trasformarsi in blocchi neri ogni qual volta il nostro personaggio vi si avvicina. Rimane comunque qualche elemento di insoddisfazione, soprattutto sul fronte del realismo: i dungeon sono ancora tutti perfettamente lisci, e nei pochi edifici in cui è possibile entrare scopriamo che le forme e le dimensioni dell’interno non corrispondono per nulla alle forme e dimensioni dell’esterno.
Complessivamente, l’aspetto grafico del gioco è soddisfacente, ma non raggiunge certo gli standard qualitativi di altri titoli, Oblivion in testa: forse la grafica più simile a quella di Neverwinter Nights 2 è quella di Guild Wars, un gioco che nella sua forma base è stato pubblicato più di un anno fa. Tra l’altro, una resa grafica siffatta è collegata, in questo caso, a un motore di gioco terribilmente pesante e male ottimizzato. Le cose sono leggermente migliorate con l’ultima patch, ma c’è ancora del lavoro da fare: le mappe cittadine più affollate di PnG sono una dura prova da superare anche per un computer al top della gamma, a meno che non si intervenga pesantemente sulle opzioni grafiche. È da sottolineare anche il fatto che il gioco non supporta ufficialmente le forme di illuminazione più all’avanguardia (come l’HDR) e che l’antialiasing è stato implementato solo con l’ultimo aggiornamento. Il sonoro di Neverwinter Nights 2 è molto buono: le musiche sono ‘classiche’ e cambiano a seconda dell’ambientazione e del momento; gli effetti sonori sono appropriati. È da notare che molti elementi audio sono stati riutilizzati dal primo capitolo: la cosa comunque non pesa affatto e anzi aiuta il giocatore a sentirsi ‘a casa’. Un ottimo punto a favore del titolo è che tutti i dialoghi maggiori sono doppiati: il risultato è di ottima qualità, e le tonalità di voce contribuiscono non poco a ‘costruire’ la personalità dei nostri compagni di viaggio e dei NPC principali.

9. Conclusione
Neverwinter Nights 2 è un ottimo gioco. La prima cosa che ci viene da dire è che val la pena di comprarlo anche solo per godersi una bella storia, che ci regalerà emozioni che valgono da sole il prezzo del biglietto. Aggiungiamo a questo il fatto che la community è già al lavoro con il potente editor allegato al gioco, e che se succederà quello che è successo con il primo capitolo (e tutto lascia pensare che succederà) allora in breve tempo la rete sarà inondata di nuove avventure pronte per essere giocate. Certo, ci sono aspetti che potevano essere migliori: poteva essere aggiunta un po’ di esplorazione libera, poteva essere meglio ottimizzato il motore grafico, poteva essere organizzata in modo un po’ più libero la gestione dei compagni di viaggio. Ma si tratta di peccati che si fanno perdonare, com’è capitato spesso in passato, dalla grande capacità narrativa degli autori e dalla loro notevole abilità di rendere possibile l’interpretazione pur all’interno di una sceneggiatura attentamente calibrata fino all’ultimo secondo. Per molti versi, Neverwinter Nights 2 è il capolavoro speculare a Oblivion: da queste parti pensiamo che invece di ‘tifare’ per un modo o per l’altro di intendere il RPG, la cosa più intelligente da fare sia goderseli entrambi.

Tre pregi di Neverwinter Nights 2
Tre difetti di Neverwinter Nights 2
Trama profonda e ben sceneggiata
Poco ottimizzato a livello tecnico
Coinvolgente anche a livello emotivo
Party a tratti troppo ‘invasivo’
Giocabilità ben collaudata
Alcune scelte di design sono poco coerenti con la tipologia di gioco

2 thoughts on “Neverwinter Nights 2”

  1. Ripreso in mano di recente, è un titolo che si difende ancora abbastanza bene, anche se non brilla sotto nessun punto di vista.
    La campagna è abbastanza gradevole, anche se poco originale. Storia piuttosto banale con qualche incoerenza di troppo (si affronta un lungo processo in stile Bioware per dimostrare la propria innocenza, e poi risulta tutto inutile perchè bisogna comunque affrontare un duello) e alcuni personaggi che prendono decisioni idiote (custodire un importantssimo oggetto in un brdello, Lord Nasher?).
    Piuttosto anonimi i companions (simpatico però il nano che vuole diventare monaco per fare meglio a cazzotti). Buono il doppiaggio italiano e abbastanza carine le musiche. Grafica accettabile per l’anno in cui è uscito. Interfaccia modulare con finestre spostabili. Tre visuali differenti, tra cui una posizionabile dietro le spalle in terza persona.
    Carina poi l’idea della fortezza personale migliorabile tramite spese nelle difese, nei servizi, etc.
    Combattimento tipico in tempo reale con pausa.

    Nel complesso decisamente migliore del suo predecessore. Migliora decisamente con l’espansione Mask of Betrayer in qualità di sceneggiatura e companions.

    1. Mosè Viero

      L’ho giocato solamente una volta e non ricordo assolutamente nulla della storia della campagna base, anche se a suo tempo mi piacque parecchio. Mi ricordo invece molto della storia narrata da Mask of the Betrayer, che dal punto di vista narrativo è senz’altro più riuscito: d’altro canto la meccanica della “fame” per me era abbastanza insopportabile. Per quel che mi riguarda il vero problema di questo gioco è il suo motore e in particolare la gestione della telecamera, davvero da galera. Magari adesso esistono dei mod che la sistemano? Dovrei riprenderlo in mano.

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