Neverwinter Nights 2: Mask of the Betrayer

Ogni lavoro di Obsidian è l’appuntamento con un virtuosismo narrativo che fa invidia a tutti i romanzi fantasy in circolazione: la prima espansione di Neverwinter Nights 2 non fa eccezione.

[articolo originariamente pubblicato il 21 gennaio 2008]

1. La storia continua
È risaputo che praticamente tutti i videogiochi di grande successo vengono prima o poi ampliati tramite una o più espansioni: l’assunto è ancora più vero per i giochi modulari, ossia per quei prodotti pensati fin dall’inizio in funzione della loro espandibilità, che può avvenire sia a livello professionale sia anche a livello amatoriale. Il primo Neverwinter Nights, sviluppato da Bioware, è stato per molti versi il catalizzatore di un nuovo modo di intendere la modularità: più che di un vero e proprio videogioco, infatti, si trattava di una sorta di “kit di montaggio” per avventure a uso e consumo del creativo che sta in ognuno di noi; l’avventura inclusa nel prodotto base, pur potendo vantare tematiche interessanti, era narrata in modo piatto e scontato e si configurava quindi quasi come mero esempio delle capacità offerte dall’editor. Il secondo capitolo, passato dalle mani di Bioware a quelle di Obsidian, ha continuato nel solco del primo per quanto riguarda il supporto all’editor, peraltro divenuto più complesso e quindi finora meno utilizzato, ma ha posto un rinnovato accento sull’avventura e sui personaggi, come abbiamo raccontato in dettaglio nella nostra recensione. Ora è arrivata la prima espansione, che se possibile approfondisce ancora di più sia l’intrico narrativo sia le introspezioni psicologiche e filosofiche a esso connesse. Mask of the Betrayer è, a tutti gli effetti, la continuazione della storia offerta da Neverwinter Nights 2: il personaggio giocante è lo stesso, diversi suoi vecchi comprimari ricompaiono, e i riferimenti al passato si sprecano. Andiamo a scoprire cosa succede dopo la sconfitta del temibile King of Shadows.

2. Spiriti
Il modo più naturale per giocare a Mask of the Betrayer è importare il personaggio con cui si è terminata la campagna principale; chi non l’avesse giocata può creare un nuovo personaggio, che verrà portato automaticamente al livello 18 prima dell’inizio della nuova avventura. Tutto comincia dentro una caverna, all’interno della quale si trova una strana struttura coperta di rune dal significato ignoto: il protagonista si sveglierà al centro di questa struttura, e scoprirà immediatamente di essere stato trasportato lì da qualcuno subito dopo la battaglia con il King of Shadows, il nemico la cui sconfitta segnava la fine della campagna principale. I brandelli del racconto verranno lentamente messi assieme grazie anche all’aiuto di Safiya, un mago rosso di Thay, personaggio non giocante che incontreremo praticamente subito e che ci accompagnerà, se lo vorremo, per tutta l’avventura. I maghi rossi di Thay sono ben conosciuti da chiunque frequenti, nelle sue sessioni di gioco di ruolo cartaceo, i Forgotten Realms, ambientazione fantasy privilegiata del GdR Dungeons&Dragons, in cui anche Mask of the Betrayer è collocato: si tratta di una casta di incantatori schiavisti e bellicosi, dediti alla necromanzia e alla manipolazione delle anime.
Nonostante appartenga a una casta temuta in tutto Faerun, il continente maggiore dei Forgotten Realms, Safiya si mostra animata da buoni propositi: apparentemente è stata spedita lì da sua madre Nefris, che è l’attuale direttrice dell’accademia di magia di Thay, con il compito di salvare il personaggio giocante. La caverna inscritta di rune si trova non lontano da Mulsantir, città ubicata a Rashemen, il regno vicino a quello di Thay e costantemente in lotta con esso, principalmente a causa delle scaramucce fra le potenti streghe di Rashemen e i succitati maghi rossi di Thay. Raggiungere Mulsantir diventa quindi l’obiettivo naturale del nostro povero alter ego, anche perché a detta di Safiya là si trova una persona che può aiutarlo, tale Lienna, direttrice del teatro locale. La fuga dalle caverne si rivela piuttosto lunga e perigliosa, perché a ostacolare il nostro personaggio e la sua amica troveremo gli agguerritissimi spiriti del luogo, decisi a ostacolarci in ogni modo. Sarà proprio uno spirito molto potente a fungere da catalizzatore per il primo evento scioccante della vicenda: prima di poterlo combattere normalmente, infatti, il nostro alter ego vedrà emergere dal suo corpo una misteriosa entità, che come se niente fosse disarma lo spirito e lo assorbe, vanificando in un attimo la sua forza leggendaria. Cos’è successo? Qual è l’inquietante entità che sta possedendo il nostro povero personaggio?

3. Senza (as)soluzione
Ci vorrà un po’, ma in breve riusciremo a rispondere a questa domanda: il nostro personaggio è stato toccato da una terribile maledizione ed è diventato uno spirit-eater, un “divoratore di spiriti”. Le leggende narrano di diverse figure che in passato hanno dovuto fare i conti con questa maledizione, e il destino di questi malcapitati è stato invariabilmente nefasto: la fame di spirito prima o poi finisce col consumare la sua incarnazione, che muore tra dolori lancinanti solo per passare la maledizione a qualche altro sfortunato nei dintorni. Il senso ultimo dell’avventura è cercare di sfuggire a questo destino apparentemente già scritto, e nel frattempo trovare una risposta a tante altre domande. Per esempio: chi ci ha trasportato in quella caverna e perché? Siamo stati colpiti casualmente dalla maledizione o c’è dietro un disegno? E soprattutto: da cosa nasce questa maledizione? Venirne a capo non sarà semplice, ma il gioco vale la candela, e non solo perché di mezzo c’è la vita virtuale del nostro avatar.
Percorrere la grande indagine verso la scoperta dell’origine della maledizione significa tirare fuori dal cassetto vicende perdute di tradimento e di sopraffazione, interrogarsi sul senso della giustizia e sulle conseguenze dell’amore, insomma compiere un’altra magnifica ordalia filosofica non dissimile da quella che giaceva sotto altri capolavori del medesimo gruppo di autori, da Planescape: Torment in poi. È un peccato che in fase di recensione non si possa raccontare per bene tutta la trama e commentarla: in questa sede vorremmo però accennare comunque a qualcuna delle tematiche affrontate. La maledizione è frutto della disobbedienza di chi rifiuta di sottostare alle leggi della natura perché le ritiene ingiuste, e decide, come atto di ribellione destinato al sicuro fallimento ma che trova intrinsecamente la sua piena giustificazione, di attirare su di sé una terribile condanna (Antigone?) Condanna reiterata indefinitamente da un’altra entità incapace di accettare il suo destino: questa volta però si tratta di una entità metafisica e sotto non c’è la ribellione all’ingiustizia ma la sete di potere.
A complicare il tutto c’è un amore idealizzato oltremisura e quindi destinato, come tutti i sentimenti estremizzati, a causare comportamenti innaturali e forieri di gravi conseguenze. Si poteva evitare l’indicibile sofferenza di cui il nostro alter ego è solo uno dei tanti portatori? L’impressione che si ricava procedendo con la storia è di essere intrappolati dentro ciò che doveva essere: è tutto terribile, ma è tutto necessario, inevitabile. La serenità è patrimonio degli incoscienti: chi è consapevole è destinato comunque a portare i segni della sofferenza, e talvolta su chi ha causato questa sofferenza diventa semplicemente impossibile pronunciare una sentenza di condanna. La conclusione, che come nelle tragedie greche (ma anche in Torment!) diventa chiara fin dall’inizio, è il volatile sollievo non certo di chi ha appena salvato qualcuno o qualcosa, ma “solo” di chi ha chiuso il cerchio, rinunciato alle illusioni e guardato in faccia la realtà.

4. Corsa contro il tempo
La natura di spirit-eater del nostro alter ego ha una precisa conseguenza in termini di giocabilità. Dopo che avrà scoperto la sua maledizione, infatti, il personaggio giocante sarà costretto a fare i conti con essa: l’interfaccia di gioco verrà arricchita con un nuovo indicatore, una barra indicante la spirit energy posseduta dal nostro eroe in quel momento. Col passare del tempo, la barra si svuota e per riempirla ci sono fondamentalmente due soluzioni: o divorare lo spirito di un nemico ucciso, oppure cercare di sopprimere la fame di spirito. In entrambi i casi la barra salirà di qualche punto; bisogna però fare attenzione perché più spiriti si divorano e più salirà la nostra fame di spirito, che in pratica regola la velocità a cui si svuota la barra. Insomma, l’appetito vien mangiando: onde non diventare troppo spirito-dipendenti, qualche volta sarà saggio lasciare la barra non completamente piena, anche se questo significherà avere delle penalità alle caratteristiche o alle abilità di combattimento. La soppressione è la strada da scegliere se il nostro personaggio è di allineamento buono, ma presenta lo svantaggio di poter essere usata solo una volta al giorno.
Per fortuna esiste una soluzione di emergenza se la barra rischia di svuotarsi completamente (cosa che significherebbe la morte del personaggio): tramite l’abilità satiate, infatti, è possibile riempirla in un sol botto, a costo però di una certa quantità di punti esperienza. Questa nuova caratteristica di gioco ha scatenato pareri contrastanti nella comunità: è infatti innegabile che sia necessario, a partire dalla sua introduzione, ripensare il proprio stile di gioco, cercando di ottimizzare al massimo i tempi. È anche abbastanza evidente il fatto che la fame di spirito penalizza più certe classi di personaggi che altre: chi ha bisogno di riposare spesso per ricaricare i propri incantesimi si troverà spiazzato, dato che la barra continua a svuotarsi anche durante il riposo (che in Mask of the Betrayer è sempre di otto ore). Noi non condividiamo, comunque, i pareri apocalittici di certi giocatori, e crediamo che la “fame di spirito” sia una innovazione interessante e perfettamente coerente con la trama: all’inizio la sua presenza potrà infastidirci un po’, ma una volta compreso il meccanismo di funzionamento riusciremo a padroneggiarla senza problemi.

5. Compagni di viaggio
Mask of the Betrayer presenta cinque nuovi compagni di viaggio (di cui due però mutualmente esclusivi: si avrà a disposizione o uno o l’altro, a seconda di come va un certo evento chiave della campagna). La loro personalità e la loro storia passata sono molto curate, come nella campagna originale: una importante differenza, però, è che questa volta nessun compagno viene imposto o è necessario per svolgere qualche quest; è perfettamente possibile giocare anche solo con il proprio eroe, anche se si perderà gran parte del divertimento. I nostri potenziali alleati, infatti, sono tutti in qualche modo collegati con la vicenda vissuta dal personaggio giocante e con la sua maledizione: ogni evento importante della trama, quindi, sarà più o meno influenzato dalla loro presenza e soprattutto dal loro grado di fedeltà nei confronti del protagonista.
A questo proposito, è interessante notare come la misurazione dell’influenza sia stata migliorata: ora essa è un valore numerico come qualsiasi altra caratteristica, e potrà essere consultata in qualunque momento tramite la scheda del personaggio. Altra innovazione interessante è la possibilità, già vista in Planescape: Torment, di ottenere consistenti bonus alle caratteristiche o alle abilità in seguito a qualche tipo di interazione particolare con i compagni di viaggio. Per esempio è possibile ottenere da loro addestramento, oppure qualche benedizione, o anche iniziare una timida romance (storia d’amore) segnata da conseguenze particolari anche a livello meramente pratico. Qualcuno potrà storcere il naso di fronte alla natura tutta particolare di certi potenziali alleati, che in certe combinazioni possono dar vita a un party abbastanza surreale: niente di più strano, comunque, di quanto già visto in Planescape: Torment.

6. Altre novità
Una espansione ovviamente non può esimersi dall’aggiungere quelle caratteristiche puramente quantitative che fanno la gioia degli autori delle quarte di copertina delle confezioni. E noi non possiamo esimerci dall’elencarle. Mask of the Betrayer contempla sei nuove razze (Wild Elf, Half-Drow e Air, Earth, Fire e Water Genasi), due nuove classi (il Favored Soul e lo Spirit Shaman: si tratta in pratica di un chierico e di un druido che però lanciano magie spontaneamente come lo stregone, senza bisogno di prepararle in precedenza), cinque nuove classi di prestigio (Arcane Scholar of Candlekeep, Invisibile Blade, Red Wizard, Sacred Fist e Stormlord) e la solita pletora di nuove armi, oggetti, mostri, abilità e talenti. Il gioco originale, da questo punto di vista, era già incredibilmente ricco, rispecchiando in pratica qualunque combinazione presente nel gioco di ruolo cartaceo Dungeons&Dragons, che ha alle spalle decenni di storia e di espansioni e correzioni. Da questo punto di vista possiamo tranquillamente affermare che le aggiunte sono una goccia nel mare e quindi, dal punto di vista pratico, è come se non ci fossero.

7. Problemi tecnici
I prodotti Obsidian non hanno mai brillato per particolare pulizia dal punto di vista della programmazione, e purtroppo l’originale Neverwinter Nights 2 non faceva eccezione. Il paradosso è che con l’espansione le cose, anziché migliorare, sono peggiorate. Anzitutto il gioco presenta una pesantezza in termini di risorse hardware che non è assolutamente giustificabile, visto che il suo aspetto estetico è gradevole ma certo non eccelso. In secondo luogo, la scelta di rivoluzionare la gestione della telecamera, che ora presenta due opzioni completamente differenziate (modalità character e modalità strategy), non funziona affatto come dovrebbe: la gestione della visuale continua a essere inspiegabilmente macchinosa e frustrante, e non si capisce davvero come mai gli autori non abbiano semplicemente riproposto tale e quale l’interfaccia del primo capitolo, che era snella e funzionale e non presentava mai i repentini e disorientanti spostamenti di inquadratura dovuti a impicci presenti sullo scenario o al passaggio da una ambientazione all’altra.
Merita un velo pietoso anche l’intelligenza artificiale dei nostri compagni di viaggio, i quali se viene completamente attivata ne combinano di tutti i colori (lanciano palle di fuoco sul resto del party, si mettono a guarire qualcuno appena ferito nel mezzo di un combattimento…), mentre se viene disattivata si dimenticano di seguire il personaggio giocante. L’unica soluzione è tenerla attivata al minimo, ma ricorrere a simili compromessi giocando a un prodotto che dovrebbe avere alle spalle anni di esperienza e di perfezionamento lascia un po’ di amaro in bocca. Se Mask of the Betrayer non fosse dotato del suo magnifico spessore narrativo, la nostra valutazione sarebbe parecchio differente.

8. Conclusioni
Mask of the Betrayer è un’ottima aggiunta all’originale Neverwinter Nights 2, anche solo per l’alto livello della sua narrazione, per le tematiche affrontate e per la cura con cui è stata tratteggiata la personalità dei protagonisti della vicenda. Peccato solo per le imperfezioni dell’interfaccia e per le incertezze tecniche, che gli impediscono di raggiungere l’eccellenza. In ogni caso, si tratta di un acquisto assolutamente consigliabile per tutti gli appassionati.

Tre pregi di Mask of the Betrayer
Tre difetti di Mask of the Betrayer
Narrazione di altissimo livello
Interfaccia meno funzionale che nel gioco originale
Ambientazione e contenuti magnificamente padroneggiati
Migliorabile dal punto di vista tecnico
Giocabilità classica e infallibile
Non molto lungo

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