Dopo la controversa conclusione della trilogia che ha inaugurato l’universo futuro immaginato da Bioware, tocca a un nuovo capitolo: l’abbandono della galassia corrisponde a un rinnovamento sostanziale della giocabilità, non sempre per il meglio.
[articolo originariamente pubblicato il 6 novembre 2017]
1. Controversie
Se dovessimo stilare una classifica delle case di sviluppo di GdR digitale usando come criterio la loro capacità di scatenare polemiche in seno alla comunità di appassionati, i canadesi di Bioware potrebbero senz’altro ambire alle più alte posizioni. Vuoi per la gloriosa storia passata di questo marchio, vuoi per il suo essere oggi legato al colosso EA, che per molti fan duri e puri è incarnazione perfetta della multinazionale avida e bieca, ogni gioco prodotto da questo studio deve passare attraverso le forche caudine di una critica violenta e impietosa, ottimo esempio di come il successo possa diventare un peso per chi non riesce a sfruttare i talvolta imponderabili percorsi della reazione collettiva.
Certo, non si può dire che Bioware non ci abbia messo del suo: dalla realizzazione frettolosa di Dragon Age II, passato alla storia per le ambientazioni continuamente riciclate, al finale controverso di Mass Effect 3, colmo di plot hole nella sua prima versione, fino alle scriteriate scelte di design di Dragon Age Inquisition, senza dubbio il prodotto peggiore mai uscito col marchio Bioware, questa casa di sviluppo ha percorso, negli ultimi anni, una strada decisamente accidentata. Nulla di più e nulla di meno aspettavano gli hater di ogni ordine e grado per scatenare la loro battaglia contro il colosso del GdR che tradisce ogni ideale per ampliare il proprio pubblico potenziale.
Il frutto di questo perverso incrocio di eventi si è toccato con mano nei mesi che hanno preceduto il nuovo lavoro di Bioware, il Mass Effect Andromeda di cui ci apprestiamo a parlare. Un prodotto che tanti fan hanno demolito senza speranza di redenzione prima ancora che toccasse gli scaffali, principalmente a causa di un comparto grafico non esattamente all’avanguardia, soprattutto dal punto di vista delle animazioni. La vicenda ci ha ispirato un articolo sulle degenerazioni della comunicazione online tra appassionati, al quale rimandiamo chi fosse interessato ad approfondire. Qui ci limitiamo a osservare che se la ‘demolizione preventiva’ ha avuto un merito, è quello di aver dimostrato, a chi ha effettivamente acquistato e giocato Andromeda, quanto sia sciocco basare il proprio giudizio su immagini rubate e brevi sequenze ripetute in loop. La nuova fatica di Bioware non sarà lo stato dell’arte per quanto riguarda le animazioni, ma è un prodotto vasto, sfaccettato e per certi versi sorprendente, nonché, nel complesso, decisamente più godibile di Dragon Age Inquisition. Certo, i problemi come vedremo non mancano: ma sono di tutt’altra natura rispetto a quelli su cui si è concentrata la furia distruttrice degli appassionati duri e puri, il cui sguardo è talmente acuto da essersi fermato, come sempre, alla pura e semplice superficie.
2. The Andromeda Initiative
Mass Effect Andromeda tecnicamente non è un seguito della saga di Mass Effect, pur essendo i suoi eventi collocati cronologicamente molto dopo quanto narrato nella trilogia originale: potremmo dire che ne è una sorta di spin-off, o anche che è un nuovo inizio, posto che gli autori e i produttori ritengano conveniente continuare a sfruttarne la linea narrativa. Gli sviluppatori sono partiti dal background innestato dalla saga d’origine per scartare di lato, agganciando il nuovo capitolo all’epilogo della trilogia, ma collocandolo talmente lontano nel tempo e nello spazio da rendere all’atto pratico del tutto ininfluente la sequenza di scelte prese dal giocatore a suo tempo. L’idea ha spiazzato molti appassionati, ma complessivamente non è disprezzabile: i riferimenti alla saga originale sono frequenti e abbondanti, ma al contempo non viene spezzata l’unitarietà della trilogia e non viene perso il senso del suo essere storia chiusa e ‘passata’.
Scendiamo più nel dettaglio delle premesse narrative. Nel 2172, quindi ben prima dell’inizio delle vicende narrate dal primo Mass Effect, l’eccentrica multimilionaria Jien Garson decide di organizzare, finanziandola interamente, una spedizione per colonizzare la galassia M31, più comunemente nota come Andromeda. La preparazione richiede ovviamente anni: vengono realizzate quattro enormi ‘arche’ per le prime quattro specie coinvolte (umani, asari, turian e salarian), viene costruita un’enorme stazione spaziale, il Nexus, che servirà come punto di partenza della colonizzazione e che dovrà viaggiare in autonomia precedendo le ‘arche’, e infine vengono arruolati più di 100000 colonizzatori che accettano volontariamente di farsi crioconservare per circa 600 anni per prendere parte a questa incredibile avventura.
La tempistica delle operazioni, riunite sotto l’impresa denominata Andromeda Initiative, merita di essere evidenziata. Il primo contatto tra le specie della Via Lattea e i reaper, le temibili macchine senzienti che costituiscono il nemico principale della saga d’origine, risale al 2183; la spedizione per Andromeda parte nel 2185; l’escalation della guerra contro i reaper scatta nel 2186, con l’invasione della Terra e le conseguenze scelte dal giocatore nel controverso finale di Mass Effect 3. Si direbbe dunque che l’Andromeda Initiative scatta giusto in tempo per evitare il disastro: il gioco che stiamo per analizzare ricama adeguatamente su questo tema, senza peraltro dare mai risposte definitive, che arriveranno, forse, in futuro.
La nuova avventura comincia con la fine del viaggio intergalattico: è il 2818, la Via Lattea è lontanissima e durante la sempiterna trasmigrazione qualcosa è andato storto. Le ‘arche’ sono separate l’una dall’altra e una strana entità filamentosa e letale, chiamata scourge, sembra star consumando parte della galassia di Andromeda. A prendere il mano la situazione è il Pathfinder dell’arca umana, Alec Ryder: si tratta in un certo senso del capo della spedizione, colui che ha su di sé la responsabilità di trovare una nuova casa ai coloni. Il protagonista di Mass Effect Andromeda è il figlio o la figlia di Alec: rispettivamente Scott e Sarah. Al giocatore spetta scegliere il sesso del suo personaggio: il fratello o la sorella esisterà comunque, ma il suo risveglio dalla crioconservazione subirà qualche complicazione, destinata a risolversi nel corso dell’avventura.
Il pianeta scelto dalla Via Lattea come possibile sede della confederazione umana, chiamato Habitat 7 e ubicato nell’ammasso stellare Heleus, è impraticabile: Alec e il figlio (o la figlia) lo esplorano e scoprono una distruzione infinita dovuta allo scourge, ma anche una razza aliena ostile battezzata kett, nonché gli artefatti e le costruzioni di una strana progenie di macchine senzienti ma non auto-coscienti, i remnant, che sembrano avere la capacità di trasformare radicalmente terreni e atmosfere. Il Pathfinder Alec esplora, con l’aiuto del personaggio giocante, un colossale vault costruito e gestito dai remnant, ma attivandolo viene imprigionato, insieme al figlio, dentro una nube tossica, con un unico elmo filtrante a disposizione. La decisione del Pathfinder è drammatica ma inevitabile: cede l’elmo al figlio, sacrificandosi per lui. Altrettanto inevitabile è il passo successivo compiuto dall’alleanza umana: Scott Ryder (o Sarah Ryder) è il nuovo Pathfinder. Spetterà a lui, e al giocatore che lo controlla, trovare una nuova casa agli umani dispersi nella galassia di Andromeda, e scoprirne i segreti. L’avventura scorrerà su binari paralleli: all’esplorazione dei sistemi solari e dei pianeti e alla fondazione di insediamenti si affiancherà la guerra con i kett, la risoluzione del mistero che ruota attorno ai remnant e alla loro capacità di terraforming, ma anche la tessitura di una relazione di pace e mutuo soccorso con gli angara, l’unica specie civilizzata apparentemente presente nell’ammasso stellare Heleus.
3. Giocabilità essenziale
Mass Effect Andromeda è un GdR in terza persona con visuale da dietro le spalle: il giocatore controlla Sarah o Scott Ryder, il Pathfinder dell’arca umana, e lo muove all’interno di ampie ambientazioni collegate a differenti pianeti dell’immaginario ammasso stellare Heleus nella galassia di Andromeda, nonché all’interno dell’astronave Tempest, di varie stazioni spaziali e anche di location appositamente predisposte per la risoluzione di determinate missioni. Il protagonista può interagire con le ambientazioni e con gli altri personaggi nelle modalità consuete: parlando, combattendo, raccogliendo oggetti. Una buona quantità di tempo viene anche spesa nei viaggi interplanetari e interstellari: la Tempest può avvicinarsi a decine e decine di pianeti, per la gran parte dei quali è disponibile una semplice descrizione o al massimo la possibilità di ricavare qualche risorsa tramite una veloce scansione; per alcuni, però, è contemplata la possibilità di scendere al suolo e di intraprendere una lunga e complessa esplorazione, sulle cui modalità ci concentreremo meglio più avanti. Val la pena sottolineare che i movimenti interstellari e interplanetari della Tempest sono rappresentati quasi in tempo reale tramite brevi filmati: solo una delle ultime patch ha consentito ai giocatori impazienti di saltarli.
Tra le ambientazioni ‘pacifiche’, un posto di rilievo spetta al Nexus, stazione spaziale che funge da principale hub per l’ottenimento di missioni e per la sistemazione e il miglioramento dell’inventario, anche se a onor del vero queste ultime azioni possono essere intraprese un po’ ovunque, anche a bordo della Tempest. Al Nexus è annessa l’arca umana, di nome Hyperion, a bordo della quale si dipana la risoluzione di importanti missioni, prima tra tutte quella che ruota attorno alla storia passata della famiglia del protagonista. Nexus e Hyperion, peraltro, vengono presto affiancati da altri insediamenti pacifici, risultato dell’azione di colonizzazione guidata dal Pathfinder o semplicemente delle divisioni e dei conflitti delle specie interne o esterne a Heleus: su ciascuno dei cinque pianeti esplorabili esistono cittadelle e basi fortificate, e possono essere costruite colonie da parte dell’Andromeda Initiative, che diventeranno a loro volta nuovi hub per l’ottenimento di missioni. L’unica altra specie civilizzata presente in Heleus, gli enigmatici Angara, possiedono ovviamente città e avamposti liberamente esplorabili, tra cui spicca la capitale Aya.
L’avanzamento della partita si concretizza tramite step successivi: la risoluzione di una missione collegata alla trama principale determina l’apertura all’esplorazione di una nuova sezione di Heleus, e quindi di nuovi sistemi planetari; a quel punto si procederà al setacciamento delle nuove ambientazioni, alla ricerca di missioni secondarie, che andranno risolte per prime, per poi passare alla nuova fase della trama principale, e così via. Nelle sue peregrinazioni, il protagonista è affiancato da una squadra di comprimari, con i quali potrà periodicamente confrontarsi sugli sviluppi dell’avventura: durante le missioni e le esplorazioni, Ryder porterà con sé fino a due compagni di viaggio, ma il giocatore avrà sotto controllo in ogni momento le caratteristiche e le abilità di tutta la sua squadra.
4. Lo sviluppo dei personaggi
La crescita di livello dei protagonisti è basata, in Mass Effect Andromeda, sul classico sistema dei punti esperienza, ottenuti in seguito alla risoluzione di missioni, all’uccisione di creature ostili o anche semplicemente all’esplorazione di determinati luoghi. A differenza che nei capitoli precedenti, il personaggio principale può essere liberamente personalizzato sulla base di un sistema cosiddetto classless, ossia privo di classi: esistono tre differenti specializzazioni, a cui corrispondono tre diversi elenchi di abilità, ma il giocatore può pescare indifferentemente da ciascuno di essi. Il menu di creazione del personaggio presenta in realtà alcune combinazioni predeterminate, ma da lì in avanti ci si può muovere in assoluta libertà, e durante la partita il gioco offre anche innumerevoli occasioni per re-distribuire i punti abilità, ri-plasmando da zero le caratteristiche del protagonista.
Le tre specializzazioni sono Combat, incentrata ovviamente sull’uso delle armi e sull’attacco diretto, Biotic, focalizzata sui poteri biotici, un po’ l’equivalente della magia nel mondo di Mass Effect, e infine Tech, un comparto più ibrido, dedicato a forme di attacco più tattiche e indirette. Ciascun ambito offre non solo azioni attivabili sul campo di battaglia, ma anche miglioramenti di tipo passivo. Ogni specifico miglioramento prende le forme di un ‘albero’ progressivamente espandibile investendo di volta in volta una quantità maggiore di punti abilità: ai livelli alti, al giocatore è anche richiesto di scegliere tra due possibili linee di sviluppo reciprocamente escludenti.
Con i compagni di viaggio il ventaglio di scelte è più limitato. Il giocatore può distribuire liberamente anche i loro punti abilità, ma all’interno di un’unica specializzazione, quella assegnata di default a quel personaggio. In genere, le abilità assegnate ai comprimari sono anche disponibili per il protagonista, ma non mancano abilità specificamente ‘disegnate’, magari con riferimento alla specie di appartenenza del compagno. Va poi sottolineato che i livelli massimi di sviluppo delle varie abilità dei compagni di viaggio sono inizialmente bloccate: per renderle disponibili, sarà necessario risolvere completamente la missione collegata a ciascun personaggio.
Apparentemente, il sistema è molto semplice e funzionale. Sul lungo termine, però, emergono alcune criticità, soprattutto a livello di bilanciamento. Mass Effect Andromeda implementa un sistema di livellamento automatico per le creature ostili: è, questa, una scelta comune e forse quasi obbligata per i giochi a esplorazione libera, quale il nuovo capitolo della saga Bioware in un certo senso è (ma chiariremo meglio la questione più avanti). Come spesso succede, il livellamento automatico, che peraltro è stato più volte rimaneggiato dalle successive patch correttive, attenua di molto la sensazione di ‘crescita’ dei nostri eroi. Le creature ostili sembrano cadere sotto i nostri colpi secondo modalità che rimangono assai simili all’inizio come alla fine della partita: il nemico ‘generico’ cade dopo un paio di colpi (o un colpo in testa ben piazzato), quello ‘medio’ dopo quattro o cinque colpi, quello potente dopo una decina o qualcuno in più. Inoltre, la vastità del gioco ha come conseguenza il fatto che il giocatore meticoloso arriverà ad aver sbloccato i livelli più alti di abilità in un determinato comparto ben prima della fine della campagna: da quel momento, il personaggio non potrà più aumentare la sua potenza nel suo comparto preferito, ma solo acquistare altre abilità da altri comparti. In altri termini, il giocatore completista si troverà per un buon terzo del gioco con un personaggio ‘bloccato’, mentre i nemici continueranno a essere livellati verso l’alto: a fare la differenza, a quel punto, potrà essere solo l’equipaggiamento.
5. Alla guerra
Apparentemente il combattimento è, in Mass Effect Andromeda, del tutto simile a quello visto nei precedenti capitoli della saga. L’azione si svolge in tempo reale: il giocatore controlla il protagonista e spara con la sua arma cliccando con il pulsante sinistro del mouse, mentre col destro può controllare la mira ed eventualmente ‘zoomare’ sul nemico se l’arma lo consente. La barra rapida consente di preparare tre abilità speciali, che vanno attivate tramite semplice pressione del relativo tasto: può trattarsi di poteri biotici, granate, boost alla frequenza di fuoco e così via. Continuano ad avere notevole importanza le coperture, che permettono di difendersi dai colpi nemici e di sparare rimanendo in posizione di vantaggio. È stata mantenuta anche la possibilità di dare ai propri compagni di squadra qualche semplice ordine, per esempio per radunarli in qualche punto preciso del campo di battaglia.
A costituire elemento di importante novità per quel che riguarda il combattimento è l’inedito comparto di esplorazione libera introdotto da Andromeda. Se nella trilogia originale gli scontri con le creature ostili erano collocati all’interno di ambienti chiusi o comunque appositamente predisposti per la missione all’interno della quale lo scontro era ‘ambientato’, in Andromeda molti combattimenti avvengono nelle vaste distese dei pianeti liberamente esplorabili, con la conseguenza che tutto risulta decisamente più ‘liquido’ e variabile. Il nostro eroe potrà utilizzare in maniera creativa tutti gli elementi dello scenario: rocce, colline, pendii, edifici. Potrà scartare di lato ed eventualmente anche fuggire a bordo del Nomad, il veicolo per l’esplorazione planetaria. In generale, acquista una grande importanza la dimensione verticale, anche in forza del jetpack che il protagonista può utilizzare per raggiungere altezze altrimenti inaccessibili o anche solo per muoversi più tatticamente sul campo di battaglia.
Continua a essere presente il sistema di armature e scudi presente nella saga fin dai suoi albori. Quasi tutti i nemici, ma anche i personaggi giocanti, sono protetti da uno scudo, rappresentato graficamente da una barra blu, che andrà completamente distrutto prima di poter effettivamente infliggere ferite: a differenza della salute, lo scudo si rigenera completamente se il suo ‘portatore’ non riceve danni per qualche secondo. Qualche avversario particolarmente ostico avrà anche una armatura, rappresentata graficamente da una barra arancione, assai più resistente degli scudi.
Non manca la possibilità di combattere a distanza ravvicinata tramite le armi in corpo a corpo, ma il comparto è ovviamente meno approfondito rispetto a quello collegato a pistole e fucili. Generalmente, le creature più potenti sono proprio quelle che combattono a distanza ravvicinata, adoperando come arma i propri artigli. La strategia sarà allora quella di arretrare progressivamente, così da impedire un contatto che si tradurrebbe quasi istantaneamente nella morte del protagonista.
6. Esplorazione
Se nella trilogia originale il sapore dell’avventura era declinato in senso costantemente teso ed emergenziale, in Mass Effect Andromeda il conflitto con i kett si affianca a fattispecie più prosaicamente collegate allo sforzo di colonizzazione. Il ruolo principale del Pathfinder è trovare una casa alla sua specie: all’atto pratico, questo si traduce nella necessità di esplorare i pianeti più vicini alle esigenze fisiologiche dell’essere umano e di renderli sufficientemente confortevoli da potervi installare insediamenti ed avamposti. Questi pianeti sono cinque e ce ne occuperemo nel dettaglio in un apposito excursus: qui ci preme invece raccontare le modalità di approccio ed esplorazione, che sono abbastanza simili in tutti i pianeti e che ricordano con grande evidenza le fasi della giocabilità del prodotto precedente di Bioware, Dragon Age Inquisition, tanto che diversi recensori hanno definito Mass Effect Andromeda un Mass Effect a cui è stato applicato il ‘trattamento Inquisition‘.
Una volta che un nuovo pianeta viene reso accessibile, la sua mappa risulterà quasi completamente oscurata: il Pathfinder però avrà qualche missione di partenza che lo spingerà ad esplorare in ogni direzione. Si può procedere tranquillamente a piedi, ma viste le distanze considerevoli è spesso consigliabile utilizzare il veicolo per l’esplorazione planetaria Nomad, evoluzione del Mako presente nei primi Mass Effect, con l’importante differenza che non è equipaggiato con nessun tipo di arma (per combattere è sempre necessario uscire dal veicolo). In punti predefiniti, il protagonista sbloccherà l’installazione di una forward station, sorta di avamposto lanciato dalla Tempest che fungerà da destinazione di viaggio rapido e da stazione di ripristino di munizioni e punti ferita (proprio come gli accampamenti in Inquisition). L’attivazione della forward station comporta anche la messa in evidenza, nell’area circostante, delle zone in cui è possibile estrarre minerali, azione che però può essere effettuata solo a bordo del Nomad.
Le missioni hanno quasi tutte una destinazione evidenziata nella mappa dell’area; man mano che il nostro eroe prosegue nella sua esplorazione, nuovi punti di interesse, che possono essere missioni o anche semplicemente strutture o manufatti di una certa rilevanza, vengono rilevati da apposite icone nella mappa stessa. Ancora una volta le modalità sono le stesse viste in Inquisition, e presentano le medesime criticità: prima tra tutte il fatto che il giocatore è guidato nel suo peregrinare più dalla mappa che dalla natura e dalla conformazione dei luoghi visitati, che di conseguenza resteranno ben poco impressi nella sua memoria.
Generalmente la missione più importante da risolvere in ciascuno dei pianeti è la purificazione dell’atmosfera, ottenuta tramite l’azione di terraforming del vault remnant presente su ciascuno di essi. L’accesso al vault è inizialmente bloccato e va aperto interagendo con tre diversi siti remnant sparsi per la mappa: la sequenza è sempre la stessa e prevede l’eliminazione di eventuali remnant a guardia del sito, la scansione di determinati glifi e infine la risoluzione di un semplice enigma del tutto simile al nostro sudoku (ma per chi non è in vena di enigmistica è possibile bypassare la risoluzione del giochino utilizzato una decryption key, che si trova in vendita presso molti mercanti). Il vault, infine, è un complesso dungeon multilivello, al termine del quale si trova il meccanismo di terraforming, una volta attivato il quale è necessario intraprendere una veloce fuga verso l’esterno, dato che l’attivazione fa scattare la nube tossica che a inizio gioco provoca la morte di Alec Ryder.
Excursus: i compagni di viaggio Mass Effect Andromeda mette a disposizione del protagonista sei possibili compagni d’avventura, tutti reclutati in maniera semi-automatica nelle prime fasi della partita. In ciascuna missione sul campo, il Pathfinder può portare con sé fino a due comprimari. Va peraltro sottolineato che tutti i compagni di viaggio guadagnano esperienza insieme al protagonista, anche se quest’ultimo non li porta mai con sé: questo consente al giocatore di scegliere di volta in volta anche compagni diversi, dato che nessuno risulta deficitario in termini di abilità. Quasi tutti i compagni di viaggio possono legarsi sentimentalmente al protagonista, con alcune limitazioni legate al suo sesso. Oltre ai sei compagni arruolabili, la Tempest contempla un equipaggio altrettanto fortemente interattivo, nonché potenzialmente ‘corteggiabile’ dal protagonista. Includiamo una breve descrizione anche di questi altri importanti personaggi. |
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Cora Harper è un potente soldato biotico già al servizio di un commando asari. Il suo lungo addestramento e le sue innate abilità l’hanno resa il candidato perfetto per succedere ad Alec Ryder come Pathfinder: il suo essere scalzata dal protagonista nel ruolo renderà le prime fasi del rapporto tra i due leggermente burrascose. Cora è un potenziale partner per un Pathfinder maschio. La sua voce è dell’importante attrice e cantante americana Jules de Jongh, già voce di Triss Merigold nella serie The Witcher. |
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Nakmor Drak è un veterano krogan dall’età avanzatissima, anche per gli stardard della sua specie. Il gioco fa intuire che abbia più di 1400 anni: i racconti delle sue avventure abbracciano secoli di storia e sono conditi da una disillusione che sfocia in una sorta di contemplativa saggezza, tratto che stride con l’identità bellicosa tipica dei krogan. La voce di Drak è dell’attore irlandese Stanley Townsend. |
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Jaal Ama Darav è un angara e rappresenta dunque l’unico compagno di viaggio nativo di Andromeda. Com’è tipico della sua specie, Jaal è legatissimo alla sua famiglia, una tra le più importanti di Aya. Negli ultimi anni il suo impegno maggiore si è riversato nella cosiddetta resistenza, l’iniziativa atta a respingere i kett dai pianeti e dalle città angarani. Jaal è un potenziale partner per il Pathfinder, indipendentemente dal genere di quest’ultimo. La sua voce è dell’attore americano Nyasha Hatendi. | |
Liam Kosta è un giovane soldato specializzato nelle operazioni di infiltrazione e nel mantenimento della sicurezza. Di carattere franco ed esuberante, prende talvolta iniziative di dubbia giustezza, che rischiano di mettere in pericolo lui stesso e i suoi compagni. Ciò nonostante è spesso l’anima della festa, dato che da lui partono i momenti di aggregazione più divertenti a bordo della Tempest. Liam è un potenziale partner per un protagonista di genere femminile. La sua voce è dell’attore inglese Gary Carr. |
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Pelessaria B’Sayle, meglio nota come Peebee, è un asari giovane (ha poco più di 100 anni) e per certi versi incosciente. Avventuriera solitaria, si unisce alla squadra del Pathfinder solo per avere aiuto nella sua ricerca sui remnant. Peebee è intelligente e scaltra, ma ha qualche problema nel relazionarsi con il prossimo: com’è normale per la sua specie, che non contempla il concetto di genere, è un potenziale partner per qualunque protagonista. La voce di Peebee è dell’attrice americana Kristine Lakin. | |
Vetra Nyx è un versatile agente turian unitosi all’Andromeda Initiative assieme alla sorella Syd. Gran parte delle missioni in cui Vetra coinvolge il protagonista ruota precisamente attorno alla necessità di salvare la sorella dai guai. Saggia, equilibrata e risoluta, Vetra è tra i compagni di viaggio più forti e affidabili, ed è anche un potenziale partner per un protagonista di qualunque genere. La sua voce è dell’attrice americana Danielle Rayne. | |
Suvi Anwar è la responsabile delle ricerche scientifiche a bordo della Tempest, nonché copilota dell’astronave. Il tratto più curioso della sua personalità è la forte fede religiosa, che Suvi cerca costantemente, con alterni successi, di far convivere con l’approccio scientifico: il tema dà vita a interessanti conversazioni, forse peraltro a tratti un po’ troppo ingenue e contenute. Suvi è un potenziale partner per un Pathfinder donna. La sua voce è dell’attrice scozzese Katy Townsend. | |
Gil Brodie è in un certo senso il tuttofare di bordo: privo di formazione ‘ufficiale’, ha maturato esperienza nella sua rocambolesca vita precedente l’Andromeda Initiative, tanto da essere stato scelto per quest’ultima, e per la Tempest, nientemeno che da Vetra. Gran giocatore di poker, simpatico anche se un po’ sprovveduto, Gil è un potenziale partner per un Pathfinder maschio. La sua voce è dell’attore inglese Gethin Anthony. | |
Kallo Jath è un sagace e preparatissimo ingegnere salarian, pilota della Tempest e anche responsabile della sua costruzione. Il veloce metabolismo della sua specie si traduce in un’altrettanto rapida velocità di studio e di elaborazione: questo provoca talvolta frizioni con il suo collaboratore forzato Gil, dall’approccio decisamente più casual e rilassato. La voce di Kallo è dell’attore americano Garett Ross. | |
Lexi T’Perro è un asari specializzato in medicina da campo ed è il responsabile delle cure mediche a bordo della Tempest. I suoi interventi e le sue osservazioni sono spesso indispensabili visti gli ambienti sconosciuti con cui l’equipaggio si trova a interagire. La voce di Lexi è dell’attrice inglese Natalie Dormer. |
7. Il dialogo e le scelte
Un gioco marchiato Bioware non può esimersi dall’avere un comparto di dialoghi esteso e approfondito, e Mass Effect Andromeda non fa eccezione. Il Pathfinder può intrecciare conversazioni con decine e decine di personaggi non giocanti, durante i quali all’utente viene presentata una grande quantità di possibili scelte e diramazioni. In generale, le battute selezionabili hanno come scopo quello di approfondire la questione trattata, o di chiosarla secondo uno dei vari ‘umori’ disponibili, dal serio al sarcastico, dal seducente all’asettico, ciascuno dei quali identificato da apposite icone. Le scelte dotate di conseguenze importanti comunque ci sono, sia nella missione principale sia in quelle secondarie, anche se in generale si ha l’impressione che la duttilità della trama fosse maggiore nella trilogia originale e che in Andromeda la gran parte delle opzioni selezionate durante il dialogo, anche nei contesti più concitati, abbia una pura e semplice funzione interpretativa, peraltro non disprezzabile.
Scendiamo più nel dettaglio. Alcune diramazioni che il gioco evidenzia come importanti hanno in realtà conseguenze piuttosto circoscritte. Quando il Pathfinder fonda il suo primo avamposto, per esempio, viene messo davanti alla possibilità di conferirgli una natura militare o scientifica: una volta effettuata la scelta, tutti gli avamposti fondati in seguito avranno la medesima connotazione. L’unico effetto per così dire ‘tangibile’ di questa scelta è il fatto che alcuni PnG vi si riferiranno nei dialoghi: per il resto, nulla cambierà. In generale, anche se in alcune fattispecie il gioco offre soluzioni radicalmente differenti ai problemi di volta in volta posti di fronte al protagonista, le trame sono sceneggiate in modo da non dare mai l’impressione che una qualche scelta sia stata ‘sbagliata’: tutto si risolverà per il meglio, o comunque non troppo per il peggio, anche se la strada percorsa non è stata proprio quella ideale. Ci preme sottolineare che anche se tutto questo deluderà i teorici dell’identificazione del gioco di ruolo con il meccanismo della scelta e della conseguenza, la nostra opinione è che le scelte per così dire auto-sistemantesi offerte da Mass Effect Andromeda rappresentino un escamotage elegante e funzionale per permettere una interpretazione libera senza che questo pesi sulla coerenza del racconto e senza che si dia al giocatore l’impressione di dover ricaricare la partita per rifare le cose ‘meglio’. Procedura, quest’ultima, che è precisamente tipica dei GdR dove ci sono scelte giuste e scelte sbagliate, strade che portano alla vittoria e altre che portano alla sconfitta, a prescindere dagli esiti degli scontri violenti. Forse la comunità dovrebbe chiedersi se la cosiddetta procedura trial and error, tanto magnificata da una fetta importante di appassionati, non sia, oltre che causa di frustrazione, anche fonte di disarticolazione narrativa, vista la sua intrinseca tendenza a spezzare il ritmo di gioco.
Per quel che riguarda la qualità della scrittura, Mass Effect Andromeda è un prodotto discontinuo e altalenante, che mette spesso in evidenza il suo essere frutto di mani differenti, che non sono state rese sufficientemente coerenti in fase di post-produzione. Com’è prevedibile, i momenti più intensi sono quelli collegati al rapporto tra il protagonista e i suoi compagni di viaggio. Va detto, peraltro, che in più di una occasione ci si aspetterebbero reazioni più forti in seguito a eventi scioccanti: in generale i compagni reagiscono a tutti gli eventi degni di nota, solo che qualche volta lo fanno un po’ in tono minore, magari semplicemente mandando al protagonista un’email. Dando vita anche a fattispecie francamente assurde: in qualche occasione abbiamo dovuto far decollare la Tempest da un qualche avamposto solo per poter leggere le mail a bordo e poter così continuare una missione collegata a un compagno, anche se il compagno era presente nell’avamposto!
La cura registica delle conversazioni è purtroppo abbastanza deludente. Molti dialoghi, anche estesi e importanti, non hanno alcuna regia e si limitano a svolgersi utilizzando la normale visuale di gioco, magari bloccata a una angolazione del tutto inadeguata. Anche quando esiste invece un sistema di inquadrature dinamiche, talvolta la visuale è ‘sporcata’ da elementi dello scenario, senza contare che le discutibili animazioni dei visi, delle quali parleremo meglio più avanti, spesso vanificano ogni tensione drammatica presente.
8. Il problema del pianeta monocorde
Nei titoli della saga originaria di Mass Effect, uno degli elementi di maggior pregio è la presenza di un background curato e approfondito, credibile e stratificato. Una apposita sezione dell’interfaccia, chiamata Codex, descrive con dovizia di particolari le creature e le ambientazioni incontrate dal capitano Shepard: le varie sotto-sezioni, spesso narrate da una voce che fa sembrare ciascuna di esse un piccolo documentario, spiegano le differenti fattispecie facendo riferimento a teorie scientifiche ‘vere’, mescolate senza soluzione di continuità al fantasioso futuro immaginato dagli autori. Non mancavano, ovviamente, limiti e criticità, quasi inevitabili se si vuole tentare di spiegare razionalmente ogni caratteristica di decine e decine di visionarie creature o di remoti pianeti e galassie.
Ebbene, in Mass Effect Andromeda tutto questo è ancora presente, ma in maniera defilata, anonima, quasi impercettibile. Il Codex non è più parlato in nessuna sua parte, e risulta chiaro fin da subito che gli autori non hanno voluto dare a questo comparto un peso che vada oltre il fornire qualche semplice informazione di contorno, tranquillamente trascurabile per il giocatore medio, interessato, o così almeno si presume, solo al puro e semplice elemento ludico. La trascuratezza però, com’è inevitabile, deborda dal Codex per invadere anche il resto del gioco, colmo di elementi dalla plausibilità incerta.
L’esempio più lampante è collegato alla nuova caratteristica di Andromeda, ossia i suoi ampi comparti ad esplorazione libera. I cinque pianeti accessibili al protagonista e in teoria ‘aperti’ in ogni direzione (in realtà se ci si allontana troppo dal confine della mappa si viene perentoriamente riportati indietro) sono senza dubbio affascinati ed evocativi, ma mancano di una caratteristica fondamentale: la variabilità. Ciascuno di essi sembra concretizzarsi in un unico ecosistema: ghiacciato, desertico, lussurreggiante e così via. Non esistono climi diversi, ma un solo clima che sembra abbracciare tutta la superficie del pianeta. Si dirà: le altre zone climatiche esistono, ma il gioco si limita a rappresentare solo la zona più estesa, lasciando le altre all’immaginazione. Se così fosse, però, qualche personaggio farebbe in qualche modo riferimento a quei climi diversi. Più in generale, ci sarebbero elementi che farebbero almeno vagamente percepire il fatto che il gioco rappresenta una minima parte dell’ammasso stellare in cui è ambientato. È, questo, un elemento fondamentale per la costruzione di una ambientazione credibile: un mondo immaginario è plausibile solo se lascia intendere di essere complesso almeno quanto il mondo reale. Ecco perché ciò che non si vede deve essere importante tanto quanto ciò che si vede: perché è in base a ciò che non si vede che ciò che si vede acquisisce importanza. Da questo punto di vista, l’universo disegnato da Mass Effect Andromeda è infantile, limitato, semplice ai limiti dell’implausibilità. I suoi cinque pianeti potrebbero essere, a tutti gli effetti, cinque zone di uno stesso pianeta.
Excursus: i pianeti esplorabili Oltre agli avamposti pacifici e alle location collegate alle missioni, Mass Effect Andromeda offre ben cinque pianeti liberamente esplorabili. Le differenti ambientazioni sono talmente ampie da aver fatto definire il gioco come un open world con ben cinque mondi diversi. Ecco una veloce descrizione di questi pianeti. |
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Eos è il primo pianeta che il protagonista e la sua squadra si troveranno a esplorare in lungo e in largo. In realtà inizialmente solo una parte dell’ambientazione sarà ‘aperta’, ma per esplorare il resto basterà tornare dopo che il sistema di terraforming dei remnant avrà fatto il suo dovere (in concreto, dopo un certo punto della trama principale). Eos venne scelto come possibile mondo abitabile dagli esseri umani dalla stessa Jien Garson, fondatrice dell’Andromeda Initiative, che gli volle dare il nome del dio greco dell’alba. Una volta stabilizzatosi il clima, il protagonista fonderà su Eos il primo avamposto dell’Iniziativa, chiamato Prodromos (in greco “colui che corre per primo”). Dal punto di vista geografico e morfologico, Eos è un pianeta semidesertico, con grandi canyon e profondi spazi sotterranei. | |
Voeld, pianeta del sistema Nol, era un tempo temperato e lussurreggiante. L’azione della scourge ha però rivoluzionato il suo sistema gravitazionale e orbitale, dando il via a una sorta di glaciazione: ora il pianeta è freddo e inospitale e i pochi insediamenti angara ancora esistenti (il principale dei quali si chiama Techiix) sono collocati sottoterra. | |
Kadara, del sistema Govorkam, è un pianeta dalla superficie irregolare e verdeggiante, punteggiata da laghi dall’acqua inizialmente tossica. La superficie montagnosa e la posizione defilata lo rendono il perfetto rifugio di criminali e sbandati, tanto che il centro abitato maggiore, Kadara Port, è governato dai fuorilegge esiliati dal Nexus, capitanati da Sloane Kelly, personaggio di un certo rilievo in diverse missioni proposte dal gioco. | |
Havarl del sistema Faroang è il mondo d’origine degli angara. Pianeta verde ricoperto da una giungla lussurreggiante, è stato abbandonato dagli angara quando le sue piante hanno cominciato a crescere in maniera abnorme e incontrollata, soffocando gli insediamenti. La nuova conformazione, irregolare e soffocante, è perfetta come rifugio per gli angara ribelli e sbandati, ma anche per le comunità mistiche di eremiti, come i Mithrava. L’area esplorabile di Havarl è significativamente più piccola di quella degli altri quattro pianeti ‘aperti’ e può essere percorsa solamente a piedi. | |
Elaaden del sistema Zaubray è un inospitale pianeta desertico la cui esplorazione è costantemente ostacolata dalle alte temperature. Il principale ‘ponte’ col mondo esterno è l’avamposto chiamato The Paradise e gestito da Annea, oscuro personaggio che ha anche il monopolio della gestione dell’acqua potabile per tutta la zona. L’insediamento più importante di Elaaden però è New Tuchanka, il più importante centro krogan di Heleus, governato col pugno di ferro dal potente soldato Nakmor Morda. |
9. Trame lacunose
***Attenzione! Spoiler!***
Questo capitoletto parla di eventi che accadono in fasi avanzate della vicenda narrata, quindi chi deve ancora giocare e vuole evitare di rovinarsi la sopresa non dovrebbe leggerlo!
Come abbiamo già avuto modo di raccontare, l’avventura narrata da Mass Effect Andromeda si sviluppa su binari paralleli: allo sforzo di colonizzazione, rappresentato principalmente tramite l’esplorazione planetaria e l’attivazione delle strutture remnant, si affianca la lotta contro le creature ostili, i remnant stessi ma soprattutto i veri ‘cattivi’, ossia i kett. Val la pena spendere qualche minuto in più su questo comparto per rendere evidente un altro problema dell’ultima fatica Bioware, ossia la sua sostanziale incompletezza.
Forse con l’idea di riempire gli spazi vuoti tramite successive espansioni poi cancellate in seguito alle vendite non esaltanti, il gruppo di autori ha lasciato, volutamente o meno, diversi punti del racconto in un certo senso sospesi, a volte anche solo lievemente accennati, dando al giocatore l’impressione di essere di fronte a un titolo che in molte sue parti allude senza mai davvero mettere le mani in pasta. L’esempio più eclatante, e di cui si è maggiormente parlato in seno alla comunità di appassionati, è la sorte delle ‘arche’ relative alle specie assenti dal gioco, per esempio i Quarian, assai centrali nello sviluppo del racconto del capitano Shepard.
Altri esempi, peraltro, sono forse ancora più significativi. Nelle fasi avanzate della partita il protagonista viene a scoprire che i remnant e gli angara sono entrambi creazioni di una specie evolutissima e completamente scomparsa, i Jardaan. Per qualche motivo a un certo punto i Jardaan usano un’arma potente che si identifica, o che ha come effetto collaterale, la scourge: probabilmente proprio per questo motivo questa specie misteriosa abbandona Heleus, lasciando i remnant e gli angara in balia della scourge. Il gioco dice pochissimo più di questo, sbattendoci in faccia rivelazioni di portata pesantissima senza approfondirle minimamente, come un bimbo che inventa una storia di draghi e principesse inanellando vicissitudini accettabili e divertenti solo in quanto strane e/o ‘misteriose’. Qualcosa di molto simile si può dire anche riguardo ai kett, che altro non sono se non esploratori e colonizzatori, proprio come i membri dell’Andromeda Initiative: la rivelazione poteva lasciare spazio se non a drastici bivi nella trama, difficili da gestire, almeno a qualche riflessione ad ampio raggio. Invece la scoperta si confonde nel mare dei dialoghi sul serio e sul faceto, tra Liam che cerca un film da far vedere all’equipaggio e Kallo che litiga con Gil, senza mai avere la rilevanza che ci si aspetterebbe.
In altre occasioni ci siamo lamentati del fatto che spesso i le ambientazioni dei GdR vengono in qualche modo ‘rimpicciolite’ e banalizzate dalla sempiterna tentazione didascalica degli autori, presi dall’ansia di spiegare ogni cosa secondo la logica più elementare. Ebbene, Mass Effect Andromeda ha forse il problema opposto: ogni evento inspiegabile si deve a qualche mistero o a qualcosa che verrà spiegato, forse, più in là, in momenti che però nel gioco non arrivano mai. L’effetto è paradossale. Il racconto, in perfetto stile Bioware, mette subito in chiaro qual è il contesto e quali sono le poste in gioco, mettendoci di fronte, in pochi minuti, a tutte le problematiche principali: i remnant, i kett, la scourge. Il giocatore, dal canto suo, si sintonizza nel giusto mood: il mio lungo e articolato impegno si tradurrà nella risoluzione di queste problematiche, in un senso o in un altro. Ma la risoluzione latita, dal punto di vista narrativo e di conseguenza anche ‘sentimentale’. L’unico obiettivo che il Pathfinder porta a compimento è trovare una casa, stabile e definitiva, all’alleanza proveniente dalla Via Lattea. Si dirà: questo è precisamente lo scopo del Pathfinder. Certo, ma cos’era la scourge? A cosa servono i remnant? Perché gli angara non sono sconvolti dalle rivelazioni riguardanti i Jardaan?
Volendo volare un po’ più alto, la fattispecie spinge a una riflessione. Molti autori probabilmente pensano che il modo migliore per attirare e divertire l’utente di un prodotto di intrattenimento digitale sia offrire un menu ampio e variegato: tanti mondi da esplorare, tanti nemici da combattere, tante trame e sottotrame. Può essere un’idea giusta, ma tutto dipende dal tipo di prodotto che si sta confezionando e da come se ne comunica l’identità. Un gioco da cui ci si aspetta una narrazione forte riesce meglio se è focalizzato: pochi centri di sviluppo del racconto, ben delineati e sufficientemente approfonditi. Il mistero, se deve esserci, deve risultare dallo sviluppo, cercato e richiesto, di una sceneggiatura dettagliata. Trattare un certo argomento con trascuratezza non evoca mistero, ma solo sciatteria. Non c’è nessun mistero se di una certa fattispecie non viene presentata nessuna spiegazione: c’è mistero se le mille spiegazioni proposte lasciano qualche zona in ombra. In altri termini: è proprio quando si cerca di superare il didascalismo che occorre scavare in profondità.
10. L’aspetto tecnico
Mass Effect Andromeda utilizza come suo elemento portante dal punto di vista tecnico la terza versione del motore Frostbite, lo stesso usato anche per Dragon Age Inquisition. La resa di ambientazioni e paesaggi è senza dubbio valida e soddisfacente, pur non raggiungendo i virtuosismi esibiti a suo tempo dai sistemi grafici più next-gen. A far storcere un po’ il naso è, piuttosto, la resa delle animazioni e in generale l’aspetto dei personaggi, in particolare degli umani: proprio su questo ambito, come abbiamo più volte trattato, si sono incentrate le polemiche precedenti la pubblicazione del gioco, polemiche che poi peraltro sono andate ben oltre il dovuto.
Com’è ovvio in un titolo che fa della narrazione e del pathos uno dei suoi punti forti, in Mass Effect Andromeda i momenti tesi e commoventi abbondano: purtroppo, le animazioni si mostrano del tutto inadeguate a sostenere e ad affiancare l’emozione veicolata dai dialoghi, dato che per la gran parte del tempo il protagonista mostra un volto quasi imperturbabile o al massimo percorso da espressioni di disappunto talmente sottili da sembrare quasi sarcastiche. Più in generale, a lasciare perplessi è la resa stessa del corpo umano, e più precisamente le sue proporzioni: il torso è esageratamente grande, le gambe sono corte e tozze, la testa forse troppo voluminosa. Ogni volta che si osserva un essere umano da lontano si ha la sensazione che qualcosa non quadri, e ovviamente questo non aiuta la credibilità generale dell’ambientazione.
Il parlato, dal canto suo, è di buona qualità, così come anche l’accompagnamento sonoro, discreto ma sufficientemente evocativo. Un elemento tecnico di criticità è rappresentato, invece, dal fatto che il gioco sembra chiaramente prediligere, dal punto di vista degli strumenti di input, la tastiera al mouse: segno evidente del suo sviluppo privilegiato su console anziché su PC.
11. Conclusioni
Mass Effect Andromeda è per certi versi un prodotto nato per scatenare controversie, dato che prende la formula vincente di una serie di successo per tentare di portarla verso nuovi lidi, provocando inevitabilmente il risentimento di chi ha identificato il marchio con una ben precisa formula di gioco. D’altro canto anche la trilogia originale di Mass Effect è sempre stata al centro di animate discussioni tra gli appassionati: per la sua (mancata) coerenza interna, per i difficili argomenti trattati, per il suo finale iper-controverso. Da questo punto di vista, Andromeda è un ‘vero’ Mass Effect su tutta la linea.
La fedeltà alla serie originale, peraltro, si percepisce anche in altri ambiti: per esempio nella forte componente narrativa, nella cura dei rapporti con i compagni di viaggio, nei dialoghi estesi. Mentre la novità più eclatante è senza dubbio l’esplorazione libera dei pianeti, riuscita, ci sentiremmo di dire, solamente in parte. Le criticità sono assai simili a quelle viste in Dragon Age Inquisition: l’esplorazione è guidata dalla mappa ‘onniscente’ anziché dalla conformazione del paesaggio, quest’ultimo non è sufficientemente caratterizzato, e soprattutto le missioni che ci spingono verso gli angoli più remoti delle ambientazioni sono spesso un puro pretesto per farci muovere e non hanno alcuna reale profondità.
Il risultato, comunque, è certamente migliore di quanto visto nel precedente titolo Bioware. Se non altro perché l’esplorazione libera è maggiormente contenuta e perché gli elementi tecnici della giocabilità sono meglio fusi con la narrazione che la sostiene. Dal qui a dire che Andromeda sia un titolo indispensabile da giocare, ovviamente, ce ne corre. Diciamo che è un gioco mediamente valido, a tratti anche molto coinvolgente, purtroppo eccessivamente lungo e dalla qualità discontinua e diseguale. Solo gli appassionati irriducibili della saga possono annoverarlo tra gli acquisti obbligati.
Tre pregi di Mass Effect Andromeda
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Tre difetti di Mass Effect Andromeda
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Ambientazioni interessanti e molto varie
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Eccessivamente ambizioso e in parte irrisolto per non dire incompleto
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Combattimenti stimolanti, creativi e funzionali
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Le generiche missioni ‘enumerative’ sono noiose e danneggiano la qualità generale
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La gran mole di contenuti è meglio strutturata che in Inquisition |
La resa dei corpi umani e la loro animazione sono insoddisfacenti
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