Dopo l’eccezionale Planescape: Torment e prima della pietra miliare Baldur’s Gate II: Shadows of Amn, il mai troppo celebrato motore di gioco Infinity prende corpo in un dungeon crawler di straordinaria profondità.
[articolo originariamente pubblicato il 27 novembre 2014]
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Nota del 2020
Alla fine del 2014 è stata pubblicata l’Enhanced Edition di Icewind Dale, che rappresenta attualmente il modo più semplice e sensato per giocare a questo capolavoro. Lasciamo le istruzioni per ‘moddare’ il gioco originale perché sono ancora valide, ma se potete procuratevi la nuova edizione.
1. Bioware e Black Isle
È ormai dato critico acquisito il fatto che la comparsa di Baldur’s Gate e in particolare del suo motore di gioco, il cosiddetto Infinity, nel 1998, abbia dato il via a una vera e propria rinascita del GdR digitale. Anche solo considerando i giochi basati precisamente su quel motore, ci si trova davanti a una sequenza composta solo da grandi capolavori e distesa su un arco di anni che va da quel 1998 fino al 2002: quattro anni che rappresentano un lasso di tempo enorme, soprattutto considerando che in quel periodo la grafica avanzava a una velocità ben maggiore di quella odierna.
L’Infinity viene messo a punto da Bioware: ma anche se tutti i giochi che ne fanno uso sono marchiati sia Bioware sia Black Isle (divisione di Interplay dedicata alla produzione di GdR), gli autori non sono sempre gli stessi. Bioware realizza in proprio solamente i due capitoli di Baldur’s Gate e le relative espansioni: tutto il resto è di Black Isle. Questo “tutto il resto” include due serie molto diverse tra loro: la serie di Torment, per il momento composta da un solo episodio (ma è in sviluppo Tides of Numenera, il seguito spirituale), e la serie di Icewind Dale. Se Torment è caratterizzato dal suo spessore narrativo e dalla profondità dei suoi contenuti, Icewind Dale si configura come un vero e proprio revival della gloriosa tradizione dei dungeon crawler, ossia dei GdR basati sull’esplorazione di sotterranei e quindi sul combattimento contro i demoni che li popolano.
I giochi Infinity stanno vivendo una nuova vita grazie al lavoro di recupero e di riadattamento di Beamdog e delle sue Enhanced Edition. Pensiamo allora che sia il caso di tornare a parlare anche dell’originale Icewind Dale, soprattutto perché si tratta di uno dei prodotti che meglio testimoniano come la componente narrativa non debba affatto essere messa da parte quando si crea un prodotto focalizzato su altri aspetti. Anzi, la trama e più in generale l’ambientazione e le atmosfere sono probabilmente ciò che più resta fissato nella mente del giocatore anche anni dopo la sua esperienza ‘concreta’ con il gioco.
2. Il gruppo di eroi è un esercito al comando del giocatore
Come Baldur’s Gate, Icewind Dale è basato sul regolamento di Advanced Dungeons & Dragons: con poche variazioni, il suo funzionamento a livello di interfaccia e di pura giocabilità è del tutto simile a quello che si sperimenta nel capolavoro di Bioware, tanto che da molti critici, all’epoca, il gioco venne biasimato per la sua eccessiva somiglianza col predecessore. Una somiglianza in realtà assolutamente superficiale, come ora avremo modo di scoprire.
Una divergenza decisiva emerge già nelle primissime battute: il gioco ci richiede di creare tutto il party e non solo il protagonista. Icewind Dale continua a essere un gioco party-based, ossia costruito sull’idea che il giocatore possa controllare fino a sei personaggi giocanti: ma durante la vicenda narrata non si incontrerà nessun potenziale compagno. I personaggi vanno tutti creati dal giocatore: da questo punto di vista, peraltro, il programma è molto flessibile, dato che consente sia la formazione di un intero party fin dall’inizio sia l’aggiunta o l’eliminazione di personaggi in corso d’opera. È anche possibile giocare con meno di sei eroi, anche solo con uno: naturalmente, in questo caso l’avventura sarà assai ardua.
La sola eliminazione di questo comparto provoca la scomparsa di un buon numero di strategie a esso connesse: se i personaggi sono pre-impostati, occorrerà impegno per dar vita a un party il più possibile bilanciato; senza contare l’attenzione necessaria per tenere assieme un gruppo di avventurieri di allineamento incompatibile. In Icewind Dale, il nostro intero party è composto da personaggi creati e controllati dal giocatore in tutto e per tutto: anche se il gioco consente di scegliere il loro allineamento, si tratta di una opzione del tutto fine a se stessa e priva di qualunque conseguenza concreta. Lo scopo passa dunque dal creare un party il più possibile bilanciato al creare un party perfetto, che possa affrontare adeguatamente la sfida sempre più complessa presentata dai tanti combattimenti in cui si risolve l’avanzamento progressivo della trama.
Tutto ciò non implica necessariamente una diminuzione dell’elemento strategico: la perfezione con cui il motore Infinity rappresenta i combattimenti (la consueta sintesi tra turni e tempo reale, resa fruibile in profondità dalla presenza della “pausa attiva”: ne abbiamo già parlato in tante occasioni) e soprattutto l’estrema flessibilità del regolamento di AD&D rendono al contrario la sperimentazione dell’avventura con party differenti una vera gioia per lo stratega da scrivania, che può muoversi con una attenzione verso il puro e semplice utilizzo delle regole e delle eccezioni con una libertà impensabile in Baldur’s Gate.
Excursus: come installare e moddare Icewind Dale
Per godere di Icewind Dale nei computer moderni, occorre dedicarsi almeno per qualche minuto al modding, ossia all’installazione di applicazioni o estensioni non ufficiali, atte a rendere il gioco fruibile anche nei sistemi contemporanei. Purtroppo, per questo gioco il lavoro di adattamento non riesce a risolvere del tutto alcuni problemi legati alla struttura dell’interfaccia, che alle altissime risoluzioni tende a diventare microscopica: ma siamo convinti che lo sforzo richiesto al giocatore sarà ripagato dalla soddisfazione derivante dall’esperienza complessiva. Il primo passo è ovviamente installare il gioco e tutte le sue espansioni, scegliendo l’installazione completa e aggiornando poi con le ultime patch. La soluzione migliore, anche per chi possiede il gioco su cd, è acquistare la versione in vendita sul sito GOG.com: installandola, si sarà sicuri di avere tutto aggiornato e per di più non si avrà il disturbo di dover inserire il cd per giocare. Poi si dovrà procedere con il modding. Le possibilità sono numerose: per esplorarle tutte vi invito a usare come riferimento questa pagina. Noi preferiamo modificare il meno possibile il gioco originale, quindi vi suggeriamo di utilizzare solamente i seguenti due mod, installandoli in quest’ordine. – Icewind Dale Fixpack: è una sorta di patch non ufficiale, che corregge decine e decine di sviste e mancanze, da errori di scrittura a più importanti inconsistenze a livello di regolamento. – The Widescreen Mod: senza dubbio la modifica più importante, consente di giocare a Icewind Dale a qualunque risoluzione, non solo a quelle widescreen come sembra suggerire il titolo. In realtà solo la visuale principale di gioco viene adattata alla nuova risoluzione: le restanti parti dell’interfaccia vengono semplicemente rimpicciolite e collocate al centro dello schermo, circondate da bande nere. |
3. Narrazione e struttura del mondo
Dal punto di vista puramente ‘tecnico’, Icewind Dale è più story-driven di Baldur’s Gate: nel senso che quest’ultimo ha una componente di libera esplorazione del tutto assente nel titolo che stiamo esaminando. Con qualche rarissima eccezione, in Icewind Dale non si può far altro che seguire la trama: trama che prosegue essenzialmente attraverso l’accesso ad ambientazioni da ripulire dai nemici. Al termine di ciascun dungeon, il gruppo di avventurieri deve tornare in città e conferire con il personaggio che funge da questgiver, ossia da nesso tra una fase e la successiva.
L’avventura comincia con un prologo, ambientato nel villaggio di Easthaven: il gruppo di eroi viene arruolato dal capo della comunità, Hrothgar, come scorta di una spedizione verso la cittadina di Kuldahar, che ha chiesto aiuto tramite un messaggero. Durante il viaggio, la carovana viene travolta da una valanga, che lascia vivi solamente i protagonisti. L’affascinante Kuldahar, un insediamento nato ai piedi di un grande albero che diffonde un calore sovrannaturale, sarà la base delle operazioni per il nostro party in tutto il resto dell’avventura. E l’arcidruido a capo della cittadinanza, Arundel, ricoprirà il ruolo di questgiver principale.
Anche se esiste una mappa del mondo proprio come in Baldur’s Gate, quasi tutte le ambientazioni esterne si risolvono in un monumentale ingresso a un qualche sotterraneo. E anche se è possibile tornare in quasi tutte le varie località in qualunque momento, non ha alcun senso farlo una volta che il relativo dungeon è stato ‘ripulito’. Forse il problema di design maggiore che il gioco presenta è il fatto che quasi tutti i dungeon non hanno un’uscita, e quindi richiedono di essere ripercorsi all’indietro dopo averli completati.
4. Narrazione e sottogeneri
La struttura qui sopra descritta, tipica dei dungeon crawler, si accompagna però, in Icewind Dale, a una attenzione altissima verso l’evocazione delle atmosfere e la costruzione delle ambientazioni e della sceneggiatura. Ne è testimonianza, nelle primissime battute, la densità semantica dell’introduzione filmata e del prologo, paradossalmente assai maggiore di quella presente nei medesimi frangenti in Baldur’s Gate.
L’introduzione racconta, tramite le evocative immagini di un polveroso tomo animato, le vicende di una antica invasione demoniaca, che ebbe luogo proprio dove sorgono le Dieci Città della Valle del Vento Gelido. Sotto il tempio di Easthaven, infatti, giace una pietra: si tratta in realtà del corpo pietrificato di Jarrod, sacerdote del dio Tempus, che anni prima si sacrificò gettandosi nel portale demoniaco per chiuderlo. Il chierico in servizio presso il tempio, Everard, sembra poco convinto del valore del sacrificio del suo predecessore. Anche se all’inizio sembra che le sue riflessioni sulla natura dell’azione siano un puro arzigogolo, proseguendo si scopre che costituiscono il sottotesto e per certi versi la trave portante dell’intera avventura.
La storia, infatti, comincia e finisce a Easthaven, con un andamento circolare che colloca reciprocamente, in una prospettiva così perfetta da essere colta nella sua interezza probabilmente dopo almeno un paio di partite, tutti i tasselli del racconto, inclusi i più apparentemente insignificanti. La rete dei collegamenti semiotici e simbolici è gestita con la naturalezza tipica di chi è avvezzo a raccontare storie: da questo punto di vista, Torment e Icewind Dale sono parenti strettissimi, e francamente stupisce che nessuna recensione, a quanto ci risulta, abbia mai posto il doveroso accento su tutto ciò. Che Icewind Dale sia spesso definito GdR action, e quindi imparentato, per quanto alla lontana, con Diablo, è secondo noi assolutamente demenziale: sia per la pura giocabilità, tutta strategica e per nulla adrenalinica, sia per l’attenzione enorme riservata dai suoi autori alla pura e semplice narrazione, e a tutte le riflessioni sulla natura del sacrificio e del perdono che da essa puntualmente scaturiscono.
Excursus: Heart of Winter e Trials of the Luremaster
Icewind Dale ha avuto due espansioni ufficiali, entrambe configurate come due avventure autonome, completamente separate dalla trama principale. La prima e più corposa, intitolata Heart of Winter, vede il nostro party viaggiare verso il villaggio di Lonelywood, con lo scopo di indagare le motivazioni dietro la guerra verso le Ten Town preparata da un esercito barbarico. La seconda, intitolata Trials of the Luremaster, si risolve nell’esplorazione di un complicato dungeon, verso il quale i protagonisti vengono indirizzati da un estroverso halfling di nome Hobart Stubbletoes, incontrato nella locanda di Lonelywood. Questa seconda avventura aggiuntiva ha una genesi curiosa: Black Isle la rese disponibile gratuitamente per tutti i possessori di Heart of Winter come sorta di risposta ai molti che si lamentarono per la scarsa longevità della prima espansione (che in effetti può essere completata, con un po’ di impegno, in mezza giornata). Le due espansioni sono interessanti e ben realizzate, ma sono collegate alla trama principale in modo incerto: non tanto sul piano tematico, quanto su quello più puramente pratico. Per accedere a Heart of Winter il nostro party deve parlare con un personaggio a Kuldahar: accettando la sua missione, il gruppo sarà ‘teletrasportato’ a Lonelywood e dovrà per forza completare la nuova avventura per poter tornare indietro, lasciando dunque in sospeso per molte ore lo svolgimento della trama principale. Lo stesso succede per Trials of the Luremaster, che richiede, a sua volta, di lasciare in sospeso per un po’ lo svolgimento di Heart of Winter. Qualcuno potrebbe obiettare che in Baldur’s Gate succede lo stesso con le avventure aggiunte dall’espansione e che nessuno se ne è mai lamentato: ma è la struttura stessa di Baldur’s Gate a rendere del tutto normale la deviazione dalla trama principale. Icewind Dale, dal canto suo, è molto concentrato sul procedere lineare della vicenda narrata: le deviazioni impresse dalle espansioni risultano piuttosto forzate, e avrebbero richiesto una implementazione differente. Ci piace ricordare, a scopo puramente storico, il fatto che la pubblicazione di Heart of Winter cambiò notevolmente, a suo tempo, la giocabilità di Icewind Dale, sostituendo la vetusta versione dell’Infinity realizzata per Baldur’s Gate e utilizzata anche per il gioco base con la nuova, scintillante versione messa a punto per Baldur’s Gate II: Shadows of Amn. Questo voleva dire nuove risoluzioni, nuove animazioni, nuovi incantesimi e tante altre novità che valevano da sole il prezzo dell’espansione, anche al di là dei nuovi contenuti introdotti. |
5. Narrazione ed estetismi
Oltre alla sua giocabilità perfetta, già sperimentata d’altro canto in Baldur’s Gate, Icewind Dale ha un altro poderoso comparto a sostenere l’interessante vicenda narrata: l’evocativo design delle ambientazioni e la straordinaria colonna sonora che le affianca, tutt’ora ricordata come il lavoro forse più riuscito del grande compositore Jeremy Soule.
Il fatto che il gioco sia ambientato in località perennemente fredde e innevate ha consentito agli artisti di dar vita a un feeling che all’epoca risultava assai originale. Le ambientazioni esterne sono avvolgenti sinfonie di bianco; gli interni delle case e dei dungeon risultano, per contrasto, ancora più caldi e confortevoli nel primo caso, ancora più bui e spaventevoli nel secondo. Il mondo risulta così caratterizzato da una estrema omogeneità e da una altissima coerenza visiva, che conferisce unitarietà a una vicenda narrata prevalentemente attraverso la giustapposizione di paragrafi e capitoli.
Le musiche riescono a essere contemporaneamente omogenee e fortemente caratterizzate. In particolare, i temi collegati a Easthaven e a Kuldahar (ma anche quello che accompagna le conversazioni con Arundel) riescono a raggiungere un obiettivo nient’affatto semplice: affiancarsi alle ambientazioni in maniera appropriata, oseremmo dire quasi prevedibile, risultando però anche talmente originali da fissarsi nella mente per anni. Jeremy Soule ha musicato tanti importanti GdR digitali: dalla serie The Elder Scrolls alla serie Dungeon Siege, da Guild Wars a Neverwinter Nights. Tanti sono i suoi lavori degni di nota, ma nessuno come la colonna sonora di Icewind Dale dà l’impressione di essere stato realizzato non sul gioco, quanto assieme al gioco.
6. Conclusioni
Anche se oggi la fruizione dell’originale Icewind Dale può non essere semplicissima, soprattutto a causa dell’interfaccia non certo pensata per le alte risoluzioni, noi egualmente riteniamo che questo gioco meriti attenzione da parte di chi a suo tempo non ebbe modo di provarlo. Icewind Dale rappresenta se non una pietra miliare certo un episodio molto importante della storia del nostro hobby: e i modi attraverso cui consente una sperimentazione libera e profonda del regolamento di AD&D si configurano come la pratica perfetta per chi intenda poi affrontare gli altri capolavori basati sul medesimo regolamento, come Torment o Baldur’s Gate.
Soprattutto, Icewind Dale è, a nostro avviso, il miglior esempio del potere del racconto. Anche se in un videogioco ciò che conta è anzitutto il meccanismo ludico, non esiste declinazione di tale meccanismo che non possa essere messa proficuamente al servizio di una potente e solida narrazione. Ecco un altro motivo per cui è sciocco liquidare un gioco solo in forza della sua classificazione: magari, per di più, della classificazione messa a punto da appassionati talmente accecati dai propri pregiudizi da non riconoscere nemmeno dei contenuti superbi solo perché non vengono ‘raccontati’ secondo i cliché della purezza interpretativa. Certo, Icewind Dale non presenta scelte morali di peso, né libertà esplorativa, e tantomeno una profonda simulazione. Eppure è un gioco di ruolo quasi perfetto: implementa ottimamente un celebre e complesso regolamento cartaceo, ci consente di creare tanti personaggi diversi e di curare lo sviluppo delle loro abilità e il loro equipaggiamento nei minimi dettagli, e attraverso di loro ci fa vivere una storia che si sedimenterà dentro di noi grazie alla preziosa alchimia tra le visioni evocative, il commento sonoro commovente, il sottotesto filosofico stringente. Chi poteva aspettarselo, da un semplice dungeon crawler?
Tre pregi di Icewind Dale
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Tre difetti di Icewind Dale
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Atmosfere e trama evocative e avvolgenti
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L’interfaccia non è adatta alle alte risoluzioni, neanche dopo essere stata ‘moddata’
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Colonna sonora indimenticabile
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Le espansioni sono collegate al gioco base in modo un po’ estemporaneo
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Giocabilità perfetta
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Molti dungeon richiedono di essere ripercorsi all’indietro dopo essere stati ‘completati’ |