Nel 2001 la sconosciuta casa di sviluppo tedesca Piranha Bytes dà alle stampe un GdR destinato a lasciare un segno indelebile non solo nella memoria degli appassionati ma anche nell’intera evoluzione del genere. Gothic è una perla rara, un prodotto unico e irripetibile, che merita di essere giocato ancora oggi.
[articolo originariamente pubblicato il 27 gennaio 2018; la sezione con i consigli sull’installazione è aggiornata al 2021]
I nostri video dedicati a Gothic su YouTube:
Esempio di gioco
Il nostro parere
1. Prospettiva storica
È il 12 ottobre 1997 quando a Essen, in Germania, viene fondata una casa di sviluppo di prodotti di intrattenimento digitale chiamata Piranha Bytes. L’evento passa inosservato: sarà solo quattro anni dopo, nel 2001, che il geniale gruppo di sviluppatori capitanato da Bjorn Pankratz pubblicherà il suo primo lavoro, intitolato Gothic. Le riviste di settore e in generale i recensori professionisti, costretti dalle tempistiche a lavorare su prodotti di cui si ignorano per forza di cose la ‘presa’ sul pubblico e gli effetti a lungo termine, non restano particolarmente impressionati: possiamo anzi dire senza timore che la critica professionista ‘buca’ completamente lo scoop, concentrandosi il più delle volte sulla superficie rozza del GdR tedesco senza ‘vederne’ la sottostante carica rivoluzionaria e confinando di conseguenza il gioco nel limbo dei prodotti mediocri se non scadenti. Ma il tempo, come si suol dire, è galantuomo: oggi chiunque imbastisca un qualunque discorso ‘storico’ sull’evoluzione del GdR digitale ignorando Gothic e i suoi epigoni perderebbe all’istante qualunque credibilità.
Certo, il gioco in oggetto è colmo di problemi. E peraltro la storia ha dimostrato che gran parte di questi problemi è quasi connaturata agli sviluppatori, essendo presente in quasi tutti i loro prodotti. La storia, volendo essere diretti, ha anche dimostrato che l’ispirazione di Piranha Bytes è assai limitata e ha sparato quasi tutte le sue cartucce nell’opera prima, con qualche ulteriore guizzo di positiva creatività nel seguito e una colossale serie di errori e inconsistenze in tutti i prodotti successivi. Ma lasciamo per un momento da parte gli sviluppi e concentriamoci sull’opera da cui tutto è partito. Gothic è il primo gioco della storia del nostro hobby ad aver collocato nell’ambito del possibile la simulazione di un mondo: un mondo relativamente piccolo, ma rappresentato senza quasi nessun ricorso all’astrazione. Il virtuosistico (per l’epoca) motore grafico disegna davanti ai nostri occhi luoghi così caratterizzati da fissarsi indelebilmente nella memoria personale e collettiva, e li popola con personaggi e creature che letteralmente vivono: si svegliano la mattina, si lavano il viso, vanno al lavoro, si radunano attorno al fuoco alla sera, vanno a dormire, reagiscono al comportamento del protagonista in maniera credibile e così via. Quel che oggi sembra naturale e anzi quasi scontato sembrò, all’epoca, semplicemente incredibile. Ma questo è solo uno degli aspetti che rendono Gothic un prodotto eccezionale. Scendiamo più nel dettaglio.
2. Miniere e fazioni
Gothic è ambientato in quello che sembra inizialmente il classico mondo fantasy medievaleggiante: gli umani del territorio noto come Myrtana sono al servizio di re Rhobar II e sono in guerra con il più consueto dei nemici, gli orchi. Per avere la meglio, il re ha bisogno di enormi quantità di ore, metallo dalle proprietà magiche; per ottimizzarne l’estrazione, Rhobar spedisce alle miniere tutti i prigionieri chiusi nelle carceri di Myrtana e chiama a sé i più potenti maghi del regno per ordinare loro di creare una barriera magica attorno alle miniere così da impedire la fuga dei galeotti. Ma qualcosa va storto: durante l’invocazione della barriera, l’incantamento va fuori controllo, la barriera si estende oltre il dovuto e intrappola al suo interno gli stessi maghi. I prigionieri approfittano del caos e si sbarazzano delle guardie, instaurando all’interno della barriera, nella valle delle miniere (chiamata spesso nel gioco the colony), una sorta di sotto-stato autogestito. L’idea è di costringere il re a barattare il prezioso ore con beni di prima necessità e oggetti di lusso: la barriera, infatti, impedisce alle creature viventi di uscire, ma si può entrare liberamente e gli oggetti possono essere scambiati senza limitazioni.
Il piano però fallisce presto perché all’interno della colonia scattano le divisioni: a chi vuole approfittare indefinitamente della situazione si oppone infatti chi vuole cercare a tutti i costi una via d’uscita. La faida causa la nascita di tre differenti fazioni. L’Old Camp, capitanato da Gomez, raduna coloro che tengono le fila del rapporto con re Rhobar e che più di tutti approfittano della situazione per guadagnare potere e ricchezza, senza preoccuparsi più di tanto della fuga: Gomez e i suoi sgherri controllano la miniera più redditizia (la Old Mine) e hanno dalla propria parte i maghi del fuoco. Il cosiddetto New Camp ha progetti completamente diversi: là i maghi dell’acqua, affiancati a mercenari assoldati per proteggerli, accumulano l’ore estratto dalla New Mine per farlo detonare sperando che l’energia sprigionata distrugga la barriera. Ancora più stravagante è la terza fazione, chiamata Swamp Camp perché stazionata in una palude: i suoi membri, capitanati da una setta di santoni noti come guru, contano di fuggire grazie all’aiuto di una enigmatica divinità chiamata Sleeper, con i quali entrano in contatto grazie ai fumi allucinogeni emessi da una pianta di nome swampweed.
Il personaggio principale si inserisce nella vicenda senza che nulla faccia pensare a un suo qualche ruolo particolare: è l’ennesimo anonimo criminale gettato all’interno della barriera, condannato per malefatte che peraltro il gioco non si preoccupa mai di esplicitare. Anche il suo nome resta per sempre un mistero, inaugurando una tradizione che continuerà anche nei capitoli successivi della serie. L’unico spunto che faccia pensare a un qualche obiettivo tangibile è la misteriosa lettera che un messo del re consegna al protagonista con l’incarico di farla arrivare ai maghi del fuoco: un impegno che il nostro alter ego scoprirà essere assai più difficile del previsto.
Questo perché, come abbiamo appena accennato, il protagonista all’inizio non è altro che l’ennesimo prigioniero, destinato con tutta probabilità a una grigia esistenza all’interno della Colonia, magari vessato dagli sgherri di Gomez o bullizzato dai mercenari del New Camp. Nessun destino particolare comunicato da sogni premonitori o congiunzioni astrali, nessun addestramento da guerriero di eccezionale valore, nessun pigmalione che ci indirizzi nel cammino che ci porterà a essere suo successore. Già questa si configura come una delle particolarità maggiori di Gothic: alla consuetudine di mettere il giocatore nei panni del prescelto, che si muove come tale fin dai primi passi, si sostituisce l’originalissima scelta di metterlo nei panni di un signor nessuno, che dovrà faticare tantissimo per guadagnare un minimo di fiducia da parte di chicchessia. E il bulletto che subito dopo il suo ingresso nella Colonia saluta il protagonista con un pugno sul naso dovrà aspettare giorni e giorni, in gioco ma anche fuori dal gioco, per ricevere pan per focaccia. Se davvero il videogioco è, nella sua essenza, dare l’illusione al giocatore di aver costruito qualcosa con sforzo e dedizione, Gothic è *il* videogioco.
3. Immedesimazione
La fatica che il giocatore dovrà sobbarcarsi per rendere il protagonista all’altezza anche solo della mera sopravvivenza dentro la Colonia non avviene solo al di là ma anche al di qua della quarta parete. L’opera prima dei ragazzi di Piranha ha infatti un sistema di controllo decisamente sui generis, che fece a suo tempo storcere il naso, forse non a torto, a buona parte della critica. Il mouse è quasi inutilizzato, dato che può servire solo a gestire il livello di zoom e a calibrare l’angolazione della telecamera, collocata sempre dietro le spalle del protagonista. Tutto il resto si fa tramite tastiera: i tasti direzionali gestiscono il movimento e la direzione dello sguardo; il tasto TAB apre l’inventario, che incolonna gli oggetti in un elenco a destra dello schermo, diviso in categorie predefinite; il tasto B apre la finestra dove si trovano le informazioni sul personaggio; il tasto L apre il diario; la barra spaziatrice sfodera l’arma selezionata. Il tasto CTRL è tra i più importanti dato che gestisce qualunque tipo di interazione col mondo nonché i colpi sferrati durante il combattimento; a esso andrà accoppiato, con conseguente esercizio da pianista, il tasto freccia su per le interazioni generiche o le altre frecce per i colpi direzionati. Il tasto ALT, infine, gestisce le arrampicate e i salti.
Non si può certo dire che questo sistema sia il massimo della comodità o dell’intuitività: eppure dopo un po’ di allenamento ci si fa l’abitudine e comincia a diventare naturale, favorendo al massimo l’immedesimazione tra il giocatore e il suo eroe, dato che a ciascun gesto ‘fisico’ del primo corrisponde un gesto virtuale del secondo.
La questione merita un minimo di approfondimento dato che può dar spazio a riflessioni interessanti. È nozione comune che il gioco di ruolo si basi sull’interpretazione di un personaggio da parte del giocatore. Come abbiamo già avuto modo di argomentare in altre sedi e come è ampiamente assodato in ambito critico, l’interpretazione presuppone la separazione tra il giocatore e il personaggio: è quest’ultimo a compiere le azioni che gli si assegnano, non certo il giocatore che lo controlla. Se non fosse così l’intero castello cadrebbe, dato che si arriverebbe al paradosso che solo un giocatore palestrato potrebbe impersonare un guerriero forzuto e solo un giocatore plurilaureato potrebbe impersonare un sapiente. Il GdR più evoluto è quello che amplifica il più possibile questa separazione, ricorrendo per esempio all’astrazione: se il personaggio incontra un enigma, la sua risoluzione dovrebbe dipendere unicamente dalle caratteristiche del personaggio e non dall’arguzia di chi lo controlla; ecco perché un master potrebbe scegliere di affermare l’esistenza dell’enigma senza esplicitarlo, così che la sua risoluzione avvenga ‘dietro le quinte’, senza coinvolgere direttamente il giocatore. Ebbene, uno dei punti di forza di Gothic è invece il suo accento sull’immedesimazione, sull’eliminazione di ogni possibile barriera tra il giocatore e il suo personaggio, compatibilmente, com’è ovvio, col mezzo digitale.
Un ottimo esempio di quel che stiamo affermando sono i combattimenti. Spetta al giocatore sferrare ogni singolo colpo con la giusta combinazione di tasti, e deve farlo anche con il giusto tempismo, osservando attentamente i movimenti dell’avversario, a cui il protagonista si ‘aggancia’ con un classico sistema di puntamento automatico. Naturalmente la crescita della potenza del protagonista si sente moltissimo: nemici che a inizio partita lo sconfiggono con un paio di colpi possono diventare, più avanti, dei semplici fastidi, eliminabili con il minimo sforzo. Eppure anche nelle ultime fasi della partita il gioco non perdona la distrazione: bastano un po’ di colpi a vuoto o qualche mossa avventata e il game over arriverà anche per un guerriero addestratissimo e dalla forza quasi sovrumana. Se tutto questo sia un bene o un male dipende in gran parte dalla sensibilità del giocatore: certo, l’adrenalina e l’agonismo collegati al combattimento in Gothic mal si confanno, a nostro parere, ai ritmi e alle modalità a cui il nostro sottogenere preferito è normalmente connesso. Eppure il gioco di Piranha dimostra che fattispecie diversissime possono convivere, se disegnate fin dall’inizio in funzione della loro interconnessa reciprocità.
Facciamo un esempio concreto. Gothic rappresenta l’esplorazione stessa all’insegna dell’immedesimazione: il personaggio giocante si può sedere in sedie e sgabelli, può nuotare nell’acqua e immergersi, può sdraiarsi nei letti, arrampicarsi sui dirupi, scivolare inavvertitamente su un gradino e ferirsi. In un simile contesto, il combattimento all’insegna dell’agonismo è un sequitur perfetto: è esattamente ciò che ci si aspetta dopo aver sperimentato l’esplorazione. Il concerto funziona talmente bene da far quasi perdonare delle scelte di immedesimazione semplicemente inaccettabili, per esempio il meccanismo dello scassinamento, nel quale è il giocatore a dover trovare ogni singola combinazione di ogni singolo forziere, girando per ore il grimaldello a destra o a sinistra, cosa che peraltro rende assolutamente ininfluente il relativo livello di abilità dell’eroe (che misura solamente la probabilità che il chiavistello si rompa). È Gothic: o si ama o si odia.
Excursus: l’installazione ‘moderna’ di Gothic
Nei sistemi contemporanei l’installazione di un gioco del 2001 come Gothic può ovviamente causare dei problemi: tanto più quando il gioco in oggetto non è esattamente lo stato dell’arte in quanto a ottimizzazione. Noi siamo comunque riusciti a giocare a Gothic quasi senza contrattempi in un PC con Windows 10: bisogna portare pazienza e scendere a qualche compromesso, ma l’esperienza ripaga della fatica. Questa piccola guida vi spiegherà passo passo come fare. 1. Cominciate naturalmente con l’installare il gioco: la soluzione migliore è ricorrere a un negozio virtuale come Steam o GOG (il gioco costa molto poco e viene anche scontato con regolarità). Se provate a far partire il gioco ‘liscio’ con Windows 10, con ogni probabilità non vi partirà nemmeno. Procedete con i seguenti step. 2. Installate l’ultima patch ufficiale, la 1.08k. In genere i giochi acquistati nelle piattaforme digitali sono già aggiornati all’ultima patch, ma per qualche motivo Gothic non lo è, almeno su Steam (se avete l’edizione di GOG controllate la sua versione). 3. Installate il player kit versione 1.08k. 4. Installate l’ultima patch per il player kit, corrispondente alla versione 2.8 (attenzione, il link qui presente porta direttamente allo scaricamento del file). 5. Installate il system pack, attualmente giunto alla sua versione 1.8 (anche questo è un link diretto). A questo punto il gioco dovrebbe funzionare e dovrebbe anche consentirvi di selezionare risoluzioni alte e widescreen: fate una prova per sicurezza. Se qualcosa dovesse andare storto, provate a installare gli altri file suggeriti in questa pagina. Potete decidere di utilizzare questi altri mod in ogni caso, dato che migliorano la grafica: noi però preferiamo tenere l’aspetto originale, anche per una questione nostalgica.
Dopo tutto questo, non pensate che il programma fili liscio come l’olio. Le inconsistenze grafiche, per esempio, saranno all’ordine del giorno: ma non c’è nulla che possa compromettere irrimediabilmente l’esperienza. Lo potrebbero fare invece alcuni bug, collegati in particolare all’utilizzo degli ingranaggi per l’apertura dei portoni. Salvate con regolarità ed eventualmente cercate in rete qualche consiglio se incappate in altri problemi: di solito è sufficiente accedere alla console per superare ogni ostacolo. |
4. Lo sviluppo del personaggio
L’immedesimazione in Gothic prende anche le forme della semplificazione, intesa nel senso dell’assenza totale e assoluta di sistemi di regole complessi ed elaborati, tipici dei giochi di ruolo digitali più celebri e dovuti, in parte, alla loro derivazione cartacea. L’eroe senza nome che fa da protagonista è definito da due uniche caratteristiche di base, forza e destrezza: la prima influenza il danno delle armi in corpo a corpo e la seconda il danno delle armi a distanza. Ci sono anche la vita, ossia i punti ferita, che aumentano automaticamente con l’aumentare del livello, e il mana, l’energia magica, necessaria per lanciare gli incantesimi. La crescita è gestita con il classico sistema dei punti esperienza, ottenuti principalmente tramite l’uccisione delle creature ostili: l’accesso a un nuovo livello si traduce nell’ottenimento di 10 punti abilità, da spendere tramite l’interazione con appositi addestratori (che possono anche richiedere il pagamento di somme di denaro). Tramite i punti abilità si possono aumentare forza, destrezza e mana, oppure migliorare il maneggiamento delle armi o sbloccare i differenti livelli in cui sono organizzati gli incantesimi, per lanciare i quali sono necessarie anche apposite rune.
Il concetto dietro l’addestramento è assai basico: ciascuna tipologia di arma (a una o due mani, arco o balestra) ha due livelli di apprendimento, ciascuno dei quali corrisponde a un certo numero di punti abilità da investire. Interessante è il fatto che a ciascun differente livello di apprendimento corrisponde una differente animazione, che si traduce in un miglioramento delle prestazioni ‘tangibile’ e non solamente dovuto al variare di qualche numero in qualche tabella: facendo brandire all’eroe inesperto una spada a una mano, per esempio, significherà vederlo usare entrambe le mani, proprio a causa della sua inesperienza. La presenza di due soli livelli di apprendimento senza nessuna abilità speciale rende peraltro i combattimenti alla lunga abbastanza ripetitivi: anche se è la stessa durata del gioco, decisamente contenuta, a rendere il problema meno grave di quel che sarebbe in un gioco ‘infinito’.
Di tutt’altra pasta è l’esperienza del gioco se si sceglie di specializzarsi nella magia: dato che i maghi addestratori sono accessibili solo nelle fasi avanzate, toccherà trascorrere le prime ore della partita barcamenandosi con spade e archi, cercando però di conservare quanti più punti abilità possibili, dato che dovremo usarli per sbloccare gli incantesimi di livello più potente e per aumentare il mana. A chi persevererà saranno però riservate magie di forza devastante, nonché un’esperienza di gioco più creativa, dato che gli incantesimi permettono combo assai curiose e interessanti. Va detto, peraltro, che anche l’eroe guerriero o arciere potrà di quando in quando utilizzare incantesimi, adoperando le pergamene: a volte anzi il loro utilizzo è necessario per la prosecuzione della trama.
5. L’ambientazione
Ad amplificare l’immedesimazione del giocatore e la credibilità del mondo sono anche e soprattutto, in Gothic, le modalità con cui è stata costruita l’ambientazione. L’uovo di Colombo è la premessa narrativa: in sua funzione, infatti, quella che gli autori ci mettono davanti non è una certa città o una certa regione o una certa provincia del loro mondo fantasy, ma solo una piccola porzione di territorio, quella racchiusa all’interno della barriera. Questa notevole trovata ha una immediata ricaduta in termini di suspension of disbelief: nessuno, in Gothic, può ragionevolmente lamentarsi per la mancanza di realismo della simulazione, perché nessuno degli autori, in prima battuta, ha mai tentato di simulare un mondo, ma solo una piccola parte di mondo.
La tecnologia, anche quella dell’anno 2018 in cui ci troviamo mentre scriviamo queste righe, non è ancora in grado di simulare un mondo davvero realistico; e, forse, se anche la tecnologia fosse in grado di farlo, nessun programmatore ci proverebbe davvero, almeno in ambito videoludico. Un gioco deve anzitutto intrattenere, e probabilmente nessuno si divertirebbe nell’esplorare interamente una città grande davvero come una città: sarebbe un’attività lenta, noiosa, dispersiva, proprio come la vita stessa è spesso lenta, noiosa e dispersiva. Ecco allora che il creatore di mondi digitali pensati come sfondo di attività ludiche deve camminare su un crinale sottile: deve cioè creare ambientazioni del tutto improbabili dal punto di vista del realismo, ma credibili a sufficienza da non distruggere immediatamente ogni immedesimazione. Un buon esempio di quanto appena spiegato può essere Oblivion di Bethesda: il gioco rappresenta tramite simulazione una provincia sterminata, con al suo interno grandi città, tra cui nientemeno che la capitale del continente, ma quest’ultima ha appena 150 abitanti e il territorio esplorabile è di pochi chilometri quadrati. In termini di realismo, è un minuscolo comune con all’interno villaggi dove vivono in quattro gatti. La sospensione dell’incredulità è mantenuta tramite stratagemmi che sono consueti nel settore: le poche persone che vivono nell’Imperial City abitano piccoli ma magniloquenti edifici di marmo, le strade si contorcono su se stesse così da costringere a lunghi giri, il tempo passa molto velocemente così da dare l’illusione che un viaggio di pochi minuti prenda tutta una giornata, e così via.
Ebbene, i ragazzi di Piranha hanno preso, per Gothic, una strada completamente diversa. Hanno rinunciato a priori alla rappresentazione non solo di un mondo, ma anche di una parte consistente di esso, e hanno trovato il giusto stratagemma narrativo per giustificare la creazione di una ambientazione molto piccola, all’interno della quale ci possa essere davvero spazio per il tanto evocato e poco praticato realismo. Questo ha avuto conseguenze pratiche che vanno al di là di quel che si potrebbe pensare. La libertà di non dover applicare stratagemmi come quelli appena spiegati in collegamento con Oblivion ha permesso agli autori di Gothic di creare un territorio digitale incredibilmente caratterizzato, che sembra davvero portare su di sé le stratificazioni storiche e geologiche che rendono unico ciascun territorio nella realtà. Dimentichiamoci gli improbabili territori selvaggi a pochi passi dalle mura cittadine, o montagne descritte come inaccessibili alte in realtà poche decine di metri: la genericità che l’uso della formula sempre comporta lascia spazio, in Gothic, alla specificità della costruzione plausibile. I vari insediamenti sono collegati da sentieri che pur pericolosi e talvolta remoti mostrano comunque traccia dell’attività umana; l’ambientazione è coerentemente descritta in termini circoscritti dal punto di vista del clima e dell’ecosistema, della cultura e del linguaggio; il territorio è spezzato da irregolarità che si sviluppano ampiamente anche in altezza, configurandosi come un puzzle di luoghi unici e memorabili, che consentono a chi ha un buon senso dell’orientamento di girare anche senza l’utilizzo di mappe.
Ancora oggi, dopo tanti anni e dopo tanti passi falsi, Piranha Bytes ha questa innegabile superiorità rispetto a qualunque altro sviluppatore: la sua capacità sopraffina di costruire ambientazioni realistiche. Per quanto ci riguarda, però, Gothic vince a mani basse sui loro prodotti successivi, magari più sviluppati dal punto di vista tecnologico, per il suo aver legato il realismo del mondo alla natura della narrazione. Ancora una volta, a vincere davvero sono l’equilibrio, l’armonia, il concerto.
Excursus: qualche consiglio per cominciare
Abbiamo sottolineato più volte il fatto che Gothic è un gioco che non perdona: anche chi lo ha già sperimentato a suo tempo e lo riprenderà in mano sarà comunque destinato a ricaricare spesso, dato che la minima distrazione (o qualche spavalderia di troppo) si risolverà con la morte del protagonista. Se invece non avete mai avuto occasione di provarlo, ecco qualche consiglio che potrà facilitarvi un po’ la vita. – Nella prima fase di gioco, il nostro personaggio dovrà conoscere le tre fazioni e poi decidere a chi affiliarsi. È una buona idea non decidere subito ma esplorare tutti e tre i campi e svolgere tutte le missioni richieste per il reclutamento, fermandosi un attimo prima di fare il passo decisivo. In questo modo si conosceranno meglio i comprimari e si otterrà il massimo dell’esperienza. In particolare, non completate la missione “Test of faith” prima di decidere a quale campo affiliarvi. – La scelta della fazione non ha in realtà effetti eclatanti, tranne che per i maghi. Se il vostro eroe vuole intraprendere la carriera di mago, deve limitare la sua scelta tra l’Old Camp e il New Camp, dato che lo Swamp Camp non ha maghi propriamente detti ma solo qualche incantesimo concesso dallo Sleeper e decisamente inadeguato al combattimento. – Durante le prime ore, il protagonista è assai debole e deve limitare gli scontri alle sole creature alla sua portata, cioè essenzialmente Scavenger e Molerat, e magari, ma facendo attenzione, le Bloodfly. Una buona tattica è separare i gruppi di nemici attirandone uno alla volta: con un po’ di osservazione potrete capire quando una creatura ostile ha percepito la presenza dell’eroe e si appresta ad attaccarlo, a quel punto basterà arretrare un po’. Il trucco però non funziona con tutti i nemici. – All’inizio potremo avere l’impressione che il denaro (cioè l’ore) scarseggi parecchio. In realtà ci sono un paio di modi per procurarsi fondi con relativa facilità. Il primo è rubare dai forzieri disseminati nelle capanne dell’Old Camp: basterà provare a entrare in ciascuna e controllare se il proprietario ci ha visti (in genere ci urlerà subito “Ehi you!” in caso affermativo); se nessuno ci disturberà potremo rubare senza problemi. Può essere utile, ma non indispensabile, apprendere l’abilità Sneaking che permette di muoversi furtivamente. Il secondo modo per arricchirsi è apprendere dagli addestratori le abilità che permettono di ricavare materiale dalle carcasse dei nemici uccisi: possiamo farlo per esempio interagendo con i due cacciatori di Scavenger che incontreremo poco dopo l’inizio del gioco, lungo la strada per l’Old Camp. Rivendendo denti, artigli e pellicce accumuleremo presto tutto il denaro che ci serve per acquistare anche le armature più potenti. È una buona idea, se si sceglie questa strada, aspettare a uccidere molte creature finché non si apprendono le relative abilità (Scavenger e Molerat si possono eliminare senza problemi dato che non permettono di ricavare alcunché). – Se si desidera provare tutte e tre le fazioni, può essere una buona idea cercare di risolvere la prima parte del gioco spendendo il minimo indispensabile di punti abilità e salvare subito prima di fare la scelta. In questo modo ricaricando il vecchio salvataggio si potrà provare un’esperienza diversa senza ricominciare tutto daccapo. – Il gioco abbonda di aree nascoste: può essere una buona idea arrampicarsi in tutti i punti che ne offrono la possibilità e cercare dietro elementi quali alberi o cascate per non farsi sfuggire niente. – Due personaggi nell’Old Camp sono disponibili ad accompagnare il nostro eroe negli altri due campi: mentre lo accompagnano, uccideranno ogni creatura incontrata senza pericolo (il gioco in quel momento li considera immortali) e il nostro eroe otterrà la relativa esperienza. Volendo si può sfruttare tutto questo per attirare verso di loro nemici momentaneamente al di fuori della nostra portata. |
6. Grafica e sonoro
Se paragonato ai videogiochi d’oggigiorno, Gothic è assai rudimentale dal punto di vista tecnico. A onor del vero, il motore grafico destava qualche perplessità anche ai recensori del 2001, per il suo tendere alla spigolosità e per il suo essere del tutto implausibile soprattutto nella resa dell’elemento vegetale (giusto per fare un esempio tra i più eloquenti, la cupezza delle foreste non è data dalla concentrazione fitta di alberi, ma dal fatto che i boschi hanno un ‘tetto’ sotto forma di soffitto su cui sono disegnate delle foglie). Non va mai dimenticato, però, che anche da questo punto di vista Gothic ha tentato quel che mai prima era stato fatto: la creazione di un mondo interamente tridimensionale e caricato in ‘streaming’ mentre il personaggio si muove, senza alcuna schermata di interruzione neanche tra interno ed esterno (solo i dungeon più grandi sono caricati separatamente). Non si tratta solo di elementi dal forte peso in termini di estetica: le ricadute sulla giocabilità sono innumerevoli. In Gothic, per esempio, è possibile entrare in un edificio, guardare fuori dalla finestra, scoccare una freccia attraverso la finestra, attirare un mostro all’interno di un edificio e farlo disorientare per agevolare la fuga, e così via.
Le animazioni dei personaggi, poi, potrebbero far scuola ancora oggi, tanto sono lucide e appropriate pur nella loro semplicità. E sono sicuramente migliori di quelle prodotte oggi dagli stessi sviluppatori, che peraltro non hanno più la scusante di essere i battitori di piste inesplorate.
Il comparto audio, dal canto suo, è tutt’ora ricordato dagli appassionati come un’altra componente fondamentale del gioco. Lo stile dell’autore, Kai Rosenkranz, è difficile da descrivere: i suoi brani sono estremamente semplici dal punto di vista della melodia e dell’arrangiamento, ma il loro insistere su poche note, quasi sempre evocate tramite corde, li rende perfetti per costruire quel senso di sospesa inquietudine che si lega alla perfezione alla filosofia di crudo realismo del gioco. Non va poi dimenticato che Gothic è stato pioniere anche nel proporre dialoghi interamente parlati, dal primo all’ultimo: una fattispecie oggi comune in tanti generi, ma all’epoca completamente assente dal panorama dei GdR digitali. Certo, la conseguenza è che le circonvolute conversazioni di un Baldur’s Gate sono impensabili, dato che richiederebbero centinaia di ore di parlato. Ma anche il fatto che ogni parola abbia un suo corrispettivo sonoro è parte del tutto, ossia della completa e perfetta simulazione.
7. Conclusioni
In questa analisi abbiamo voluto focalizzarci soprattutto su quel che rende Gothic unico e irripetibile e che costituisce il fondamento della sua importanza ‘storica’. Uno sguardo intellettualmente onesto si accorgerà ben presto, sperimentando il gioco, anche dei suoi difetti: oltre a quelli già citati, il fatto che quasi non esistono documenti scritti, e soprattutto il fatto che la trama nella sua prima parte fa immaginare chissà quali differenze di sviluppo in base alla scelta della fazione, mentre in realtà il gioco scorre, nella sua seconda parte, su binari piuttosto lineari.
Ma quel che ci preme ribadire più di ogni altra cosa è il carattere di sottile eversione che Gothic mostra nel momento in cui si fa pietra miliare. Siamo di fronte a un GdR che si scaglia come un ariete contro i pilastri ‘filosofici’ dell’interpretazione digitale, e che facendolo diventa, paradossalmente, un nuovo paradigma concettuale dell’interpretazione stessa.
Ancora una volta, l’analisi serrata porta a una conclusione a cui già altre volte approdammo: più che l’aderenza a schemi filosofici particolari, a contare, nel momento in cui si produce un’opera dell’ingegno, è lo sguardo d’insieme, la chiarezza dell’ispirazione. Gothic è per il GdR digitale ciò che il Sintetismo è stato nelle avanguardie artistiche del primo Novecento: nell’approfondire la filosofia iper-realista dell’Impressionismo, il Sintetismo approda a esiti compiutamente anti-naturalistici, che anticipano le successive tendenze simboliste, facendosi esempio di quanto gli opposti possano assomigliarsi. Cercando di portare l’interpretazione ai suoi massimi attraverso l’immedesimazione, Gothic rende plasticamente evidente, con le sue inconsistenze e con le sue palesi ingenuità, l’incompatibilità di queste due istanze: eppure questo gioco è la quintessenza del capolavoro imperfetto e tocca in profondità corde presenti in ciascun interprete digitale. Proprio come le opere di Gauguin ci toccano in profondità, pur nella loro semplicità disarmante.
Tre pregi di Gothic
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Tre difetti di Gothic
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Mondo di gioco realistico e credibile
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La trama è troppo poco differenziata in base alla fazione prescelta
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Simulazione a livelli altissimi
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La simulazione estrema porta a paradossi del tutto incompatibili con l’idea dell’interpretazione
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È stato il primo in tanti ambiti
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Manca completamente di testo scritto
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