Fallout New Vegas: Honest Hearts

La seconda mini-espansione per il capolavoro di Obsidian ci mette davanti le distese dei canyon di Zion, nelle quali ci aspetta una nuova e interessante avventura e tanti suggestivi panorami.

[articolo originariamente pubblicato il 22 giugno 2011]

1. Cambio di rotta
Se con le ormai sorpassate espansioni vendute in negozio l’obiettivo dello sviluppatore era solitamente, oltre ovviamente a spremere fino in fondo le potenzialità economiche di un titolo di successo, limare i suoi difetti venendo incontro alle richieste del pubblico, con la diffusione dei cosiddetti DLC (DownLoadable Content, contenuto scaricabile) la situazione è cambiata. La fisiologica ‘parcellizzazione’ dei contenuti ha reso possibile una loro differenziazione reciproca, che consenta di accontentare anche pubblici di tipo diverso, dotati di diversi desideri e speranze. L’appassionato radicale si approprierà senza tanti pensieri di tutte le espansioni: la platea meno attenta, d’altro canto, potrà scegliere tra un menu le cui portate spesso si distaccano non solo per l’ambientazione e la mini-trama, bensì anche per caratteristiche concernenti la stessa giocabilità, approfondita ora in un senso ora nell’altro.
Il primo DLC di Fallout: New Vegas, intitolato Dead Money, si concentrava sul movimento attento e furtivo, sulle sensazioni claustrofobiche, sulla necessità di aguzzare l’ingegno per superare trappole e oscure minacce. Si trattava, dunque, di un prodotto destinato a giocatori particolarmente attenti, disponibili a investire nel loro hobby anche il tempo di provare e riprovare più volte una medesima sequenza prima di venirne a capo. Con il secondo DLC, Obsidian muta decisamente il suo percorso e ci mette davanti un nuovo, vasto territorio, da esplorare liberamente e con serenità, ritornando a quella giocabilità lenta e pausata, fatta di azioni ma anche di contemplazione, che tanto contribuisce a rendere unici i GdR free-roaming cari a Bethesda (alla quale appartiene il motore di gioco su cui lo stesso New Vegas e le sue espansioni sono costruiti). Honest Hearts, dunque, rappresenta per certi versi un ritorno a casa per gli appassionati della serie: eppure gli elementi nuovi non mancano, e sono sufficienti a conferire anche a questa mini-espansione un suo ben preciso carattere. Indaghiamo la faccenda più in profondità.

2. Tra politica e religione
Anche Honest Hearts, come Dead Money, è acquistabile solo tramite Steam, la piattaforma di digital delivery di Valve cui si appoggia anche il gioco base; una volta attivata la nuova espansione e caricato un salvataggio precedente il finale, il nostro personaggio capterà il consueto messaggio radio che farà partire la nuova avventura. Si tratta questa volta non di un SOS ma piuttosto di una offerta di lavoro: la compagnia Happy Trails Caravan cerca una scorta armata per un pericoloso viaggio dal Mojave verso Zion, dov’è attesa da una tribù di Mormoni (New Canaanites) che rappresenta un buon partner commerciale. La compagnia è in attesa all’interno di una caverna, sorta di passaggio naturale verso i canyon che conducono nello Utah: per essere accettato come scorta, il nostro personaggio dovrà abbandonare tutti i suoi compagni di viaggio e anche parte del suo inventario, per non appesantire troppo la carovana.
Quando tutto sarà pronto, il viaggio potrà finalmente iniziare: le lunghe ore del suo svolgimento, astrattamente sintetizzate da una serie di schermate statiche, saranno una buona occasione per comprendere la situazione politica e sociale sviluppatasi all’interno degli scoscesi canyon scavati dal fiume Virgin. Il gioco non lo racconta esplicitamente, ma tutto parte dalla figura di Randall Clark, esploratore che per primo percorse i canyon di Zion dopo la guerra, che peraltro non aveva toccato quest’area, sorta di paradiso incontaminato anche dopo la catastrofe nucleare. Clark osserva da lontano l’attraversamento dell’area da parte di gruppi umani più o meno pericolosi e disperati, quasi tutti in fuga dalle devastazioni del conflitto alla base della storia futura immaginata dal gioco: non riesce però a non aiutare, seppur indirettamente, un indifeso gruppo di bambini, giunto su quei lidi per chissà quali ragioni. Crescendo, questi svilupparono una forma elementare di culto tribale verso quello che chiamano Father in the Cave, ossia il Padre nella Caverna, che altri non era che lo stesso Clark. Quando questi morì, lasciò le sue caverne piene di trappole impenetrabili per la tribù, che prese a trattare con timore e riverenza tutti i manufatti provenienti dalla cultura pre-bellica: questa tribù prese il nome di Sorrows e continuò pacificamente ad abitare i canyon. Questi ultimi, d’altro canto, diventarono terreno di guerra quando furono attraversati da alcuni Mormoni provenienti dalla città di New Canaan, inseguiti da una belligerante tribù nomade, chiamata White Legs (“Gambe Bianche”).
Qui c’è finalmente il legame con le vicende narrate nel gioco principale: il capo della sanguinaria “Legione”, Caesar, aveva un potente braccio destro, di nome Joshua Graham, ex Mormone convertitosi al verbo della Legione, peraltro da lui stesso co-fondata. Questo Joshua, ripetutamente nominato nel gioco base, venne abbandonato da Caesar dopo un grave insuccesso militare: ma il crudele leader della Legione non poteva limitarsi a scaricarlo, infatti pensò per lui una morte orribile. Cosparso di pece e gettato in un dirupo, Graham venne da allora ricordato come il Burned Man (“Uomo Bruciato”): ufficialmente morto, ma da molti ritenuto tuttora vivo e pronto a vendicarsi sul suo ex-capo. Le leggende hanno un fondo di verità: ne deve essere al corrente lo stesso Caesar, dato che i White Legs, alleati della Legione, sono stati mandati contro New Canaan proprio nel tentativo di eliminare definitivamente Graham. Di questa battaglia pagano le spese i poveri Sorrows, che hanno come unico torto quello di vivere nel luogo del conflitto: nei canyon del fiume Virgin il nostro personaggio incontrerà tutte queste tribù e verrà soprattutto in contatto con i terribili sensi di colpa dei Mormoni, alla ricerca di un modo per salvare gli innocenti ma dotati di idee anche molto diverse riguardo al come raggiungere questo ambizioso obiettivo.

3. L’eroe a caccia di panorami
Concretamente, Honest Hearts ci mette a disposizione un nuovo, vasto territorio da esplorare, dentro il quale troveremo una serie di missioni tutte in qualche modo legate al destino delle tribù che popolano i canyon scavati dal fiume Virgin. Non ci troveremo mai di fronte a incarichi particolarmente ramificati e complessi: il più delle volte, si tratterà di eliminare guerrieri appartenenti alla tribù White Legs, oppure di trovare manufatti nascosti in aree difficilmente raggiungibili. Fin dalle prime battute si comprende che Honest Hearts non punta, come il suo predecessore Dead Money, sulla raffinatezza e sull’intensità dei contenuti, quanto piuttosto sulla creazione di una nuova ambientazione, a suo modo evocativa e poetica, dotata di una sua identità precisa pur non rinunciando a puntuali rimandi al gioco originale. In più di una occasione, la sfida maggiore rappresentata dall’avventura è intimamente connessa proprio alla struttura dei nuovi territori, molto sviluppati in senso verticale: quel che sulla mappa automatica appare vicinissimo si rivela in realtà raggiungibile solo dopo lunghe divagazioni attraverso rampe, ponti sospesi sul vuoto e caverne.
Questo girovagare mette in evidenza non solo l’ottimo lavoro svolto dai grafici nella ricostruzione dei panorami dei canyon (per quanto il motore grafico del gioco ormai cominci a dimostrare tutti i suoi anni, soprattutto di fronte ai virtuosismi di prodotti più recenti come The Witcher 2), ma anche l’apprezzabile tentativo di variare ulteriormente le atmosfere tramite l’innesto di dettagli che sanno fare la differenza, primo tra tutti il mutare delle condizioni atmosferiche: pioggia, vento e nebbia possono rendere più difficoltose, ma anche più interessanti, le nostre esplorazioni, senza contare che l’onnipresenza del fiume Virgin ha consentito di dedicare grande attenzione anche all’acqua, molto ben realizzata e sfruttata a dovere anche in alcune missioni. Come già si accennava, un elemento indubbiamente positivo è anche rappresentato dai legami col gioco originale: per chi si è appassionato delle vicende relative ai gruppi di potere che si contendono il dominio del Mojave e di New Vegas, sarà interessante completare Honest Hearts anche solo per approfondire la storia di figure come il mitico Burned Man.
E non si pensi che tali legami siano puramente tematici, avendo essi al contrario un preciso riverbero anche in termini di giocabilità: a seconda di quel che il nostro personaggio avrà fatto (o non fatto) nel gioco base, egli avrà a disposizione, nell’espansione, risposte differenti nei dialoghi. C’è da dire, a onor del vero, che in questa espansione non c’è la quantità di scelte reciprocamente intrecciate viste nel gioco base: in fin dei conti esiste un’unica vera scelta ‘narrativa’, che verrà fatta nelle ultime battute e che condizionerà profondamente il finale. Ciò detto, al giocatore viene lasciata una sufficiente illusione di libertà, concretizzata però più sul lato esplorativo che su quello narrativo: un elemento, questo, che potrebbe deludere i fan storici della serie. Honest Hearts permette al giocatore di reclutare tre nuovi compagni di viaggio: anche se non si raggiungono i virtuosismi toccati in Dead Money, anche in questo caso il tentativo di conferir loro una personalità credibile, veicolata anche attraverso tematiche drammatiche, è decisamente apprezzabile.

4. Conclusioni
Pur rimanendo senza dubbio un prodotto di alta qualità, dobbiamo ammettere che Honest Hearts non ci ha entusiasmato come la prima mini-espansione, Dead Money. Se quest’ultima dimostrava sotto di sé un eccezionale lavoro di ‘distaccamento’ dal gioco originale, nel tentativo di offrire qualcosa di profondamente nuovo pur se coerente col tutto, Honest Hearts si limita a proporre una giocabilità più convenzionale, semplicemente rivestendola di un’ambientazione inedita. Considerando la quantità abnorme di contenuti già offerti da New Vegas, e considerando che una mini-espansione non potrà mai per sua natura competere con l’intreccio di sì vasti contenuti, ci sentiamo di poter dire che Honest Hearts va consigliato soprattutto a chi ha amato alla follia il gioco base e non vuole rinunciare alla possibilità di indagarne più a fondo il mondo e le atmosfere.

Tre pregi di Honest Hearts
Tre difetti di Honest Hearts
Nuova ambientazione molto ben realizzata
I meccanismi della giocabilità non hanno subito variazioni significative
Le nuove avventure sono indipendenti dal gioco base, ma a esso strettamente legate
Le missioni sono semplici e lineari
L’esplorazione del territorio è varia e appagante
La narrazione è vistosamente ‘piatta’ rispetto a quanto visto in New Vegas e Dead Money

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