Fallout 4

Il nuovo GdR di Bethesda è un’opera grandiosa e coinvolgente, ma è anche il primo prodotto di punta di questa casa di sviluppo statunitense per il quale non ci sentiremmo di spendere la parola “capolavoro”.

[articolo originariamente pubblicato il 19 maggio 2016]

1. A cosa serve Fallout 4?
Ogni settore dell’intrattenimento digitale ha i suoi titoli di riferimento, e non si può negare che il marchio Fallout sia diventato, nel corso degli anni, l’esempio dell’incarnazione paradigmatica del GdR digitale. Gli appassionati di vecchia data lo connettono istintivamente ai primi due gloriosi capitoli, di Interplay e Black Isle, mentre le generazioni più recenti lo evocano in connessione con le sue incarnazioni contemporanee, l’epico terzo capitolo di Bethesda e l’altrettanto valido spin-off Fallout New Vegas di Obsidian. La natura della giocabilità è cambiata considerevolmente col passaggio dai titoli ‘storici’ a quelli più recenti: a non essere mutato, però, è il sapore globale dell’esperienza, dominata da trame e personaggi di forte spessore e notevole duttilità, veicolati con accenti più o meno riusciti ma sempre di alta qualità generale.
Il nuovo capitolo, semplicemente intitolato Fallout 4, esce di nuovo dalle sapienti mani di Bethesda, celebre e discussa casa di sviluppo statunitense nota tra gli appassionati soprattutto per la sua pluripremiata serie di GdR ad interpretazione ‘totale’ di ambientazione fantasy The Elder Scrolls. I giochi appartenenti a questa serie sono spesso oggetto di infuocato dibattito tra gli appassionati, principalmente a causa della loro natura altamente simulativa, che mette consapevolmente da parte molte consuetudini del GdR cosiddetto story-driven, ossia caratterizzato da un’interpretazione che acquista senso in forza dello sviluppo della trama o delle sotto-trame. Era proprio per questo motivo che, durante i mesi che precedettero l’uscita di Fallout 3, molti appassionati esprimevano perplessità: come può, ci si chiedeva, una casa di sviluppo specializzata nella libera esplorazione realizzare un gioco appartenente a una serie che fa della trama forte il suo principale motivo d’orgoglio? Fallout 3, però, fugò ogni dubbio, soprattutto grazie all’originalità dell’impostazione scelta da Bethesda, molto lontana da quella dei giochi della serie The Elder Scrolls. Se questi ultimi permettono una interpretazione soddisfacente a prescindere dalle missioni, Fallout 3 offre sì un mondo liberamente esplorabile, ma lega la crescita del personaggio e l’esperienza del giocatore allo svolgimento delle missioni principali e secondarie, che si inseriscono nell’ambientazione a mo’ di racconti indipendenti, permettendo ciascuna di esse scelte interpretative di non trascurabile profondità.
Fallout 4 risulta, se confrontato con i capitoli precedenti, di più difficoltosa definizione e classificazione. Per determinati versi, l’impostazione sembra ancora più fedele a quella dei capitoli ‘storici’, dato che la trama principale presenta varie diramazioni reciprocamente escludenti, che portano a conseguenze enormemente differenti. Da certi altri versi, però, il gioco sembra stimolare l’esplorazione libera e la giocabilità ‘anarchica’ più ancora di quel che accade nei giochi della serie The Elder Scrolls. Un primo problema da mettere a fuoco potrebbe essere proprio questo: a differenza dei precedenti prodotti Bethesda, Fallout 4 sembra fin dalle battute iniziali un gioco dalle ambizioni esagerate e poco inter-connesse, che fatica a mettere a fuoco il suo obiettivo e quindi a ‘trascinare’ l’utente verso di esso. Cerchiamo di analizzare le varie componenti di questo mastodontico prodotto e di approfondire cosa c’è che va e che non va.

2. Il Commonwealth
L’ambientazione della serie Fallout può essere definita “retro-futuristica”: collocata in una immaginaria storia futura, assorbe gran parte della sua identità estetica dalla tecnologia e dalla moda degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. Gli autori del gioco originale (principalmente Tim Cain e Feargus Urquhart) immaginarono un’umanità assai più affamata di risorse fossili di quel che in realtà l’umanità attuale è, principalmente a causa dei limiti di uno sviluppo ‘bloccato’ a prima dell’introduzione delle nanotecnologie. Con il progressivo esaurirsi del petrolio, scatta la guerra tra Stati Uniti, Russia e Cina (la cosiddetta Resource War), che prevedibilmente si conclude con il lancio di testate nucleari: in un solo giorno, il 23 ottobre 2077, al quale i posteri si riferiscono chiamandolo la Great War, il pianeta è ridotto a un cumulo di macerie.
Prevedendo i possibili sviluppi, prima della catastrofe qualcuno corre ai ripari: un’azienda americana, la Vault Tec, offre la possibilità, dietro lauto pagamento, di ‘prenotare’ un posto in uno dei suoi rifugi antiatomici, i cosiddetti vault, così da avere un minimo di prospettiva in caso di olocausto nucleare. Il protagonista di Fallout 4 è proprio un abitante di uno di questi rifugi, come peraltro accadeva anche nel primo e nel terzo capitolo. Il gioco comincia, a dire il vero, con un piccolo tutorial collocato prima della guerra, che mostra il personaggio principale alle prese con il suo menage familiare. Il protagonista sarà, a seconda del sesso prescelto dal giocatore, il padre o la madre all’interno di una famiglia della middle class statunitense, in un tranquillo hinterland non lontano dall’odierna città di Boston. Nei primi minuti di gioco conosceremo il nostro figlioletto Shaun, quasi appena nato, nonché il solerte maggiordomo robotico Codsworth (che, come vedremo, figurerà anche tra i personaggi arruolabili). La serenità però dura ben poco: dopo essersi liberato del fin troppo zelante venditore della Vault Tec, opportunamente comparso a confermare la ‘prenotazione’ presso il vicino rifugio antiatomico, il protagonista ha solo il tempo di sentire alla televisione la notizia delle esplosioni nucleari prima di cominciare a correre verso il vault, sperando di arrivare in tempo per la salvezza.
Apparentemente va tutto bene: l’intera famiglia scende verso i piani bassi del rifugio e intraprende una procedura di decontaminazione. Ma c’è ahinoi qualcosa che il protagonista del gioco ancora non sa: lo scopo della Vault Tec non è tanto la salvezza dell’umanità, quanto la messa a punto di esperimenti talvolta sociali e psicologici, talaltra tecnologici. Nella fattispecie, quella che dovrebbe essere una semplice procedura di decontaminazione si rivela nei fatti un tentativo di crioconservazione. Tutti gli ospiti inconsapevoli del Vault 111 vengono ibernati all’interno di speciali contenitori, con l’obiettivo di studiare la possibile sopravvivenza di esseri umani in animazione sospesa per un periodo di tempo di 180 giorni. Ma qualcosa va storto: dopo questo lasso di tempo, l’overseer del vault (il responsabile del rifugio) non riceve il previsto ordine esterno e quindi decide di proseguire l’esperimento: lo staff però non è d’accordo e scatta una sorta di ammutinamento che porta, attraverso vicende non spiegate nei dettagli, al completo abbandono degli umani in animazione sospesa al loro destino. Tutto questo il protagonista, e il giocatore con lui, lo scoprono solo più avanti: subito dopo l’attivazione della crioconservazione, lo schermo si scurisce a indicare il passaggio del tempo. Dopo qualche istante, il personaggio principale per qualche motivo riprende conoscenza e vede davanti a sé una scena terribile, durante la quale non può intervenire in quanto bloccato dalla crioconservazione: il suo partner (il marito nel caso il protagonista sia di sesso femminile, la moglie in caso sia di sesso maschile) viene ucciso da dei sicari e il piccolo Shaun rapito dai sicari medesimi. Lo schermo a questo punto torna ad annerirsi, ma a un certo punto il protagonista torna ad avere il controllo di sé e riesce a liberarsi dalla sua cella frigorifera: è solo a questo punto che comincia il gioco vero e proprio. Esplorando il vault e risalendo infine al mondo esterno, che nel gioco viene chiamato Commonwealth (in riferimento al Commonwealth del Massachussets, che è il vero nome dello stato americano con capitale Boston), il nostro alter ego si rende conto che dall’inizio della sua prigionia sono passati ben 210 anni, dato che il calendario segna l’anno 2287. Tutti gli altri ‘ospiti’ del vault sono prevedibilmente morti: il protagonista si trova completamente solo in un mondo che ha solo una vaga somiglianza con quello conosciuto prima delle esplosioni nucleari. Il suo obiettivo, però, è fin da subito molto chiaro: ritrovare il piccolo Shaun e scoprire le motivazioni dietro il suo misterioso rapimento.

3. Istantanea
Come già dicevamo in introduzione, a Fallout 4 è complicato assegnare un’etichetta che ne definisca la natura in una o due parole. Per il momento accontentiamoci di questo: si tratta di un GdR a esplorazione quasi-libera, nel quale il giocatore controlla un unico personaggio tramite una visuale in prima o in terza persona. Il protagonista, al quale può affiancarsi un compagno di viaggio (occasionalmente anche più di uno), può muoversi fin dall’inizio nella quasi totalità del mondo di gioco, che rappresenta, con approccio comprensibilmente ma non eccessivamente sintetico, le rovine della città di Boston e i suoi dintorni (Concord, Arlington, Cambridge, Newton, Milton). Il gioco alterna fasi di combattimento in tempo reale (con possibilità di mettere quasi in pausa per mirare a specifiche parti del corpo) a dialoghi piuttosto semplicistici tramite i quali vengono dipanate missioni principali, secondarie e “procedurali”, ossia generate in modo semi-casuale. La trama principale, dopo la quale è peraltro possibile continuare indefinitamente la partita, richiede l’adesione da parte del protagonista a una di quattro fazioni in competizione tra loro: le ultime fasi della vicenda narrata cambiano anche considerevolmente in funzione dello schieramento prescelto.
Oltre alle consuete modalità di spostamento tramite camminata e corsa, Fallout 4 implementa anche lo sprint veloce già visto in Skyrim: il suo utilizzo però consuma rapidamente i punti azione, gli stessi che gestiscono il combattimento mirato, chiamato, come anche nei precedenti capitoli, VATS (SPAV nella versione italiana). Nel gioco esistono vari specchi e corsi d’acqua, esplorabili anche in profondità dato che il protagonista è perfettamente in grado di nuotare.
Val la pena sottolineare che rispetto ai capitoli precedenti il sistema di controllo sembra assai più dipendente dallo sviluppo per console: mentre Fallout 3 e New Vegas potevano essere controllati quasi interamente tramite mouse (tranne, ovviamente, per quanto riguarda lo spostamento del personaggio), Fallout 4 spinge notevolmente verso l’uso della tastiera o del controller, fino a imporlo in determinati casi, anche nelle schermate statiche.
Vi sono parecchie altre novità rispetto agli episodi precedenti. È completamente nuova, per esempio, la modalità di gestione della power armor (in italiano armatura atomica), che ora dev’essere periodicamente aggiustata nonché alimentata da ‘batterie’ chiamate fusion core. Altro importante elemento inedito è il fatto che il protagonista durante i dialoghi parla: si tratta del primo gioco Bethesda in assoluto con un personaggio principale dotato di voce. Forse però la novità principale è l’introduzione di un importante elemento gestionale sotto forma della possibilità di costruire e organizzare insediamenti umani, con conseguente maniacale attenzione per il comparto cosiddetto del crafting, ossia connesso alla creazione di oggetti personalizzati. Ora ci occuperemo nel dettaglio di tutti questi aspetti, e di tanti altri ancora.

4. Il sistema di sviluppo del personaggio
Pur basandosi sulle consuete sette statistiche che compongono il cosiddetto sistema S.P.E.C.I.A.L. (Strength, Perception, Endurance, Charisma, Intelligence, Agility, Luck), Fallout 4 implementa una modalità di gestione del personaggio completamente nuova rispetto ai capitoli precedenti. Durante il tutorial, più nel dettaglio durante la visita del petulante venditore Vault-Tec, al giocatore è richiesta la distribuzione di un totale di 28 punti tra le sette caratteristiche sopra citate: com’è consuetudine nei giochi Bethesda, peraltro, le scelte fatte possono essere riviste prima del termine del tutorial stesso.
Una volta creato il personaggio, che naturalmente può essere ampiamente personalizzato anche dal punto di vista estetico, la sua crescita viene gestita tramite il sistema dei punti esperienza, che vengono assegnati sia in seguito all’uccisione di creature nemiche sia, in misura molto maggiore, dopo il completamento delle missioni. Quando viene raggiunto un nuovo livello, il giocatore otterrà un punto abilità con il quale potrà decidere di aumentare una delle sette caratteristiche, il cui valore va da 1 a 10, oppure di ottenere o migliorare uno dei perk collegati alle caratteristiche medesime. Ciascun valore relativo allo S.P.E.C.I.A.L., infatti, è collegato a dieci differenti perk, ordinati in base alla potenza: per attivarne uno, sarà necessario che la relativa caratteristica abbia il giusto valore, mentre per migliorarli sarà necessario arrivare a un determinato livello. I perk sono organizzati in una schermata molto simpatica, simile a una sorta di poster interattivo: molti di loro recuperano idee già presenti nei capitoli precedenti, mentre altri introducono funzionalità inedite o si collegano a comparti precedentemente assenti (come il comparto gestionale). 

Faremo alcuni esempi sparsi per non appesantire troppo il testo. I perk più potenti collegati al Carisma, ad esempio, permettono di ‘pacificare’ animali e umanoidi ostili, o di organizzare linee commerciali tra gli insediamenti. Per rendere questi ultimi caratterizzati da tecnologie all’ultimo grido, sarà necessario investire nei perk relativi all’Intelligenza. Quelli connessi alla Fortuna, invece, permettono di aumentare l’efficacia dei colpi critici (il cui funzionamento spiegheremo più avanti), ma anche di ‘rimbalzare’ i proiettili verso il nemico che ce li ha sparati. A ogni passaggio di livello, quindi, il giocatore dovrà scegliere se investire il suo punto abilità per acquisire un nuovo perk, per migliorare un perk già attivo, oppure per aumentare una delle caratteristiche: quest’ultima operazione non permette solo di sbloccare nuovi perk su cui investire punti in futuro, ma anche di avere miglioramenti immediati. La Forza, per esempio, influenza direttamente il danno in corpo a corpo e il peso trasportabile, mentre la Percezione migliora l’efficacia del VATS durante i combattimenti.
La scelta di caratteristiche e perk influenza molto la modalità di approccio al gioco, soprattutto nelle prime fasi della partita: l’estrema libertà di movimento del protagonista implica la possibilità, per lui, di incontrare avversari potenti anche all’inizio dell’avventura, anche in forza del fatto che non esiste un sistema di livellamento indiscriminato dei nemici come in Oblivion, bensì una vaga organizzazione del mondo per ‘cerchi concentrici’, che peraltro non impedisce a determinati ‘boss’ di essere presenti anche in luoghi teoricamente sicuri. Con l’accumulo di livelli, comunque, la direzione assunta dallo sviluppo del personaggio diventa meno cruciale, complice anche l’assenza di un level cap: in altri termini, il giocatore può massimizzare la crescita del suo personaggio scegliendo lui stesso la tempistica di avanzamento di trama principale e missioni secondarie. Il rischio e la difficoltà, in Fallout 4, sono sempre calcolati e in un certo qual modo ‘ricercati’ dall’utente.

5. Il sistema di combattimento
Il comparto ‘bellico’ di Fallout 4 è ottimamente realizzato e si configura come uno dei più notevoli miglioramenti rispetto ai capitoli precedenti, nei quali peraltro già funzionava piuttosto bene. Il concetto alla base è assai simile: gli scontri si svolgono in tempo reale, ma è possibile in ogni momento attivare il VATS, ossia il sistema di puntamento automatico che consente di mirare alle specifiche parti del corpo del nemico, indicate a schermo con a fianco la percentuale di riuscita del colpo.
Non mancano, comunque, le novità, e sono assai sostanziose. Anzitutto l’attivazione del VATS non comporta il congelamento dello scorrere del tempo, come succedeva in Fallout 3 o in New Vegas: il tempo continua a passare, ma molto più lentamente, e le percentuali di riuscita del colpo si aggiornano in tempo reale sulla base del cambiamento dello scenario. Questa novità rende gli scontri assai più realistici e adrenalinici, senza però sfociare nella confusione e consentendo comunque al giocatore un ampio grado di controllo della situazione, con grande soddisfazione di chi, come noi, non fa dei riflessi fulminei la propria dote principale.
I nemici risultano poi, rispetto al passato, assai più reattivi e dinamici: si spostano imprevedibilmente sul campo di battaglia, utilizzano tecniche di attacco talvolta sofisticate e, nel caso delle creature umanoidi, cercano costantemente qualche copertura. Questo ci porta a un’altra grande novità, poco sottolineata dalla critica e probabilmente poco sfruttata dai giocatori stessi non venendo mai del tutto ‘spiegata’ dal gioco: Fallout 4 implementa un sistema di coperture, come, volendo rimanere nel nostro sotto-genere preferito, i giochi della serie Mass Effect. Avvicinando il personaggio con l’arma sguainata a un muro o a un qualunque elemento dello scenario utilizzabile come riparo, lo vedremo abbassare l’arma: è il segno che il personaggio è sotto copertura. A questo punto premendo il tasto destro del mouse, che attiva il puntamento di precisione, il personaggio sporgerà automaticamente dalla copertura, per rientrarvi una volta rilasciato il tasto. Va detto che il sistema è assai rudimentale e che è perfettamente possibile sopravvivere agli scontri senza utilizzarlo (cosa impensabile nel sopra citato Mass Effect, i cui combattimenti sono quasi interamente costruiti attorno all’utilizzo creativo delle coperture): ma la sua presenza contribuisce a rendere le sparatorie più interessanti e dinamiche.
Altra novità capace di influenzare in maniera decisiva lo svolgimento degli scontri è la gestione dei colpi critici, la cui attivazione viene demandata completamente al giocatore. L’idea è la seguente: ogni colpo a segno all’interno del VATS contribuisce al riempimento di una barra visualizzata a schermo; la barra completamente piena dà al giocatore la possibilità di attivare il critico premendo la barra spaziatrice subito dopo aver fatto partire il colpo nel VATS. Il colpo critico infligge assai più danni di uno normale, e in genere provoca la menomazione della parte del corpo coinvolta: come anche nei capitoli precedenti, la completa perdita di un arto provoca nel nemico un comportamento coerentemente conseguente. Un nemico gambizzato, per esempio, si muoverà molto lentamente o arriverà, al limite, a strisciare sul terreno.
Si diceva che i nemici combattono con tecniche diversificate e talvolta assai creative: è, questo, uno dei comparti di Fallout 4 in cui più si vedono passi avanti rispetto ai capitoli precedenti. Alcune creature, come per esempio i molerat o i radscorpion, scavano tunnel sotterranei per sorprendere il protagonista alle spalle. I feral ghoul, che rispetto ai capitoli precedenti sono diventati all’atto pratico dei veri e propri zombi (tanto che spesso si trovano nei cimiteri), si fingono morti e si ‘attivano’ quando meno ce lo si aspetta; quando attaccano, si buttano con tale forza verso il personaggio da cadere a terra per il rinculo; e non mancano occasioni in cui l’eroe li vedrà spuntare da buchi nel muro o condotti per l’aerazione. I terribili deathclaw, sempre più spaventevoli, utilizzano mosse speciali che consentono loro anche di afferrare il nemico con gli artigli e di sollevarlo da terra, impedendo qualunque azione per diversi secondi.
Un altro aspetto degno di nota collegato al combattimento è il perfezionamento nella gestione del movimento furtivo. Quando il nostro eroe sceglierà questo tipo di approccio, il gioco segnalerà a schermo la sua condizione di visibilità con una precisione molto maggiore rispetto al passato: vedremo non solo se il personaggio è nascosto o visibile, ma anche se la sua condizione è destinata a cambiare o meno. A darci queste informazioni sono le parentesi di fianco alla scritta su schermo: se si muovono, allontanandosi dalla scritta, significa che la nostra copertura sta per saltare. A tal proposito, un’altra importante novità è il fatto che ora la presenza di nemici viene segnalata tramite punti rossi sulla ‘bussola’ nella parte inferiore dello schermo solo nel momento in cui i nemici localizzano il protagonista: quando quest’ultimo è completamente nascosto non avrà alcun aiuto sotto forma di feedback grafico nel localizzare i nemici e dovrà farlo semplicemente osservando e ascoltando ciò che accade attorno a lui.
Complessivamente, il combattimento di Fallout 4 è molto godibile e rappresenta per molti versi il fiore all’occhiello di tutta la produzione. Le differenti componenti, alle quali va aggiunta anche una varietà di armi assai notevole e caratterizzata da modalità di utilizzo profondamente diverse tra loro, si fondono in un sistema che consente sia l’utilizzo adrenalinico dello sparatutto sia quello lento e ragionato del gioco strategico, con tutte le contaminazioni possibili tra questi due generi all’apparenza così lontani. Un’alchimia così equilibrata e funzionale è davvero una perla rara in un mondo nel quale le ibridazioni poco riuscite sono ahinoi all’ordine del giorno: fa sorridere, d’altro canto, pensare che lo stesso Fallout 4 presenta, in altri ambiti, i problemi di identità disequilibrata così brillantemente risolti nel comparto relativo al combattimento.

6. I dialoghi
Come già dicevamo sopra, una delle più importanti novità di Fallout 4 è il protagonista ‘parlante’: negli episodi precedenti della saga, e in generale in tutti i precedenti giochi Bethesda, le frasi pronunciate dal protagonista erano solamente scritte a schermo e non interpretate da un attore. Si tratta di un aspetto che non ci risulta sia stato richiesto a gran voce dalla comunità: che il personaggio principale abbia una sua voce è essenziale nei prodotti che hanno una natura para-cinematografica, come, ancora una volta, la saga di Mass Effect.
Ebbene, sperimentando il modo in cui i dialoghi sono organizzati in Fallout 4 si ha la netta impressione che Bethesda abbia voluto richiamarsi precisamente alla celebre space opera di Bioware: non solo infatti il protagonista è doppiato, ma le risposte a schermo sono ora disposte secondo l’ormai noto sistema della ‘ruota’, proprio come in Mass Effect (e anche nei successivi prodotti Bioware appartenenti alla saga di Dragon Age). Ne consegue che le risposte possibili a ogni singolo dialogo sono sempre quattro: in genere, la risposta in alto porta ad approfondire il tema oggetto di discussione, quella in basso è affermativa, quella a destra è negativa e quella a sinistra è “sarcastica”.
Va sottolineato che le battute a schermo non corrispondono a quanto effettivamente dirà il protagonista: il giocatore avrà a disposizione un sunto costituito spesso da una sola parola (come l’onnipresente opzione sarcastica, che riporta solo questa parola: sarcastic). La conseguenza, già peraltro sperimentata nei dialoghi di altri giochi che seguono la medesima filosofia, è che spesso il giocatore si sente incapace di controllare la direzione in cui il dialogo procede: non sempre, infatti, la risposta selezionata porta all’esito immaginato.
Peraltro, se l’obiettivo di Bethesda era quello di conferire ai dialoghi uno spessore cinematografico, possiamo tranquillamente affermare che qualcosa è andato storto: la telegraficità degli scambi, unita alla totale assenza di una regia creativa dato che le inquadrature sono più o meno fisse e risultano spesso ‘sporcate’ da intralci, rende le conversazioni di Fallout 4 un qualcosa di tutt’altro che memorabile. Contribuisce alla nostra perplessità anche la perseveranza degli autori nella dissennata scelta, già vista in Skyrim, di non bloccare lo scorrere del tempo durante i dialoghi: mentre il nostro alter ego è impegnato nel confronto verbale decisivo per la missione in corso, sullo sfondo potrà capitare qualsiasi cosa, incluse fattispecie che potranno interrompere la conversazione distruggendo il pathos a essa connesso. La rete è piena di esempi involontariamente esilaranti: il lettore immagini ad esempio un qualche colono che ringrazia felice il nostro eroe per averlo liberato da qualche minaccia mentre dietro di lui un deathclaw sta facendo strage dei suoi familiari. Anche senza arrivare a questo estremo, le modalità casual con cui il gioco implementa i dialoghi portano continuamente a momenti in cui la suspension of disbelief è messa a dura prova.
Che motivo ci può essere dietro scelte artistiche tanto discutibili? Pete Hines, vicepresidente di Bethesda nonché responsabile delle pubbliche relazioni della casa di sviluppo statunitense, ha affermato in una intervista di essere stato più volte irritato, in Fallout 3, dall’impossibilità di abbandonare un dialogo senza prima arrivare alla sua conclusione. In Fallout 4 (ma anche in Skyrim) basta semplicemente spostare il personaggio giocante qualche passo lontano da chi gli sta parlando per interrompere subito la conversazione: problema risolto. Ora: non sappiamo quale sia l’esperienza di chi ci sta leggendo, ma noi mai e poi mai abbiamo sentito l’esigenza di interrompere una conversazione prima del tempo, indipendentemente dal videogioco di cui si stia parlando. Anzi: il problema, di solito, è esattamente l’opposto. Quasi sempre a farci imbronciare non è tanto la lunghezza eccessiva dei dialoghi, quanto la loro brevità eccessiva. Ma, e stiamo citando testualmente dall’intervista sopra citata, il nostro Pete Hines dice: «I don’t have the attention span for long dialogues!». Senza voler troppo infierire, ci sentiamo di affermare che finché Bethesda avrà un vicepresidente così, difficilmente il suo comparto dialogico migliorerà.
Intendiamoci: la quantità di dialoghi di Fallout 4 è, se presa nella sua interezza, un qualcosa di sbalorditivo. Il gioco ha più linee di conversazione registrate di Fallout 3 e di Skyrim messi insieme. Il problema è che tale abbondanza non si percepisce affatto durante l’esperienza diretta: complice anche il fatto che il gioco implementa diverse importanti biforcazioni sia nella trama principale sia nelle missioni secondarie, i dialoghi che il giocatore sperimenta tendono a essere sempre stringati ed essenziali, e il contributo dato dalla voce del protagonista all’atmosfera generale dà l’impressione di essere tutto sommato trascurabile.
L’innegabile semplificazione che ha investito il comparto dei dialoghi tocca non soltanto la loro organizzazione, ma anche la gestione delle scelte legate alla persuasione. Nei capitoli precedenti, qualunque caratteristica o perk poteva entrare in gioco nell’aprire all’utente nuove strade con cui convincere o aggirare gli interlocutori: in Fallout 4, invece, a essere coinvolto è unicamente il valore del Carisma. Le scelte che lo richiedono sono segnalate da un colore diverso, che cambia in base alla difficoltà: verde se il successo è quasi garantito, arancione o rosso se è più probabile il fallimento. Va detto che le opzioni collegate al Carisma sono assai numerose e ben distribuite, e che il loro utilizzo talvolta risolve in pochi attimi questioni altrimenti parecchio complesse: ma questo non basta a ripagarci per la complessiva insoddisfazione che ci hanno lasciato i dialoghi di Fallout 4.

7. Gli insediamenti
Un altro comparto che in Fallout 4 ha avuto una riscrittura totale rispetto ai capitoli precedenti è il cosiddetto crafting, ossia tutto l’ambito relativo alla creazione e al miglioramento di oggetti personalizzati: l’ampliamento di cui questo settore è stato oggetto è talmente poderoso da averlo reso quasi una sorta di gioco-nel-gioco. Il nostro personaggio, infatti, non potrà solo costruire e migliorare armi o armature, ma anche interi villaggi, dalle case ai singoli pezzi di arredamento.
Vediamo più nel dettaglio come funziona la creazione e la gestione degli insediamenti. Il Commonwealth è punteggiato di luoghi nei quali si trova una particolare postazione di lavoro chiamata workshop. In genere, il nostro eroe non può interagirvi appena la incontra: ma dopo aver risolto una o più missioni secondarie (solitamente, dopo aver ripulito il luogo dai nemici), il workshop diventerà attivo e consentirà al protagonista di ‘lavorare’ all’interno di quella zona. Interagendo con la postazione, la visuale passerà automaticamente in prima persona: un menu di costruzione comparirà nella parte bassa dello schermo e una linea verde nel mondo di gioco indicherà il confine entro cui sarà possibile distruggere o edificare. Mentre la modalità costruzione è attiva, il personaggio può muoversi liberamente: puntando lo sguardo su un oggetto già esistente potremo distruggerlo e/o cambiarne la posizione e/o gestirne il funzionamento, mentre selezionando tramite tastiera un qualche manufatto dal menu di costruzione potremo collocarlo nel mondo di gioco, nella posizione che preferiremo.

La costruzione di qualunque cosa è possibile solamente se abbiamo a disposizione la giusta quantità di materiale, che può essere sia nell’inventario dell’eroe sia in quello del workshop, nel quale è possibile depositare oggetti come in un qualsiasi contenitore. Le materie prime si trovano sia all’interno delle armi e delle armature, sia soprattutto all’interno degli oggetti più disparati presenti nel mondo di gioco: uno dei meriti maggiori del comparto di crafting di Fallout 4 è quello di dare un senso a tutti gli oggetti che si possono raccogliere o spostare, che avevano una funzione principalmente immersiva nei capitoli precedenti e che ora invece si configurano spesso come la chiave di volta nella creazione di edifici, armature, mod per le armi. Naturalmente raccogliere tutto ciò che ci capita per le mani è un’impresa impossibile, dato il limite di peso trasportabile: ma il gioco implementa un interessante, anche se un po’ macchinoso, sistema di ‘tracciamento’ delle materie prime. ‘Marchiandone’ una all’interno di un qualunque menu, vedremo gli oggetti che la contengono opportunamente evidenziati e dunque sapremo cosa raccogliere.

Di solito, quando si entra in possesso di un insediamento è buona cosa cominciare distruggendo tutti gli oggetti inutili già presenti nell’area edificabile, così da avere una base di partenza di materiali con cui costruire. A quel punto il ventaglio di possibilità che ci si para dinnanzi è davvero notevole: potremo creare edifici, adoperando ‘moduli’ già predisposti o anche costruendo ogni singola parete, pavimento e tetto, e in seguito popolarli con mobilio di ogni tipo. Alcuni oggetti hanno determinati pre-requisiti per poter essere realizzati: alcuni, in genere i più avanzati tecnologicamente, richiedono un certo livello in alcuni perk; altri richiedono di essere collegati a una rete elettrica per poter funzionare. Sarà allora necessario costruire un generatore di energia e un sistema di cavi che colleghi tutti gli apparecchi elettrici. Alcuni oggetti, invece, devono essere ‘operati’ da un colono perché servano a qualcosa: è il caso delle piantagioni, ma anche delle postazioni difensive. Nella modalità di costruzione, infatti, il giocatore può anche interagire con gli abitanti del suo insediamento, assegnandoli a una determinata risorsa o a un determinato edificio: e se possiede il giusto livello nel perk chiamato Local leader, il giocatore può anche ordinare a un colono di organizzare una rotta commerciale tra due insediamenti, così da rendere una determinata risorsa accessibile a entrambi.

Le rotte commerciali possono essere necessarie, ad esempio, per garantire a ogni insediamento la giusta quantità di cibo: ciascun luogo sotto il controllo del giocatore è infatti costantemente monitorato sulla base del livello di soddisfazione dei suoi abitanti, che può mutare principalmente in base alle risorse (cibo, acqua, energia, difesa) messe a loro disposizione. E non è tutto: mentre il nostro eroe è impegnato nelle sue missioni, potrà capitargli di ricevere comunicazione riguardo a un attacco di cui è oggetto uno dei suoi insediamenti. A quel punto, sarà d’uopo precipitarsi quanto prima in loco così da contribuire alla difesa del villaggio.
La gestione degli insediamenti rappresenta, nell’ambito del prodotto vasto e complesso che è Fallout 4, una interessante variazione sul tema: va sottolineato peraltro che nessuna delle sue componenti è in alcun modo ‘obbligatoria’, quindi il giocatore poco interessato all’aspetto gestionale può tranquillamente ignorare del tutto il comparto e godersi comunque l’avventura. Chi invece è più portato a lasciarsi catturare dal Sim-fan che è in ciascuno di noi potrà trovare, in questo ambito, ore e ore di divertimento: anche solo costruire e arredare la casa dei propri sogni, ricercando tutto il materiale necessario, può rappresentare una sfida divertente e coinvolgente. Certo, il sistema implementato da Bethesda non è certamente l’ideale: gestire la costruzione degli edifici con una visuale in prima persona è talvolta parecchio frustrante, e forse l’implementazione di una visuale a volo d’uccello avrebbe giovato parecchio all’intero comparto. Ma la nostra perplessità maggiore in realtà è un’altra. Anche gli insediamenti costruiti dal giocatore sono composti da rottami, secondo la tipica estetica post-atomica veicolata dal gioco: il loro aspetto finale, indipendentemente dagli sforzi dell’utente, non sarà mai troppo differente da quello di tutti gli altri insediamenti presenti nel Commonwealth. La domanda che ci sorge spontanea è: perché dovremmo lavorare ore e ore per costruire da zero un villaggio che poi a conti fatti è sempre e comunque un triste e sporco cumulo di rottami e di materiale di recupero? Non sarebbe stato assai più logico e soddisfacente permettere al giocatore di costruire insediamenti che avessero finalmente l’aspetto di luoghi moderni, puliti e, in definitiva, ‘nuovi’?

8. Nemici leggendari e armature atomiche
La gestione degli insediamenti può essere considerata, come già detto, una parte del cosiddetto crafting: da questo punto di vista Fallout 4 è davvero flessibile e creativo, permettendo la personalizzazione di tutte le armi e le armature presenti nel gioco. Il Commonwealth è punteggiato di postazioni di lavoro, ciascuna delle quali apre un menu, corredato anche da apposita sofisticata animazione, tramite il quale possiamo trasformare anche la pistola più insignificante nella nostra arma prediletta.
Le modifiche possono riguardare tutte le componenti dell’oggetto in esame: nel caso di un’arma, ad esempio, possono rendere più preciso il sistema di puntamento, cambiare la natura dei danni, aggiungere una baionetta per aggiungere un danno in corpo a corpo, e queste sono solo alcune delle opzioni disponibili. Certo, le funzionalità più potenti e avanzate richiedono di investire punti negli appositi perk: anche in questo caso sta alla sensibilità e alle preferenze del singolo giocatore decidere se dedicare tanto o poco tempo e impegno all’artigianato. Se è vero che anche le armi e le armature più potenti possono essere in qualche modo potenziate dal crafting, è altrettanto vero che il gioco ci fornisce manufatti unici già predisposti e sufficientemente letali con notevole costanza
.
A tal proposito, val la pena raccontare qui un’altra importante novità di Fallout 4 rispetto ai capitoli precedenti. Periodicamente, il nostro personaggio incontrerà, nelle sue peregrinazioni, nemici particolarmente ostici, che il gioco stesso etichetterà come nemici “leggendari”: si tratta di versioni assai potenti di creature di qualunque tipo, dal molerat al deathclaw, talvolta di colore diverso, talaltra di dimensioni più imponenti. Il nemico leggendario ha due caratteristiche eminenti: anzitutto, può ‘mutare’ durante il combattimento, ossia rigenerare all’istante tutti i punti ferita persi; in secondo luogo, lascerà a terra, dopo essere stato sconfitto, un manufatto unico, di solito caratterizzato anche da un nome particolare. I nemici leggendari e i relativi oggetti unici sono generati casualmente, quindi non sempre le caratteristiche di questi ultimi sono alla fin fine così utili nell’economia del gioco: ma si tratta senza dubbio di un elemento che arricchisce la variabilità delle situazioni. Qualcuno potrebbe affermare che in questo caso l’arricchimento va in una direzione più adatta a un GdR action alla Diablo che non a un GdR tout-court quale Fallout 4 comunque è: ma Bethesda ha chiaramente scelto di dare una certa preponderanza, nel sistema globale di gioco, all’elemento casuale, e ci tocca fare i conti con questa scelta, che ci piaccia o meno. Ci torneremo più avanti.

Escludendo il comparto relativo agli insediamenti, forse l’ambito in cui il crafting ha il peso maggiore è la gestione del power armor, l’armatura atomica. Come già dicevamo, anche in questo settore Fallout 4 introduce parecchie novità, che in questo caso ci sentiremmo di definire molto ben riuscite. Lungi dall’essere una normale armatura pesante, il power armor è diventato un manufatto dall’utilizzo complesso, che può cambiare notevolmente l’esperienza di gioco. Entrandoci, il nostro protagonista acquisterà una fisicità e un passo drasticamente diversi da quelli ‘normali’, e vedrà il mondo anche attraverso una diversa interfaccia, caratterizzata anche da momenti di autentico virtuosismo (come le gocce di pioggia che tracciano sul visore dell’elmo i percorsi irregolari che da bambini tutti ci divertiamo a seguire sul finestrino dell’automobile).
Ciascun power armor è composto da diverse componenti, tenute assieme da uno ‘scheletro’: quest’ultimo è sempre necessario, mentre tutti gli altri ‘pezzi’ sono opzionali e possono essere combinati liberamente. Ciascuno di essi può essere potenziato come le altre armi e armature, acquisendo funzionalità anche in grado di mutare profondamente la giocabilità complessiva: giusto per citare un paio di esempi, l’elmo può essere arricchito da un visore che evidenzia le forme di vita anche attraverso le pareti, mentre il busto può essere potenziato da un sensore che misura lo stato vitale del personaggio e gli somministra in automatico gli stimpak curativi quando necessario.
Attenzione, però: il power armor, a differenza delle altre armature, è oggetto di usura e se non viene riparato costantemente, attraverso l’utilizzo di materiale anche raro e costoso, può alla fine rompersi e diventare inutilizzabile. Senza contare che il suo funzionamento richiede anche una forma di energia, i cosiddetti fusion core, che vengono progressivamente consumati ogni volta che il personaggio esegue qualche mossa che richieda punti azione (quindi essenzialmente il combattimento con il VATS, ma anche gli sprint di corsa). Il gioco fornisce un numero più che sufficiente di fusion core per consentire un utilizzo quasi costante del power armor, purché il giocatore stia attento a non eccedere nell’utilizzo dei punti azione.
Ma non è tutto: il power armor implementa funzionalità che cambiano ancora di più la giocabilità globale. Per esempio, aumenta notevolmente la forza del personaggio e la sua resistenza alle radiazioni. In più, elimina ogni tipo di danno da caduta, trasformando anzi l’onda d’urto al momento dell’impatto in una inedita fonte di danno per i nemici. Ma forse l’aspetto più interessante è la modalità di esplorazione delle zone acquatiche: con indosso un pesantissimo power armor è impossibile nuotare, ma l’armatura implementa un sofisticato sistema di stoccaggio dell’ossigeno, consentendo dunque al nostro eroe di dedicarsi, se lo vuole, a lunghe incredibili ‘passeggiate’ sul fondo del mare e dei fiumi. Ecco un ambito in cui la creatività ha saputo conferire nuovo sapore alla giocabilità: chapeau!

Excursus: le quattro fazioni principali in lotta per il Commonwealth

I Minutemen sono il redivivo corpo d’intervento militare creato a suo tempo dalle colonie britanniche durante la conquista delle Americhe: il nome deriva dal fatto che dovevano essere pronti a combattere in meno di un minuto. I Minutemen sono la prima fazione incontrata dal giocatore, poco tempo dopo la fuga dal vault: inizialmente sono asserragliati dentro il museo di Concord, ma le azioni del protagonista potranno portare al loro spostamento in sedi progressivamente più prestigiose. I Minutemen rappresentano la fazione più simile allo schieramento dei ‘buoni’: la loro intenzione è semplicemente quella di aiutare gli abitanti del Commonwealth a risolvere qualunque problema connesso alla sicurezza. A volte, però, la loro filosofia naif sembra decisamente inadatta a governare una terra ostile come il mondo post-atomico: senza contare che le loro missioni fanno un uso decisamente sproporzionato della generazione procedurale, risultando in ultima istanza le meno interessanti.

La Brotherhood of Steel è una delle fazioni da sempre più importanti nell’intera saga di Fallout: si tratta di un corpo para-militare avente lo scopo di accumulare e studiare la tecnologia del vecchio mondo, evitando al contempo qualunque suo tipo di abuso. Mentre in Fallout 3 Bethesda aveva trasformato questa fazione, non senza proteste da parte dei fan, nello schieramento dei ‘buoni’, in Fallout 4 la BoS torna a essere una accolita caratterizzata da militarismo fanatico e obiettivi non sempre chiari e razionali. D’altro canto, scegliere questa fazione può portare al giocatore notevoli vantaggi dal punto di vista tecnologico, non ultima la possibilità di chiamare un vertibird (aereo da combattimento) per spostarsi nel Commonwealth o per bombardare postazioni nemiche dall’alto. La Brotherhood ha inizialmente un solo avamposto a Cambridge, ma col proseguire della trama si stabilisce presso le rovine dell’aeroporto di Boston, mantenendo il quartier generale all’interno di un mastodontico dirigibile di nome Prydwen, il cui profilo maestoso dominerà, da quel momento in avanti, lo skyline della città.

La fazione chiamata Railroad (il nome allude alla strada verso la libertà) è una accolita di guerriglieri che agisce clandestinamente in nome dell’auto-determinazione del singolo individuo, fosse anche una creatura robotica o sintetica. Secondo i membri di questo schieramento, i synth, ritenuti dalle altre fazioni semplicemente dei nemici da sconfiggere, sono in realtà creature capaci di sentimenti e riflessioni complesse proprio come gli esseri umani, e dunque meritevoli degli stessi diritti. La faccenda è naturalmente assai complicata, dato che una volta accettata questa ‘filosofia’ diventa parecchio arduo fissare una volta per tutte il confine tra l’uomo e la macchina, con esiti talvolta paradossali. Senza contare che le modalità para-terroristiche con cui il gruppo agisce ricordano fin troppo gli estremismi a cui possono portare le buone intenzioni quando non vengono filtrate da un’adeguata dose di equilibrio e razionalità. I Railroad agiscono nascostamente, quindi la loro sede andrà trovata dal giocatore sulla base di indizi e suggerimenti: ci asterremo dal rivelarla per non rovinare la scoperta.

L’enigmatico Institute rappresenta, nel corso di buona parte della trama principale, lo sfuggente nemico costantemente maledetto non solo dalle altre fazioni ma anche da gran parte degli abitanti del Commonwealth. La sua colpa principale è, a detta dei suoi nemici, la creazione dei famigerati synth, creature robotiche indistinguibili dagli esseri umani e infiltrate all’interno delle comunità con l’obiettivo di spiarle o di sabotarle. Durante l’avventura, però, il nostro personaggio avrà occasione di conoscere l’Institute da vicino e potrà anche scegliere di schierarsi al suo fianco: i primi contatti con questa fazione, peraltro, rappresentano i momenti forse più drammaticamente concitati dell’intero racconto. Curiosità: la sede dell’Institute nonché alcuni tratti della sua caratterizzazione sono chiaramente riferiti al mitico MIT, il Massachussets Institute of Technology, uno dei più importanti istituti di ricerca scientifica di tutto il mondo.

9. I compagni di viaggio
Un altro comparto in cui Bethesda sembra cercare la competizione con i titoli story-driven è quello relativo ai compagni di viaggio. Quello messo in atto in Fallout 4 non è, da questo punto di vista, il primo tentativo: già Fallout 3 e Skyrim implementavano vari personaggi arruolabili, ma l’interazione con loro era ridotta ai minimi termini. Nella sua nuova avventura post-atomica, al contrario, Bethesda ha aumentato considerevolmente le occasioni di scambio e, in generale, la cura riposta nel delineare caratteri e personalità.
Certo, tocca dire che il risultato finale non è all’altezza di quello raggiunto dalla concorrenza più blasonata: ma almeno il tentativo c’è, anche se si può discutere su quanto questo comparto sia realmente importante nell’economia di un gioco i cui ritmi sono così scopertamente gestiti dall’utente, con conseguente inevitabile allentamento della tensione narrativa generale.
I compagni di viaggio disponibili in Fallout 4 sono ben tredici: non è detto che il giocatore li incontri tutti in un’unica partita, dato che alcuni sono collegati a determinate ambientazioni o missioni tutt’altro che imperative. Più avanti, in un apposito excursus, ci occuperemo della personalità di ciascuno di loro: ora ci dedicheremo al loro funzionamento generale. Una volta arruolato un compagno, questi ci seguirà fedelmente e parteciperà ai combattimenti agendo in autonomia, sulla base di una intelligenza artificiale sufficientemente credibile e reattiva. Ciascun comprimario ha un’arma di base le cui munizioni non finiscono mai: ma sarà possibile, per il giocatore, fornire armi più potenti, che però consumeranno i proiettili proprio come se le utilizzasse il protagonista. Fanno ovviamente eccezione le armi in corpo a corpo, che non avendo munizioni possono essere utilizzate indefinitamente anche quando vengono assegnate a un compagno.
I comprimari non sono più silenziosi come in passato: durante le missioni e le esplorazioni, ci regaleranno periodicamente i loro commenti, quasi sempre assai appropriati al contesto (anche se dopo decine di ore, prevedibilmente, alcune osservazioni su quanto sporchi o pericolosi siano determinati ambienti cominceranno a suonare ripetitive). Ai commenti estemporanei si affiancano veri e propri dialoghi, che in talune occasioni i compagni di viaggio reclameranno a gran voce: a quel punto spetterà al giocatore interrompere le attività per scambiare qualche parola con il suo compagno, che in genere vorrà confidargli qualche opinione sulla missione in corso o qualche confidenza sulla vita trascorsa. In linea teorica, le rivelazioni più intime sono riservate a momenti in cui la conoscenza reciproca si assesti su livelli sufficientemente approfonditi: ma la scansione delle tempistiche risulta, da questo punto di vista, parecchio discutibile. Il protagonista si sentirà rivolgere proclami di fedeltà imperitura dopo poche ore di convivenza, con inevitabile danno per la suspension of disbelief.

L’ambito in cui queste inconsistenze risultano più evidenti è quello delle romance: alcuni compagni di viaggio possono infatti essere corteggiati e sedotti, ma il tutto avviene con ritmi assolutamente improbabili. A conti fatti, bastano un paio di brevissimi apprezzamenti per conquistare anche il più riottoso dei potenziali partner: e da quel momento in avanti, peraltro, non vi saranno conseguenze significative se non uno spiritoso bonus all’esperienza per le ore immediatamente successive a una notte trascorsa con l’amato/a. La situazione, dunque, non è molto differente da quella sperimentata in Skyrim, dove ci si poteva sposare con perfetti sconosciuti semplicemente recitando due parole di rito dentro un qualche tempio. Ci verrebbe da affermare che se un ambito tanto delicato non può essere approfondito a dovere è più coraggioso espungerlo del tutto dal prodotto: il rischio perennemente in agguato è quello di far apparire determinate funzionalità come l’apoteosi del “vorrei ma non posso”.

Nei normali livelli di difficoltà, i compagni di viaggio sono virtualmente immortali: quando i loro punti ferita arrivano a zero, si limitano ad accasciarsi al suolo, per poi rialzarsi alla fine del combattimento. Il protagonista, se vuole, può consumare un suo stimpak per farli rialzare anche durante lo scontro. In ogni momento il giocatore può decidere di ‘licenziare’ il suo attuale compagno e di spedirlo in uno degli insediamenti, dove il comprimario resterà in attesa di un suo eventuale ri-arruolamento: se non selezioneremo nessun insediamento, il personaggio se ne ritornerà nella location dove lo si incontra la prima volta. Spiace osservare che manca la possibilità di far stazionare i comprimari nei più importanti hub insediativi e commerciali, come per esempio la grande Diamond City.
Un altro elemento degno di interesse è il fatto che i compagni di viaggio cercano in ogni momento di interagire con gli elementi dello scenario, con risultati quasi sempre assai piacevolmente realistici. Potrà capitare, per esempio, che il comprimario si sieda su una sedia o un divano mentre il protagonista è impegnato nello scassinare una serratura, o anche che il nostro compagno provi a leggere un terminale informatico, corredando la sua azione con opportuni commenti in tempo reale, mentre il personaggio principale sta raccogliendo materiali.

10. Il caso domina il mondo
La nostra analisi ha già esplicitato alcuni dei difetti più vistosi di Fallout 4, ma il vero disastro, l’UR-problema, merita un capitoletto a sé. Nel suo ultimo lavoro, Bethesda ha deciso di dare ancora più spazio a un comparto già introdotto con Skyrim e già a suo tempo bersagliato di critiche (non sufficientemente, ci verrebbe da dire): le missioni generate casualmente, o per meglio dire proceduralmente.
Si tratta di incarichi assai semplici, di solito ruotanti attorno al liberare una determinata location dai nemici o a rinvenire determinate quantità di materiale, che il gioco genera automaticamente sulla base di uno schema pre-determinato. L’algoritmo non brilla per originalità: le destinazioni predilette sono più o meno sempre le stesse, che vengono ogni volta ripopolate dai nemici anche se già completamente ‘ripulite’ in precedenza. Le missioni casuali infestano ogni ambito narrativo: alcune rappresentano diramazioni della trama principale, altre vorrebbero arricchire il menu offerto dalle fazioni principali, altre ancora sono semplici diversivi seminati nelle ambientazioni più remote. Il risultato di questa dissennata scelta stilistica è una pletora di sciocchi pretesti per spingere il giocatore nelle direzioni più disparate, a scapito della già scarsa compattezza drammaturgica. Dopo poche ore di gioco, la sezione Miscellaneous del diario sarà letteralmente colma di input, il più delle volte completamente privi di qualsivoglia spessore o interesse.
Peraltro, se le inutili missioni casuali fossero tutte confinate nell’apposita appena nominata sezione del diario e se fossero del tutto opzionali, il loro danno (comunque presente: l’idiozia danneggia la nostra vita anche quando la si ignora) potrebbe essere in qualche modo limitato. Purtroppo non è così: molte missioni casuali hanno una voce del diario tutta loro, col risultato che l’utente riuscirà a distinguerle dalle missioni ‘vere’ solo dopo aver acquisito una certa confidenza con i meccanismi di gioco. Inoltre, diverse missioni casuali sono in qualche modo obbligatorie, soprattutto se si sceglie la fazione dei Minutemen.
Quel che davvero ci irrita di questa scelta compiuta da Bethesda con Skyrim e ancora più decisamente ribadita con Fallout 4 è che si tratta senza alcuna ombra di dubbio di un passo indietro, di una scelta radicalmente reazionaria. A suo tempo il mai troppo lodato Morrowind poneva l’accento, anche in ambito promozionale, sul fatto che tutto, dalle ambientazioni alle missioni, era scritto e disegnato a mano: la volontà era, all’epoca, mettere in chiaro la differenza con il capitolo precedente della saga The Elder Scrolls, intitolato Daggerfall, nel quale invece gran parte del mondo era generato casualmente. Certo, il mondo di gioco di Fallout 4 è tutto disegnato a mano e con grande perizia, ma il suo comparto di missioni è letteralmente devastato dalla componente casuale, che è onnipervasiva e inevitabile, nonché parte talmente rilevante della struttura generale del gioco da essere incancellabile anche da eventuali interventi esterni degli appassionati (per lo stesso Skyrim, d’altra parte, non esistono mod in grado di eliminare del tutto le missioni procedurali).
Il problema è decisivo soprattutto se rapportato all’estrema creatività mostrata dagli autori nello scrivere le missioni ‘vere’, al confronto delle quali le missioni casuali risultano così fastidiosamente sciocche da somigliare a prese in giro nei confronti dell’utente pagante. Tanto per fare qualche esempio: in Fallout 4, potrà capitarci di aiutare una ciurma robotica a disincagliare un veliero antico ‘parcheggiato’ per qualche motivo sul tetto di un palazzo; oppure, potremo vestire i panni di un immaginario super-eroe dei fumetti intento a sanare torti e ingiustizie, con tanto di apposito costumino e messaggio lasciato sul luogo dell’intervento; o, ancora, potremmo ritrovarci a riportare nella sua tana un uovo di deathclaw rubato da dei predoni, nel tentativo di evitare pericolosi raid da parte dei predatori verso coloni innocenti. Certo, spesso la tensione drammatica suggerita dagli intrecci non è adeguatamente sostenuta dai dialoghi ma solo da schermate informatiche o documenti: ma a danneggiare la credibilità dell’insieme è anzitutto il cumulo di stupide missioni procedurali che assilleranno in ogni momento il giocatore. La maldestra intenzione degli autori è evidente: il loro obiettivo è quello di rendere il gioco virtualmente ‘infinito’, offrendo all’utente sempre nuovi pretesti per partire verso l’esplorazione del mondo.
L’equivoco è ormai consueto: l’enorme longevità scambiata per virtù senza se e senza ma, come se mettere la parola “fine” a un’esperienza di intrattenimento digitale sia una sorta di irredimibile onta. Tutto ciò poteva essere in qualche modo (e a fatica) giustificato in Skyrim, gioco appartenente a una serie che fa dell’esplorazione libera e della ‘infinitudine’ una sua ragion d’essere: ma non può essere accettato in alcun modo in un prodotto come Fallout 4, che da un lato, anche solo per le modalità di conferimento dei punti esperienza, mostra di voler essere ancora incentrato sulle missioni, mentre dall’altro distrugge ogni credibilità e ogni spessore narrativo delle missioni medesime inserendole in un contesto insensatamente dominato dalla dispersione e dall’inconsistenza messe in atto dalla indiscriminata generazione casuale dei contenuti.

11. La struttura del mondo
Come abbiamo già avuto modo di accennare, uno dei punti di forza di Fallout 4 è la definizione dell’ambientazione, molto curata ed estremamente ricca di spunti anche assai originali. Rispetto ai capitoli precedenti, si ha l’impressione che il mondo sia più ‘denso’ di punti di interesse, distribuiti forse con una concentrazione financo eccessiva: l’equilibrio tra le parti è comunque ancora adeguato e solo durante gli spostamenti rapidi tramite la corsa o i mezzi di spostamento come il vertibird si ha la vaga impressione che i luoghi siano un po’ troppo vicini l’uno all’altro.
La mappa di gioco è più o meno quadrangolare: il protagonista comincia la sua avventura nell’angolo in alto a sinistra, e da lì la trama principale lo spinge a muoversi in direzione sudest. Le rovine di Boston sono più o meno al centro della mappa, mentre una gran parte di quest’ultima è, sul lato orientale, occupata dal mare della baia. In linea generale, più ci si allontana dalla zona iniziale e più i nemici diventano pericolosi: ma la regola ha notevoli eccezioni e comunque quasi ovunque si trovano insediamenti pacifici nel quale il nostro eroe può trovare riparo. L’unica eccezione è il cosiddetto glowing sea, l’area altamente radioattiva a sudovest, che corrisponde al punto dove cadde una bomba atomica durante la Great War e che rappresenta probabilmente la zona più pericolosa nonché più evocativamente alienante.
Nel mondo di gioco esiste una grande città, che potremmo in qualche modo paragonare alla Megaton di Fallout 3: si tratta della Diamond City, che occupa l’area dello stadio di Boston. Al suo interno vi sono numerosi negozi, varie istituzioni degne di nota e anche una casa che il nostro alter ego può acquistare e arredare: va peraltro sottolineato che la trama principale tocca la città solo di sguincio, quindi sta ancora una volta al giocatore scegliere se dare o meno importanza a questo grande insediamento. Non mancano, d’altro canto, altri agglomerati urbani di una certa consistenza: val la pena per esempio nominare Goodneighbour, una sorta di città per rinnegati, tra i quali particolarmente numerosi sono i ghoul non (ancora) divorati dalla ferocia incontrollata.
Una novità importante rispetto a Fallout 3 per quel che riguarda la gestione del mondo è l’implementazione, in Fallout 4, di differenti condizioni atmosferiche, talvolta collegate a determinate conseguenze in termini di giocabilità. Alle giornate assolate e a quelle piovose si affiancano per esempio le temibili tempeste radioattive, durante le quali la visibilità è ridotta al minimo e le radiazioni possono seriamente danneggiare la salute del personaggio giocante, che farà bene a cercare riparo se non equipaggiato con le giuste protezioni.

12. Bambini perduti
La trama principale di Fallout 4 merita qualche approfondimento ulteriore, dato che rappresenta l’ennesimo esempio dell’incapacità che a questo punto ci sentiremmo di definire congenita di Bethesda di costruire narrazioni che sappiano assecondare l’impianto generale della giocabilità anziché combatterci contro. Il problema, a voler ben vedere, è sempre lo stesso da Oblivion in qua: il giocatore viene messo davanti a un problema gravissimo e urgente, talvolta non privo di connotazioni intimamente private che amplificano ancora di più il pathos, ma al contempo viene spinto dai meccanismi del gioco a trascurare il problema stesso e a dedicarsi a questioni in teoria assai meno cogenti se non del tutto frivole.
Fallout 4 porta questa inconsistenza al punto massimo: cosa ci può essere di più drammatico per un padre o una madre del rapimento del figlio e della sua possibile uccisione da parte dei rapitori stessi? È non vogliamo dire credibile ma piuttosto anche solo vagamente accettabile che un genitore con un simile problema passi del tempo a costruire e ad amministrare villaggi o a fare la spola per consegnare delle merci da un punto all’altro di una città? Evidentemente no: eppure Bethesda ha non solo rifatto il suo errore consueto (Oblivion iniziava con una l’annuncio di una tremenda invasione demoniaca; Fallout 3 richiedeva al figlio di ritrovare il padre), ma l’ha financo aggravato, tramite l’innesto, attraverso novità quali i dialoghi interamente parlati, di una inedita quantità di pathos, che risulta però completamente avulso dalla natura intrinseca del prodotto, che sembra più che mai basato sulla libera esplorazione, sui tempi lunghi e dilatati, sulla variabilità dei temi e delle atmosfere.
Ma non è tutto: al di là del problema appena esposto, è assai discutibile, a nostro avviso, la stessa idea di far ruotare l’intera trama di un videogioco di ruolo sul legame tra un genitore e il figlio. Non solo perché rappresentare visivamente questo legame e i suoi protagonisti può risultare arduo se non impossibile, almeno al livello di tecnologia presente (e invitiamo tutti a osservare la resa grafica del neonato Shaun nel tutorial di Fallout 4 per rendersene conto): ma soprattutto perché un soggetto così correlato all’istintività degli affetti è, oltre che difficile da veicolare senza cadere nella banalità più sdolcinata, abbastanza refrattario a quella libertà di approccio che sempre dovrebbe caratterizzare l’interpretazione digitale, sia essa ‘totale’ o ‘condizionata’. In altri termini: che tipo di libertà possono offrirmi i panni di un genitore a cui viene strappato il figlio? Quali opzioni mi si parano dinnanzi se la vicenda inizia con una simile premessa? La risposta è ovvia: una soltanto. Verrebbe da dire che l’incertezza con cui le tematiche prescelte vengono veicolate in Fallout 4 è quasi una fortuna: se gli autori avessero preso di petto un tema così carico di tensione portando quest’ultima alle estreme conseguenze, non saremmo riusciti a vedere nient’altro se non la trama principale.

Excursus: i compagni di viaggio

Preston Garvey è un ufficiale dei Minutemen e agisce come il loro capo per gran parte dell’avventura. È un soldato valoroso e leale, assai sensibile a valori quali la fedeltà e l’altruismo. La sua voce è dell’attore afroamericano Jon Gentry.

Codsworth è il maggiordomo robotico che il protagonista aveva in casa prima dello scoppio della Great Wat. L’eroe lo riscopre ancora attivo e funzionante tra le rovine della sua vecchia abitazione. La voce di Codsworth è dell’attore americano Stephen Russell.

Un pastore tedesco di nome Dogmeat è presenza fissa nella serie: in quest’ultimo episodio, il protagonista lo incontra poco lontano dal Vault 111, il punto dove inizia l’avventura. È parecchio divertente vedere Dogmeat giocare con gli oggetti sparsi per lo scenario.

Piper è una intraprendente giornalista, proprietaria del Publick Occurrences a Diamond City. Le sue inchieste spregiudicate la mettono sempre in mezzo a rischi, ma lei affronta tutto con coraggio e a volte anche con ingenuità. La sua voce è dell’attrice americana Courtney Ford.

Nick Valentine è un synth rinnegato, scartato dall’Institute per motivi non chiariti. Lavora come investigatore privato a Diamond City e sarà di essenziale aiuto nella vicenda del protagonista. La sua voce è dell’attore americano Stephen Russell.

Danse è un fiero paladino della Brotherhood of Steel, capo del distaccamento incontrato dal protagonista a Cambridge prima dell’arrivo del dirigibile Prydwen. Le missioni relative alla sua fazione riveleranno interessanti notizie sul suo passato. La sua voce è dell’attore americano Peter Jessop.

Cait è una lottatrice in attività presso la Combat Zone, sorta di arena dove i predoni di Boston si riuniscono per scommettere sui combattimenti. Si offrirà di unirsi al protagonista dopo che questi avrà interrotto un suo match uccidendo tutti i presenti tranne lei e il suo capo. La voce di Cait è dell’attrice inglese Katy Townsend.

Deacon è un agente Railroad e diventerà in un certo senso il mentore del protagonista se questi deciderà di affiliarsi alla sua fazione. Deacon è incline alla menzogna e al raggiro, ma la cosa verrà in parte spiegata quando l’eroe scoprirà il suo difficile passato. La sua voce è dell’attore irlandese Ryan Alosio.

CVRIE (il nome è un acronimo per Contagious Vulnerability Robotic Infirmary Engineer) è un robot creato prima della Great War per assistere i malati. Il protagonista la può incontrare nel Vault 81 e può aiutarla, nel corso del gioco, ad approfondire le sue ricerche in campo medico e scientifico: l’esito della vicenda è particolarmente toccante. La voce di Cvrie è dell’attrice americana Sophie Cortina.

John Hancock è il ghoul a capo della comunità di Goodneighbour; il suo vero nome è John McDonough, ma decise di assumere il cognome Hancock quando fortuitamente trovò gli abiti del John Hancock che fu importante patriota al tempo della Guerra di Indipendenza americana. La voce di John è dell’attore americano Danny Shorago.

MacCready è un mercenario stazionato presso il Third Rail, il bar di Goodneighbour: accetterà di accompagnare il protagonista dietro il pagamento di una somma di denaro. Curiosità: MacCready era presente anche Fallout 3, dove lo si trovava, bambino, a capo della cittadina di Little Lamplight. La sua voce è del doppiatore americano Matthew Mercer.
Strong è un supermutant, ma un po’ particolare. È l’unico ad aver prestato qualche attenzione alle lezioni impartite dal folle professore Rex Goodman, convinto di poter convertire i supermutant al pacifismo tramite lettura delle opere di Shakespeare. Il risultato è che Strong è alla ricerca del “milk of human kindness”: è convinto che si tratti di una qualche pozione magica, ma è solo una metafora del Macbeth. La voce di Strong è del doppiatore americano Sean Shemmel.
X6-88 è un Courser synth, ossia un potente agente al servizio dell’Institute. Se aderirà alla sua fazione, il protagonista lo affiancherà in una missione e in seguito potrà arruolarlo come compagno. La voce di X6-88 è dell’attore americano David Paluck.

13. Interfaccia
Anche in Fallout 4 come nei suoi predecessori l’interfaccia ruota attorno al cosiddetto Pipboy, ossia il computer da polso che il nostro alter ego può consultare in ogni momento. Navigando tra le sue schermate potremo accedere alle classiche schermate dell’inventario, delle caratteristiche del personaggio, della mappa. Da questo punto di vista il gioco presenta le stesse incertezze dei capitoli precedenti: la navigazione tramite Pipboy è senz’altro evocativa, ancor di più in Fallout 4 grazie all’aggiunta alle nuove animazioni che si attivano dopo qualche istante di inattività, ma è anche parecchio scomoda oltre che piuttosto monotona dal lato puramente visivo.
Come già dicevamo in fase introduttiva, poi, le cose sembrano perfino peggiorate in questo nuovo capitolo a causa dell’apparente volontà da parte degli autori di costringere il giocatore a usare la tastiera anziché permettere un agevole controllo tramite mouse. Alcuni tasti, infatti, sono al di fuori del Pipboy: per raggiungerli il mouse deve allontanarsi troppo dal centro dello schermo, col risultato che è assai più comodo approdare all’automatismo da tastiera. Prima di arrivarci, d’altro canto, avremo l’impressione netta che l’interfaccia sia inutilmente scomoda.
Abbiamo qualcosa da ridire anche a proposito della mappa locale: il suo stile grafico minimalista è molto difficile da leggere, decisamente di più che in passato. Soprattutto quando più servirebbe l’aiuto della mappa, per esempio dentro un edificio con più piani, il suo utilizzo sarà quasi completamente inutile e sarà necessario ricorrere al puro e semplice orientamento: non è detto che si tratti per forza di un problema, ma se una funzionalità è inefficace non si capisce per quale motivo implementarla.

14. Survival mode
La patch 1.5 ha introdotto in Fallout 4 una nuova funzionalità, la cui attivazione può mutare profondamente l’esperienza di gioco. Si tratta del cosiddetto Survival mode, liberamente ispirato all’hardcore mode già implementato in Fallout New Vegas.
Una partita in modalità Survival richiederà al giocatore parecchia attenzione: i nemici saranno più letali, proiettili e medicinali avranno un peso e quindi potranno essere trasportati solo in modica quantità, il protagonista dovrà mangiare, bere e dormire periodicamente per non avere penalità. Ma questi sono solo alcuni degli aspetti modificati: la modalità Survival interviene in decine di ambiti differenti, talvolta con novità apparentemente marginali ma in realtà dalle profonde conseguenze. Val la pena almeno citare anche la scomparsa del fast travel, ossia del viaggio istantaneo tra i vari luoghi già scoperti, normalmente disponibile nel gioco in modalità normale: il personaggio dovrà necessariamente camminare durante tutti gli spostamenti, oppure usare un qualche mezzo di trasporto come il vertibird.
La novità più importante veicolata al Survival mode è tuttavia la scomparsa del salvataggio libero: il gioco salverà i nostri progressi solo quando il nostro eroe dormirà per almeno un’ora. Niente più salvataggi normali, rapidi o automatici: è soprattutto questa caratteristica della nuova modalità a cambiare radicalmente l’approccio al gioco. Purtroppo, non è prevista la possibilità di selezionare solo alcune delle funzionalità Survival scartandone altre: e questo è forse il vero punto debole dell’operazione. Se la nuova modalità fosse stata concepita in forme modulari, ciascuno avrebbe potuto personalizzare l’esperienza al meglio: così come è costruito, invece, il Survival mode è un pacchetto prendere-o-lasciare, e siamo convinti che i giocatori che amano il realismo ma odiano la frustrazione preferiranno lasciare.

15. Grafica e sonoro
Fallout 4 utilizza il motore Creation, già utilizzato da Bethesda per Skyrim ed evoluzione del precedente Gamebryo, col quale condivide molte caratteristiche di base. Graficamente, il gioco è piacevole anche se non fa mai gridare al miracolo: tratti eminenti di questo motore sono infatti la flessibilità e la capacità di gestire una grande quantità di oggetti interattivi, a scapito dell’evocatività generale degli scenari, che comunque si attesta su livelli più che soddisfacenti.
Da sempre il punto debole dei giochi Bethesda è, in ambito grafico, il comparto relativo alle animazioni: Fallout 4 non fa eccezione, anche se qualche passo avanti comunque è presente. In questo settore, peraltro, il più delle volte si ha l’impressione che i problemi derivino non solo da insufficienze grafiche ma anche da criticità registiche: l’atmosfera dei dialoghi, per esempio, è insoddisfacente non solo e non tanto per via dell’essenzialità delle animazioni, ma soprattutto, come già dicevamo sopra, a causa del loro essere parte del tutto anziché momento drammaticamente ‘isolato’.
Il comparto sonoro di Fallout 4 è assai godibile: le musiche sono discrete ma comunque più caratterizzate che in Fallout 3, e gli effetti sonori sono adeguati e piacevoli. Anche il parlato si mantiene su una qualità decisamente alta: i due protagonisti, maschile e femminile, hanno rispettivamente le voci di Brian T. Delaney e Courtenay Taylor, e in generale tutti i personaggi sono arricchiti da doppiatori di prim’ordine. Va sottolineato che anche in Fallout 4, come nel capitolo precedente, esistono diverse stazioni radio che il protagonista può ascoltare durante le sue esplorazioni: rispetto a Fallout 3 si è senza dubbio perso l’effetto novità, ma corredare le proprie passeggiate nel mondo post-atomico con un sottofondo di canzoni degli anni Trenta, interrotte magari dal sapido commento di un deejay che racconta una delle ultime imprese del protagonista, rimane un’esperienza impagabile, difficilmente descrivibile a parole.

16. Conclusioni
Come sanno tutti gli appassionati che frequentano, attivamente o anche solo passivamente, i forum e i gruppi di discussione, Bethesda è uno degli obiettivi prediletti degli strali provenienti dai sedicenti difensori del ‘vero’ gioco di ruolo. Ogni prodotto di questo gruppo di sviluppatori, a prescindere non solo dalla sua qualità ma anche dalle sue caratteristiche di base, viene stroncato senza pietà da questi rumorosissimi alfieri della sacra purezza dell’interpretazione digitale: mentre, d’altro canto, altre case di sviluppo (Obsidian, CdProjekt) vengono trattate con i guanti di velluto a prescindere dai difetti, evidenti e conclamati, presenti nei loro prodotti.
Fallout 4 non fa eccezione e viene demolito senza pietà dagli hater di ogni ordine e grado. Ma a far immediatamente comprendere quanto strumentali siano queste demolizioni è l’argomentazione tipicamente portata a supporto della bocciatura: il gioco avrebbe subito, nel passaggio da Fallout 3 e soprattutto da New Vegas (che, non essendo di Bethesda, è per definizione perfetto), una violenta semplificazione.
Tra le enormità sostenute dagli hater dalla pubblicazione di Oblivion in avanti, questa forse è la più abominevole. Rispetto ai capitoli precedenti, infatti, Fallout 4 è estremamente complesso: anzi, è senza ombra di dubbio il gioco più complesso, profondo e sfaccettato mai prodotto da Bethesda nel corso della sua carriera (con l’esclusione, forse, di quel capolavoro che è Morrowind). La giocabilità di Fallout 4 è incredibilmente varia, la duttilità della trama è notevolissima, e il giocatore si troverà a scoprire nuove funzionalità a getto quasi continuo, complice anche il fatto che, rispetto al passato, il gioco è assai parco di aiuti e di suggerimenti, confidando più che mai nell’iniziativa del fruitore, nel suo spirito di osservazione, nella sua intraprendenza.
Il vero problema di quest’opera poderosa, semmai, va individuato nello scarso impegno, da parte degli autori, nel cercare di raggiungere un buon equilibrio tra le parti. Che è il problema tipico, ci verrebbe da dire, dei prodotti di intrattenimento digitale che puntano precisamente a stordire l’utente tramite la variabilità e la complessità, senza preoccuparsi a sufficienza della coerenza interna, della qualità del singolo momento esperienziale come parte di un tutto capace di sublimarsi nell’insieme, nel concerto. Prova definitiva e ultimativa dell’inconsistenza di fondo è la presenza, per non dire l’onnipresenza, del contenuto generato casualmente: strumento adatto solo ed esclusivamente ai prodotti che esauriscono la loro identità nei loro tecnicismi e che risultano dunque privi di qualunque velleità di carattere estetico: velleità, d’altro canto, continuamente ribadita da Fallout 4 tramite la narrazione e l’evocazione.
L’ultimo gioco di Bethesda è, dunque, un prodotto tristemente irrisolto. Le sue smisurate ambizioni si scontrano con il piccolo cabotaggio rappresentato dagli scarti verso la più deprimente casualità, come i dialoghi ridotti all’osso e continuamente interrotti o il sempiterno incombere del contenuto procedurale.  I momenti memorabili e le coraggiose innovazioni non mancano: a mancare sono, piuttosto, l’identità e il contesto. Se Fallout 3 era una collezione di mirabili racconti, cioè le quest e le sottoquest, tenuti assieme da quella straordinaria cornice che era il comparto esplorativo, Fallout 4 è una wunderkammer risalente all’epoca della pre-scienza: vale a dire un cumulo di suggestioni (le missioni, la gestione degli insediamenti, i combattimenti, le esplorazioni) tenuti assieme, a gran fatica, dalla pura e semplice volontà di catturare un’attenzione che si presume debole, volatile, continuamente desiderosa di cambi di direzione e di registro. Se Fallout 3 era destinato anzitutto al lettore, intendendo questa parola in senso lato, Fallout 4 è destinato all’assaggiatore: Bethesda è forse convinta che il pubblico dell’intrattenimento digitale sia stato irrimediabilmente trasformato dalle modalità di gestione dell’informazione tipiche dei social network e basate su input superficiali e cangianti. Ma noi vogliamo sperare che non sia affatto così. Anzi, siamo convinti che non è affatto così. Il prodotto di intrattenimento digitale che vogliamo è quello che riesce a unire la variabilità delle suggestioni alla necessaria concentrazione sul proprio obiettivo e sulla propria identità: d’altro canto, sapere chi si è e a chi si sta parlando è il primo passo per poter andare in qualunque direzione.

Tre pregi di Fallout 4
Tre difetti di Fallout 4
Ambientazione evocativa e molto ben costruita
Il contenuto generato casualmente è non evitabile e sommamente dannoso
Sistema di gestione del personaggio interessante e sfaccettato
Dialoghi deboli e scarsamente focalizzati
Trama e giocabilità incredibilmente flessibili e ricche di spessore
L’enormità delle opzioni e delle variabili manca di omogeneità e di coerenza interna

15 thoughts on “Fallout 4”

  1. Questa recensione contiene, a mio avviso, una inesattezza:
    La critica che viene mossa al gioco, avente per oggetto le cosiddette quest ‘procedurali’, vale a dire quelle quest che contengono un obiettivo ‘random’ e che si ripetono sempre, è completamente infondata.
    Il gioco contiene uno spropositato numero di attività da svolgere per centinaia di ore di gioco, la cui espletazione è lasciata al libero arbitrio del giocatore.
    Di modo chè le quest ‘procedurali’ costituiscono un puro e semplice contenuto AGGIUNTIVO e sono facilmente distinguibili da un giocatore non alle prime armi.
    Oltrechè, qualora decidiate di svolgerle, vi daranno la possibilità di scoprire zone sconosciute della mappa e di trovare la locazione di nuovi accampamenti.
    Invece nella frase: “il risultato di questa dissennata scelta stilistica è una pletora di sciocchi pretesti per spingere il giocatore nelle direzioni più disparate”, la libera esplorazione priva di vincoli viene evidentemente scambiata per una perdita di tempo, ritenendo, probabilmente, che l’obiettivo del giocatore non sia altro che quello di portare a termine il ‘compitino’ il più rapidamente possibile.
    La qual cosa è del tutto in contraddizione con con lo spirito del gioco, che ha molte affinità con Skyrim, vale a dire l’interesse a scoprire lo scenario fin nelle sue località più impervie, e la non-necessità di perseguire la risoluzione della main quest.
    Il mancato svolgimento delle quest ‘procedurali’, NON ha alcuna conseguenza sulla storyline o su qualsiasi questlyne (come qualcuno continua ostinatamente a credere), e il massimo ingombro che queste ultime potranno darvi, sarà soltanto quello di occupare qualche riga nel diario.
    Ho ricaricato, per prova, un salvataggio in cui mi trovo in una fase avanzata del gioco (livello 64), e sono ancora in buoni rapporti con tutte e quattro le fazioni, e ve ne ho trovate in numero di cinque. Ragion per cui, in qual senso si può dire che le quest ‘procedurali’ “non sono evitabili”? in verità ciò che “non è evitabile” è che vengano scritte nel diario. Ma questo potrebbe dar fastidio soltanto a un giocatore affetto da ‘completismo sciocco’ 🙂

  2. Apro una parentesi sul gioco, che ho ripreso in mano di recente.
    F4 ha i suoi pro e contro, sapientemente elencati da Mosè. Tuttavia, vorrei spezzare una lancia a favore delle missioni che riguardano Silver Shroud : sono bestiali.
    A parte l’ovvio riferimento al giustiziere mascherato The Shadow di Orson Welles, la costruzione della storia è eccellente. I commenti radiofonici di Kent, le battute del protagonista quando si cala nella parte, le reazioni dei cattivi che, grazie all’ottimo doppiaggio italiano, fanno piegare in due dalle risate.
    Infine, la cittadina dove si svolge la vicenda, Goodneighbor, nebbiosa e piena di tipi loschi, funge da contesto ideale e aggiunge atmosfera alla storia : non c’è niente di meglio che attraversare i vicoli di notte, mascherati come gangster tamarri, in cerca di malviventi e criminali da punire!
    Davvero, mi aspettavo di vedere una DLC completamente incentrata sul personaggio di Shroud. Sono certo che sarebbe stata qualitativamente alla pari, se non addirittura superiore, alla già ottima Far Harbor.

    1. Mosè Viero

      Grazie per il contributo Warren!
      Sai che io non ho ancora mai giocato i DLC? Lo farò senz’altro quando comincerò una nuova partita, ma sto aspettando di avere un nuovo computer così posso darci dentro con i mod.
      Quel che racconti sembra molto interessante. Non sapevo che F4 avesse la localizzazione completa, pensavo avessero solo tradotto il testo. Ottimo!

      1. Il doppiaggio è un capolavoro, e le voci italiane sono, come sempre, “più calde” delle corrispondenti anglosassoni 🙂

        1. … è tutto una questione di preferenze 🙂
          Personalmente “detesto” le opere (letterarie, cinematografiche, ecc… ) doppiate, ma non vengo certo a dire che questa mia “scelta” debba essere condivisibile…
          Ma tu ti leggeresti la Divina Commedia in Inglese ? 🙂

    2. A me Fallout 4 non è piaciuto come Fallout 3 e NV, però le quest di Silver Shroud mi sono piaciute tantissimo e il doppiaggio è stato fatto benissimo.

  3. La modalità Sopravvivenza di Fallout4 si è rivelata davvero appassionante.
    Mentre su Skyrim Special Edition la modalità sopravvivenza costituisce una semplice aggiunta dalle caratteristiche semplicemente ‘rompiscatole’ (resta ancora da verificare come sarà nella Anniversary Edition), su Fallout4 il discoro cambia radicalmente: se si gioca in modalità Sopravvivenza, la modalità classica appare completamente priva di senso e superficiale, poichè il gioco intero sembra essere pensato e bilanciato per essere giocato in modalità Sopravvivenza. La dice lunga il fatto che quando lo giocavo in modalità ‘molto difficile’ sono riuscito ad accumulare ben 300 stimpack senza mai utilizzarli. Il personaggio non può più usufruire del viaggio rapido, ed oltre a poter salvare la partita soltanto dormendo su letti e materassi, dovrà fare i conti con le fondamentali esigenze di mangiare, bere, dormire. Se ritarda troppo a soddisfare queste tre esigenze va incontro a deperimento e malattie. Mangiare la carne degli animali uccisi non cucinata oppure la robaccia trovata in giro conferisce radiazioni e malattie.
    Il personaggio ha bisogno di bere regolarmente, e non può disporre di moltissime ‘razioni d’acqua’, ciascuna delle quali, tra l’altro, ha il peso di una unità.
    Per poter ottenere una ‘razione d’acqua’ deve fare la seguente cosa, trovare una bottiglia vuota e riempirla ad una fonte di acqua pulita (o anche sporca).
    Una volta consumata la ‘razione d’acqua’ si perde anche la bottiglia, quindi per ottenere una nuova razione occorre una nuova bottiglia.
    Mentre bere acqua sporca dalle pozzanghere o dai laghi conferisce radiazioni e malattie.
    Addirittura ricordo che quando sono andato in casa di un certo Dottor Cabot, una volta ricevuta la quest, sono sgattaiolato di nascosto in cucina per appropriarmi di generi alimentari e bottiglie vuote. Il personaggio ha bisogno di riposare in un letto vero, dormire su un materasso poggiato a terra non lo riposa e servirà soltanto per salvare la partita.
    Gli accampamenti diventano zone sicure essenziali per il riposo e il recupero, e anche deposito di munizioni, armi, cibo, acqua purificata e assistenza medica.
    In particolare nell’accampamento dovrà costruire (a meno chè non siano già presenti) le seguenti cose:
    Una pompa dell’acqua a terra o un lavandino per poter bere acqua pulita e riempire le bottiglie.
    Un depuratore d’acqua collocato in mare (o anche su una pozza) consentirà di ottenere ‘razioni d’acqua’ supplementari che troverà di tanto in tanto immagazzinate nell’officina.
    Costruirà inoltre dei contenitori dove stipare armi, equipaggiamento, vettovaglie, e infine letti per se e per i coloni.
    In quasi tutti gli accampamenti è già presente una cucina, che servirà a cucinare la carne degli animali uccisi rendendola più nutriente e purificata.
    Le coltivazioni mantenute dai coloni procurano inoltre frutti commestibili con bassa o nulla percentuale di radioattività.
    Tutte queste componenti gestionali conferiscono al gioco una qualità simulativa altissima che non troviamo in nessun prodotto simile.

    1. Mosè Viero

      È tutto molto interessante e ti ringrazio per questa dettagliata descrizione: ma io non userò mai una modalità che limita le possibilità di salvare. Questo secondo me non ha nulla a che fare col realismo e semplicemente mi impedisce di usare il prodotto nei tempi e nelle modalità da me preferite. Sono contento che la modalità sopravvivenza implementata nella Anniversary Edition di Skyrim non abbia limitazioni al salvataggio: lì la userò con molta soddisfazione.

      1. “semplicemente mi impedisce di usare il prodotto nei tempi e nelle modalità da me preferite”: hanno pensato anche a questo, quando fai logout la partita viene salvata in un exitsave, che però viene cancellato al momento del rientro in gioco. Per tutto il resto il fatto di poter salvare la partita soltanto su letti e materassi rende tutto molto più interessante. Mentre in qualsiasi gioco col salvataggio libero affronterai i nemici senza la benchè minima apprensione (dopo aver salvato con F5), in questo avrai un approccio significativamente oculato e strategico. Personalmente io mi sono trasformato un “esperto in strategie di guerriglia”, che per di più và nelle discariche a raccogliere cianfrusaglie.

      2. Vorrei spendere una parola anche riguardo l’immersività. In questo modo risulta mooolto più immersivo. Difatti il personaggio non pensa neanche tanto più a sconfiggere il Grande Boss, ma piuttosto a realizzare obiettivi mimimali, come riuscire “a superare la giornata”.

      3. Ciao Mosè, sono completamente d’accordo con quello che scrive Mirko.
        E’ un poco un “pretesto” sostenere che tutto dipenda solo dalla modalità di salvataggio.
        Puoi benissimo uscire dal gioco e quando ci rientri non hai perso nulla.
        Per quanto mi riguarda, Bethesda ha solo voluto “fare l’occhiolino” a coloro che apprezzano i giochi di From.
        Ti “sconsiglio” 🙂 vivamente di provare Dark Souls (anche se mi sarebbe tanto piaciuto leggere una tua recensione) oltre ad
        essere quasi necessario usare il pad, la modalità di salvataggio è simile ed inoltre al game over ricominci dall’ultimo bonfire…

        1. E per di più il livello di convolgimento provato giocando in modalità Sopravvivenza ha praticamente ‘azzerato’ la modalità classica, rendendola nella sostanza superflua.

  4. Sono d’accordo con Mirko e Angelo. Oltretutto va detto che per gli adepti dell’F5 (tra i quali ahimè mi annovero anche io) mala tempora currunt: a causa delle politiche multipiattaforma ormai il quicksave è sparito, sostituito da checkpoint e porcherie varie, quindi i casi sono due: o ci adattiamo (a malincuore) o cambiamo hobby. L’ultimo RPG a prevedere il quicksave in ogni circostanza (anche nei combattimenti) se non erro è stato proprio Fallout4 nella modalità normale, almeno tra quelli che ho giocato io.

  5. Pensandoci bene le ‘quest procedurali’ di Fallout 4 sono alle volte interessanti, perchè ti spingono ad esplorare locazioni sconosciute della mappa.
    Beninteso soltanto se ci si gioca in modalità ‘Sopravvivenza’.
    Perchè in questa modalità l’esplorazione di terre sconosciute e pericolose assume connotati molto più simulativi. Come in un libro di avventure.
    Raccomando di impostare la modalità Sopravvivenza, non solo perchè il gioco è stato pensato per essere giocato in questa modalità, ma anche perchè dà un ‘senso’ alla morte del personaggio, che non deve essere più considerata un evento banale.
    Il giocatore deve imparare a temerla, la qual cosa gli darà una sensazione di immersione nel gioco da lasciare senza fiato.

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