Uno dei seguiti attesi con maggior timore e trepidazione da tutti gli appassionati è arrivato sui nostri hard disk. Lasciate pure da parte ogni dubbio: Fallout 3 è un grande capolavoro.
[articolo originariamente pubblicato il 7 dicembre 2008]
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Esempio di gioco
Il nostro parere
La nostra collezione
1. Se dieci anni vi sembran pochi
Com’era il mondo nel 1998? Penso tutti possano essere d’accordo nell’affermare che era molto, molto diverso dal mondo di oggi. Dieci anni sono tanti anche nella realtà delle cose. Figuriamoci allora quanti sono nell’informatica, dove i tempi sono incredibilmente accelerati e dove la tecnologia rende rapidamente obsoleti prodotti dell’ingegno che in altri campi rimangono sempre più o meno utilizzabili. Il primo Fallout risale proprio al 1998, il suo seguito al 1999, mentre il terzo episodio è appena uscito: raramente per avere un nuovo capitolo di una saga i giocatori hanno aspettato tanto. Così tanto da vedere la propria passione trasformata profondamente: i prodotti videoludici di oggi hanno davvero poco in comune con quelli di quell’epoca, e non solo per quanto riguarda il luogo comune della grafica “ultra-pompata”. È cambiata piuttosto la filosofia dell’accesso al prodotto, divenuto sempre più diretto e immediato con l’allargarsi del bacino di utenza: i lamenti dei vecchi appassionati spesso sono legati alla nostalgia per un’epoca in cui il videogioco, e soprattutto il videogioco di ruolo, era un passatempo d’elite, destinato solo a chi era disposto a investire tempo e risorse nel padroneggiarlo a dovere. Ma la facilità di approccio deve per forza avere come conseguenza la banalizzazione? Secondo noi no: lo provano molti grandi capolavori usciti di recente, sbeffeggiati da molti appassionati di vecchia data non certo sulla base di inoppugnabili dati di fatto ma solo per via dell’elitismo che spesso permea chi è “arrivato prima”.
Lo prova in modo definitivo il gioco di cui ci apprestiamo a parlare, che riesce nell’intento quasi impossibile di trasferire nella diversità del presente tutto quello che ha reso grande la serie di cui fa parte. Fallout 3 è fedele alle caratteristiche globali dei suoi predecessori? Assolutamente no: chi prova a replicare fuori tempo massimo un capolavoro del passato non ha speranza di successo, e inoltre appare vagamente patetico. Fallout 3 è fedele allo spirito dei suoi predecessori? Assolutamente sì, e questo è ciò che conta davvero. Preparatevi all’avventura: la Desolazione è pronta per essere esplorata e non è mai stata così terribilmente coinvolgente.
2. Istantanea
Del ricco background della serie Fallout abbiamo già parlato nella retro-recensione dedicata ai primi due capitoli della saga. In questa sede è sufficiente ricordare che il mondo, e in particolare il continente nordamericano in cui è ambientata la serie, è stato devastato da una guerra nucleare: del vecchio mondo e del suo stile di vita rimangono pallidi ricordi, peraltro segnati da una impronta culturale decisamente retrò, come bloccata negli anni del boom economico americano, segnati proprio dalla paura della minaccia nucleare. Con lo scoppio della guerra, molte famiglie sono state convinte da una azienda privata, la Vault-tec, a rifugiarsi in strutture sotterranee prodotte dall’azienda medesima con lo scopo di proteggere dalle radiazioni; in realtà la Vault-tec opera fianco a fianco col governo americano (o quel che ne resta) e i suoi Vault, i suoi cosiddetti rifiuti antiatomici, sono più che altro una sorta di esperimento sociologico.
È infatti perfettamente possibile vivere all’esterno anche dopo la guerra: le zone segnate da alta radioattività ci sono ma sono abbastanza limitate. La società che si viene a creare nella devastazione postbellica è chiaramente instabile e vagamente anarchica e la mancanza di un potere centrale mette tutto in balia dei più forti e dei più spregiudicati. In Fallout 3 il giocatore è chiamato a interpretare un abitante del Vault 101 (situato sotto le rovine di Washington D.C.) che si trova a un certo punto, a causa di circostanze non chiare, a dover abbandonare la sua casa e cercare fortuna nel mondo esterno. L’alter ego può essere controllato secondo una visuale in prima o in terza persona e può muoversi con una grande libertà per la mappa di gioco, scontrandosi con pericolose creature mutanti, incontrando insediamenti pacifici, risolvendo missioni, inseguendo la trama principale e in generale costruendosi una identità che dipende dalle scelte fatte in corso d’opera. Questa descrizione, fatti salvi alcuni particolari dovuti appunto al cambio d’epoca, si potrebbe applicare anche ai primi due capitoli della serie: nei prossimi paragrafi cercheremo di capire invece come si risolve l’identità specifica di Fallout 3.
Excursus: la trama
Attenzione: spoiler! Nella recensione abbiamo volutamente tralasciato qualunque approfondimento sulla trama principale, proprio per consentire a chi vuole evitare anche la minima rivelazione di leggere tranquillamente. Non mancherà, però, chi vuole saperne di più. Il gioco inizia con la nascita e la crescita del personaggio giocante. Punto di svolta è l’ultimo pezzo del tutorial, quando il nostro alter ego diciannovenne viene svegliato nel cuore della notte dalla sua amica del cuore Amata: nostro padre è fuggito dal Vault, il supervisore del medesimo non l’ha presa bene e ha ucciso un suo amico che l’ha aiutato nella fuga, e ora sta cercando proprio noi. La madre del protagonista muore nei primi istanti di gioco, quindi il padre è la sua unica figura di riferimento: non resta che fuggire dal Vault e cercarlo… ma dove?
“Nel vault si nasce e si muore”: questo è l’indottrinamento che tutti i residenti nel Vault hanno sempre ricevuto, ma a quanto pare si tratta di una menzogna bella e buona. Nel computer del supervisore, il protagonista si imbatterà in documenti che certificano l’interazione di questi col mondo esterno, facendo crollare il castello d’illusione in cui tutti sono stati intrappolati fino a quel momento. In più, in una delle prime peregrinazioni del nostro alter ego alla ricerca del genitore scomparso, verremo a scoprire che non è certo la prima volta che nostro padre è uscito: anzi, gran parte della sua vita è trascorsa nel mondo esterno, all’inseguimento di una chimera nota come “Progetto Purezza”, su cui non sveleremo altri dettagli. La narrazione in sé è piacevole e non mancano momenti di autentica sorpresa, ben distribuiti lungo tutta la vicenda: in particolare, un paio di frangenti scioccanti e inattesi metteranno il giocatore in seria difficoltà riguardo alle mosse successive da prendere. Una caratteristica interessante è che la trama, a differenza che negli altri Fallout, non costringe a esplorare gran parte della mappa: essa si svolge, al contrario, in alcune zone definite e limitate, che andranno esplorate più volte e muteranno in seguito allo svolgersi degli eventi. È, questo, un tratto del gioco che può essere visto sia in positivo sia in negativo: da un lato la sensazione di un mondo vivo che esiste al di là delle nostre vicende personali è molto ben ricreata, d’altro canto chi non ama particolarmente l’esplorazione libera (che in fondo non è mai stata una caratteristica della serie) avrà probabilmente da ridire. Il vero problema connesso alla trama principale, comunque, è un altro: Bethesda non ha mai avuto una grande capacità nello sceneggiare in modo concitato e coinvolgente i momenti cardine di una storia, e Fallout 3 in questo non fa eccezione. Eventi in sé sconvolgenti scorrono sullo schermo placidamente, privi di inquadrature o commenti sonori adeguati, comunicando una certa qual sensazione di freddezza e distacco. Si tratta di un peccato veniale in giochi completamente liberi e aperti come quelli della serie The Elder Scrolls, ma di un problema decisamente più serio in un gioco che fa della trama la spina dorsale della sua struttura, tanto da impedire, in modo peraltro definitivo, di continuare a giocare dopo la fine della stessa.
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3. Nascita di un eroe
Fallout 3 comincia in modo molto originale, nientemeno che con la nascita del suo protagonista. I successivi diciannove anni, rappresentati tramite flash relativi ai momenti più significativi (un anno, dieci anni e sedici anni), costituiscono il lungo tutorial durante il quale avviene la creazione del personaggio, che peraltro può essere rivista nella sua globalità prima dell’inizio della partita vera e propria, che corrisponde all’uscita dal Vault nel mondo esterno. Il sistema di creazione del personaggio è molto simile a quello dei primi due capitoli, anche se ovviamente sono state apportate alcune modifiche atte a rendere caratteristiche e abilità più coerenti con la nuova struttura di gioco. Le sette caratteristiche di base sono ancora quelle del sistema cosiddetto S.P.E.C.I.A.L.: forza, percezione, resistenza, carisma, intelligenza, agilità, fortuna. Queste hanno un valore che va da 1 a 10 e rimangono più o meno sempre le stesse dall’inizio alla fine della partita; ciascuna influenza un certo numero di abilità, oltre ad altri valori di carattere più generale (per esempio, la resistenza influenza il numero di punti ferita e l’intelligenza il numero di punti-abilità ottenuti a ogni passaggio di livello). Le abilità sono invece 13 (erano 16 nel primo Fallout) e misurano la capacità con le armi e in tutte le altre attività utili nel corso del gioco (movimento furtivo, parlantina, scassinamento eccetera): hanno un valore da 1 a 100 e possono essere aumentate a ogni passaggio di livello.
All’inizio della partita il giocatore deve scegliere tre abilità in cui specializzare il suo alter ego: otterrà immediatamente 15 punti in più in quelle abilità, ma nel resto del gioco sarà libero di rivedere la scelta potenziando al massimo anche altri ambiti. Sono scomparsi i “tratti” del personaggio da scegliere all’inizio della partita e alcuni di loro sono diventati perk: negli originali Fallout il giocatore poteva sceglierne uno ogni tre livelli, qui invece se ne può scegliere uno a ogni passaggio di livello. I perk sono sia attivi sia passivi e alcuni si fanno notare per la loro originalità: rimando al relativo excursus per ulteriori dettagli. L’avanzamento di livello è basato sul sistema dei punti esperienza: questi si ottengono dopo ogni uccisione, dopo la risoluzione delle missioni e anche dopo l’utilizzo di determinate abilità (come lo scasso o la parlantina). Il passaggio di livello avviene alla prima occasione in cui il nostro personaggio si trova in un luogo pacifico. Il livello massimo raggiungibile è il ventesimo, ma la cosa non appare molto limitante: seguendo solo la quest principale, si arriverà alla conclusione poco dopo aver raggiunto il decimo.
4. Il combattimento
A differenza che nel capolavoro precedente di Bethesda Oblivion, in Fallout 3 non c’è un livellamento automatico generalizzato dei nemici: alcune zone quindi, pur essendo accessibili fin dall’inizio, sono riservate a personaggi di livello alto o dotati di equipaggiamento di qualità. Il gioco offre due sistemi di combattimento profondamente diversi e tra loro complementari: uno in tempo reale e uno a pseudo-turni, chiamato VATS. Il sistema in tempo reale è molto classico: col tasto sinistro del mouse si spara, col tasto destro si zooma sul nemico al prezzo di una velocità di movimento inferiore, mentre col tasto R si ricarica la cartuccia (il personaggio ricarica automaticamente quando sono finiti i colpi). Con le armi in corpo a corpo, il tasto sinistro mena il fendente mentre il destro ci mette in posizione difensiva (nel gioco non esistono scudi propriamente detti).
Il VATS ha un funzionamento tutto particolare, che merita una descrizione lunga e dettagliata dato che si tratta del vero tratto distintivo dei combattimenti in Fallout 3. In ogni momento, quando siamo nei pressi di creature ostili, è possibile attivare questa funzione tramite la semplice pressione del tasto V. Il gioco si metterà in pausa e la visuale zoomerà su quella del nemico più vicino al mirino; se i nemici sono numerosi si può passare da uno all’altro tramite la pressione delle frecce ai lati della schermata. Il corpo del nemico sarà diviso in settori, corrispondenti alle diverse parti a cui è possibile mirare; ciascuna sarà affiancata da una percentuale, che corrisponde alla possibilità di riuscire a colpire quel determinato punto. Tale percentuale varia in seguito a tantissime circostanze: all’abilità del nostro personaggio con l’arma equipaggiata, alla distanza del nemico, a eventuali coperture, alla stessa posizione del suo corpo (se un nemico è di profilo, ad esempio, sarà molto difficile colpire il braccio nascosto). Una volta scelta la parte a cui mirare, basta cliccarci sopra e uscire dal VATS: un veloce filmato generato in tempo reale, incredibilmente suggestivo, ci mostrerà l’esito del colpo. Mentre in tempo reale si può attaccare senza alcun limite, ciascun attacco svolto col VATS costa una determinata quantità di punti azione: una volta conclusi, dovremo per forza attaccare in tempo reale (o fuggire) aspettando che si ricarichino. Usare il VATS è vantaggioso per tanti motivi: si può riflettere con calma sulle mosse da eseguire, ci si può placidamente gustare l’esito dei colpi del nostro eroe con la giusta auto-compiacenza, e soprattutto si avrà una percentuale molto maggiore di mettere a segno un colpo critico, con effetti devastanti. Attenzione però: in Fallout 3 i danni sono *sempre* localizzati, non solo se si usa il VATS. Esistono ancora i punti ferita, ma sono come distribuiti in percentuale diversa tra le varie parti del corpo di ciascuna creatura (e anche del nostro alter ego). Il risultato è che colpendo ripetutamente una certa parte, quella parte verrà alla fine menomata, e l’esito della menomazione sarà coerente con la parte stessa. Una creatura con una gamba menomata si muoverà lentamente; una con un braccio menomato non sarà in grado di afferrare un’arma a due mani; una con la testa menomata mirerà a casaccio mancando quasi sempre il bersaglio. Lo stesso succederà al nostro eroe: se la sua testa è menomata, la visuale sarà appannata e diventerà molto complicato proseguire il combattimento.
Questo sistema per la gestione dei danni localizzati sa dare soddisfazioni soprattutto al giocatore paziente: mentre è anche possibilissimo correre verso il nemico e sparargli all’impazzata fino ad azzerare i suoi punti ferita, è estremamente più appagante piazzarsi in un punto nascosto e fargli saltare la testa con un unico colpo ben piazzato. Perché c’è da dire che Bethesda ha saputo sfruttare fino alla fine quel gusto macabro, talvolta vagamente ironico, che permea questa serie: ogni uccisione rispecchia alla perfezione il colpo che l’ha causata, mostrandoci con dovizia di dettaglio teste, gambe e braccia che saltano dai corpi e lasciando ai più sadici anche la possibilità di ‘giocare’ con questi cadaveri smembrati. Già immagino, di fronte a queste parole, i capelli dritti dei censori sempre pronti a denunciare la “violenza dei videogiochi”. In realtà la violenza esagerata di Fallout è impressionante ma al contempo catartica, ironica, dissacrante, a tratti perfino buffa, e soprattutto divertente, che è il vero scopo che un videogioco deve avere. Certo, il sistema di combattimento ha le sue incongruenze, come del resto accade in tutti i giochi di ruolo: dato che oltre che menomare una parte del corpo bisogna anche azzerare i punti ferita, è possibile sparare dieci colpi in testa al nemico e vederlo più vispo che mai. Ma di fronte allo splendore e all’efficacia del VATS e del sistema di danni localizzati di Fallout 3, questi ci sembrano francamente peccati veniali.
Excursus: hackerare, che passione!
I cosiddetti “minigiochi”, ossia le piccole prove di abilità che il giocatore è chiamato di tanto in tanto a superare in certi GDR, sono la negazione del concetto di interpretazione: bontà vorrebbe quindi che gli sviluppatori si contenessero il più possibile a questo riguardo. D’altro canto, la tentazione di variare il gameplay classico con qualche diversivo è spesso troppo forte: anche in Fallout 3 i programmatori hanno deciso di inserire due minigiochi. Se non altro, questa volta non si tratta di attività puramente astratte (come la persuasione in Oblivion) ma di piccole prove collegate in modo visivamente molto forte a ciò che sta realmente accadendo in-game. Il primo minigioco riguarda lo scassinamento. Quando il nostro alter ego tenta di aprire una serratura, dovrà anzitutto avere la relativa abilità a un livello sufficientemente alto. In caso di risposta affermativa, comparirà un primo piano della serratura stessa con dentro una forcina e un cacciavite; col mouse sarà possibile ruotare la forcina fino a ‘sentire’ il punto in cui fare forza, e a quel punto sarà necessario agire col cacciavite attraverso i tasti di movimento. Forzando il punto sbagliato, la forcina si romperà; la percentuale di riuscita dipende anche, naturalmente, dal valore nell’abilità di scassinamento.
Più interessante, e anche relativamente più frequente nel gioco, è il minigioco relativo all’hackeraggio di terminali. Spesso i computer conterranno informazioni essenziali nella soluzione di qualche quest, o anche la procedura per disattivare torrette e robot ostili, nonché i controlli di serrature particolarmente ostiche. Ciascun computer mostrerà anzitutto una schermata di presentazione, ottimamente simulata; dopo questa, dovremo inserire la password di accesso scegliendola tra una lista di parole collocate alla rinfusa all’interno di una serie di caratteri. Il livello di difficoltà del terminale determina il numero di caratteri di cui è composta la password: ma come individuare quella corretta? Si incomincia scegliendone una a caso: il sistema ci comunicherà quanti caratteri al suo interno sono esatti. Per esatti si intende che il carattere sia quello giusto e anche nella posizione giusta. A questo punto basterà confrontare la parola scelta con le altre parole disponibili per comprendere quale potrebbe essere la password corretta: avremo a disposizione un certo numero di tentativi, superati i quali il terminale si bloccherà. In realtà c’è un trucco: uscendo dal minigioco quando rimane un solo tentativo disponibile e rientrandovi immediatamente, potremo ricominciare da capo (anche la password, però, sarà diversa).
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5. Il dialogo
Naturalmente non saremmo di fronte a un vero Fallout se non vi fossero molti personaggi non giocanti con cui interagire attraverso dialoghi complessi e articolati. Bethesda da questo punto di vista ha fatto, rispetto ai suoi giochi precedenti, una vera scelta di campo: meno personaggi e ambientazioni ma dialoghi e caratterizzazioni più approfonditi e variegati. I dialoghi sono interamente doppiati e si svolgono secondo il classico sistema della risposta multipla: selezionando una creatura amichevole, il gioco entrerà in pausa, la visuale zoomerà sulla creatura in questione e le varie interazioni possibili compariranno in fondo allo schermo e potranno essere selezionate con un semplice clic. Rispetto a Oblivion, lo zoom è meno pronunciato: rimarranno visibili il tronco e le braccia dell’interlocutore, che quindi eseguirà anche qualche gesto, peraltro tendenzialmente limitato e rudimentale. Le opzioni di dialogo non sono sempre disponibili per tutti, dato che molte dipendono dalle caratteristiche del personaggio, dalle sue abilità e anche dai suoi perk. Quando una scelta di dialogo dipende da una di queste variabili, vedremo comparire prima della medesima il nome della variabile e, in caso di esito incerto, la percentuale di riuscita, per esempio [Intelligence] o [Speech, 80%].
Praticamente tutte le caratteristiche e le abilità entrano in gioco in qualche dialogo, ma ovviamente le principali sono intelligenza e oratoria, seguite dalla conoscenza scientifica e medica. La conversazione approfondita avviene solo con i personaggi dotati di nome e cognome: in ogni insediamento ci saranno anche cittadini generici o guardie che si limiteranno a risponderci con una frase predefinita. I dialoghi di Fallout 3 sono ben realizzati e appaganti, anche se forse manca quella caratterizzazione spinta dei personaggi che segnava i due capitoli precedenti della saga. Qualche volta, inoltre, le righe di dialogo sbloccate dalle abilità sono piuttosto sciocche: ci si chiede perché sia necessario avere una intelligenza molto alta per fare osservazioni spesso banali e scontate.
6. Esploriamo il mondo
Cosa si fa in Fallout 3 oltre che combattere e parlare? In realtà, tantissime altre cose. Anzitutto si esplora il mondo, che è costruito in modo incredibilmente attento e curato. L’area di gioco comprende le rovine di Washington D.C. e l’area immediatamente circostante. Nella periferia, gli spazi sono aperti e ci si può muovere in qualunque direzione senza soluzione di continuità; diversa è la situazione nel centro della città, dove gli scheletri dei palazzi e i cumuli di rovine costruiscono percorsi obbligati che spesso ci impediscono di raggiungere direttamente la nostra meta. Una via di spostamento alternativa è rappresentata dai vecchi tunnel della metropolitana, che collegano tra loro praticamente tutte le zone del centro: al loro interno, però, è più facile perdersi, senza contare che sono spesso infestati da creature pericolose. La città è stata costruita con una notevole cura anche ‘archeologica’, nel senso che incontreremo i resti di tutti i più importanti edifici del passato (cioè di oggi): tra di essi, l’obelisco del monumento a Washington, l’edificio neoclassico del Jefferson Memorial, l’Archivio Nazionale, il Museo Storico e il Museo della Tecnologia, il Pentagono (chiamato la “Cittadella” nel gioco), e perfino le rovine della sede di Bethesda! Spesso in questi edifici importanti sono ambientate missioni davvero originali, che trasfigurano il senso originario delle locazioni proiettandolo nell’atmosfera cinica e anarchica del futuro immaginato dagli autori originari della serie.
Non mancano, poi, ambientazioni create ad arte in modo genialmente creativo: la prima città che incontreremo, Megaton, sorge nel cratere dove si trova una bomba inesplosa (adorata da alcuni cittadini come una divinità!); un’altra, Rivet City, è all’interno di una vecchia portaerei in disuso; un’altra ancora, Arefu, si trova sulla sommità di un vecchio ponte autostradale diroccato. Le rovine della nostra opulenta civiltà spuntano da tutte le parti come componenti precarie del nuovo mondo post-atomico: carcasse di automobili adoperate come muri protettivi, fusoliere di aerei dentro cui sono negozi di armi, cartelloni pubblicitari scoloriti che nascondono rifugi di schiavisti senza scrupoli… il dettaglio è talmente presente e talmente coerente da rendere le passeggiate per le terre selvagge una soddisfazione in sé. È possibile esplorare gli interni delle case rimaste in piedi e scoprire scheletri di bambini a letto col loro orsacchiotto di pezza, evidentemente sorpresi dall’esplosione nucleare durante il sonno; oppure seguire i cavi elettrici appesi ai piloni e arrivare a un generatore, magari diventato nel frattempo la tana di una pericolosa creatura mutante; o ancora rinvenire dentro qualche computer ancora miracolosamente funzionante le informazioni di un individuo perso e dimenticato, magari intento a descrivere preoccupazioni del tutto cancellate dalla devastazione.
In ogni punto dell’ambientazione c’è esattamente quello che è logico trovarci, oltre magari a qualche sorpresa: ogni casa ha il suo bagno, dalle cui tubature potremo bere, sempre se siamo disposti a prenderci le inevitabili radiazioni; la metropolitana ha le linee, le stazioni (modellate su quelle realmente esistenti a Washington), le stanze di servizio, i generatori di corrente; dentro i musei ci sono le teche espositive, dentro quello di storia scheletri di dinosauri e dentro quello della tecnologia addirittura un planetario funzionante (anche se un po’ a singhiozzo). Ovunque si trovano oggetti con cui è possibile interagire: dai classici contenitori talvolta chiusi a chiave ai terminali da leggere (rimando a tal proposito all’excursus relativo allo scassinamento e all’hackeraggio), dai semplici oggetti di uso quotidiano quali piatti e bicchieri ai frammenti di macchinari pseudo-futuristici, tutti gestiti in base a un credibile sistema fisico. Alcun congegni, quali generatori e carcasse di automobili, possono anche esplodere se vengono colpiti da un’arma o se ricevono una spinta eccessiva. Una differenza importante rispetto a Oblivion è che qui non tutti gli oggetti governati dal sistema fisico possono essere posti nell’inventario: alcuni, generalmente i più grossi, servono unicamente a rendere più vivo e credibile il mondo di gioco.
Excursus: c’è un perk per ogni desiderio
Come già detto nella recensione, il giocatore ha modo di scegliere un nuovo perk ad ogni passaggio di livello: questi elementi di caratterizzazione riuniscono in un solo insieme i perk propriamente detti dei primi Fallout e anche i tratti che a suo tempo si potevano scegliere solo al momento della creazione del personaggio. Dato che certi perk sono decisamente creativi, val la pena descriverne qualcuno. Tra i più celebri c’è il mitico Bloody Mess, che nei primi Fallout provocava animazioni maggiormente esuberanti per ogni nemico ucciso; in Fallout 3 fa la stessa cosa, ma aumenta leggermente anche il danno causato da ogni arma. Per restare in tema di combattimento, i perk Gunslinger e Commando aumentano la percentuale di riuscita dei colpi nella modalità VATS rispettivamente con le armi a una mano e a due mani. Per gli amanti del combattimento a mani nude, il perk Paralyzing Palm rende disponibile un attacco speciale che immobilizza l’avversario per ben 30 secondi, lasciandolo alla mercè del nostro alter ego.
Naturalmente i perk influenzano anche i dialoghi, spesso offrendo risposte altrimenti non disponibili: è il caso di Black Widow e Lady Killer, che danno nuove possibilità rispettivamente alle donne e agli uomini, oppure di Child at Heart, che permette interazioni inedite con i bambini. Il perk Animal Friend rende pacifici tutti gli animali selvaggi e, se scelto per due volte, li rende anche nostri alleati in combattimento. Il perk Fortune Finder ci permette di trovare più soldi del normale, mentre quello denominato Strong Back aumenta il peso trasportabile dal nostro personaggio. Tra i perk più disgustosi, Cannibal ci permette di adoperare i cadaveri per guadagnare i punti ferita persi; tra i più curiosi invece c’è quello denominato Mysterious Stranger, che fa comparire casualmente durante il VATS uno strano personaggio vestito di nero che ci darà una mano nello scontro e poi scomparirà nel nulla. Tutti i perk hanno requisiti minimi sia per quanto riguarda il livello sia per quanto riguarda le caratteristiche dello S.P.E.C.I.A.L.; alcuni possono essere presi più volte, e a ciascun livello corrisponderà un effetto diverso.
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7. L’interfaccia
Le mappe, l’inventario e tutte le schermate separate presenti in ogni classico gioco di ruolo sono riunite, in Fallout 3, all’interno del mitico Pipboy, il congegno elettronico da polso che nei primi episodi teneva traccia del trascorrere del tempo e delle missioni da compiere. Qui si occupa un po’ di tutto, e lo fa in modo credibile e simpatico. Premendo il tasto TAB, il nostro personaggio alzerà il suo braccio sinistro, dove si trova agganciato il Pipboy, per farci vedere quest’ultimo in primo piano. Attraverso i tasti potremo navigare tra le varie schermate, controllando lo stato di salute del personaggio, le sue caratteristiche, gli oggetti in suo possesso, lo stato delle missioni e le mappe. La sezione dedicata alle caratteristiche permette di verificare lo stato di salute dell’eroe, il livello delle radiazioni assorbite, i suoi perk e ogni altro suo tratto; tramite questa sezione è possibile anche curare gli arti menomati o ridurre le radiazioni tramite apposite sostanze alchemiche. L’inventario elenca tutti gli oggetti in nostro possesso dividendoli per categoria ed evidenziando quelli equipaggiati; passando il cursore su ogni oggetto, vedremo sulla destra le sue caratteristiche.
Tramite l’inventario è anche possibile riparare gli oggetti, a patto che la nostra abilità sia sufficientemente alta; per riparare un oggetto, però, è necessario possederne un altro dello stesso tipo, che verrà sacrificato nel processo. La terza sezione si occupa delle missioni e delle mappe. Non esiste un vero e proprio diario: le missioni vengono elencate per titolo e di fianco a ciascuna di esse viene indicato semplicemente il successivo passo da compiere, in modo non troppo diverso da quello che avveniva nei primi due capitoli. Le mappe sono due: globale, con tutto il mondo di gioco, e locale. Se quest’ultima è utile soprattutto negli interni (peraltro spesso confusi dato che la mappa non distingue tra i diversi livelli), la prima è necessaria per orientarci negli spostamenti a largo raggio e anche per attivare il viaggio veloce, disponibile ogni volta che vogliamo recarci istantaneamente in un luogo già visitato in precedenza. In questa sezione c’è anche una pagina destinata alle note trovate nel corso delle missioni, che a volte sono scritte e altre volte sono invece registrazioni vocali.
Purtroppo nel gioco non esistono libri da leggere; o meglio i libri ci sono (e ciascuno di essi aumenta una abilità), ma possiamo leggerli solo astrattamente e non dal vero come in Oblivion. Sempre nella sezione dedicata alle note sono riuniti anche i progetti per i manufatti che possono essere creati direttamente dal nostro personaggio assemblando le cose più svariate rinvenute nel corso delle sue avventure. Al di là della sua articolazione in sezioni, spesso criticata per l’eccessiva macchinosità, il Pipboy è notevole per come riesce a calare nel gioco in modo coerente le schermate che generalmente sono del tutto separate da esso. Nell’osservare il suo aspetto, molti noteranno che oscilla leggermente, simulando l’impossibilità reale di tenere un braccio alzato perfettamente fermo; inoltre, la luce che colora i suoi pulsanti e le sue manopole cambia realisticamente in funzione dell’ambientazione in cui ci troviamo. La cura per i dettagli in Fallout 3 raggiunge livelli forse mai visti prima in un videogioco, fosse anche ad alto budget.
8. La salute prima di tutto
Val la pena recuperare il discorso sui danni localizzati per affrontarlo più in profondità. Ciascun colpo ricevuto dal nostro personaggio andrà a intaccare la sua salute in due modi diversi: da un lato facendo calare i punti ferita globali, dall’altro facendo calare quelli attribuiti alla parte del corpo fisicamente toccata dal colpo. Quando una parte perde tutti i suoi punti ferita, risulterà menomata, con tutte le conseguenze del caso. Essendoci sostanzialmente due tipi diversi di danni (globali e localizzati), esistono anche due modi diversi per curarli. Ingerendo un qualunque tipo di cibo o di bevanda, si recupererà una parte dei punti ferita globali, spesso però al prezzo di assorbire anche qualche radiazione. Più diretto e sicuro è l’uso degli Stimpak, le siringhe curative: queste possono essere adoperate sia per recuperare i punti ferita globali, sia per rimettere in sesto un arto menomato; in quest’ultimo caso, però, i punti ferita recuperati globalmente saranno una quantità minore. Tutti possono usare gli Stimpak sia per recuperare i punti ferita persi sia per rimettere a posto un arto menomato, ma la quantità di punti recuperati in ciascuna modalità non è fissa, essendo legata al valore dell’abilità medica. Riposando in un letto i punti ferita vengono recuperati completamente, sia a livello globale sia a livello di ogni singolo arto; se il letto è particolarmente comodo, il personaggio ottiene anche un bonus ai punti esperienza nelle prime ore dopo essersi svegliato.
In Fallout 3 i semplici danni fisici non sono gli unici tipi di problemi che può incontrare il nostro alter ego: esistono anche le radiazioni e la dipendenza da droghe. Le radiazioni sono misurate su una scala che va da 0 a 1000: ciascun multiplo di 200 segna il passaggio da un livello di contaminazione al successivo. Se avere un livello di contaminazione di 200 comporta una semplice penalità alla resistenza, un livello di 1000 provoca la morte immediata del personaggio. Le radiazioni vengono assorbite da cibi e bevande (comprese le pozze d’acqua sparse nel mondo di gioco), ciascuno dei quali comporta un aumento fisso del nostro livello di radioattività. Diverso è il discorso per quanto riguarda le ambientazioni radioattive: lì il valore di contaminazione continua costantemente a salire finché non ce ne andiamo, a una velocità che varia in base alla pericolosità della radiazione. Tutta l’acqua, per esempio, è contaminata: basterà una veloce nuotata da una sponda all’altra di un fiume per dover fare i conti con la radiazione. Purtroppo, dormire non serve a nulla contro le radiazioni, che continuano a rimanere finché non ingeriamo qualche sostanza chimica o non visitiamo un medico. A proposito di sostanze chimiche: la dipendenza da droghe scatta quando ne ingeriamo una quantità troppo elevata o con grande frequenza. Anche in questo caso dormire non serve a nulla: per risolvere il problema occorre visitare un medico.
Excursus: someone still loves you
Una delle trovate più positivamente sconvolgenti di Fallout 3 è la radio. Ebbene sì: nell’epoca della comunicazione totale, l’inserimento del mezzo di informazione più preistorico all’interno di un gioco in più sensi post-moderno appare come la più felice interazione possibile tra il passato e il presente e contemporaneamente una delle più argute intuizioni per offrire al giocatore un accurato feedback sulle sue azioni che sappia andare oltre la semplice comparsa di pagine scritte. Il nostro Pipboy è attrezzato con un sistema di ricezione in grado di captare, con una stabilità che varia coerentemente con la nostra posizione sulla mappa, sia stazioni radio vere e proprie sia messaggi di allarme o radio a circuito chiuso di una qualche struttura di servizio. I messaggi estemporanei sono in genere collegati a qualche quest: il vero piacere arriva quando ci si sintonizza sulle due stazioni radio principali, la Radio dell’Enclave e Galaxy News Radio.
L’Enclave è quel che rimane del vecchio governo degli Stati Uniti: la sua radio trasmette marce patriottiche e discorsi del presidente Eden. Realisticamente ripetitiva, stucchevole e monocorde, ricrea alla perfezione l’atmosfera di surreale tranquillità che il potere cerca di diffondere nel mondo devastato dalla guerra nucleare; elemento apparentemente di puro contorno, acquista retroattivamente un nuovo significato quando il giocatore arriva nelle ultime fasi della trama principale. Galaxy News Radio è la stazione più interessante e con ogni probabilità quella che ascolteremo durante la maggior parte della partita: si tratta di una radio indipendente, gestita da un dj di nome Three Dog (inopinatamente tradotto con “Tre Cani” nella versione italiana), che è scopertamente polemico nei confronti dell’Enclave e che cerca di dare informazioni realmente utili per chi è costretto a vivere nella Devastazione. Three Dog alterna meravigliose canzoni degli anni Cinquanta (Billie Holiday, Roy Brown, Ella Fitzgerald, Cole Porter, Ink Spots) a pertinenti osservazioni su quel che succede nella zona di Washington D.C., ovviamente espresse con il tipico linguaggio ipertrofico da sempre associato agli speaker radiofonici. La vivace voce del dj inanella consigli su come affrontare le radiazioni, bonarie prediche antirazziste, salaci brani satirici contro il presidente e soprattutto commenti sulle azioni più eclatanti compiute dal nostro alter ego. Può sembrare strano che una radio si occupi con frequenza delle imprese di un singolo, ma la trama principale spiega in parte questo arcano. Ovviamente ci capiterà di sentire un commento più volte identico, e questo può rompere in parte la sospensione dell’incredulità: ma dovete crederci quando diciamo che ascoltare un’osservazione su qualcosa che abbiamo fatto da una voce su una frequenza disturbata e con subito dopo le note malinconiche di I don’t want to set the world on fire provoca una sensazione indescrivibile e soprattutto inedita nel mondo dei videogiochi. Chapeau!
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9. L’intelligenza artificiale e i NPC
Bethesda ha dichiarato fin da subito di aver creato per Fallout 3 un mondo più piccolo e meno popolato rispetto a quello di Oblivion proprio per potersi concentrare maggiormente sui dettagli, anche sulla definizione di ciascun personaggio non giocante. L’obiettivo è stato sicuramente raggiunto, anche se bisogna dire che non siamo ancora di fronte alla profondità offerta in questo settore dai capitoli precedenti della serie. Ciascun PnG ha il suo set di dialoghi personalizzati: pochissime frasi sono condivise da più personaggi ed è aumentato anche il numero di doppiatori utilizzati; la maggior parte dei PnG importanti ha una sua voce unica. Ogni abitante del mondo ha una sua routine, non troppo diversa rispetto a quella messa in atto dalla controversa Radiant AI di Oblivion: vedremo gli abitanti dei vari insediamenti mangiare, dormire, fermarsi a chiacchierare per strada (i dialoghi estemporanei tra PnG sono comunque meno frequenti che in Oblivion, scelta atta forse a evitare la loro aria vagamente artefatta), occuparsi delle faccende di tutti i giorni. Da questo punto di vista due miglioramenti vanno sottolineati: anzitutto è stato ampliata considerevolmente la gamma delle animazioni disponibili, quindi vedremo personaggi che spazzano per terra, consultano una carta, si appoggiano a un bancone o a una parete, trafficano con qualche macchinario, si inginocchiano a pregare; in secondo luogo, è stato approfondito il feedback nei confronti delle azioni compiute dal protagonista. Per esempio, i PnG ci avvertiranno preventivamente quando ci vedranno pronti a cominciare un’azione illegale (per esempio se ci posizioneremo davanti a una porta chiusa a chiave, o se punteremo gli occhi su un oggetto prezioso non di nostra proprietà) e reagiranno in modo solitamente coerente se provocheremo disordini. Le città dotate di una certa organizzazione interna ci si scaglieranno contro, ma in genere nel giro di qualche giorno si ‘dimenticheranno’ del nostro passo falso: è una scelta che è stata molto criticata, ma che garantisce la possibilità di continuare a giocare anche dopo aver fatto, magari inavvertitamente, un errore grave. Gli insediamenti più delicati dal punto di vista organizzativo, peraltro, non dimenticheranno mai i nostri torti. I PnG posti in luoghi più isolati non sono protetti praticamente da nessuno e quindi saranno alla mercé del nostro personaggio: in Fallout 3 non esiste il concetto di “guardia che compare dal nulla in ogni dove” presente in Oblivion.
Le terre selvagge, peraltro, non sono popolate solo dagli eremiti o da chi vive in piccolissimi insediamenti, ma anche da carovane di mercanti che si spostano da un luogo all’altro della mappa, combattendo realisticamente con tutti i nemici incontrati. Per quanto riguarda le creature ostili, purtroppo l’IA non brilla in quanto a originalità: in genere, ciascuna creatura ci attacca a testa bassa senza elaborare strategie particolarmente ardite. Non mancano comunque le specificità, come ad esempio gli attacchi speciali posseduti da certi mutanti, o anche il fatto che i nemici umanoidi adoperano armi diverse, a cui occorre reagire in modo diverso (un supermutante che attacca con fucile è molto diverso, ad esempio, di uno che attacca con granate). Un bel passo in avanti invece è stato fatto per quanto riguarda l’interattività dell’ambiente: abbiamo già detto degli oggetti che possono esplodere, un accenno meritano anche le trappole, talvolta particolarmente creative (tagliole per orsi, torrette disattivabili hackerando un terminale, culle da neonato che esplodono, mine, pezzi di cadavere che ci cadono addosso se passiamo attraverso una cordicella…)
10. Chi crede al Karma?
Abbiamo già parlato del funzionamento dei dialoghi e del peso che hanno al loro interno le caratteristiche del personaggio; ma come si presenta, in generale, la possibilità di fare scelte diverse all’interno di Fallout 3? Anche in questo caso Bethesda ha dichiarato fin da subito di voler cambiare rotta rispetto a Oblivion, se non altro per rispetto e fedeltà nei confronti dell’eredità rappresentata dai primi due Fallout. Le missioni sono quindi relativamente poco numerose (32 in totale tra principali e secondarie, senza contare peraltro le decine di quest non documentate, cioè che non appaiono come tali nel Pipboy), ma ciascuna di esse è ben articolata e si risolve in un gran numero di tappe, spesso non semplicemente giustapposte ma reciprocamente escludenti. Questo significa che per vedere tutto è necessario giocare più volte con personaggi diversi. Le soluzioni possibili alle quest non si limitano ai classici due finali “da buono” e “da cattivo”: vi sono diramazioni in ogni frangente e molto spesso non si tratterà tanto di decidere in base alla moralità del personaggio quanto di dover contare sulle sue effettive abilità per trovare il modo di andare avanti nell’incarico che ci è stato assegnato. Certo le scelte morali non mancano, ma a parte alcuni rari casi eclatanti in cui c’è un comportamento positivo e uno negativo (far saltare in aria una città o no, aiutare gli schiavisti o combattere contro di loro), spesso ogni scelta comporterà un prezzo da pagare. Questo è particolarmente evidente soprattutto nella trama principale: non sveleremo nulla a riguardo, ma si può dire che alcune sue tappe sono state sceneggiate chiaramente per mettere in difficoltà il giocatore, costringendolo a compiere azioni riprovevoli ma inevitabili. Nulla di nuovo rispetto a tanti altri giochi, ma il tutto è inserito in modo coerente all’interno dell’ambientazione, assorbita in modo davvero magistrale dal nuovo team di autori che con essa ha dovuto misurarsi.
Un aspetto interessante e che meriterebbe implementazione anche in altri titoli è che quasi sempre l’azione moralmente più dubbia è connessa con la ricompensa più alta: aiutando qualche improbabile (e pericolosissimo) scienziato pazzo, verranno innestati sul nostro personaggio particolari perk che non possono essere ottenuti in nessun altro modo e che aumentano parecchio la sua potenza in combattimento. Molte missioni, inoltre, se risolte in un certo modo comportano vantaggi che si rispecchiano in tutto il seguito della partita: l’ottenimento di una casa (personalizzabile in seguito), sconti tra i negozianti di una certa città, oppure la possibilità di scambiare oggetti apparentemente inutili per grandi somme di denaro. In alcuni casi una certa azione influenzerà in modo positivo o negativo il nostro Karma, un valore che potremo assimilare alla reputazione presente in altri giochi. Il Karma influenza un limitato numero di incontri e determina i NPC che, volendo, possono accompagnare il nostro eroe durante le sue avventure. Ci sono diversi comprimari disponibili, anche se trovarli non sarà facile dato che la maggior parte di loro si trova in ambientazioni non toccate dalla trama principale: potremo portare con noi uno solo di questi NPC per volta (con un’eccezione), ma non potremo controllare le loro azioni in alcun modo.
11. Estetica
Fallout 3 è costruito con lo stesso motore di Oblivion, tirato a lucido e migliorato con più recenti effetti di rendering. Il risultato è notevolissimo: il mondo disastrato della devastazione post-nucleare appare vivido in ogni sua parte, dai polverosi interni delle case alle vaste distese ricoperte di macerie e di piccole sterpaglie. Tra i miglioramenti più evidenti segnaliamo gli effetti di luce negli interni (in Oblivion gli interni non riflettono le condizioni esterne, in Fallout 3 sì), le particelle di polvere che svolazzano nell’aria, gli uccelli che solcano il cielo, la gestione della linea dell’orizzonte. Notevole è anche la cura con cui sono stati realizzati gli interni “tecnologici”, come quelli dei Vault, pieni di strani macchinari elettronici animati in modo credibile: spesso non è possibile interagirvi, ma contribuiscono comunque alla costruzione di una atmosfera fatta di elementi che vanno anche oltre le vicende e la conoscenza del nostro alter ego. Un plauso va anche alle prestazioni del gioco e alla sua estrema configurabilità, tutti elementi in qualche modo ereditati da Oblivion: se quando usciva quest’ultimo il suo motore era lo stato dell’arte e richiedeva hardware di pari livello, oggi si tratta di una piattaforma sopportabile senza problemi da gran parte dei sistemi in commercio, soprattutto in forza della sua duttilità (c’è anche da dire che in Oblivion i problemi più grossi erano dati dalle fitte zone boschive, per forza di cose del tutto assenti in Fallout 3).
Il principale punto debole della grafica, da sempre tallone d’Achille delle produzioni Bethesda, è l’animazione dei personaggi, soprattutto degli umanoidi: il nostro alter ego e i suoi comprimari si muovono in modo innaturale, legnoso, poco fuso col contesto, e i miglioramenti comunque tentati (per esempio per quanto riguarda l’animazione della camminata in rapporto alle diverse pendenze del terreno) non sortiscono i risultati sperati. Il comparto audio, invece, merita un plauso convinto: il doppiaggio, almeno quello inglese, è a livelli sopraffini e coinvolge alcune voci molto celebri (il padre del personaggio è doppiato nientemeno che da Liam Neeson); le musiche sono eccezionali e sempre pertinenti col contesto; della trovata grandiosa della radio parliamo nell’apposito excursus. Anche in fatto di stabilità e bachi Fallout 3 è messo straordinariamente bene rispetto alla media dei giochi, soprattutto se consideriamo la sua vastità e complessità; in ogni caso è già uscita una piccola patch mentre una, più sostanziosa, è all’orizzonte.
13. Conclusioni
Ancora una volta Bethesda ha fatto centro, e questa volta le previsioni non erano tutte a suo favore. Costruire un nuovo Fallout partendo da un motore di gioco e da una filosofia praticamente opposti alla gloriosa serie della compianta Interplay apparve a suo tempo come un’impresa disperata, quasi una presa in giro nei confronti degli appassionati. Eppure il prodotto finale è Fallout in ogni sua parte: è talmente Fallout che se non si intitolasse così apparirebbe chiaramente un plagio e finirebbe quasi certamente in tribunale. Al di là di questo, comunque, si tratta di un prodotto incredibilmente curato, capace di dare soddisfazioni sia attraverso la pura interpretazione (in chiave condizionata durante le quest, in chiave libera durante l’esplorazione) sia attraverso stimoli più immediati come il combattimento o l’accumulo di tesori. Per certi versi, siamo di fronte alla quadratura del cerchio: un gioco che, in modo filosoficamente simile a The Witcher (peraltro diversissimo in tutto il resto), unisce il meglio del free-roaming alla trama forte e alla scelta come elemento cardine della narrazione. Se pensiamo che tra qualche tempo verrà rilasciato anche un editor e che quindi spunterà quasi certamente l’enorme quantità di mod già vista per Morrowind e Oblivion, si può dire che non c’è nessun motivo sensato per non acquistare questo nuovo capolavoro.
Tre pregi di Fallout 3
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Tre difetti di Fallout 3
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Trasporta nell’oggi una delle ambientazioni più riuscite di sempre
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Animazioni dei personaggi appena sufficienti
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Trama e missioni secondarie varie e appassionanti
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Caratterizzazione dei NPC non troppo approfondita
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Sistema di combattimento originale e ottimamente realizzato
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Trama sceneggiata in modo spesso freddo e distaccato
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