Eschalon: Book II

Il secondo capitolo della serie di GdR indipendenti realizzata da Basilisk Games migliora leggermente le premesse del gioco originale, ma senza abbandonarne la filosofia ‘masochistica’.

[articolo originariamente pubblicato il 26 luglio 2010]

1. La misura della passione
Uno dei grandi vantaggi della diffusione capillare dell’internet, almeno nell’ambito del nostro hobby preferito, è l’aver a disposizione i grandi blockbuster con dietro produzioni milionarie e contemporaneamente anche titoli realizzati da uno o pochi autori e messi in vendita direttamente in rete: si può dire che mai come in questo momento prolifera la varietà, e che ciascuno, con un po’ di impegno, può trovare in poco tempo il suo gioco ‘ideale’ pescando dall’una o dall’altra parte della barricata. Ma cosa succede quando i titoli indipendenti passano attraverso le forche caudine della critica specializzata? Il sottoscritto pensa che ogni gioco andrebbe giudicato sulla base di ciò che offre, ma secondo criteri che non dovrebbero cambiare a seconda del budget o del numero di autori. Quasi nessuno, in realtà, sembra seguire questa filosofia: generalmente la critica professionista dà un peso notevole al comparto grafico e dunque tende a giudicare sottotono quasi tutta la produzione indipendente, mentre viceversa la critica realizzata da appassionati è spesso nostalgica e polemica contro i grandi brand e dunque tende a idolatrare i prodotti ‘retrò’.
Concentriamoci su questo secondo problema. Il critico ‘militante’ non ammetterà mai, com’è ovvio, di partire con pregiudizi: è perciò interessante leggere come vengono giustificati gli entusiasmi esibiti per giochi che hanno come merito maggiore quello di essere ‘vecchi’, come aspetto o come giocabilità. Una delle argomentazioni più diffuse ruota attorno al concetto di difficoltà, collegato sia ai combattimenti sia ad eventuali enigmi, sia genericamente all’accessibilità. Si tratta di un tema che solletica l’elitarismo che alberga in molti vecchi appassionati, che rimpiangono il tempo in cui il videogioco di ruolo era un passatempo di nicchia: se un prodotto richiede ‘impegno’ per poter essere utilizzato, viene automaticamente considerato un prodotto di valore. E se il fruitore non è disposto a sobbarcarsi l’impegno, vuol dire che non è un vero appassionato, dato che il vero appassionato non deve fermarsi davanti a nulla per soddisfare la propria passione. Si può incontrare questo pensiero, di chiara radice platonico-idealistico-cristiana, in qualsiasi settore: la nostra società, pure spesso definita individualista e incline all’edonismo sfrenato, non riesce ad abbandonare l’idea secondo cui impegno, sfida e sofferenza siano valori positivi, da estendere e coltivare. La serie Eschalon è giustappunto la concretizzazione perfetta, in ambito videoludico, del puritanesimo anti-edonista di cui si fa spesso portavoce l’appassionato nostalgico. Vediamo cosa ci riserva il secondo capitolo, uscito da poche settimane.

2. Panoramica
Una premessa è d’obbligo: dato che Eschalon: Book II è molto simile al suo predecessore, questa recensione non scandaglierà i dettagli della sua giocabilità come quella scritta in occasione dell’uscita del primo capitolo. Per chi dunque volesse partire da zero, consigliamo anzitutto la lettura di quella recensione; questo non significa, peraltro, che giocare al primo Eschalon sia necessario per godersi il seguito, dato che le storie narrate sono completamente indipendenti. Ci concentreremo, in questa sede, soprattutto sulle innovazioni introdotte nello schema di gioco, che sono piccole ma non per questo poco importanti. Iniziamo da una descrizione sommaria: Eschalon: Book II è un gioco di ruolo con visuale isometrica dall’alto, ambientato in un mondo fantasy molto classico e caratterizzato da un notevole peso dato all’esplorazione, ai combattimenti e alla personalizzazione del proprio alter ego.
La giocabilità è a turni, anche se la cosa risulta evidente soprattutto durante gli scontri con il nemico; l’esito di ogni azione è determinato da un lancio di dadi virtuale, sul quale vengono applicati modificatori connessi alle abilità del personaggio. Il controllo avviene interamente tramite mouse: tenendo cliccato il tasto sinistro e muovendo il cursore, il personaggio si sposterà nella direzione selezionata; cliccando su nemici, PnG e oggetti interattivi l’avatar eseguirà l’azione predefinita. L’interfaccia è dotata di classiche finestre relative all’inventario, alle missioni, alla mappa del mondo (che peraltro va acquistata per poter essere usata), eccetera. La minimappa è sempre presente su schermo, ma il suo livello di dettaglio dipende da una apposita abilità. Queste ultime riguardano sia il combattimento sia altri ambiti come la magia, l’alchimia, il commercio. La crescita del personaggio è gestita con il classico sistema dei punti esperienza: a ciascun passaggio di livello il nostro alter ego riceve sia tre punti per aumentare le sue caratteristiche sia tre punti abilità, con i quali apprendere abilità nuove o migliorare quelle già apprese. La quasi totalità dei punti esperienza viene ottenuta uccidendo i nemici, ma sono previste importanti ricompense anche per la risoluzione di missioni e per l’utilizzo efficace di altre abilità (come ad esempio lo scassinamento).

3. Chi non mangia è perduto
Tra le novità più importanti a livello di giocabilità va senz’altro annoverata l’introduzione di nuove variabili da tenere sotto controllo durante le avventure. Le più consistenti sono certamente la fame e la sete, rappresentate da due barre che si svuotano progressivamente con il passare dei turni; per riempirle è necessario ‘usare’ un cibo o una bevanda, dunque prima di un lungo viaggio dovremo fare attenzione ad avere sufficienti provviste. Alcuni elementi dello scenario aiutano a risolvere le crisi più urgenti: cliccando su un pozzo il nostro personaggio berrà e riempirà il suo otre di acqua, così da avere un po’ di scorta; pagando una locanda non solo dormiremo recuperando i punti ferita ma verremo completamente rifocillati sia con cibo sia con bevande. Un’altra novità riguarda l’effetto sulla giocabilità delle condizioni atmosferiche: se il primo Eschalon implementava già il ciclo giorno/notte, con relative assai differenti condizioni di visibilità, il secondo si spinge in avanti e introduce la pioggia, la neve e soprattutto le tormente. Queste ultime possono essere letali dato che influenzano direttamente i punti ferita del nostro alter ego: essere sorpresi da una tormenta in un’area molto lontana dalla civiltà significherà mettersi a rischio di morte. Complessivamente, tutte queste nuove caratteristiche sono interessanti e risultano implementate in modo non troppo invasivo, ma sono vittima, come peraltro ogni altra funzionalità, del problema principale che attanaglia Eschalon: Book II (e il suo predecessore): l’eccessiva preponderanza dell’elemento casuale.

4. Simulazione poco simulativa
L’introduzione della fame e della sete rende evidente che la velleità dei programmatori di Eschalon è raggiungere un punto di equilibrio che consenta l’unione delle caratteristiche dirimenti dei cosiddetti world-driven, ossia dei giochi a esplorazione libera, con i tratti fondamentali degli story-driven, cioè dei prodotti con trama forte, dotati di inizio e fine ben precisi e determinati. Questa unione era il punto di forza di certi titoli ‘antichi’, non ultimi alcuni episodi della celeberrima saga di Ultima: successivamente la cultura e il mercato hanno favorito la divisione nei due sotto-generi e la relativa specializzazione, tanto che oggi la contaminazione è presente quasi solamente nei prodotti indipendenti, come lo stesso Eschalon ma anche la serie Geneforge di Spiderweb (dotati, peraltro, di trame abbastanza leggere e ‘mobili’, pena l’inconsistenza del comparto esplorativo). Nei giochi world-driven la simulazione ha sempre un ruolo piuttosto importante, dato che la rappresentazione totale del mondo ha come corollario ‘spontaneo’ una rappresentazione altrettanto totale delle azioni che in tale mondo si possono compiere; viceversa, i giochi world-driven prediligono l’astrazione, visto che la centralità della vicenda narrata spinge a mettere al bando potenziali distrazioni.
La simulazione di Eschalon, però, viene messa al servizio di un sistema di gioco orgogliosamente schiavo di meccanismi sorpassati, in cui ha un protagonismo incontrastato il tiro di dado (virtuale). Nei combattimenti, moltissimi colpi non vanno a segno, anche se i protagonisti della tenzone sono guerrieri di provata esperienza; negli scassinamenti, anche il ladro più scarso ha la possibilità di farcela se il giocatore che lo controlla ha la pazienza di ricaricare continuamente; gli scontri con mostri erranti durante il riposo possono esserci o non esserci, dunque basta ricaricare se la situazione non ci soddisfa. Eschalon ci mette a disposizione la possibilità di risolvere tutto nel migliore dei modi, ma tra noi e questa possibilità c’è un’infinità di tiri di dado e di determinazioni casuali: spetta a noi decidere se farci carico delle circostanze che ci tira addosso il fato, il più delle volte assurde e frustranti, o se armarci di pazienza e ricaricare continuamente finché non arriva la circostanza migliore. Le sessioni di gioco di Eschalon sono una sequenza continua di caricamenti, salvataggi e ricaricamenti: dopo ogni scontro, dopo ogni scassinamento, dopo ogni riposo, dopo ogni viaggio, dopo ogni cosa. Con un meccanismo di base come questo, la simulazione perde qualsiasi vena di realismo e diventa solo un ingranaggio in più di una giocabilità lenta, ripetitiva e frustrante.

4. Il mondo di gioco
Eschalon: Book II mostra un’altra importante differenza rispetto al primo capitolo della serie: la longevità. Il gioco base era piuttosto breve e poteva essere completato in una trentina di ore; per questo nuovo episodio ne sono necessarie almeno il doppio se si vuole esplorare ogni anfratto di ogni mappa. Il mondo di gioco è decisamente esteso ed è composto da mappe tutte collegate tra loro, spesso con percorsi nascosti o estremamente intricati; i luoghi più importanti sono segnati da obelischi che, una volta attivati, rendono disponibile un viaggio rapido che consente spostamenti immediati. Le missioni vengono generalmente assegnate negli insediamenti: oltre alla trama principale sono disponibili diverse quest secondarie, qualcuna dotata anche di bivi morali, peraltro abbastanza trascurabili. Nel gioco non mancano piccoli enigmi e zone apparentemente inaccessibili, ma che in realtà si possono raggiungere adoperando un po’ d’astuzia (in un paio di casi, per esempio, è possibile demolire ostacoli usando barili di esplosivo). Alla dimensione ragguardevole del mondo di gioco corrisponde una certa varietà nelle ambientazioni: anche se gran parte del territorio è ricoperta da foreste temperate non mancano paludi, aree innevate, laghi e naturalmente grandi sotterranei, spesso resi più pericolosi da numerose trappole. E’ il caso di sottolineare che quasi tutti gli insediamenti sono rappresentati in modo estremamente sommario: le uniche case presenti e visitabili sono quelle di chi offre un qualche servizio (mercanti, tempio, locande); esiste una città con anche normali cittadini, però non è contemplata alcuna intelligenza artificiale e i personaggi si limitano a restare al loro posto o a vagare nella stessa area durante tutte le ore del giorno e della notte.

6. Conclusioni
Eschalon: Book II è sicuramente migliore del suo predecessore, sotto molti punti di vista. La longevità è drasticamente più alta, ed è più varia l’esplorazione del mondo. I combattimenti sono stati ottimizzati e le abilità del personaggio sembrano avere più peso che nel primo capitolo. Le nuove implementazioni, quali fame e sete, arricchiscono le strategie. La stessa grafica fa un bel passo avanti grazie alla nuova risoluzione 1024×768 (il primo capitolo era bloccato a 800×600). Eppure, nonostante tutto ciò, abbiamo deciso di lasciare al gioco la stessa valutazione dell’episodio originale, e anche di elencarne i medesimi stessi difetti. La motivazione è che ci sono caratteristiche che, per quanto ci riguarda, non sono emendabili: sono solo eliminabili. Così com’è, con tutti i suoi miglioramenti, Eschalon rimane quel monumento alla frustrazione che già abbiamo avuto modo di esaminare al tempo dell’inaugurazione della serie. E non si tratta di una caratteristica dovuta a mancanze o a limiti dei programmatori, ma a una loro ben precisa ‘scelta di campo’: il vero GdR deve essere difficile e giocarci dev’essere quasi un sacrificio, come nei bei tempi andati. Chi condivide questa filosofia, troverà pane per i suoi denti. Chi più ingenuamente pensa che un gioco dovrebbe anzitutto divertire farà meglio a dirigere altrove i suoi sudati risparmi.

Tre pregi di Eschalon: Book II
Tre difetti di Eschalon: Book II
Mondo di gioco ampio e variegato
Elementi casuali troppo preponderanti
Grafica semplice ma funzionale
Frustrante
Miglioramenti diffusi rispetto al primo capitolo
Pieno di momenti morti

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