Il nuovo prodotto di Piranha Bytes è senza dubbio più interessante del piatto Risen 3: Titan Lords, ma è colmo di manchevolezze e di scelte di design davvero discutibili.
[articolo originariamente pubblicato il 4 aprile 2019]
1. Imparare dall’esperienza?
Piranha Bytes è forse uno dei nomi più controversi nel ristretto ambito della produzione di GdR digitali. Il primo prodotto uscito sotto questo marchio è l’epico Gothic, peraltro da noi recentemente recuperato, un capolavoro sui generis dell’interpretazione digitale, tutto costruito attorno a un originalissimo approccio rigorosamente simulativo. Un esordio di tale portata, seguito peraltro da un secondo capitolo altrettanto se non maggiormente ‘centrato’, ha spinto a una sorta di misjudgement da parte degli appassionati, che si è paradossalmente riversato anche sugli sviluppatori stessi. Piranha è diventata in quegli anni, per una parte della comunità, la rivale ‘buona’ di Bethesda: se quest’ultima realizzava giochi a esplorazione libera dalle meccaniche poco approfondite perché rivolti al grande pubblico, Piranha teneva alta la bandiera dell’open world senza compromessi, pronto a punire il giocatore sprovveduto e a premiare quello capace e sagace.
Ma c’era evidentemente qualcosa di sbagliato in questa narrazione. Al di là della qualità dei suoi prodotti, Bethesda è un grande studio americano, abile nel game design tanto quanto nel marketing; Piranha era, al suo confronto, uno studio piccolo e ‘provinciale’, senza voler per questo dare una connotazione negativa a quest’ultimo termine. Il plauso particolarmente entusiasta ricevuto dagli appassionati obnubilò la mente ai ragazzi tedeschi padri della serie Gothic, spingendoli a coltivare ambizioni assurde: il terzo capitolo della loro saga pretendeva di sfidare sullo stesso terreno il capolavoro di Bethesda Oblivion, uscendone, prevedibilmente, con le ossa rotte. Non solo per ragioni di carattere tecnico e produttivo (che i fanboy tendono ad addossare esclusivamente al publisher), ma anche per l’insoddisfacente caratterizzazione dei contenuti e dei meccanismi della giocabilità.
La lezione sembrava essere stata appresa: il prodotto successivo di Piranha, Risen, tornava a una ‘scala’ più confacente alle risorse umane e produttive dei suoi autori, ribadendo però anche la loro sostanziale incapacità a emanciparsi dalle formule viste nei primi Gothic. Ma un altro contrattempo era dietro l’angolo: il secondo capitolo della saga di Risen, che sulla carta doveva finalmente tentare alcune interessanti innovazioni, soffrì di uno sviluppo travagliato a causa dell’abbandono di Piranha di una buona parte del suo gruppo ‘storico’ di autori: il risultato, pur divertente, risente di queste inconsistenze e per giunta innesta nell’ambientazione un nuovo sapore ‘piratesco’ non sempre perfettamente fuso con le fondamenta poste dal primo capitolo. L’episodio successivo cerca di rientrare nei binari del fantasy classico, ma risulta sommamente anonimo e finisce per l’essere il prodotto più dimenticabile di tutta la storia di Piranha.
Il gioco di cui ci apprestiamo a parlare è il primo capitolo di una presunta nuova saga. I sopravvissuti di Piranha, tra cui ormai ci sono pochissime persone del gruppo originale a cui si devono i primi Gothic, hanno davanti a sé una nuova occasione per dimostrare il proprio talento dopo la sequela di passi falsi appena raccontata. A giudicare dagli appassionati di vecchia data, che per il marchio hanno sviluppato una sorta di inscalfibile venerazione, Elex è per molti versi un ritorno ai vecchi fasti; non sembra pensarla allo stesso modo la critica per così dire ‘ufficiale’, che con questo gioco non è certo stata generosa di complimenti. La nostra opinione, che ovviamente verrà argomentata a dovere, è che questo gioco mostra idee interessanti ma anche ribadisce a una a una tutte le perplessità che si possono avere sulla storia recente di Piranha: un marchio dietro al quale si muove un gruppo di autori del tutto incapace di calibrare i propri progetti sulla base delle sue capacità, e di conferire ai propri prodotti quel minimo di ‘pulizia’ necessaria per competere davvero nel mercato.
2. Premesse narrative
Elex è ambientato in un mondo di nome Magalan, apparentemente del tutto simile al nostro pianeta. Un paio di secoli prima dell’inizio dell’avventura, la civilizzazione umana, molto avanzata tecnologicamente, viene quasi completamente spazzata via dall’impatto di una cometa che devasta il territorio trasformandolo in una distesa di deserti intervallati da zone ‘morte’ percorse da fiumi di lava e che sconvolge la biologia a causa del materiale radioattivo di cui è composta, il cosiddetto, appunto, elex. Da questa apocalisse nasce una nuova civiltà, dominata dai cosiddetti Alb, esseri umani che in qualche modo si ‘nutrono’ di elex ricavandone potenza fisica e intellettuale ma perdendo progressivamente la propria indipendenza di pensiero, trasformandosi in pedine al servizio del loro capo, una non definita entità nota come Hybrid. La parte di mondo non soggetta al dominio degli Alb è il territorio delle cosiddette free people, che gli Alb cercano costantemente di ridurre al proprio dominio. Le free people si dividono, prevedibilmente trattandosi di Piranha, in tre fazioni: i Berseker, i Cleric e gli Outlaw.
I tre schieramenti costruiscono la propria identità sulla base del rapporto con l’elex e con la tecnologia che tramite esso può essere alimentata. I Berserker rigettano quest’ultima aprioristicamente, promuovendo la rigenerazione del mondo attraverso la venerazione dell’elemento naturale: il loro impegno principale consiste nel tentare di far rinascere il mondo incontaminato dei tempi precedenti l’impatto della cometa, obiettivo inseguito tramite l’utilizzo dei cosiddetti world heart, bizzarre entità vegetali che se opportunamente ‘curate’ possono trasformare le distese desertiche in bucolici paesaggi verdeggianti. Negli insediamenti di questa fazione, del tutto simili ai villaggi presenti nei giochi a tradizionale ambientazione fantasy, la tecnologia è bandita e si combatte solo tramite armi decisamente vintage quali asce, spade e archi; i Berserker padroneggiano però anche la magia elementale e curativa, alimentata da un’energia tratta dall’elex e chiamata mana. I Chierici, al contrario, abbracciano in pieno la tecnologia, dedicando gran parte delle energie allo sviluppo di nuovi costrutti alimentati dall’elex: i loro insediamenti sono caratterizzati da atmosfere futuristiche tipicamente sci-fi e le loro armi predilette sono i fucili al plasma o anche i robot da combattimento. Questa devozione per la scienza è però accompagnata, paradossalmente ma non troppo, alla devozione per una misteriosa entità soprannaturale, una divinità chiamata Calaan, la cui identità verrà svelata nel corso dell’avventura. Se i Berserker e i Chierici sono entrambe fazioni fortemente ideologizzate, gli Outlaw si caratterizzano per il loro estremo cinismo e il loro approccio nichilista tipicamente postmoderno: il loro unico interesse è il profitto, e la loro organizzazione gerarchica dipende semplicemente dalla forza o dal carisma del capo attualmente in carica. Gli insediamenti degli Outlaw sono cumuli di macerie ammonticchiati alla bisogna, e ricordano le atmosfere che si respirano nella serie Fallout: i loro strumenti di guerra prediletti sono le armi più pesanti e distruttive quali granate, bombe e lanciafiamme; ma dalla loro gli Outlaw hanno anche una sorta di specializzazione nella creazione di sostanze psicotrope, che possono essere di grande aiuto in battaglia.
Il protagonista dell’avventura si inserisce in questo contesto con modalità del tutto particolari, che fanno di lui tutto tranne che il classico uomo qualunque già protagonista iniziale della serie Gothic. L’alter ego del giocatore si chiama Jax ed è un importante comandante degli Alb: le sequenze iniziali lo rappresentano intento a sorvolare Magalan col suo jet, presumibilmente durante lo svolgimento di una missione per conto dell’Hybrid. Ma qualcosa va storto: il jet viene abbattuto da spari provenienti da fonte ignota, e dopo essere precipitato il protagonista si trova di fronte un altro comandante Alb, di nome Kallax, che lo accusa di aver fallito la sua missione e di dover quindi essere ucciso, come prevede la legge dell’Hybrid. Il plotone di esecuzione agli ordini di Kallax spara a Jax, che viene colpito e precipita da una rupe. Ma dopo qualche tempo il nostro riprende i sensi: l’elex, del quale gli Alb si nutrono e che conferisce loro un caratteristico pallore, sembra aver del tutto abbandonato il suo corpo, indebolito e vulnerabile. Per di più, qualcuno ha rubato al povero Jax tutto il suo equipaggiamento: fortunatamente il nostro alter ego incontra presto un Berserker di nome Duras che si offre di aiutarlo accompagnandolo nella vicina città controllata dalla sua fazione, Goliet.
Questa situazione si traduce, all’atto pratico, nella classica situazione iniziale di ogni gioco Piranha: il protagonista è debole e vulnerabile e deve farsi strada ingraziandosi le tre fazioni e infine scegliendone una a cui aderire. Questa volta c’è però un elemento ulteriore: l’eroe è un esponente, anche se derelitto e decaduto, della quarta fazione, la fazione antagonista. Qualche personaggio se ne accorgerà, e il giocatore avrà in diverse occasioni la possibilità di rivelarlo apertamente o di cercare di nasconderlo.
3. La struttura del mondo e la giocabilità base
Alla diversa natura delle quattro fazioni corrispondono le diverse zone in cui è suddivisa l’area di gioco, che si presenta come un ‘continente’ unitario e aperto alla libera esplorazione in tutte le direzioni, a differenza di quel che avveniva negli ultimi giochi Piranha, ambientati in arcipelaghi che si aprivano progressivamente con l’avanzare della trama. L’area sotto il controllo dei Berserker, chiamata Edan, è boscosa e verdeggiante; la zona attorno a cui gravitano i Chierici, chiamata Ignadon e vicina al cratere dove è caduta la cometa, ha il terreno scuro e i laghi di lava tipici delle zone vulcaniche; la zona in cui si rifugiano gli Outlaw è il deserto di Tavar, mentre gli Alb abitano le regioni ghiacciate note come Xacor.
Ciascuna delle tre fazioni ‘giocabili’ ha una sua città principale: Goliet per i Berserker, Hort per i Chierici e The Fort per gli Outlaw. Non mancano peraltro, nelle zone anche più remote dell’ambientazione, insediamenti secondari, tra i quali anche villaggi o cittadine per così dire ‘neutrali’: spiccano in particolare la “Dome City”, nella quale le tre fazioni cercano di vivere in pace rinunciando agli elementi più conflittuali delle relative ideologie, nonché un villaggio chiamato “Origin” i cui abitanti impongono agli ospiti la rinuncia completa alla propria identità di fazione in favore di una superiore unità nella lotta comune contro gli Alb. A un certo punto della trama, il protagonista avrà la possibilità di ottenere il controllo di quest’ultimo villaggio, che diventerà in un certo senso la sua ‘base’ per il resto dell’avventura.
In questo grande ‘continente’, il protagonista Jax può, come dicevamo, muoversi liberamente. Elex è un classico gioco in terza persona: il giocatore vede il suo alter ego da dietro le spalle, con una visuale leggermente regolabile, e ne governa i movimenti tramite i consueti tasti WASD. È possibile effettuare veloci sprint tramite il tasto MAIUSC, muoversi furtivamente tramite il tasto CAPS LOCK (può tornare utile solo per borseggiare, dato che il gioco non implementa particolari vantaggi per gli attacchi furtivi) e saltare tramite la barra spaziatrice.
Quest’ultimo punto merita un approfondimento perché Elex implementa una modalità di spostamento verticale del tutto inedita per Piranha e capace di modificare profondamente l’interazione col mondo e le modalità di esplorazione del medesimo. Premendo due volte la barra spaziatrice vedremo il nostro alter ego non saltare bensì attivare il jetpack: questo aggeggio, apparentemente l’unico gadget rimasto al protagonista dopo esser stato derubato durante il suo stato di incoscienza, gli permette di effettuare dei veloci ‘voli’ in tutte le direzioni. Veloci perché la carica del jetpack è molto limitata, pur ricaricandosi abbastanza rapidamente. Questo permette non solo al nostro alter ego di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, ma anche di gestire con una certa facilità gli spostamenti dall’alto verso il basso: precipitare da un burrone porta a morte certa, ma basta attivare il jetpack poco prima di toccare terra e non ci sarà alcuna conseguenza. Senza contare il vantaggio in fase di combattimento: staccarsi da terra potrà dare al nostro eroe un attimo di tregua quando è sopraffatto dal nemico, anche se va detto che quasi tutte le creature hanno nel proprio arsenale anche un qualche attacco a distanza.
E a proposito di nemici: l’esplorazione di Magalan è libera fin dall’inizio solo in teoria, dato che le terre selvagge sono popolate da una miriade di creature mutanti e di personaggi ostili, quasi tutti fuori dalla portata del protagonista nelle fasi iniziali dell’avventura. Ci si dovrà limitare, nelle prime ore di gioco, a esplorare gli insediamenti pacifici, che in genere possono essere raggiunti senza troppe difficoltà anche grazie alla presenza di appositi ‘accompagnatori’: nelle città si potranno ottenere missioni tramite le quali, lentamente e non senza mille difficoltà, potenziare l’eroe e renderlo finalmente libero di esplorare il mondo. Ma di tutto questo parleremo meglio nella sezione dedicata al combattimento.
4. Lo sviluppo del personaggio
La crescita dell’eroe in Elex è regolata tramite il classico sistema dei punti esperienza, che si ottengono anzitutto risolvendo le missioni e in misura molto minore uccidendo le creature ostili o ingerendo apposite pozioni realizzate con la sostanza che dà il titolo al gioco. Il nostro alter ego Jax è definito anzitutto da cinque caratteristiche di base: forza, costituzione, destrezza, intelligenza e astuzia. A ciascun passaggio di livello, il giocatore otterrà dieci punti da distribuire a piacimento tra queste cinque caratteristiche. Attenzione però: mentre quando si è a livelli bassi si può avere l’impressione che a un punto speso corrisponda un punto ottenuto nella rispettiva caratteristica, a livelli più alti non è così. A partire dal valore 31, ogni punto caratteristica costa in realtà 2 punti; a partire dal valore 61 costa 5 punti e a partire dal valore 91 costa ben 10 punti. Il gioco non spiega per bene il meccanismo in nessun modo, quindi con ogni probabilità molti giocatori lo scopriranno da soli.
Questo, in realtà, è solo uno dei tanti elementi che Elex non spiega o che addirittura spiega in modo completamente fuorviante. L’esempio forse più lampante è la descrizione collegata a ciascuna caratteristica. La forza, per esempio, secondo la descrizione fornita dal gioco aumenta il danno inferto in corpo a corpo; la destrezza, invece, aumenterebbe il danno inferto a distanza. Peccato che questo sia falso: nessuna caratteristica ha alcun effetto sul personaggio. Le caratteristiche sono solo ed esclusivamente un pre-requisito per sbloccare le abilità o per utilizzare le armi o le armature. A precisa domanda, gli sviluppatori hanno risposto che si è trattato di una precisa scelta di design. Ma perché allora ingannare il giocatore con spiegazioni in-game del tutto campate in aria?
Oltre ai dieci punti per aumentare le caratteristiche, a ciascun passaggio di livello il nostro eroe ottiene anche un punto abilità, con cui può sbloccare o migliorare una abilità attiva o passiva, posto che abbia i requisiti necessari a livello di caratteristiche. Sbloccare o migliorare le abilità richiede anche l’intervento di un addestratore e una cospicua somma di denaro: purtroppo gli addestramenti avvengono a un livello puramente astratto e non sono accompagnati da dialoghi o da nuove animazioni, come accadeva nella rimpianta serie Gothic.
Le abilità sono suddivise in sette categorie, quattro (Combattimento, Sopravvivenza, Artigianato, Personalità) aperte a tutti e tre collegate alle fazioni. Una volta appresa una abilità attiva, la si può collocare nella barra rapida posta in fondo allo schermo, dove possono trovare posto anche le pozioni e i cibi; a quel punto basterà premere il relativo tasto per attivare la relativa abilità. È interessante il fatto che il gioco implementa anche un rudimentale sistema di persuasione collegato alla quantità di punti abilità spesi in una determinata categoria: chi ha investito tanti punti nel combattimento potrà intimidire l’interlocutore, per esempio. Va detto che le ricompense per queste opzioni di dialogo sono ridicolmente basse, tanto da rendere del tutto inutile l’idea di costruire un personaggio basato sul carisma.
5. Il combattimento
Come in tutti i prodotti Piranha, anche in Elex il combattimento ha un ruolo centrale e rappresenta forse l’attività primaria del protagonista nel corso dell’avventura. Gli scontri avvengono con modalità brutalmente action: non esiste alcuna pausa tattica, anzi il gioco non entra in pausa nemmeno aprendo le interfacce secondarie quali la mappa o l’inventario. Il tempismo e i riflessi del giocatore hanno dunque un peso decisivo, che sovrasta sempre, anche ad alti livelli, le abilità possedute dal personaggio: da questo punto di vista Elex è più classificabile, appunto, come un gioco action che non come un vero e proprio gioco di ruolo.
Il sistema prevede diversi approcci agli scontri col nemico. Il più diretto ed elementare è ovviamente il combattimento in corpo a corpo: una volta equipaggiata un’arma bianca, la si può sguainare premendo il pulsante centrale del mouse e a quel punto a ciascun clic corrisponderà un fendente. O almeno questo è quel che dovrebbe succedere in condizioni ottimali: perché va detto fin da subito che Elex implementa nel suo sistema di combattimento molte ‘complicazioni’, che possono facilmente renderlo ostico, almeno nelle prime battute, anche a chi ha consuetudine con i giochi del medesimo gruppo di autori.
Il primo e più importante fattore da tener presente è la stamina, rappresentata graficamente da un cerchio collocato in alto a sinistra dello schermo. Ogni colpo inferto con l’arma, anche andato a vuoto, consuma una certa quantità di stamina; quest’ultima si esaurisce, almeno all’inizio dell’avventura, in tempi estremamente rapidi, solitamente dopo due o tre colpi; una volta esaurita, il personaggio non potrà più fare letteralmente nient’altro se non aspettare qualche secondo che il cerchio si riempia nuovamente. Ma durante quei secondi ovviamente si è molto vulnerabili: e bisogna tener presente che anche i colpi ricevuti dal nemico intaccano la stamina, anche semplicemente bloccandone la rigenerazione.
Può essere che con l’introduzione di questa nuova variabile il desiderio degli autori fosse quello di rendere il combattimento più strategico e interessante: purtroppo, il risultato è invece surreale e frustrante. Controllare un eroe che dopo due o tre colpi con l’arma rifiuta di continuare a combattere è semplicemente assurdo, da tutti i punti di vista: da quello del realismo, ma anche da quello dello spessore strategico. Alla fine, ciò che occorre fare è semplicemente smettere di combattere appena la stamina si esaurisce e cominciare a correre via dal nemico, magari a zigzag o disegnando cerchi attorno a esso così da evitare i suoi colpi; una volta ricaricata la stamina, si torna indietro e si prosegue nello scontro. Il paradosso di questo pattern assurdo è che nella realtà correre consuma molta più energia che non sferrare un colpo con una spada: ma nel mondo parallelo di Elex apparentemente nulla è più faticoso che muovere un’arma. A tutto questo va aggiunto che solo il nostro eroe deve sottostare a questa pesantissima limitazione: nessuno, né tra le creature mutanti né tra i nemici umani, sembra avere una stamina a limitare le sue azioni in combattimento. L’eroe destinato a salvare il mondo è, paradossalmente, il personaggio con più handicap di tutta l’ambientazione.
Torniamo alle modalità di svolgimento degli scontri. Affinché i colpi a segno proseguano con una certa rapidità, il giocatore deve calibrare attentissimamente il loro tempismo: basterà un clic fuori tempo e l’eroe bloccherà la sua sequenza di attacco proprio come quando si esaurisce la stamina. A quel punto bisognerà attendere lunghi istanti affinché si decida a ricominciare, sperando di non sbagliare nuovamente il tempismo nella successiva sequenza. Inanellare un certo numero di colpi a segno può sbloccare una mossa speciale particolarmente potente, indicata da una barra in basso a sinistra e attivabile tramite pressione del tasto Q: va detto che noi ci siamo dimenticati molto presto di questa funzionalità e l’abbiamo sfruttata solo raramente.
Il gioco implementa anche le armi a distanza, sia nella forma dei vetusti archi e balestre sia in quella delle avveniristiche pistole laser utilizzate dai chierici. Il combattimento scorre in modo non dissimile da quel che si verifica in corpo a corpo, con l’importante differenza che è possibile zoomare mentre si prende la mira tramite la pressione del tasto destro del mouse. Un elemento interessante da sottolineare è che, come già accennato, quasi tutte le creature nemiche hanno a disposizione un attacco a distanza, che per molti mutanti prende le forme di una sorta di ‘sputo’: la maggior parte dei mostri, però, cerca sempre anzitutto di lanciarsi nel corpo a corpo e utilizza questo attacco da lontano solo quando il nostro eroe cerca di allontanarsi da terra con il jetpack.
Nel complesso, ci sentiamo di poter dire che il sistema di combattimento di Elex è abbastanza disastroso, anche rispetto ai risultati spesso discutibili raggiunti dai prodotti precedenti dello stesso gruppo di autori. Diciamo che Piranha è sempre stata celebre, in senso negativo, per le modalità spesso contorte con cui implementa i combattimenti, spesso dovute anche a dei sistemi di controllo non esattamente user friendly. Ma in Elex compare un problema nuovo rispetto al passato: la combinazione tra il dissennato sistema che ruota attorno alla stamina e la rigidità con cui il gioco punisce la mancanza di tempismo provocano, in ultima istanza, la sensazione che il nostro alter ego sia poco reattivo, incapace di interpretare e gestire gli input dati dal giocatore. È davvero una fattispecie frustrante e anche a suo modo inquietante: qual è il senso del farmi controllare un personaggio se poi questo personaggio rifiuta di eseguire gli ordini che gli vengono impartiti? Va benissimo utilizzare la stamina per regolare i colpi o premiare chi utilizza un tempismo perfetto, ma lo si può fare senza bloccare completamente la reattività del personaggio appena qualcosa non va: basterebbe, per esempio, che i colpi inferti con la stamina a zero o con tempismo sgraziato infliggessero molti meno danni. Così com’è, il sistema di combattimento implementato da Elex sembra, più che un gioco, un test per verificare il funzionamento del sistema neurologico del fruitore: alla minima imperfezione di un vostro clic, preparatevi alla schermata del game over.
6. Magia, telepatia e droga
Nel continente di Magalan gli unici a utilizzare incantesimi ‘classici’ sono i Berserker. Una volta unitosi alla fazione, il nostro alter ego potrà lanciare i consueti fulmini o dardi infuocati, nonché gli altrettanto familiari buff quali barriere protettive o creature evocate per aiutare in combattimento. Per lanciare un incantesimo è necessario avere una certa quantità di mana, l’energia magica che nel contesto particolare disegnato da Elex è anch’essa un derivato dalla misteriosa sostanza che dà il titolo al gioco. Il mana non si ricarica autonomamente ma funziona come i punti ferita: deve essere quindi ricaricato tramite apposite pozioni o semplicemente dormendo. Gli incantesimi vanno sbloccati come qualunque altra abilità, a eccezione dei più semplici dardi, che il nostro eroe riceverà in ricompensa al raggiungimento di determinati livelli di fazione. Alcune abilità del ramo dei Berserker sono più generiche e consentono di aumentare il mana o la potenza di tutti gli incantesimi.
La ‘magia’ messa in campo dai Cleric prende la forma di attacchi psionici in grado di danneggiare ma anche di immobilizzare una o più creature ostili: le abilità collegate a questi attacchi richiedono comunque l’uso di armi. Fedeli alla propria venerazione per la tecnologia, i Cleric vantano, nel proprio repertorio, i fucili a distanza più potenti: ma mentre questi ultimi possono essere usati da chiunque abbia i giusti requisiti, le armi con poteri psionici restano una loro ‘esclusiva’. Secondo molti appassionati, si tratta delle armi più letali messe a disposizione dal gioco.
Gli Outlaw non hanno a disposizione attacchi particolari, ma hanno dalla loro la possibilità di poter consumare droghe (il gioco le chiama stim) senza doverne subire la relativa penalità. Il gioco abbonda di sostanze capaci di dare buff temporanei all’eroe anche molto consistenti, ma si accompagnano allo spiacevole effetto collaterale di dimezzare l’esperienza ottenuta durante il loro utilizzo: solo gli Outlaw non devono sottostare a questa decisiva limitazione. Questa fazione è anche la più specializzata nel crafting, essendo l’unica in grado di sbloccare tutti i ‘rami’ di abilità collegati all’artigianato.
Le tre differenti specializzazioni delle fazioni sono senza dubbio un punto a favore del gioco. Piranha utilizza da sempre la scelta di una gilda come modo decisivo per caratterizzare il personaggio: e va apprezzato il modo in cui le fazioni sono tratteggiate in modo diseguale e biunivoco, non solo a livello ‘morale’ ma anche dal punto di vista della pura e semplice giocabilità. Anziché proporre gli schemi classici che contrappongono, per esempio, i guerrieri ai maghi, Piranha cerca sempre di dare una qualche forma di potere particolare a ciascuna delle fazioni, consentendo diverse specializzazioni anche all’interno della stessa gilda. Certo, va detto che lo schema di fondo, che resta lo stesso fin dai tempi del primo Gothic e che vede una lunga prima parte in cui il protagonista entra in contatto con le fazioni e cerca di ingraziarsele per poi sceglierne una e proseguire nella trama principale, risulta ormai usurata e prevedibile.
Ma c’è soprattutto un altro elemento che ci lascia perplessi nell’ultima fatica di Piranha. La volontà di diversificare le fazioni sembra essere un po’ sfuggita di mano agli autori, finendo per avere, in Elex, un effetto disgregante e alienante. Ciascuna fazione abita un territorio completamente diverso: foreste verdeggianti per i Berserker, nera terra vulcanica per i Cleric, distese desertiche per gli Outlaw (e lande ghiacciate per gli Alb, la fazione ostile). Il gioco si premura di spiegarci le motivazioni dietro questa particolare distribuzione dei climi, ma le vicende del background non ci tolgono la sensazione che i programmatori abbiano semplicemente creato quattro differenti ambientazioni per caratterizzare meglio le fazioni e che poi le abbiano collegate tramite la ‘storia’ in un secondo momento (il fatto poi che ci si possa liberamente spostare da un punto all’altro tramite i punti di teletrasporto aumenta ancora di più questa sensazione di frammentazione). E lo stesso si può dire per le differenti modalità di combattimento preferite dalle fazioni, che in un mondo anche solo vagamente verosimile non potrebbero mai e poi mai convivere come convivono nel mondo di Elex. I Cleric e gli Alb, con i loro fucili laser ultra-tecnologici e con i loro robot da combattimento, in un mondo anche solo vagamente verosimile avrebbero rapidamente ragione delle città fatte di rottami degli Outlaw e soprattutto delle mazze e delle fionde usate dai Berserker. L’idea alla base di Elex, e cioè che di fronte a uno sconvolgimento si può reagire guardando indietro o guardando avanti, è sicuramente interessante: ma la modalità in cui è realizzata è discutibile, perché richiede al fruitore un livello di suspension of disbelief semplicemente esagerato. Si parva licet, l’ultimo gioco Piranha ci ha fatto venire in mente lo strategico Empire Earth del 2001, nel quale si tentava di simulare tramite battaglie in tempo reale l’intera storia dell’umanità dall’età della pietra fino al futuro: ma se la gittata di un arco nell’età del bronzo è di qualche centimetro su schermo, quale dovrebbe essere la gittata di un cannone di contraerea durante la Seconda Guerra Mondiale per dare al gioco un minimo di credibilità? Empire Earth, però, era uno strategico: un genere che per sua natura tende all’astrazione e quindi si fa perdonare anche arditezze come questa. Completamente diversa è la situazione in un GdR Piranha, che da sempre punta tutto sulla simulazione. Caricare un esercito di robot armati di fucile al plasma con un personaggio vestito di pelle che brandisce un bastone di legno è semplicemente surreale: e nessun elaborato background potrà mai convincerci del contrario.
7. Dialoghi e missioni
Come già dicevamo, in Elex gran parte dei punti esperienza si ottiene risolvendo missioni, e quindi interagendo con i tanti personaggi non giocanti che popolano il continente di Magalan. I dialoghi sono a risposta multipla e il protagonista è ‘parlante’: scegliendo una determinata risposta, egli pronuncerà esattamente le parole scritte sullo schermo. In genere gli unici personaggi pronti a intrecciare conversazioni sono quelli legati a qualche missione: tutti gli altri sono generiche comparse, che a un tentativo di dialogo risponderanno con una brevissima frase.
Molte missioni, soprattutto nella prima fase dell’avventura, consentono di effettuare scelte, che in genere danneggiano una fazione e ne avvantaggiano un’altra. Quando si compie una scelta particolarmente importante, il gioco lo segnala in maniera fin troppo invasiva, con scritte a schermo che recitano “questo personaggio si ricorderà di questa cosa”, oppure “la morte di questo personaggio avrà importanti conseguenze sulla trama”. Va detto peraltro che gli sviluppatori hanno previsto che il giocatore possa cambiare idea, almeno entro certi limiti: ciascuna fazione implementa una sorta di “missione riparatrice”, spesso collegata al versamento di larghe somme di denaro, che consente di ripristinare la propria reputazione presso quella fazione così da poterne entrare a far parte.
A questo proposito, può valer la pena sottolineare il modo assai singolare, e ci verrebbe da dire discutibile, in cui il gioco organizza le missioni nel diario. Molte quest sono suddivise in numerose sotto-quest, che spesso si riferiscono a due esiti in contrasto tra loro: sarà dunque normalissimo fallire numerose missioni, per il semplice fatto che il diario interpreta qualunque scelta fatta in una certa missione come un fallimento della missione contraria. Questo approccio potrebbe spaesare i giocatori, facendo pensar loro di aver sbagliato qualcosa e di dover ricaricare un salvataggio precedente: invece è solo un modo, inutilmente contorto, com’è peraltro tipico di Piranha, per organizzare il diario delle missioni. Se poi aggiungiamo che nella lista delle quest compaiono spesso missioni che non sono realmente missioni ma solo modi peculiari per dire che prima di fare una certa cosa bisogna farne un’altra, ci si può rendere facilmente conto di come anche il diario sia, in Elex, un ottimo esempio del talento che questi autori hanno nel saper rendere complicate le cose semplici.
I dialoghi hanno una scrittura di qualità discontinua. Se da un lato va apprezzata la possibilità di approfondire anche molto i temi trattati nel corso delle missioni, dall’altro lato non si può negare che in certi casi le conversazioni zoppichino un po’, come se mancassero dei pezzi o anche semplicemente dei puri e semplici nessi logici tra una frase o un atteggiamento e il successivo. Ha fatto molto ‘rumore’ nella comunità di appassionati il pezzo scritto da John Walker per il sito Rock, Paper & Shotgun in cui l’autore fa a pezzi le prime ore del gioco concentrandosi anzitutto sull’assurdità dei dialoghi, oltre che su tante altre inconsistenze di cui abbiamo parlato e parleremo. Ora: i giochi di Piranha non hanno mai messo l’accento sulla scrittura e anzi hanno sempre avuto una componente ‘letteraria’ ridotta all’osso e messa solo ed esclusivamente al servizio della giocabilità. La cosa non è necessariamente un male: ma in Elex l’impressione è che gli autori abbiamo voluto tentare il salto verso qualcosa di più elaborato senza averne assolutamente i mezzi. La sensazione che molti dialoghi danno è che gli scrittori avessero in mente un certo esito e che abbiano costruito la conversazione semplicemente per arrivare lì, senza alcuna attenzione per la coerenza logica dell’insieme.
L’apoteosi dell’assurdo si ha soprattutto nelle romance che il protagonista può avere con due delle sue compagne di viaggio. Alcuni PnG, infatti, possono unirsi all’eroe nelle sue peregrinazioni. Purtroppo il gioco non ci dà alcun controllo né della loro crescita di livello né del loro equipaggiamento, e tanto meno delle loro azioni nel combattimento; in genere il nostro compagno attacca le creature ostili solo dopo essere stato attaccato e mai di sua iniziativa, ma con un po’ di accortezza il giocatore smaliziato può usare il suo comprimario, che non muore mai ma si limita a ‘svenire’, come una sorta di tank atto ad assorbire i colpi del nemico mentre il protagonista cerca di ferirlo. Due compagne di viaggio, come dicevamo, possono intrecciare con l’eroe una relazione sentimentale: la romance si svolge con tempistiche assurdamente rapide e si chiude con un semplice filmato che mostra la coppia baciarsi teneramente. Non c’è letteralmente nessuna opera di conquista da intraprendere: basterà scegliere come compagna di viaggio una di queste due donne e dopo un po’ ella dirà all’eroe “io ti amo, e tu?” Fine della storia d’amore. Ma perché?
8. L’esplorazione
Chi cerca online pareri o recensioni di utenti per Elex, è destinato a imbattersi quasi subito nella seguente affermazione: il gioco è difficile. Anzi, è difficilissimo, diciamo pure quasi impossibile, soprattutto nelle prime ore dell’avventura. Leggendo molte recensioni o anche solo opinioni di utenti generici, pare che l’unico modo per riuscire a proseguire sia sfruttare le imperfezioni dell’intelligenza artificiale o costringere le creature ostili a combattere solo col nostro compagno di viaggio.
In tutto questo c’è del vero, anche se bisogna sempre prendere ciò che si legge online cum grano salis, tenendo presente che molti giocatori semplicemente non sono abituati ad affrontare prodotti con una curva di apprendimento troppo elevata. Purtuttavia, chi difende Elex utilizzando solo questo argomento ed ergendosi a esponente di una elite di giocatori intelligenti o semplicemente ‘dotati’ contrapposta a una marea di giocatori incapaci sbaglia clamorosamente. È vero, Elex è difficile: ma la sua difficoltà non è il risultato consapevole della volontà da parte degli autori di mettere il giocatore davanti a una sfida, quanto piuttosto il risultato di scelte di design semplicemente assurde, talmente assurde da essere quasi inaccettabili. Le lamentele sulla difficoltà non sono, in realtà, lamentele sulla difficoltà in sé: anche Dark Souls è un gioco che non perdona, ma la cosa tende a entusiasmare il pubblico, non a farlo innervosire. A far perdere la ragione al pubblico, in Elex, è il fatto che la difficoltà è dovuta a un sistema di gioco che non offre al giocatore alcuna possibilità di padroneggiarlo se non approfittando dei suoi difetti o rinunciando del tutto all’azione.
Abbiamo già spiegato quello che non va nel sistema di combattimento, ora cerchiamo di andare oltre. Il bello dei giochi Piranha è sempre stato che il mondo di gioco è statico: l’eroe di basso livello può provare a combattere mostri di livello altissimo, ma verrà miseramente sconfitto; d’altro canto, potrà tornare da quei mostri una volta potenziatosi, così da ‘vendicarsi’. Questo meccanismo conferisce notevole importanza alla crescita di livello dell’eroe, facendola ‘sentire’ al giocatore forse più che in ogni altro GdR digitale. Sulla carta, tutto questo c’è anche in Elex: il problema è che, a differenza che nei capolavori passati di Piranha, il mondo di gioco sembra costruito senza tener conto di tutto questo in alcun modo.
Spieghiamo meglio. In Gothic, il personaggio all’inizio può avere ragione solo di un numero limitato di creature: scavenger, mole rat e poco altro. Una volta appreso tutto questo a sue spese, il giocatore si comporterà di conseguenza: esplorerà di buon grado quel poco del territorio presidiato solo da creature alla sua portata, indietreggiando appena ne vedrà una troppo potente. Il gioco utilizza appositi ‘accompagnatori’ per rendere accessibili fin da subito le tre ‘città’ delle fazioni: basterà seguire l’accompagnatore ed egli ci porterà a destinazione uccidendo tutte le creature incontrate lungo il tragitto. In questo modo il giocatore entra in una sorta di mentalità per la quale il training è tutto: solo dopo aver raggiunto un determinato livello oserò affrontare un lupo, e poi dopo il lupo passerò alla shadow beast, e dopo ancora agli orchi. Il mondo, così, si apre all’esplorazione progressivamente: e se per qualche motivo una zona popolata da mostri di livello basso ci fosse sfuggita all’inizio del gioco, nulla darà più soddisfazione dell’esplorarla eliminando i nemici facendoli solo sfiorare dal nostro potentissimo alter ego.
Perché un meccanismo come quello appena spiegato funzioni, c’è una importante necessità: il mondo deve essere costruito con attenzione certosina, non solo riguardo alla conformazione degli ambienti ma anche riguardo al posizionamento delle creature ostili. È proprio questo a non funzionare in Elex: nell’ultima fatica Piranha le creature sembrano distribuite in modo del tutto casuale, e ci sentiamo di poter dire che non c’è nessuna missione che un eroe di livello 1 o 2 possa completare senza usare qualche patetico ‘exploit’. Perché in qualunque zona del mondo ci sono creature fuori dalla portata di un eroe di basso livello. Quindi al giocatore restano le seguenti opzioni: arruolare un compagno e correre all’impazzata verso le creature nemiche sperando di attirarle verso di lui; se la missione comporta il recupero di un oggetto, correre e prendere l’oggetto e poi correre via sperando di restare vivo mentre le creature nemiche attaccano; usare un’arma a distanza e sperare che le creature nemiche restino incastrate nel terreno (succede ahinoi piuttosto spesso), ma questa strategia richiede molte munizioni che (ovviamente) scarseggiano.
Cosa c’è di divertente in tutto questo? Intendiamoci: l’idea di divertimento è altamente soggettiva e quindi può essere che qualcuno si diverta giocando un GdR in cui si interpreta uno che deve scappare da tutto e da tutti per decine di ore pena la morte immediata. Noi onestamente ci divertiamo in altro modo. E soprattutto pensiamo che un gioco “difficile” sia tutt’altro da questo. Un cruciverba è difficile perché ha delle definizioni complesse, non perché ci tocca compilarlo con una matita senza punta.
9. Oscurità
A rendere Elex ‘difficile’ nel senso distorto che abbiamo appena descritto c’è anche un altro aspetto, già accennato ma da approfondire. L’ultimo lavoro di Piranha è, rispetto alle opere precedenti degli stessi autori, inspiegabilmente parco di informazioni riguardo ai suoi meccanismi di funzionamento. Dicevamo sopra che le descrizioni in-game delle caratteristiche sono, per dichiarazione degli stessi autori, completamente false. E dicevamo anche che probabilmente molti giocatori scopriranno per conto loro che il costo per aumentare le caratteristiche varia in base al loro livello.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg: ecco qualche altro esempio di informazioni assenti, mancanti o proprio fuorvianti.
L’esperienza è rappresentata da una barra che si riempie progressivamente: ma non c’è mai la possibilità di sapere quanta esperienza serva per passare da un livello al successivo o quanta l’eroe ne abbia in un dato momento.
Il gioco implementa una sorta di karma chiamato cold, che dovrebbe misurare l’empatia del protagonista e che può rendere accessibili determinate scelte di dialogo in certe, limitate, occasioni: ma non c’è nessun misuratore di questo valore, indicato nell’interfaccia da una semplice parola come balanced.
Nel gioco c’è il ciclo giorno/notte e ha una sua importanza a livello di giocabilità: i furti funzionano meglio nottetempo, per esempio, e di notte molte creature ostili dormono e sono più facilmente aggirabili. Ma non c’è nessuna sezione dell’interfaccia in cui sia possibile controllare l’ora del momento: quindi il giocatore è sempre costretto a far dormire il personaggio per far scorrere il tempo fino alla fase del giorno desiderata.
Per qualche motivo, non tutti gli oggetti dotati di poteri speciali hanno questi poteri evidenziati nella loro descrizione. Qualche volta li si viene a scoprire solo facendo il confronto con un altro oggetto, o osservando il valore delle caratteristiche dopo averli equipaggiati o tolti.
L’inventario organizza gli oggetti in base a categorie, che però sono contraddistinte da icone senza alcuna descrizione e tutte molto simili tra loro; gli oggetti appena raccolti hanno di fianco un punto esclamativo, che si trasferisce anche all’icona della relativa categoria; ma per farlo sparire occorre navigare lungo tutta la lista, che (ovviamente) è disposta casualmente e non in ordine alfabetico. Per di più, cliccare su un oggetto può avere effetti diversi: a volte l’oggetto viene consumato, altre volte viene collegato a un tasto rapido.
L’apoteosi dell’assurdo è raggiunta dalla minimappa sulla parte superiore destra dello schermo, che è semplicemente un cerchio vuoto con al centro una freccia rappresentante il personaggio giocante e qualche puntino colorato a rappresentare mercanti, addestratori o punti di teletrasporto. All’inizio della partita il giocatore ottimista potrebbe pensare che ci sia una qualche abilità che possa rendere la minimappa in qualche modo utile: ma non c’è. La minimappa resta sempre totalmente inutile e la sua continua presenza su schermo è un monito costante su quanto assurdo, irritante e incomprensibile sia, per tanti versi, il gioco che abbiamo la sventura di star giocando.
10. Grafica e sonoro
Anche dal punto di vista meramente tecnico Elex mostra qualche scelta difficilmente comprensibile. Anche se il motore è, di base, lo stesso della serie Risen, alcuni paesaggi e panorami sono degni di nota: a stridere con forza con la resa accettabile se non gradevole delle ambientazioni è l’aspetto dei personaggi, che oltre a essere davvero discutibili in termini di semplice ‘gusto’ sembrano talvolta seguire un completamente differente approccio estetico. Il mondo di gioco sembra inseguire il foto-realismo; i volti dei personaggi sembrano invece caratterizzati più come ‘tipi’ o caricature: senza contare che i modelli sono continuamente riciclati (le donne, in particolare, hanno quasi tutte la stessa faccia).
Anche le animazioni sono decisamente insoddisfacenti, come del resto in quasi tutti i prodotti Piranha. Un comparto che invece ci ha spiacevolmente sorpreso dato che non ci pare che in passato abbia mai dato problemi è quello degli effetti di luce. Anzitutto, il giorno e la notte non sono sufficientemente caratterizzati e un giocatore distratto può facilmente scambiare uno per l’altra; in secondo luogo, il gioco implementa un assurdo effetto di ‘accecamento’ quando l’eroe passa da un interno a un esterno, nonché una lunghissima sessione di adattamento al buio quando il protagonista si sposta da un esterno a un interno. Nelle prime battute si può pensare che si tratti di uno stratagemma per mascherare dei caricamenti: invece è proprio una scelta estetica precisa. La sua utilità francamente ci sfugge: di certo non è realistica, e non aiuta nemmeno la giocabilità, anzi a nostro avviso la ostacola pesantemente.
In realtà il vero problema dell’aspetto generale di Elex è il fatto che le sue ispirazioni stilistiche sono fin troppo evidenti: la compresenza di riferimenti che sono al contempo tanto diversi ma anche tanto ‘prossimi’ in termini di esperienza ludica ha un effetto decisamente negativo sulla credibilità dell’insieme. In ogni momento si ha l’impressione di essere di fronte a un prodotto derivativo: il mondo dei Berserker sembra quello di un qualunque GdR fantasy medievaleggiante, il mondo degli Outlaw è chiaramente quello di Fallout, il mondo dei Cleric è a cavallo tra Star Wars e Mass Effect. Quel che più aiuta una esperienza di intrattenimento digitale è il suo farsi icona: basti pensare a una serie come quella di Assassin’s Creed, che è universalmente considerata piuttosto mediocre in quanto a contenuti e meccaniche ma che ha l’innegabile pregio di avere una fortissima connotazione di carattere stilistico ed estetico. Al suo confronto, ma anche al confronto con quasi tutti i giochi recensiti in questo sito, Elex è la quintessenza della medietà: lungi dal farne un prodotto interessante, il mescolamento delle ispirazioni ne svaluta lo spessore, rendendo quasi impossibile un suo radicamento ‘serio’ nella memoria collettiva della comunità.
Le musiche di Elex non sono nulla di memorabile ma rientrano in pieno nello stile dei suoi autori, fin dagli esordi, pur avendo il loro vecchio autore musicale di punta, Kai Rosenkranz, abbandonato la squadra già da molti anni. Il tappeto sonoro è caratterizzato da tinte ‘neutre’, che accompagnano l’avventura senza soverchiarla, e che sanno comunicare alla perfezione quella sensazione di inquietante ‘sospensione’ che si può facilmente affiancare all’esplorazione di luoghi potenzialmente letali. I dialoghi sono interamente parlati e la loro qualità è buona. È interessante notare come la classica caratterizzazione scarsamente empatica e leggermente sarcastica che Piranha tende sempre a conferire ai protagonisti dei suoi giochi, veicolata in buona parte anche dal doppiaggio, trovi in Elex una singolare ‘giustificazione’ narrativa: l’eroe è, dopotutto, un ex membro degli Alb, la fazione ‘cattiva’, quasi priva di sentimenti a causa degli effetti collaterali della sostanza che dà il titolo al gioco.
11. Conclusioni
Diciamolo chiaramente: Elex è un tale concentrato di difetti, di scelte di design scellerate, di inconsistenze grafiche e narrative da far spavento. Non me la sento di biasimare i tanti critici soprattutto d’oltreoceano che l’hanno stroncato senza pietà. È vero, molti di loro sono chiaramente digiuni di GdR seri e impegnativi e magari non hanno idea di quello che di grande ha fatto questa casa di sviluppo nei suoi primi anni di vita: ma tutto questo non giustifica in nessun modo le gravi mancanze del titolo di cui stiamo parlando.
Ciò nonostante, abbiamo deciso di non assegnare a questo gioco l’infame coccarda della “delusione”. Abbiamo preso questa decisione per due motivi. Anzitutto perché Piranha non è certo un nome che crei aspettative riguardo alla perfezione formale o alla cura produttiva: quasi ci si aspetta, da questi ragazzi tedeschi, giochi ‘grezzi’ e imperfetti; anzi, uno dei loro meriti è aver saputo fare di questa imperfezione un punto di forza dei loro prodotti, che sembrano in un certo senso andare “dritti al punto”, senza offrire al giocatore un menu esagerato e disorientante com’è tipico di certi giochi iperprodotti. Ma c’è un altro motivo dietro la nostra riluttanza a dare una bocciatura senza appello a Elex: nel giocarlo, siamo arrivati alla fine senza doverci ‘sforzare’ in alcun modo, anzi tutto sommato divertendoci un bel po’, soprattutto una volta superata la tremenda fase iniziale in cui il protagonista muore anche solo starnutendo.
Probabilmente sembra paradossale dirlo, ma nonostante tutti i suoi imperdonabili difetti Elex è un gioco che complessivamente funziona. Forse a funzionare è soprattutto la consueta filosofia di costruzione del mondo che ha Piranha: le ambientazioni trasudano cura ‘artigianale’ nella loro conformazione e giustapposizione, e la struttura statica del mondo rende ancora tangibile, nonostante i passi indietro anche in questo comparto, la crescita di livello e di potenza del protagonista. Va detto che ad aiutare l’insieme c’è anche il fatto che Elex ha una durata accettabile, compatibile con i ritmi di vita di una persona normale: come sa chi ci segue, da queste parti pensiamo che la ‘longevità’ sia un’arma a doppio taglio e che spesso si ritorca contro le intenzioni degli autori. Se è una tortura arrivare alla fine di Dragon Age Inquisition soprattutto perché il gioco è scadente, è una tortura anche arrivare alla fine di Divinity Original Sin II, pur essendo il gioco di ottimo livello. Con Elex abbiamo visto i titoli di coda in circa 60 ore, cercando di completare tutto quello che c’era da completare: se ne fosse durate altrettante, probabilmente la coccarda della “delusione” non gliel’avrebbe tolta nessuno.
Forse il problema maggiore nel giudicare Elex è il fatto che è molto difficile individuare il suo pubblico potenziale. Chi cerchi un GdR digitale ‘moderno’ di buona o ottima fattura ha, al giorno d’oggi, l’imbarazzo della scelta: anche solo limitando quest’ultima ai titoli dove ci sia una esplorazione in terza persona e un combattimento action come nei tipici prodotti Piranha. D’accordo, questi ultimi hanno una loro certa identità, soprattutto nel modo in cui è costruito il mondo e nel modo in cui è gestita la difficoltà nelle diverse fasi dell’avventura: ma questo ormai non è più sufficiente, se mai lo è stato, per competere tra i ‘grandi’. È inutile avere un asso nella manica se poi si sbagliano anche le mosse più semplici. Elex è davvero da consigliare solo a chi ha consuetudine con i giochi Piranha ed è curioso di vedere la loro evoluzione (o sarebbe meglio dire involuzione): chi rientra in questa categoria può certamente divertirsi, ma tutti gli altri, cioè il grosso del pubblico, ha molto di meglio tra cui scegliere.
Tre pregi di Elex
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Tre difetti di Elex
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Mondo di gioco realizzato con cura ‘artigianale’
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Il livello di difficoltà è assurdo e insensato
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La crescita di livello dell’eroe può dare qualche soddisfazione
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Il sistema di gioco è frustrante, inconsistente e pieno di elementi incomprensibili
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Longevità perfetta
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L’ambientazione è poco credibile e troppo derivativa
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A proposito della frase che trovo scritta verso la fine della recensione, nella quale si parla ancora di Inquisition, e si dice: «Se è una tortura arrivare alla fine di Dragon Age Inquisition soprattutto perché il gioco è scadente..», questo significa che quando si ritiene che un prodotto non riesca in qualche modo ad appagare le nostre esigenze videoludiche, il livello qualitativo dei giudizi espressi nei suoi confronti diventa sempre più basso, fino a raggiungere lo Zero. Oltrechè dopo che non si è toccato il gioco per anni, si continua lo stesso ad elargire “pareri” sempre più pessimistici, sommari e fuor di luogo, per poi chiudere il discorso con la solita “semplificazione peggiorativa”, detta anche più comunemente SPARATA.
Spero di non alimentare quello che potrebbe essere un flame.
Guardando il testo che hai riportato “«Se è una tortura arrivare alla fine di Dragon Age Inquisition soprattutto perché il gioco è scadente..»” non se ne deduce che un videogioco che da cui non traiamo appagamento finiamo per considerarlo scadente ma piuttosto che un videogioco che non appaga diventa ancora più pesante se è pure scadente.
Tenendo in considerazione che bisogna vedere cosa l’autore intenda parlando di un Dragon Age Inquisition scadente, ma per saperlo… forse è meglio leggersi la recensione di Dragon Age Inquisition, dove si possa prendere qualcosa in più di una singola frase, invece che in quella di Elex, per fare una critica. Non credo che questo sito, visto il numero e la frequenza di pubblicazioni, dia una pressione per commentare l’ultima news per avere visibilità verso l’autore.
Poi si poteva benissimo fare una considerazione generale (non sull’autore) su come un videogioco che non ci piace, in particolare se preceduto da un hype, molto spesso o anche inevitabilmente finisce per avere una critica maggiore rispetto ad altri, facendoci considerare a causa di alcuni difetti un videogioco “scadente” anche se uno simile, ma che abbiano gradito, non avrebbe avuto questo “Tag”. Ma presumo che questo sia un discorso differente.
(Recensione di Dragon Age Inquisition, che io personalmente ho trovato meravigliosa. Tanto evidenziare che potrei essere un pochettino di parte, anche perché quel videogioco l’ho digerito veramente male, tanto che non l’ho più ripreso in mano quando origins ha iniziato a darmi problemi. Non mi valeva un reinstalla. (Anche se ero già oltre la metà.))
Volevo soltanto sottolineare che lo scritto contiene una lezione che vale nella vita di ciascuno di noi: a una maggiore negatività corrisponde sempre una minore “accuratezza” 🙂
Questo non è mai stato un gioco completo; è una pre-alpha, un early access, una presa per i fondelli che mi ha fatto davvero incazzare.
La mia fiducia, gli “amici” Piranha se l’erano già giocata con la tremenda delusione di Risen 3. Questo Elex è stata la mazzata finale. Stroncato dalla critica e da chiunque sappia distinguere il concetto di “gioco difficile ma godibile” da “sadomasochismo da gustarsi bello caldo mentre fuggi dai nemici perchè dopo due fendenti hai finito la stamina”.
La stamina, porca miseria ladra, solo a ripensarci mi vengono le fitte al fegato. Ma com’è possibile che un gruppo di sviluppatori… nemmeno, di persone adulte e competenti possa concepire un sistema di combattimento tanto idiota? L’involuzione che ha subito la casa tedesca dopo Risen 2 è inspiegabile, ma è niente rispetto al rimbecillimento che si palesa nel modello di combattimento qui presente.
Poi c’è tutto il resto che non funziona oppure è assurdo. L’originalità pari a zero. Il bilanciamento iniziale inesistente. I dialoghi spesso sgrammaticati. La mancanza di info sulle meccaniche di gioco e nel diario. La chicca della minimappa vuota e praticamente inutile. Gli sviluppi romantici sono una barzelletta.
Davvero, è avvilente vedere il completo imbruttimento di una software house che agli inizi aveva davvero mostrato una struttura di gioco rivoluzionaria e intrigante. Abbiamo atteso con testarda speranza che giungesse il titolo per il quale avremmo volentieri perdonato i precedenti passi falsi, e questo è il risultato.
Peccato davvero. Personalmente, non nutro più speranze. I Piranha si sono sbranati da soli.
Caro Warren, la tua analisi è forse troppo spietata ma in gran parte veritiera. Va detto peraltro che i Piranha di adesso sono un gruppo in gran parte diverso da quello a cui si devono i primi due Gothic. Peccato che gli epigoni non abbiano saputo raccogliere l’eredità di giochi a suo tempo così amati dagli appassionati.
Caro Mosè, la spietatezza della mia analisi è direttamente proporzionale al numero di bestemmie che ho tirato prima di gettare la spugna.
Comunque, per quanto riguarda il fatto che del team originale dei Piranha rimane ben poco, ciò spiega bene la curva discendente a cui sono andati incontro i loro prodotti. Non mi stupirebbe che alcuni dei membri originali abbai poi contribuito altrove a qualche gdr di qualità.
Premesso che difendere un gioco come Elex che presenta difetti chiari ed evidenti è un pò complicato, volevo comunque dire la mia perchè a mio avviso state abbondantemente esagerando, e quando si esagera poi si crea della disinformazione e non va bene.
Non sono certo un fanboy di questo gioco, ma ha alcuni punti di forza indiscutibili:
1) la componente esplorativa è ai massimi livelli. La mappa è disseminata di cose da vedere: anfratti, rovine di vecchie civiltà, insediamenti, basi abbandonate, grotte, nemici differenti, e non ti dà mai la sensazione di monotonia o di noia. I paesaggi vari danno profondità all’esplorazione, basti pensare al problema dl freddo nelle regioni nordiche. Il jetpack poi è un vero asso di bastoni, da all’esplorazione una componente di verticalità e di adrenalina del tutto assente in altri prodotti
2) il combattimento è lammerda, su questo sono d’accordo, ma si può ovviare al problema semplicemente sviluppando bene il combattimento a distanza. Io già intorno al 10° livello con un arco potenziato, una buona scorta di frecce e con abilità arco 2 facevo delle stragi tra nemici di basso e medio livello. Per quelli di alto mi è bastato rubare un fucile laser. Quindi l’idea di un povero PG inerme alla merce del primo toporagno è semplicemente delirante, basta sviluppare le abilità giuste.
3) il crafting e l’alchimia sono ben realizzati e ti consentono di uscire da molte situazioni spinose, specialmente se sei Outlaw. Questo porta diritti al maggior pregio in assoluto di Elex: essere in una frazione diversa non solo ti incoraggia a strategie diverse ma proprio ti obbliga e questo io lo trovo davvero realistico. Il discorso dei Berserker ” che attaccano i robot coi bastoni” è una puttanata: SE sei Berserker ALLORA di necessità devi sviluppare la magia. Io da berserker mago con una singola palla di fuoco potenziata toglievo quasi metà della salute ad un robot alb, e che cazzo volete avere, una bomba atomica da sganciare sui nemici?
4) Vediamo anche la concorrenza open world cosa sbandiera di meglio. Io di meglio vedo i giochi Bethesda (fermi dal 2015) e The Witcher 3 (ultimo dlc del 2016). Poi?? I Two worlds fanno pena, i giochi Spiders non possono essere considerati open world, su Inquisition stendiamo un velo pietoso, Metro Exodus non è un GDR, Cyberpunk allo stato attuale è una mezza catastrofe, con gli isometrici è impossibile fare paragoni…cosa rimane? Evidentemente fare un gdr Open World fatto bene è davvero difficile ed entro certi limiti bisogna accontentarsi. Se no ci sono i giochi story-driven.
Concludendo, io ho fatto 2 run con Elex a livello di difficoltà medio, una da Cleric combattente a distanza e l’altra da Berserker mago e questi drammatici picchi di difficoltà che citate voi non li ho visti. Bisogna solo specializzarsi e usare la testa.
Ordunque. Intanto cominciamo col dire che qui nessuno “disinforma”: la recensione è, per sua natura, un testo critico permeato dalla soggettività dell’autore, e i commenti che ne seguono sono ancora più personali dato che non hanno alcuna velleità critica. Quindi usiamo le parole con criterio.
1. La componente esplorativa del gioco è buona, certo. E quindi? Un prodotto va valutato nella sua interezza. Se crei un interessante comparto esplorativo e mi impedisci di goderne appieno, il fatto che tu abbia creato quell’interessante comparto esplorativo passa in secondo piano.
2. Se il combattimento fa pena, non c’è “ma” che tenga. Ottimo che tu abbia trovato un workaround, ma di quello si tratta: di un workaround. Se all’inizio devo per forza usare l’arco per sopravvivere, il gioco deve indirizzarmi in quella direzione. Se non lo fa, va adeguatamente penalizzato. Il PG è inerme all’inizio. O almeno questa è l’esperienza che ho avuto io, che non sono certo il primo novellino che passa. Quindi non c’è niente di delirante.
3. Io ho giocato con un Berserker e non ho sviluppato per nulla la magia, quindi ho attaccato per tutto il gioco con armi bianche.
4. Questo è proprio un punto senza senso. Se devi tirare in ballo le mancanze altrui per lodare il gioco che ti piace, stai implicitamente ammettendo che è un gioco debole.
(Comunque nell’ultimo paragrafo dico che Elex complessivamente funziona, eh. Questa recensione non è una totale stroncatura).