Dungeon Siege II: Broken World

Dopo aver sconfitto il cattivone Valdis, il nostro eroe di Aranna scopre che dietro di lui c’era un altro cattivone, un non meglio precisato mago vestito di nero. L’avventura ricomincia, e diventa un intero pacchetto di espansione di uno dei migliori action-RPG degli ultimi anni.

[articolo originariamente pubblicato il 17 settembre 2006]

1. Capitolo nuovo, publisher nuovo
Succede spesso, nei giochi di ruolo per computer, che il finale lasci insoddisfatti. Le cause di tale insoddisfazione possono essere reciprocamente simmetriche: se tutto va come previsto, ci si lamenta della prevedibilità dell’intreccio; se c’è il colpo di scena finale, ci si lamenta che ci sono troppi colpi di scena a scapito del realismo. Il problema è teoricamente insolubile, e l’unica via d’uscita è il genio del singolo autore, la sua capacità di trasformare l’onnipresente ‘battaglia finale’ in qualcosa il cui significato sia capace di andare oltre il consueto salvataggio dell’orbe terracqueo. In molti casi, però, il colpo di scena con annesso finale tragico non nasconde solo allergia all’originalità: spesso dietro c’è la semplice esigenza di lasciare la porticina aperta al seguito o all’espansione. In Dungeon Siege II, la battaglia finale contro il temibile Valdis, capo di un gruppo di mercenari di cui inizialmente il nostro stesso eroe faceva parte, prendeva un esito del tutto imprevisto, almeno per i giocatori poco avvezzi agli stratagemmi narrativi: tutto lasciava intendere che Valdis non era altro che una piccola pedina dentro un progetto assai più inquietante e dai contorni allora non definiti.
A definirli ci pensa ora Broken World, espansione di Dungeon Siege II appena partorita da Gas Powered Games, casa di sviluppo capitanata da Chris Taylor. La prima novità è che l’espansione, per chissà che motivi di logica commerciale, non esce sotto etichetta Microsoft (come tutti gli altri capitoli della saga) ma sotto etichetta Take2. La seconda è che questa volta ci aspetta un finale davvero ‘finale’, dopo un quarto atto pieno di battaglie rapide e sanguinose come quelle che hanno reso famosa questa serie. La terza è che l’espansione è piena di quelle piccole ma succose novità che faranno la gioia dei fan sfegatati degli action-RPG. Andiamo a scoprire cosa ci aspetta dentro questo “mondo distrutto”.

2. La storia continua
Broken World aggiunge un nuovo atto al termine della campagna originale del gioco. Al vecchio nemico Valdis si sostituisce l’inizialmente poco definito ‘Overmage’, sorta di potente lich il cui scopo si delinea solo dopo le prime ore dentro la nuova fase dell’avventura. Il nostro eroe, importato dal salvataggio finale di Dungeon Siege II o creato ex novo (e portato automaticamente dal programma al livello 39), si troverà a partire ancora una volta da un accampamento delle driadi, le abitanti dei boschi che nel mondo di Aranna si segnalano per l’indole particolarmente combattiva e poco aperta all’arcadica contemplazione che talvolta caratterizza questa razza fantasy. Anche il gioco originale cominciava dalle driadi, che però in quel caso erano nemiche e diventavano alleate (peraltro riluttanti) solo dopo la fine del prologo. Siamo nello stesso mondo, ma, come suggerisce il titolo, la sconfitta di Valdis ha liberato i piani dell’Overmage e provocato un cataclisma che ha reso gran parte delle terre lussurreggianti in cui vivevano le driadi del tutto irriconoscibili, segnate da vaste distese desertificate e paesaggi rocciosi e poco ospitali. Il nuovo atto si sviluppa in diversi capitoli, durante i quali il nemico s’avvicina e si allontana in una altalena segnata anche da qualche tentativo da parte sua di coinvolgerci nella sua lotta. Naturalmente non mancano diverse quest secondarie, alcune delle quali disponibili solo se il nostro party ha al suo interno il personaggio tramite cui attivarle: molte di esse contribuiscono a colorare il mondo di sfumature talvolta originali e ricche di riferimenti agli eventi trascorsi.

3. L’ambiguità del multiclasse
In termini di gameplay, la novità principale introdotta da Broken World riguarda la presenza di due nuovi ‘percorsi’ tramite cui sviluppare il nostro personaggio o i suoi colleghi presenti nel party. Riassunto della situazione di partenza: in Dungeon Siege II non esistono ‘classi’; il personaggio si evolve in base alle abilità che usa, seguendo quattro possibili percorsi (armi corpo a corpo, armi a distanza, magia naturale, magia da combattimento). Ogni percorso sblocca progressivamente delle abilità attive, utilizzabili durante le battaglie più difficili attraverso la pressione di un tasto e di nuovo disponibili dopo qualche tempo di ricarica, la cui lunghezza dipende dalla quantità di nemici uccisi nel frattempo con metodi ‘normali’. I due nuovi ‘percorsi’ introdotti dall’espansione, però, non sono collegati a due nuovi tipi di attacchi: sono invece percorsi ‘misti’, che prevedono la distribuzione contemporanea dell’esperienza acquisita lungo due rami differenti.
La situazione è parecchio contorta per cui val la pena di approfondire. Se il nostro personaggio decide di essere fist of stone o blood assassin (una delle due nuove classi), deve equipaggiare negli slot degli incantesimi da lanciare automaticamente una delle nuove magie relative appunto a queste due classi. L’uso costante di questa magia (il personaggio la rilancerà automaticamente dopo che si sarà esaurita) provocherà la suddivisione dell’esperienza nei due canali previsti dall’incantesimo: il 70 per cento andrà al combattimento corpo a corpo e il 30 per cento alla magia naturale nel caso del fist of stone, il 70 per cento andrà al combattimento a distanza e il 30 per cento alla magia di combattimento nel caso del blood assassin. Quanto alle abilità attive, i personaggi multiclasse possono scegliere se adoperare le abilità disponibili alle rispettive classi singole (naturalmente vi accederanno con ritardo rispetto a un personaggio a classe singola) oppure se adoperare le nuove abilità collegate al proprio personaggio. Alcune di queste ultime sono originali: il fist of stone per esempio può provocare terremoti, mentre il blood assassin può ‘marchiare’ i suoi nemici durante gli attacchi normali per poi far scattare un incantesimo o una maledizione su tutti i nemici precedentemente ‘marchiati’ (la giocabilità di questa classe ricorda quella dell’assassina in Diablo II: Lord of Destruction). I personaggi multiclasse contengono qualche elemento di interesse e di originalità, ma complessivamente la loro presenza non aggiunge nulla di cruciale all’esperienza di gioco e anzi può risultare portatrice di antipatiche complicazioni. E’ infatti evidente che lo schema principale del gioco non prevedeva questa aggiunta, che a tratti appare raffazzonata e avulsa dal contesto: senza dimenticare che il problema maggiore di Dungeon Siege II è proprio l’ipertrofia, e che quindi l’aggiunta di nuovo materiale non necessariamente è una buona idea.

4. Il troppo stroppia
I due nuovi percorsi di sviluppo del personaggio non sono infatti l’unica novità presente nel nuovo atto del gioco: non mancano molti nuovi mostri (gran parte dei quali è peraltro una ‘trasformazione’ di archetipi già incontrati), tonnellate di nuovi oggetti magici, un paio di nuovi ‘pet’, animali da compagnia che fungono da bestie da soma e da alleati in combattimento. Non manca nemmeno la possibilità di impersonare una nuova razza, il nano, rispondente in pieno ai cliché fantasy relativi a questo personaggio (forzuto, d’animo buono, minatore, attaccato agli ori e ai preziosi…) Di fianco alla relativa brevità del nuovo atto della storia, lungo più o meno come uno degli atti del gioco originale (cioè un terzo della vicenda base) sta questa pletora di aggiunte del tutto irrilevanti, puramente quantitative e anzi fastidiose per come diminuiscono la tensione drammatica e costringono il giocatore a frequenti quanto seccanti cambi di equipaggiamento. I mostri uccisi lasciano continuamente cadere oggetti magici, unici, oggetti di gruppo (alla fine della campagna arriveremo ad avere anche una decina di copie dello stesso oggetto di gruppo, teoricamente unico!): da un certo momento in avanti l’unico modo per potersi dedicare al gioco vero e proprio anziché alla gestione dell’inventario e all’abbigliamento dei personaggi è  ignorare completamente gli oggetti rinvenuti. Non è difficile: segno che i nuovi oggetti che continuamente ci vengono messi in mano non sono affatto ‘cruciali’ nell’aumentare le abilità del nostro avatar. Sono un elemento aggiunto al resto, un diverso ‘strato’ della giocabilità: forse ci sono in giro fruitori che si divertono un mondo a confrontare ogni venti minuti una decina di anelli magici diversi per scoprire qual è il migliore. È un peccato che la fantasia dei designer si soffermi su un ambito così ‘periferico’, anche perché gli autori di Dungeon Siege II mostrano di avere doti narrative non indifferenti, che andrebbero forse sfruttate in modo più deciso.
Già il primo capitolo scompigliava le carte del sotto-genere a cui il gioco appartiene costringendo il fruitore a combattere, in certi frangenti, dalla parte di eserciti dalla dubbia moralità, per poi incanalarlo in missioni volte a recuperare passo dopo passo una credibilità da ‘eroe’ irrimediabilmente compromessa. L’espansione porta avanti ancora un po’ questo concetto, facendo muovere l’eroe lungo un crinale solitario e stretto fra vari contendenti in lotta fra loro e con scopi non immediatamente trasparenti nemmeno sotto il profilo etico. Le driadi superstiti allo sconvolgimento hanno un ‘piano’ e parlano continuamente di un ‘grande leader’, ma per lungo tempo il giocatore deve accontentarsi di accenni poco chiari al loro progetto: nessuna di loro lo incarica di dare la caccia all’Overmage, anzi sembrano sopportare poco la sua presenza, memori delle sue azioni precedenti, e soprattutto sembrano disinteressate alla sorte dell’Overmage e timorose della possibilità che il nostro eroe possa mettersi contro di loro nella sua opera di salvezza. L’Overmage stesso sembra mosso da motivi talvolta perfino ‘scientifici’, e non mancheranno giocatori dispiaciuti di non poter unirsi a lui, seguendo i suoi inviti che purtroppo nei dialoghi del gioco hanno un ruolo puramente ‘scenografico’. Avremo modo anche di incontrare i nostri vecchi alleati ‘malvagi’ del passato, ora ridotti a una patetica accozzaglia di inermi malati e portavoce di un’alta richiesta di umanità tanto più strana se collegata all’estetica del loro aspetto. Insomma, per molti versi anche questa espansione, nonostante il suo semplicissimo gameplay, è un gioco adulto per gente adulta.

5. Conclusione
Dal punto di vista tecnico, Broken World è assolutamente identico a Dungeon Siege II. La schermata delle opzioni è leggermente più prolissa, ma le aggiunte non hanno alcun effetto sostanziale sulla grafica, ormai decisamente superata dai più moderni prodotti appartenenti al medesimo genere (si pensi a Titan Quest). Quest’aspetto, unito anche alla giocabilità praticamente immutata e al permanere dei medesimi difetti già enucleati nella recensione del gioco originale, ci spingono ad affermare senza tema di smentita che l’acquisto va consigliato solo a chi si è molto divertito con l’originale e a chi ha apprezzato le sue finezze narrative. Broken World non farà fare al genere nessun passo in avanti e non resterà nella storia videoludica come un capolavoro, ma resta un prodotto più che dignitoso, ben realizzato e segnato da una profondità di concetto finora davvero rara nell’ambito di questo genere di giochi.

Tre pregi di Broken World Tre difetti di Broken World
Background curato Breve
Presenza di elementi ambigui e maturi Sempre più ipertrofico
Giocabilità rapida e divertente Grafica ormai sorpassata

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