Drakensang

I ragazzi tedeschi di Radon Labs presentano un GdR valido e interessante, tratto da un regolamento mai sfruttato a livello digitale, e in più proposto, qui in Italia, a un prezzo davvero allettante.

[articolo originariamente pubblicato il 25 giugno 2009]

1. Gli intricati percorsi delle produzioni teutoniche
Da qualche tempo è sugli scaffali dei negozi e nelle vetrine delle edicole la sfavillante confezione di un nuovo GdR, intitolato Drakensang. Il prezzo a cui questo nuovo gioco viene venduto è davvero interessante (19.90 euro, presumibilmente destinati a diventare 9.90 nel giro di pochi mesi), soprattutto se consideriamo che si tratta di un prodotto molto vasto, la cui realizzazione deve essere durata parecchio e aver coinvolto decine di persone. Che il distributore FX Interactive abbia aspirazioni evergetiche? Niente affatto: con ogni probabilità il prezzo può essere tenuto basso per il semplice motivo che Drakensang non è affatto ‘nuovo’. La sua pubblicazione, nei territori di lingua tedesca, risale all’agosto del 2008, quindi a quasi un anno fa: questo è uno dei classici casi in cui un gioco esce direttamente in versione economica ‘saltando’ la versione normale. Altri casi, non sempre collegati col medesimo distributore, furono ad esempio Gothic II (distribuito in Italia da Koch Media anni dopo la pubblicazione originale) e Avencast (uscito nell’autunno 2007 in inglese e pubblicato solo nella primavera 2008 in Italia da FX Interactive).
Cos’hanno in comune Gothic, Drakensang e Avencast? Provengono tutti e tre da autori teutonici: i primi due tedeschi (rispettivamente Piranha Bytes e Radon Labs) e gli altri austriaci (Clockstone Studios). Questo gap tra la realizzazione del gioco e la pubblicazione del medesimo non è un problema solo italiano: se Gothic II e Avencast sono arrivati con tanto ritardo quasi solo da noi, Drakensang, il gioco di cui stiamo per occuparci, è stato pubblicato in lingua d’Albione solo poche settimane prima della distribuzione italiana. Sembra che le produzioni in lingua tedesca fatichino a guadagnare fin da subito un posto adeguato nel panorama internazionale, pur essendo spesso di respiro amplissimo. Ma forse, in realtà, non è un problema germanico: i giochi teutonici sono più in evidenza perché in numero maggiore, ma la latitanza di una adeguata distribuzione internazionale riguarda tutti i giochi che non nascono anglofoni. Quando arriverà la globalizzazione vera nel campo dell’intrattenimento videoludico? La domanda resta aperta: intanto vediamo cosa hanno preparato per noi gli intrepidi autori di Drakensang.

2. Panoramica
Gli autori della confezione di Drakensang, nonché i suoi pubblicitari, sventolano continuamente come caratteristica saliente il suo essere ‘vecchia scuola’. E’ probabile che l’assunto derivi anzitutto dalla visuale isometrica dall’alto, che in un mondo ormai completamente tridimensionale come quello della grafica digitale ha forse il sapore antico dei vecchi tempi, quando essa era imposta dalla necessità delle due dimensioni (in realtà esistono ancora fior di GdR contemporanei che prediligono l’isometrica, basti pensare a Neverwinter Nights 2 o anche, in parte, a The Witcher). Oppure può darsi che l’affermazione dipenda dalla complessità del regolamento utilizzato. In ogni caso, Drakensang trasmette un feeling molto classico e farà sentire subito a casa gli appassionati del genere. Tutto ruota, naturalmente, attorno al personaggio giocante: dopo il processo di creazione, di cui parliamo più avanti, l’utente si troverà a controllarlo nell’ambito di mappe piuttosto vaste, collegate tra loro da punti di passaggio. Drakensang offre sessioni di dialogo abbastanza lunghe, numerosi combattimenti tattici che ricordano quelli del grande classico Baldur’s Gate, missioni sufficientemente diversificate e una dose minima di esplorazione libera. La trama non brilla certo per originalità, ma vanta un buon intreccio, almeno nelle prime fasi; a essa si collegano, più o meno efficacemente, le vicende dei compagni di viaggio, reclutabili in numero massimo di tre oltre al protagonista (ma c’è un ma, che spiegheremo più avanti). Le numerose abilità previste dal regolamento trovano un utilizzo in vari frangenti, spingendo alla sperimentazione ma rimanendo, al contempo, ai margini dell’esperienza complessiva. Il prodotto è complesso e sfaccettato: forse una buona analisi può partire dal regolamento cartaceo alla sua base.

3. Uno Sguardo nel Buio
Uno dei meriti maggiori di Drakensang è quello di aver riportato in vita nel mondo digitale un regolamento cartaceo di grande successo in Europa, convertito per scopi videoludici solo in alcuni prodotti degli anni Novanta, peraltro non molto fortunati. Si tratta di Das Schwarze Auge, creato in Germania da Ulrich Kiesow nel 1984 e pubblicato in Italia con il titolo Uno Sguardo nel Buio nel 1986 dalle Edizioni EL (casa editrice oggi appartenente a Einaudi). La prima versione del regolamento, nella forma comparsa nella edizione italiana, si faceva notare per la sua semplicità e immediatezza: le istruzioni avevano la forma del libro-game, quindi risultavano l’esemplificazione più concreta del principio ‘imparare giocando’. Alla base del regolamento ci sono cinque caratteristiche (Coraggio, Forza, Intelligenza, Abilità, Fascino) che vanno inizialmente da un valore di 8 a un valore di 13, una delle quali può essere aumentata di un punto a ogni passaggio di livello; per riuscire in una prova, occorre ottenere meno della caratteristica collegata con un dado da 20 facce; il combattimento prevede una sequenza di turni in ciascuno dei quali avviene un attacco e una parata. Nel 1989 arrivò in Italia, dopo la prima edizione tedesca, una versione approfondita delle regole, dedicata a giocatori esperti (e, aggiungiamo, adulti: la versione originale, infatti, sembrava pensata principalmente per ragazzi). Negli anni successivi, nuove edizioni si sono succedute con cadenza abbastanza regolare; la prima a essere stata tradotta in inglese (The Dark Eye) fu la quarta, nel 2003.
Nonostante le sue origini, oggi Uno Sguardo nel Buio è un regolamento complesso e sfaccettato, che per molti versi ricorda il celebre Dungeons & Dragons ma che per altrettanti versi se ne distacca. Il punto di vicinanza maggiore è, paradossalmente, l’onnipervasività delle regole; d’altro canto, però, dove in D&D la preoccupazione maggiore risulta essere sempre il ‘bilanciamento’, in Uno Sguardo nel Buio c’è attenzione superiore per gli aspetti narrativi, con un ribaltamento di prospettiva che spesso fa sembrare al centro della scena non tanto il personaggio, quanto l’ambientazione e la sua coerenza interna. Uno Sguardo nel Buio, infatti, non nasce come regolamento sovrastrutturale, da applicare indistintamente a qualunque ambientazione: la sua creazione è legata a doppio filo con quella del mondo fantasy di Aventuria, caratterizzato da un sapore medievaleggiante insolitamente realistico, almeno se paragonato agli onnipresenti Forgotten Realms. Molte di queste caratteristiche si ritrovano, come ora ci apprestiamo a vedere, anche in Drakensang.

4. Creazione e sviluppo del personaggio
In Drakensang sono presenti essenzialmente tre razze giocabili: umani, elfi e nani. I primi sono divisi in Middenrealmiani (simili agli Europei), Tulamidi (Mediorientali) e Thorwaliani (Nordici); i secondi in Elfi del Sole ed Elfi Silvani; tra i nani invece è disponibile solo la razza nei Nani dell’Incudine. Le classi sono molto varie e sono legate a doppio filo con le razze, nel senso che la medesima specializzazione applicata a due razze diverse produce risultati molto distanti tra loro. Tra i Middenrealmiani è possibile rinvenire i classici guerrieri, arcieri e ladri; tra i Tulamidi sono i maghi e le amazzoni (che possono essere solo di sesso femminile); i Thorwaliani possono essere solamente pirati. Gli elfi sono specializzati nella magia e nel combattimento a distanza, mentre i nani prediligono gli scontri ravvicinati.
Una volta scelta razza, classe e sesso del personaggio, è possibile già iniziare a giocare; tuttavia chi conosce il regolamento o chi vuole semplicemente approfondire la faccenda sarà lieto di scoprire che esiste una modalità ‘esperto’, che consente di regolare, entro certi limiti, le caratteristiche e le abilità del proprio personaggio. Le prime rappresentano i tratti del nostro personaggio e sono otto: Coraggio, Intelligenza, Intuito e Carisma sono i tratti psicologici; Destrezza, Agilità, Costituzione e Forza sono i tratti fisici. Queste caratteristiche influenzano direttamente valori derivati, quali i punti ferita o l’energia astrale (che corrisponde al mana), e sono collegate alle abilità belliche o pacifiche sotto forma di modificatori al tiro di dado connesso alle medesime. Le abilità pacifiche sono raggruppate in cinque insiemi: fisiche (movimento furtivo, forza di volontà, percezione, borseggio, fiuto del nano), naturali (zoologia, botanica, sopravvivenza, trappole), conoscitive (conoscenza cittadina, guarigione dei veleni e delle ferite, conoscenza magica), sociali (seduzione, etichetta, negoziare, natura umana, parlantina) e artigianali (alchimia, archi, fabbro, aprire serrature, disattivare trappole). Le abilità belliche si collegano ciascuna a una tipologia di arma, influenzando direttamente la possibilità o meno di mettere a segno il colpo adoperando quel tipo di strumento offensivo.
Ciascuna classe ha a disposizione un set di abilità iniziali già conosciute, il cui livello può essere aumentato adoperando i punti esperienza disponibili nella schermata di creazione del personaggio; esiste un limite massimo per ciascuna abilità, dipendente dal livello del personaggio. Durante il gioco vero e proprio si ottengono nuovi punti esperienza in seguito all’uccisione di nemici e al completamento di missioni: tali punti possono essere usati immediatamente dopo il loro ottenimento per aumentare qualunque abilità o anche le caratteristiche di base (che però richiedono quantità molto grandi di punti esperienza). Per ogni punto esperienza, si ottiene anche un “punto avventura”: questi ultimi non possono essere spesi e servono unicamente per tenere traccia del passaggio di livello, che determina, come abbiamo già detto, il limite massimo a cui possono giungere le caratteristiche e le abilità. I colpi speciali da usare in combattimento e gli incantesimi hanno generalmente un unico livello, quindi possono essere solamente conosciuti o sconosciuti; ciascun personaggio parte con qualche colpo speciale e talvolta qualche incantesimo già noti, ma la maggior parte andrà appresa da qualche addestratore, generalmente in cambio di denaro e di punti esperienza. Gli addestratori possono anche sbloccare le abilità passive non disponibili all’inizio, consentendo di trascendere i limiti della propria classe e di creare personaggi anche molto sfaccettati.

5. L’esplorazione e l’interfaccia
Come abbiamo già detto, in Drakensang l’esplorazione del mondo è gestita tramite una classica visuale isometrica dall’alto, dotata peraltro anche di un potente zoom capace di trasformarla in visuale da dietro le spalle. Fin dai primi minuti dopo l’inizio della partita, però, emergerà un precoce problema: la telecamera non segue il personaggio giocante tenendolo al centro dello schermo, com’è consuetudine nei giochi isometrici ‘moderni’, né può essere mossa liberamente in giro per l’ambientazione; piuttosto, si sposta automaticamente nei pressi del personaggio, ma senza un criterio preciso e soffrendo di una sorta di ‘ritardo’ che rende complicata l’individuazione rapida dei dintorni. La faccenda si nota soprattutto adoperando il metodo di spostamento punta-e-clicca; le cose migliorano gestendo il movimento tramite la tastiera (con i consueti tasti WASD) e indirizzando la telecamera con il mouse, ma comunque questa inconsistenza resta francamente abbastanza incomprensibile.
La prima ambientazione, che rappresenta il villaggio di Avestrue e i suoi immediati dintorni, è molto vasta e dà l’impressione di concedere un certo spazio alla libera esplorazione; in realtà Drakensang è un gioco decisamente story-driven, anche se gli autori si sono mostrati abili nell’evitare quella sensazione di rigidità provocata dai rigorosi binari in cui si muove, per esempio, la campagna di Neverwinter Nights 2. Purtroppo, all’ampiezza delle mappe non si accompagna adeguata libertà nella loro esplorazione: le locazioni, infatti, si ‘aprono’ quando la loro visita è richiesta dalla trama e si ‘chiudono’ dopo aver svolto il proprio ruolo; solo i numerosi quartieri della città di Ferdok restano sempre accessibili. In giro per il mondo di gioco, in Drakensang, si incontrano numerosi personaggi non giocanti, che si possono suddividere in due categorie: i più importanti sono dotati di dialoghi articolati e parzialmente doppiati, il cui sviluppo avviene tramite finestre di testo che compaiono davanti a una visuale zoomata del personaggio in questione; i meno importanti pronunciano semplicemente una frase, che compare sotto forma di testo svolazzante nella schermata principale del gioco. Naturalmente nel mondo vi sono anche molte creature ostili, ma del combattimento parleremo più avanti.
L’interazione con lo scenario si attesta su livelli minimi: oltre ai classici forzieri e barili (che possiamo aprire e rompere sotto gli occhi di tutti senza alcuna conseguenza), l’unico altro elemento interattivo è rappresentato dalle piante, che si possono raccogliere se si possiede l’abilità botanica a un livello sufficiente. L’orientamento nelle vaste ambientazioni può essere tenuto sotto controllo tramite la classica minimappa o tramite la più dettagliata mappa del mondo, che si può aprire in una schermata a parte; le destinazioni delle missioni sono indicate tramite appositi simboli, e se possediamo qualche abilità a livello alto (percezione, botanica, fiuto del nano…) compariranno vari puntini colorati a indicarci nemici, piante rare, passaggi segreti o altro. La modalità del movimento (corsa, camminata, passo furtivo) può essere cambiata in ogni momento tramite appositi tasti; le abilità o gli oggetti utilizzabili possono essere attivati, invece, tramite la classica barra rapida personalizzabile posta sul fondo dell’interfaccia. Il diario tiene traccia di tutte le missioni, organizzandole in tappe descritte in maniera piuttosto dettagliata, mentre l’inventario, che divide nettamente gli oggetti generici da quelli necessari per le missioni, è riunito assieme alla schermata che elenca le abilità e le caratteristiche del personaggio.

6. Trama, dialoghi e party
Drakensang inizia con un incarico apparentemente banale: il nostro personaggio riceve una missiva da parte di un vecchio amico di nome Ardo, che gli chiede di andarlo a trovare per discutere di una determinata faccenda. Ardo vive nella città di Ferdok: la partita comincia in un villaggio nei pressi della città, Avestrue, e apparentemente il nostro alter ego non deve far altro che andare verso le mura della città ed entrare nella medesima. In realtà c’è un problema: la città è chiusa a causa dell’imperversare dei banditi e per entrare occorre la raccomandazione di due cittadini ‘degni’. L’ottenimento della raccomandazione è il fulcro narrativo del tutorial: subito dopo l’ingresso a Ferdok, un colpo di scena alza rapidamente la temperatura della narrazione e pone il nostro personaggio al centro degli eventi. Nella trama di Drakensang non c’è nulla di originale o di particolarmente impressionante, né a livello di contenuto né a livello di narrazione: ben presto emerge, come filo conduttore, il motivo trito e ritrito dell’eroe scelto dall’oracolo per salvare il mondo (anche se, a onor del vero, bisogna dire che la faccenda viene spiegata, verso la fine, in modo abbastanza credibile).
Alcune missioni secondarie sono invece simpatiche e appassionanti: avremo a che fare con una lunga e contorta indagine di omicidio, con un nano terrorizzato perché ha perso la barba, con un signore distratto che precipita ogni giorno dal suo pianerottolo, con un mercante di barche che cerca di rifilarci una bagnarola nascosta dietro una nave di lusso e tanto altro. Il problema maggiore è che ben poche di queste missioni consentono di effettuare scelte significative, e ancora meno consentono l’utilizzo creativo delle tante abilità pacifiche, la cui presenza sembra dettata più dal regolamento sottostante che non da effettive necessità ludiche. Questo è forse uno dei limiti maggiori del gioco in esame: il giocatore che vorrà creare un personaggio dotato di determinate sfaccettature a livello intellettuale troverà pane per i suoi denti in fase di creazione ma ben poca soddisfazione nella fase di gioco vera e propria, nella quale il novanta per cento dei dialoghi è identico per tutti i personaggi.
Ci sarebbe da ridire, peraltro, anche sullo stile con cui le conversazioni sono scritte, piuttosto piatto e infantile, del tutto privo di tensione drammatica. A colmare parzialmente questi lati manchevoli concorre la possibilità, davvero benvenuta, di affiancare al nostro eroe fino a tre altri avventurieri, che incontreremo nel corso dell’avventura e che si offriranno, talvolta in cambio di qualcosa, di partecipare alle nostre vicissitudini. Pur anch’essi coinvolti nel generale pressapochismo narrativo che affligge il gioco, i potenziali membri del party hanno personalità ben definite, qualche dialogo personalizzato e in alcuni casi anche missioni che partono solo se sono presenti nel gruppo. Inoltre, da un certo punto della storia in avanti il protagonista riceverà una casa che potrà usare come base delle operazioni: lì si riuniranno tutti i potenziali compagni di viaggio, che dunque potranno essere cambiati agevolmente in base alle circostanze.

7. Il combattimento e la magia
Uno degli aspetti più interessanti e meglio realizzati di Drakensang è indubbiamente il sistema di combattimento. Quando il nostro gruppo incontra una creatura ostile, lo scorrere del tempo si ferma, così da consentirci di scegliere le mosse migliori: è possibile dare a ciascun personaggio una precisa catena di ordini, che poi verranno messi in atto quando la pausa sarà disattivata. Cliccando semplicemente sul nemico, il personaggio selezionato lo attaccherà con la sua arma equipaggiata; spesso, però, ci capiterà di selezionare un attacco speciale o un incantesimo, o saremo costretti a saltare l’attacco per far sì che il nostro alter ego beva una provvidenziale pozione di guarigione.
Gli attacchi speciali vengono sbloccati con la crescita di livello di determinate abilità e caratteristiche: i più semplici sono generalmente già disponibili all’inizio della partita, mentre i più avanzati richiedono il servizio di un addestratore. Alcuni si limitano a infliggere ferite maggiori, altri hanno effetti collaterali quali lo stordimento o la possibilità di colpire più nemici contemporaneamente. Questi attacchi costano una determinata quantità di Resistenza, un valore derivato rappresentato tramite una barra verde collocata vicino al ritratto del personaggio sotto quella rossa, che visualizza i classici punti ferita. Gli incantesimi funzionano in modo simile, con l’importante differenza che il loro lancio richiede un lasso di tempo piuttosto lungo, durante il quale il mago può essere interrotto dagli attacchi nemici, vanificando il sortilegio; nel loro caso a essere consumata è l’Energia Astrale, rappresentata dalla classica barra blu.
Sia la Resistenza sia l’Energia Astrale si ricaricano automaticamente col tempo; la cosa relativamente nuova è che lo stesso succede anche ai punti ferita: una volta concluso il combattimento, basta aspettare pochi secondi e la barra rossa collegata a ciascun personaggio sarà di nuovo piena. Aggiungiamo a questo il fatto che la morte è definitiva solo quando coinvolge tutti i membri del party: se tre personaggi esauriscono i loro punti ferita ma uno resta in piedi, gli altri tre si rialzeranno al termine dello scontro. Molti a questo punto penseranno che la faccenda sia un po’ troppo semplificata: in realtà non è così, dato che Drakensang introduce nel combattimento un concetto nuovo, quello delle ‘ferite’. Un colpo ben assestato (o un colpo speciale) può infliggere al nemico non solo una perdita di punti ferita ma anche una ‘ferita’, rappresentata graficamente tramite un’icona e concretamente tramite un abbassamento delle caratteristiche. Le ferite non se ne vanno dopo il combattimento e richiedono l’intervento di un curatore; inoltre, una volta accumulate quattro ferite il nostro personaggio muore, indipendentemente dalla sua quantità di punti ferita. Dopo essersi rialzato da terra alla fine di un combattimento, l’eroe dovrà fare i conti, poi, con la cosiddetta ‘ferita grave’: una menomazione che lo rende quasi inservibile prima dell’intervento di un curatore. Le complicazioni, dunque, ci sono eccome; anche perché è impensabile far agire il guaritore durante lo scontro: l’operazione di cura richiede un numero elevato di turni ed espone il suo fautore all’attacco e quindi all’interruzione.
Val la pena, a questo proposito, parlare dell’organizzazione della sequenza di azioni nel corso degli scontri: i programmatori hanno scelto di far svolgere attacchi e parate nell’ambito di turni simultanei separate da pause. Questo rende i combattimenti particolarmente adatti alla meditazione tattica, ma conferisce loro anche un’aria vagamente artefatta, in cui tutti agiscono all’unisono dopo istanti di stasi, quasi come se nessuno fosse in grado di sfruttare i ‘buchi’ della strategia avversaria. Il sistema, comunque, funziona magnificamente dal punto di vista ludico, riportando in auge dopo anni le atmosfere quasi scacchistiche dei combattimenti nel glorioso Baldur’s Gate e nei suoi epigoni. Soddisfacente è anche il bilanciamento, che non sfrutta alcun tipo di livellamento automatico: tra le missioni che si apriranno a Ferdok dopo il nostro arrivo in città, molte sono destinate a personaggi di livello alto. Lo scopriremo sulla nostra pelle, e saremo costretti a ritornare più volte sul luogo del delitto per cercare di sbrogliare la matassa.

8. Tecnicismi
Graficamente, Drakensang è decisamente suggestivo. Non siamo di fronte a un aspetto particolarmente rivoluzionario, ma ogni elemento è ben curato e alcuni scorci ricordano, anche grazie allo stile così familiare, le illustrazioni che decorano i libri fantasy. Il motore grafico è molto scalabile e può girare senza gravi problemi anche su macchine non all’avanguardia, ma naturalmente è su queste ultime che il gioco dà il meglio di sé. Anche le musiche sono piacevoli ed estremamente classiche, mentre il doppiaggio si attesta su livelli mediocri; non tutti i dialoghi sono parlati, e questo non è necessariamente un difetto. Dal punto di vista tecnico la mancanza maggiore, a parte la gestione della telecamera di cui abbiamo già parlato, è forse la resa dei personaggi non giocanti: i loro modelli sono talvolta eccessivamente caricaturali e tendono a stridere un po’ con il contesto.

9. Conclusioni
Drakensang è un GdR decisamente valido, che va consigliato a tutti gli amanti del genere. Non si tratta di un grande capolavoro, né di una pietra miliare che verrà ricordata negli anni a venire (se non, forse, per l’utilizzo del regolamento di Uno Sguardo nel Buio), ma ‘solo’ di un gioco piacevole e divertente. Non ci si deve aspettare un forte carico emozionale, né la narrazione di una storia interessante e neanche l’implementazione di qualche meccanica interpretativa particolarmente ardita e stimolante, quanto la possibilità, comunque più che mai preziosa, di passare molte ore intrattenuti a dovere da programmatori che dimostrano di saper fare molto bene il proprio lavoro. Qualche anno fa un giornalista, durante una intervista alla famosa cantante Norah Jones, le fece alcune domande riguardo al presunto significato politico/filosofico di alcuni suoi brani. Lei rispose, con molta franchezza: ehi, la mia è solo buona musica. Ecco: Drakensang è ‘solo’ un buon gioco. Godiamocelo e non chiediamogli ciò che non può darci.

Tre pregi di Drakensang Tre difetti di Drakensang
Regolamento inedito (in digitale) e interessante Trama lineare e dai contenuti poco approfonditi
Giocabilità quasi perfetta Abilità pacifiche scarsamente sfruttate
Sistema di combattimento piacevole e stimolante Gestione della telecamera problematica

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Scroll to Top