Stranamente, fino a questo momento la popolarissima licenza di Dungeons & Dragons non era mai stata adoperata per un gioco strategico in tempo reale. Colma questa lacuna Liquid Entertainment di Ed del Castillo, con un gioco che promette una sorta di ‘commistione separata’ tra strategia e GdR action. Vediamo se il risultato è apprezzabile.
[articolo originariamente pubblicato il 5 febbraio 2006]
1. Un nome, una garanzia
L’etichetta Dungeons & Dragons è forse una delle poche a essere conosciute anche al di fuori del sottile novero degli ‘addetti ai lavori’: si tratta infatti del regolamento di GdR cartaceo più diffuso e giocato nel mondo, ormai giunto alla sua incarnazione 3.5 e tradotto miriadi di volte in GdR per computer (la serie di Baldur’s Gate, Planescape: Torment, Neverwinter Nights, Temple of Elemental Evil…). Certo, essere il più famoso non vuol sempre dire essere il migliore (anzi, spesso vuol dire essere il peggiore), ma le case di produzione non stanno certo a disquisire di sottigliezze critiche: il nome di richiamo spesso fa la differenza tra il prodotto fallimentare e quello di successo. Per questo stupisce che in tutti questi anni nessuno abbia mai pensato di sfruttare la grande notorietà di questo set di regole al di fuori dei GdR. Non si può negare, infatti, che questi ultimi anni sono gli anni degli ‘ibridi’: la caratterizzazione di GdR, nella fattispecie, viene spesso conferita a prodotti la cui reale vicinanza al genere è dubbia se non inesistente. È una eventualità che capita il più delle volte con giochi di strategia in tempo reale, ai quali, secondo gli sviluppatori, basta aggiungere qualche eroe con una abilità speciale e tre caselle di inventario per aver creato l’ibrido RTS-GdR capace di mettere d’accordo tutti.
Eppure fino a questo momento D&D era rimasto illeso da questa strana abitudine; ovviamente era solo questione di tempo, e da qualche mese il tempo è scaduto. È infatti comparso sugli scaffali Dragonshard, strategico in tempo reale di Liquid Entertainment che si propone di applicare il regolamento del GdR più famoso nel mondo a tutte le parti del tipico schema da RTS, naturalmente coniugato a una robusta sezione più propriamente interpretativa. Questo a detta degli sviluppatori, ovvero di una squadra capitanata da Ed del Castillo, veterano della strategia in tempo reale e già autore qualche anno fa, sotto la stessa etichetta, di Battle Realms e de La guerra dell’anello. Le buone intenzioni ci sono, la professionalità degli sviluppatori anche, ma quando ci si pone un obiettivo già scandagliato decine di volte, è difficile creare qualcosa che sappia veramente emergere: scopriremo che Dragonshard è ben realizzato, elegante e bilanciato, ma anche che, nonostante la novità del regolamento, al suo interno tutto sa di già visto.
Il regolamento di Dungeons & Dragons non è immediatamente collegato a una ambientazione particolare: vista la sua fama e la sua longevità, nel corso degli anni sono state create molte ambientazioni diverse, ciascuna con una sua peculiarità, dalle più classiche (Forgotten Realms) alle più ‘paurose’ (Ravenloft) alle più ‘filosofiche’ (Planescape). L’ambientazione scelta dagli autori di Dragonshard è una delle ultime nate: si tratta del mondo di Eberron, variazione leggermente più ‘tecnologica’ del tradizionale sottofondo ‘medievaleggiante’ che solitamente accompagna il tipico GdR fantasy. Eberron vive una situazione precaria: le energie magiche che lo pervadono, e che derivano da periodiche piogge di un particolare materiale (il “dragonshard” del titolo), sembrano sul punto di esplodere; per questo gli eroi ‘buoni’ sono in marcia per cercare il “dragonshard” più grande, che sembra celato nelle profondità di Syberis, la regione artica del mondo di Eberron. Il gioco offre sei dettagliate missioni di tutorial, dopodiché ci offre due campagne distinte: una dalla parte appunto dei ‘buoni’ (una alleanza composta dalle razze e dalle classi più comuni di D&D, come chierici, maghi, ranger) e una dalla parte dei più ambigui ‘lucertoloidi’. C’è anche un terzo schieramento, i malvagi Umbragen, che però sono disponibili solo nel multiplayer e nelle schermaglie, non avendo una loro avventura personalizzata. Le campagne sono un po’ brevi rispetto alla media e presentano trame che non brillano per originalità, ma hanno il pregio di tentare di tratteggiare di volta in volta diverse personalità, spesso in conflitto fra loro, fra gli eroi che convivono nella medesima alleanza.
2. Doppio livello
Naturalmente i punti principali nei quali dovrebbe esplicitarsi l’originalità di Dragonshard sono da un lato la concretizzazione della commistione fra ruolo e strategia e dall’altro la trasposizione di regole nate per un gioco di ruolo dentro le caotiche armate di un RTS. Il primo problema, già affrontato molte volte da altri sviluppatori, è qui risolto dalla costruzione di mappe di gioco articolate su due livelli, ciascuno dei quali è riservato a una delle due componenti dell’ibrido. In superficie, Dragonshard pende più verso la strategia, anche se sono comunque presenti gli eroi che si distinguono nettamente dalle truppe comuni; nel sottosuolo invece il gioco si trasforma nel più classico degli hack and slash, cioè in un gioco di ruolo d’azione molto vicino, come giocabilità, a prodotti come Dungeon Siege. I due livelli comunicano attraverso punti di collegamento e hanno a disposizione ciascuno una propria minimappa; più avanti vedremo meglio come avviene il passaggio dalla superficie al sottosuolo e quindi da un sistema di gioco all’altro. Quanto al problema delle regole, diciamo pure che si tratta di uno degli aspetti che lasciano addosso al giocatore la maggior quantità di perplessità. Sembra infatti che il marchio Dungeons & Dragons sia più uno specchietto per attirare il maggior numero di acquirenti possibile piuttosto che un reale valore aggiunto al prodotto che ci si trova per le mani. Alla fine, il rapporto col regolamento più famoso al mondo si riduce alla presenza in gioco di truppe vagamente ispirate alle razze e alle classi di quel regolamento, truppe che talvolta hanno anche abilità speciali inventate di sana pianta dagli sviluppatori e che nulla hanno a che fare con la tradizione di D&D. I valori di attacco e difesa e i meccanismi che governano i combattimenti sono stati riscritti da zero per ragioni di bilanciamento, e a volte appaiono del tutto incomprensibili e anche poco coerenti (perché una certa classe dovrebbe fare danno da veleno e un’altra da fuoco?) In conclusione, un primo non indifferente difetto di Dragonshard è la natura del tutto aleatoria del suo legame con Dungeons & Dragons: la delusione è in agguato per tutti coloro che si accostano al prodotto in cerca di una nuova interpretazione videoludica del loro regolamento preferito.
3. Parte strategica e parte ‘ruolistica’
In superficie, quindi, Dragonshard è dedicato allo scontro di armate. È contemplata anche la parte di raccolta delle risorse, declinata però in modo più rigido e semplicistico del solito. Non ci sono unità dedite a raccolta delle risorse e costruzione di edifici: le risorse (che sono oro e frammenti del drago: il primo si raccoglie sottoterra e i secondi piovono ogni tanto dal cielo) vengono raccolte dalle unità di fanteria, mentre gli edifici si costruiscono da soli nei lotti previsti all’uopo. Un insediamento-tipo è infatti costituito da un grande edificio centrale (destinato alla resurrezione degli eroi e alla creazione dell’unità più potente chiamata juggernaught) e da sedici lotti raggruppati in quattro sezioni con quattro lotti ciascuno. In ciascun lotto si può erigere un edificio atto alla creazione di una unità; però per far salire tale unità ai livelli più alti è necessario erigere più edifici dello stesso tipo nel medesimo raggruppamento di lotti. Visto che gli spazi sono limitati, sarà necessario decidere di volta in volta che truppe favorire a scapito di altre.
In alternativa, è possibile erigere in alcuni lotti una sorta di piccoli ‘monumenti’, che danno vantaggi a tutte le unità prodotte negli edifici adiacenti. In alcune mappe è possibile erigere nuovi insediamenti, ma sempre in punti prefissati: questo, se da un lato provoca la necessità di elaborare strategie atte a sfruttare al massimo gli spazi messi a disposizione, dall’altro limita parecchio la libertà attraverso cui approcciare le diverse mappe, per le quali a volte sembra sia stata pensata già dagli sviluppatori una certa ‘strada’ che è necessario seguire per arrivare alla vittoria. Le unità, come già detto, possono crescere di livello: basta aver costruito il numero richiesto di edifici e avere la giusta quantità di punti esperienza, che si ottengono sconfiggendo nemici in combattimento e completando quest secondarie; il passaggio di livello comporta l’aumento delle statistiche dell’unità e qualche volta l’ottenimento di nuove abilità speciali. Ogni unità infatti possiede un attacco standard, che parte automaticamente quando l’unità avvista un nemico, e una serie di abilità speciali, talvolta passive ma più spesso da attivare con un apposito pulsante.
Durante i combattimenti, spesso incredibilmente caotici, la parte più difficile sarà proprio attivare l’abilità della tal unità sul tal nemico al momento giusto. Gli scontri coinvolgono spesso un numero consistente di ‘pedine’ perché in superficie non esistono solo le unità che creiamo negli insediamenti: ciascuna di esse, quando si trova nei pressi della base, ‘auto-produce’ soldati di supporto che la accompagnano in combattimento. Ecco allora che in superficie ciascuna unità diventa presto una sorta di mini-reggimento, che si muove come un sol uomo ma in cui ciascun membro ha una certa autonomia di azione; se qualcuno dei gregari muore in battaglia, basterà riavvicinare l’unità principale alla base e il compagno sarà ricreato. Quando però faremo passare i nostri eserciti dalla superficie al sottosuolo, i soldatini minori scompariranno come per magia e ci troveremo al comando di un party di soli ‘eroi’, col quale saremo pronti a esplorare il secondo ‘lato’ di Dragonshard.
Il sottosuolo è parte integrante di ogni partita a Dragonshard, fosse anche solo per il fatto che l’oro, indispensabile per creare qualunque unità o edificio, si trova solo sottoterra, in mucchi o in forzieri. I dungeon sono costruiti in modo molto classico, con una direzione principale e altre secondarie che spesso celano tesori o quest secondarie. Il giocatore si troverà il più delle volte a dover comandare dei party di dimensioni notevoli, quindi sarà complesso comandare al meglio ogni membro: la giocabilità somiglierà quindi a quella di un Dungeon Siege, dove si fa avanzare il party e si attende che abbia finito da solo di sconfiggere gli eventuali nemici, agendo solo per far bere qualche pozione o far utilizzare qualche abilità speciale. A proposito delle pozioni: è contemplata la possibilità di raccogliere oggetti (non solo pozioni ma anche pergamene, oggetti richiesti dalle quest e altre amenità) ma non ci sono inventari collegati a ciascun eroe ma uno ‘zaino’ generale, il cui contenuto può essere adoperato da chiunque. Spesso i nemici uccisi lasciano cadere piccole quantità d’oro che chiunque può raccogliere; altre volte l’oro è conservato dentro forzieri che richiedono l’intervento di un ladro per essere aperti.
4. Tecnicismi e conclusione
Dragonshard è carino da vedere e da sentire, ma non fa gridare al miracolo in nessuno dei due ambiti. La grafica concede parecchio al ‘cartoonismo’ che è ormai diventato caratteristica di tutti i RTS di stampo fantasy; qui però si tende a esagerare, soprattutto a causa di un abuso della ‘proporzione simbolica’, che fa calare parecchio il senso di realismo delle ambientazioni (l’eroe protagonista della storia è più grande degli altri eroi, che a loro volta sono più grandi delle truppe di supporto). Senza parlare del fatto che le dimensioni degli edifici e degli insediamenti sono assolutamente improbabili. Una nota di biasimo va anche alle animazioni, che durante il combattimento soffrono di sovrapposizioni che rendono ancora più arduo capire come sta andando lo svolgimento dell’azione. Il sonoro è adeguato, ma dopo parecchie partite non resta in mente il benché minimo ‘tema’: segno che l’accompagnamento musicale poteva essere caratterizzato da una maggiore ‘personalità’.
Abbiamo deciso di comprare e di recensire Dragonshard per toccare con mano la traduzione delle regole di D&D in un contesto strategico, ma ci spiace dover affermare di sentirci in un certo senso presi in giro dal prodotto che ci siamo ritrovati per le mani. Questo gioco può divertire gli appassionati di RTS ed è realizzato comunque con una certa professionalità, tanto che ha ricevuto votazioni anche parecchio lusinghiere dalla critica (che peraltro non sembra toccata dal fatto che si tratta di uno schema di gioco già sperimentato decine di volte, spesso con risultati nettamente superiori, vedi l’ultimo episodio della serie Warcraft). Per La maschera riposta, il problema è che Dragonshard con i GdR c’entra poco se non nulla: è vero che c’è una sezione somigliante parecchio a certi GdR action, ma in primo luogo per accedervi è necessario giocare anche alla sezione RTS e in secondo luogo le regole di D&D non c’entrano nulla neanche in quella parte. Siamo di fronte a un ottimo esempio di come possa essere usato un ‘logo’ per catturare interesse e denaro: chi non è ancora caduto nella trappola resti avvisato.
Tre pregi di Dragonshard | Tre difetti di Dragonshard |
Giocabile | Non c’entra nulla con D&D |
Elegante e funzionale | Non c’entra nulla con i RPG |
Classico | Banale |