Depths of Peril

L’indipendenza dalle grandi case di produzione e distribuzione dà una libertà di sperimentare che non è facile trovare concretizzata nei kolossal: il gioco di cui ci apprestiamo a parlare è un vero e proprio esperimento, purtroppo riuscito solo in parte.

[articolo originariamente pubblicato il 29 agosto 2008]

1. La libertà: vantaggi e svantaggi
Come ben sanno i nostri lettori più affezionati, ogni tanto La maschera riposta ama abbandonare per un po’ il mercato dei grandi giochi ad alto budget per immergersi nel ricco anche se confuso mare delle produzioni indipendenti. La diffusione capillare di internet e dei metodi di pagamento e distribuzione digitale ha infatti reso possibile anche nel campo dell’intrattenimento elettronico ciò che avviene in tanti altri ambiti, come ad esempio l’informazione, vale a dire la scomparsa degli intermediari. Pochi valenti programmatori, al limite anche uno soltanto, possono auto-prodursi e vendere direttamente la propria creazione.
Naturalmente i prodotti “indie” non possono solitamente vantare la medesima realizzazione tecnica dei grandi kolossal a cui lavorano decine se non centinaia di persone, ma d’altro canto l’assenza di cospicui investimenti permette libertà che gli altri possono solo sognarsi. Per esempio la libertà di rivolgersi a una nicchia ristretta di appassionati, o anche la libertà di sperimentare inventando nuovi generi o sovvertendo le regole di quelli già esistenti. Depths of Peril, sviluppato nell’arco di ben tre anni da Soldak Entertainment, in un certo senso fa l’una e l’altra cosa: inventa il genere del RPG action/gestionale e sovverte le regole del gioco di ruolo d’azione innestandovi un sofisticato sistema diplomatico. L’idea di base è senz’altro buona: cerchiamo di capire se la sua concretizzazione ludica è degna di altrettanto interesse.

2. Panoramica
Qual è, dunque, l’idea di base di Depths of Peril? Il giocatore impersona un membro del villaggio barbaro di Jorvik: il personaggio giocante va creato scegliendo tra quattro classi archetipiche (guerriero, ladro, mago, sacerdote), ciascuna dotata, come vedremo meglio in seguito, di specifiche abilità. L’obiettivo di ciascuna partita è diventare il capo del villaggio barbarico: il personaggio giocante è il leader di un clan e dovrà vedersela, durante l’avventura, con un numero variabile di altri clan. Sarà necessario sopraffare ciascun rivale oppure allearsi con esso o ancora acquistare un tale prestigio da costringere gli altri a dover per forza percorrere la via della diplomazia. Maggior prestigio e maggior potenza si ottengono accettando missioni dai personaggi non giocanti o anche semplicemente avventurandosi al di fuori del villaggio, sconfiggendo mostri e accumulando tesori. Con i fondi ottenuti sarà possibile ottenere le grazie degli altri clan tramite donazioni o aiuti, nonché rendere più forte la base operativa (covenant) del clan giocante, arruolando guardie o rafforzando le difese magiche in vista di un possibile attacco da parte di un rivale. La vittoria può essere ottenuta sconfiggendo militarmente tutti gli altri clan attaccando il loro covenant, oppure ottenendo alleanze con ciascuno di essi; una volta vinta una partita si può continuare a giocare senza rivali, oppure iniziarne una nuova, nella quale potremo continuare a usare lo stesso personaggio, aumentando ancora quindi sia la sua potenza sia la potenza del suo clan. Vediamo ora nel dettaglio i diversi aspetti del gioco.

3. La parte combattiva 
La prima identità che emerge da Depths of Peril è quella del più classico dei GdR action. Il nostro personaggio parte da una località sicura, il villaggio barbarico di Jorvik, dove si trovano i classici mercanti e quest-giver (i personaggi non giocanti col compito di assegnarci le missioni), e può spostarsi tra varie altre locazioni piene di nemici e di tesori, collegate tra loro da punti di passaggio. La gestione del movimento e del combattimento avviene secondo il consueto sistema “punta e clicca”: cliccando sul terreno il personaggio giocante si sposterà in quella direzione, cliccando su un nemico lo attaccherà con la sua arma principale, cliccando con il tasto destro sarà possibile selezionare un nemico o un alleato su cui eseguire una certa azione speciale. Queste ultime possono essere collocate sulla consueta barra rapida e quindi collegate a un tasto; la barra può naturalmente ospitare anche pozioni o oggetti in grado di rinforzare temporaneamente il nostro personaggio o il suo compagno di viaggio (tra i guerrieri arruolati nel clan è infatti possibile sceglierne uno che ci accompagni in avventura).
Ogni ambientazione è popolata da mostri diversi sia esteticamente sia in quanto a pericolosità e tecnica di combattimento; l’azione si basa sul consueto meccanismo dei punti ferita, e moltissimi nemici, una volta uccisi, lasciano cadere oggetti magici o monete d’oro. Gli oggetti possono essere identificati semplicemente cliccandoci sopra con il tasto destro, anche se la procedura richiede qualche secondo per essere completata; quelli che non adoperiamo per il nostro personaggio possono essere venduti oppure scambiati con gli altri clan. C’è perfino il classico portale che è possibile aprire in ogni momento per tornare a Jorvik per risolvere missioni o svuotare l’inventario dai mercanti.
Anche i salvataggi e la morte sono gestiti in modo molto comune: sia quando ricaricheremo la partita sia quando il nostro personaggio soccomberà al nemico, dovremo ripartire da Jorvik. Fortunatamente esistono portali attivabili nelle zone più lontane, così da evitare di fare molte volte la stessa strada combattendo contro gli stessi nemici. Perché ovviamente i mostri si rigenerano, e non solo tra una sessione di gioco e l’altra: basta ripassare in una zona già visitata dopo pochi minuti e la si troverà già piena di nuovi avversari da sconfiggere. Quando il personaggio muore, viene applicata anche una piccola penalità ai punti esperienza; penalità che è possibile diminuire se si raccoglie la “soulstone” lasciata cadere dal nostro alter ego prima della dipartita: anche questi sono meccanismi molto classici, che tutti gli appassionati del genere conosceranno bene.

4. Abilità e crescita del personaggio
Come abbiamo già detto, è possibile scegliere il personaggio giocante di Depths of Peril tra quattro classi archetipiche: guerriero, mago, ladro e sacerdote. Ad ogni passaggio di livello, sarà possibile sia aumentare le caratteristiche del nostro alter ego sia fargli imparare nuove abilità, attive o passive. I punti per aumentare le caratteristiche sono cinque per ogni livello e potranno essere distribuiti tra forza, destrezza, vitalità, intelligenza e spirito (queste ultime due sono le caratteristiche a cui fanno riferimento rispettivamente il mago e il sacerdote). Oltre a determinare i punti ferita e le abilità in combattimento, le caratteristiche gestiscono anche i poteri, che non sarebbero altro che le energie tramite cui ciascuna classe adopera le rispettive abilità.
Se il mago ha il classico mana, il guerriero per esempio ha la rage (adrenalina), che parte a zero e aumenta man mano che il personaggio mette a segno dei colpi. Le abilità sono, come già detto, sia attive sia passive e si differenziano tra le classi quasi completamente: le uniche in comune sono quelle che riguardano l’utilizzo di armi e armature (il guerriero le conosce automaticamente tutte, le altre classi solo alcune ma possono imparare le altre). E’ interessante il fatto che le abilità non sono organizzate ad albero: teoricamente, sono tutte accessibili fin dall’inizio. Teoricamente perché quelle più potenti richiedono molti più punti abilità di quelle più semplici: siccome il numero di punti ottenuti ad ogni livello aumenta con l’aumentare dei livelli stessi, per accedere subito alle abilità più potenti sarà necessario risparmiare punti fin dall’inizio, e la cosa ovviamente non è consigliabile. Molte abilità hanno diversi gradi di apprendimento: spendendo su di loro vari punti sarà possibile aumentarne l’efficacia.

5. La parte diplomatica
Ciò in cui Depths of Peril si distacca maggiormente dalla concorrenza è il fatto che nel mondo di gioco i veri nemici del protagonista non sono i mostri, bensì i “colleghi” membri degli altri clan che si contendono il dominio su Jorvik. Mentre il nostro alter ego sarà impegnato a risolvere missioni e a intraprendere avventure, i capi degli altri clan, controllati dall’intelligenza artificiale (Depths of Peril è un gioco rigorosamente singleplayer), faranno altrettanto. Chi risolverà più missioni e in generale mostrerà più potenza otterrà maggior influenza nel villaggio: ciascuno potrà decidere di investire questa influenza nella creazione di rapporti pacifici oppure nell’organizzazione di violenti raid contro uno o più rivali. La diplomazia è gestita tramite una complessa schermata che mostra a colpo d’occhio il rapporto del nostro clan con gli altri e il rapporto degli altri tra loro. In ogni partita ciascun clan sarà differenziato da determinate caratteristiche: alcuni hanno una maggiore abilità in battaglia, altri troveranno più spesso oggetti magici e così via. Tramite una apposita schermata, sarà possibile eseguire varie operazioni con un clan rivale: la più comune sarà lo scambio (o al limite la donazione) di oggetti o denaro. Ogni transazione provoca un aumento del valore numerico che registra la stima che quel clan prova per il clan del giocatore; ovviamente l’aumento sarà proporzionale al valore degli oggetti in ballo e anche alla convenienza dell’affare per ciascuno dei contendenti.
Alcune particolarità vanno messe in evidenza. Anzitutto, la moneta con cui si misura la ricchezza del clan è diversa da quella raccolta normalmente dal personaggio: quest’ultima è costituita dalle classiche monete d’oro e d’argento, mentre la prima si misura in “cristalli”. I cristalli non vengono rinvenuti nel mondo di gioco né si ottengono commerciando oggetti: sono invece il frutto della raccolta di tasse da parte del nostro clan nel villaggio. Le tasse vengono raccolte automaticamente e la loro entità dipende dall’influenza del nostro clan; l’ammontare di cristalli però viene intaccato periodicamente dal costo di mantenimento delle guardie che decideremo di arruolare per difendere il nostro covenant. Un’altra particolarità interessante è che con gli altri clan è anche possibile commerciare direttamente l’influenza, anche questa indicata tramite un valore numerico e trattata dal gioco come se fosse un “oggetto”. Naturalmente lo scambio è solo la relazione più semplice che si può avere con un clan rivale: quando la stima raggiunge livelli elevati, è possibile inaugurare una vera e propria alleanza, magari condita da rapporti commerciali stabili (questi ultimi avvengono in modo astratto e comportano semplicemente un maggior afflusso di cristalli nelle casse del nostro clan). E se invece le cose volgessero al peggio e la stima dei rivali iniziasse a calare pericolosamente? In quel caso è meglio rinforzare le difese del nostro covenant. Ci sono vari modi per farlo. Anzitutto potremo arruolare qualche recluta che ci aiuti nella difesa. Le reclute sono personaggi che appartengono alle medesime classi a cui può appartenere il personaggio giocante e che si specializzano in una serie di abilità casuali, decise dal programma. Ci sono due modi per procedere al reclutamento: a volte una potenziale recluta compare nel villaggio e ci offre una quest, risolta la quale saremo liberi di assoldarla; altre volte (ed è un gran colpo di fortuna) incontreremo semplicemente una recluta durante le nostre avventure, e potremo arruolarla subito senza problemi. Le reclute si differenziano tra loro anche in base al livello e possono essere equipaggiate ed eventualmente potenziate liberamente dal giocatore; una di loro può essere portata in giro durante le avventure ad accompagnare il personaggio principale.
Oltre alle reclute ci sono, come già accennato, anche le guardie: si tratta di mostri benevoli che possono essere acquistati dall’addestratore e che comportano un costo periodico in cristalli dipendente dalla loro potenza. Altri mezzi per rafforzare il covenant sono il ritrovamento di reliquie, particolari oggetti magici che influenzano positivamente tutti i membri del clan, o anche di libri, dove vengono narrate con dovizia di particolari le vicende riguardanti il background del gioco; anche ciascun libro ha un effetto particolare sul clan che lo espone tra i suoi scaffali. La “salute” del clan viene gestita in-game tramite la cosiddetta “lifestone”: se un raid nemico dovesse ridurre a zero i suoi punti ferita, la partita è persa. In realtà però nulla di quello che era stato fatto viene veramente perduto: nella partita successiva se si sceglie lo stesso personaggio lo si troverà esattamente al punto in cui lo si era lasciato.

6. Il mondo è vivo!
L’unione tra i combattimenti contro i mostri e la sfida contro gli altri clan controllati dal computer fa sì che Depths of Peril abbia un altro elemento di originalità. Non sarà così strano, durante le nostre peregrinazioni in cerca della soluzione di qualche quest, imbatterci in membri di clan avversari, magari impegnati nello stesso compito! Qualche volta capiterà di veder fallire una quest solo perché qualcun altro l’ha risolta prima di noi; altre volte ci si troverà coinvolti nelle battaglie tra un clan e l’altro, liberi di ignorare la faccenda o di aiutare uno dei due contendenti. L’elemento sorpresa, però, non riguarda solo la multiforme interazione tra il nostro clan e gli altri: anche i mostri paiono avere, in questo gioco, una sorta di organizzazione interna. A volte verremo avvisati che in una certa mappa è comparso un gruppo di mostri molto forte, che andrebbe sconfitto; altre volte qualche NPC del villaggio verrà rapito e dovremo liberarlo pena l’inaccessibilità ai suoi servizi; altre volte ancora se ignoreremo una certa quest troppo a lungo saremo costretti a convivere con le sue inaspettate conseguenze. Insomma, questo gioco ci costringe con una certa frequenza a smettere di fare ciò che stavamo facendo per dedicarci a qualche “urgenza”: indubbiamente anche questo è un sistema interessante per ravvivare il genere.

7. Non è tutto oro…
Come si concretizzano in termini di giocabilità le curiose idee che abbiamo descritto fino a questo momento? Purtroppo, non benissimo. Il problema forse maggiore di Depths of Peril è la grafica confusa e poco intuitiva. Pur vantando un reparto tecnico piuttosto avanzato per un gioco indipendente (ombre in tempo reale, antialiasing, risoluzione variabile a piacere…), il prodotto di Soldak Entertainment mostra un’impronta stilistica ipertrofica e poco differenziata al suo interno, che tende a caricare gli scenari di colori troppo forti e troppo simili tra loro, tanto che anche a un occhio allenato sarà difficile riuscire a puntare correttamente col mouse i nemici durante i loro movimenti.
Un altro problema significativo, peraltro collegato al primo, può essere così riassunto: in questo gioco non sempre si capisce cosa sta succedendo e perché. Complice anche la documentazione stringatissima (l’unico manuale esistente è quello presente sul sito, davvero troppo poco per un gioco così sfaccettato), il giocatore viene catapultato in un mondo i cui meccanismi possono essere compresi a fondo solo tramite l’errore e l’esperienza; anche una volta compresi questi meccanismi, peraltro, resta un certo amaro in bocca nel rendersi conto di come potevano essere meglio implementate moltissime caratteristiche.
La parte combattiva soffre per la rigenerazione velocissima dei nemici, il loro bilanciamento imperfetto, le animazioni approssimative che rendono talvolta complicata anche la semplice gestione di uno scontro uno contro uno. La parte diplomatica soffre per la macchinosità di certe operazioni, la scarsa utilità di altre, nonché per la possibilità di sfruttare al limite del cheat (imbroglio) determinate funzionalità. Vi è poi una limitazione notevole che è purtroppo inscindibile o quasi dalla natura stessa del gioco: Depths of Peril non ha una trama, o meglio ce l’ha ma è solo timidamente accennata, dato che lo scopo di ogni partita è semplicemente quello di diventare il clan dominante a Jorvik. I programmatori di Soldak Entertainment si sono dimostrati davvero una fucina di idee, ma avere buone idee serve a poco se non riesce a concretizzarle come si deve. Per avere un prodotto che faccia rifulgere l’originalità insita nel concept di partenza, bisognerebbe ricominciare a sviluppare Depths of Peril praticamente dall’inizio.

8. Conclusioni
Depths of Peril ci ha riportato alla mente i lavori, per molti versi gloriosi, della defunta Troika di Tim Cain: tutti portatori di ottime idee, ma tutti irrimediabilmente incapaci di veicolarle in alta qualità. Certi appassionati apprezzano la filosofia videoludica dietro a certi prodotti prescindendo dalla loro giocabilità: se applicassimo questo criterio al lavoro di Soldak (così come a quelli di Troika) il giudizio sarebbe più che positivo. Tuttavia noi crediamo che un gioco debba anzitutto divertire, avere coerenza al suo interno, essere curato nei dettagli, funzionare come ci si aspetterebbe.
Ciascun gioco, prima di essere un buon esponente della sua categoria, deve essere anzitutto un buon gioco, punto e basta. Purtroppo, Depths of Peril non lo è, anche se poteva (e doveva!) esserlo. Non siamo certo di fronte, comunque, a un completo disastro: se si passa sopra agli evidenti difetti, il gioco di Soldak Entertainment sa regalare molte ore di divertimento e soprattutto sa dimostrare come ci sia ampio spazio per l’innovazione anche all’interno del sotto-genere apparentemente più piatto e asfittico che esista.

Tre pregi di Depths of Peril Tre difetti di Depths of Peril
Curioso e innovativo Grafica confusa e poco intuitiva
Mondo di gioco vivo e reattivo Giocabilità zoppicante
Pieno di libri da leggere! A tratti inutilmente contorto

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