Balrum

Una coppia di giovani sviluppatori ungheresi ha dato vita a un ambizioso GdR classico a esplorazione (quasi) libera. Abbiamo deciso di sostenere il progetto e ora siamo pronti a dare un giudizio.

[articolo originariamente pubblicato il 5 agosto 2016]

1. Crederci fino all’ultimo
Il gioco di cui ci apprestiamo a parlare ha alle spalle una storia che val la pena raccontare. Due studenti universitari di Budapest, oggi riuniti sotto il nome di Balcony Team, iniziarono, un paio di anni fa, un progetto di studio che prevedeva la creazione di un sistema di pathfinding: una volta messo in piedi il primo rudimentale software adatto allo scopo, però, i due si accorsero che, con adeguato investimento in termini di tempo e fatica, avrebbero potuto creare un vero e proprio GdR. Dopo qualche mese gettarono il cuore oltre l’ostacolo e misero la loro idea sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter: ebbene, la raccolta fondi ebbe successo, un successo peraltro insperato dato che la cifra richiesta (50 mila dollari) venne raggiunta poche ore prima della chiusura, con un rush finale davvero entusiasmante.
Balrum, questo il nome dato al gioco, prometteva di unire all’esplorazione libera un classicissimo combattimento a turni e un avanzatissimo comparto di crafting contemplante financo la possibilità di costruire e arredare la casa del nostro eroe. In un’epoca in cui un titolo come Minecraft è diventato quasi un fenomeno di costume e in cui anche gli sviluppatori più blasonati inseriscono nei loro GdR elaborate componenti gestionali (vedasi Bethesda con il recente Fallout 4), Balrum risulta più che mai d’attualità, nonostante il suo sfacciato rincorrere stilemi antichi. Vediamo se il lavoro di questi due ragazzi ungheresi merita davvero interesse e investimento.

2. Panoramica e premesse narrative
Balrum è un gioco di ruolo con esplorazione in tempo reale e combattimento a turni: il giocatore controlla il suo personaggio tramite una classica interfaccia “punta e clicca”, all’interno di una altrettanto classica visuale isometrica dall’alto. Sia il movimento sia l’interazione col mondo vengono gestiti tramite il tasto sinistro del mouse, mentre il tasto destro può essere utilizzato per selezionare le abilità speciali da una apposita barra personalizzabile collocata nella parte inferiore dello schermo. Il puntatore del mouse cambia quando lo si passa sopra un elemento dello scenario col quale è possibile interagire: le ambientazioni traboccano di elementi siffatti, da piante che è possibile raccogliere a contenitori che si possono svuotare, senza trascurare i PnG con i quali intrecciar conversazioni o le postazioni da lavoro nelle quali creare innumerevoli manufatti. Anche se il giocatore controlla direttamente solo il suo personaggio, può far accompagnare quest’ultimo da un pet, che di default è un cane ma che può essere sostituito da creature più potenti investendo in apposite abilità: il nostro ‘aiutante’ agisce in autonomia, ma può anche essere controllato direttamente durante i combattimenti.
La vicenda narrata da Balrum prende le mosse da una foresta di nome Darkwood e da un misterioso incidente accompagnato a una enigmatica sparizione: il nostro alter ego è un giovanotto dell’innominato villaggio nel quale inizia la partita, e vive assieme a suo nonno in una casupola circondata da quelle degli altri abitanti, ciascuno dei quali è già noto al protagonista e dunque accuratamente descritto in fase di interazione. Le prime, veloci indagini portano a galla una scomoda verità: Darkwood è infestato da creature feroci perché anni prima è stato teatro di azioni efferate, svolte da negromanti in combutta, pare, con alcuni degli stessi abitanti del luogo. Le indagini porteranno il nostro alter ego a dipanare la matassa, attraverso una storia che può tranquillamente durare, per il giocatore ‘completista’, più di sessanta ore.

3. Gestione e sviluppo del personaggio
Il protagonista di Balrum è fisso e può essere personalizzato solo per quel che riguarda le sue abilità iniziali: il gioco inizia con una sorta di biografia del personaggio giocante, nella quale all’utente è richiesto di completare le informazioni scegliendo, appunto, le abilità di partenza. Il nostro alter ego è definito da quattro statistiche di base: Strength, Vitality, Dexterity e Intelligence, ciascuna dotata delle consuete conseguenze. Principalmente: la Forza aumenta il danno inferto nei combattimenti all’arma bianca, la Vitalità aumenta i punti ferita, la Destrezza aumenta la capacità di colpire e il danno a distanza, l’Intelligenza influenza la quantità di energia magica (mana) e il danno causato dagli incantesimi. Alle caratteristiche si accompagnano le abilità, che si dividono in maggiori e minori. Le abilità maggiori sono tre ma è possibile scegliere di addestrare il protagonista solamente in due di esse: queste abilità corrispondono all’atto pratico alla classe e sono collegate all’uso delle armi in corpo a corpo, all’uso delle armi a distanza e alle arti arcane. Le abilità minori sono assai più numerose e possono essere apprese liberamente, almeno in linea teorica: consentono al protagonista, per esempio, di scassinare serrature, coltivare la terra, fabbricare armi e armature, cucinare, creare pozioni. Ciascuna abilità ha diversi livelli di apprendimento, che consentono ovviamente utilizzi sempre più proficui.
Abbiamo scritto poco sopra “in linea teorica” perché il gioco implementa un sistema di crescita del personaggio assai lento: i cosiddetti learning point, dunque, latitano costantemente e vanno spesi con parsimonia, soprattutto se si vuole raggiungere, in una certa abilità, il livello massimo, dato che i livelli sono progressivamente più ‘costosi’. Senza contare che l’addestramento non comporta solamente il dispendio dei punti abilità ma anche di consistenti somme di denaro, dato che l’acquisizione di nuovi livelli e di nuove capacità è collegata all’interazione con appositi addestratori, i cui servigi non sono esattamente a buon mercato. Gli stessi personaggi, in genere, possono anche insegnarci nuove mosse da utilizzare in combattimento, nuove magie o anche ricette con cui sfogare la nostra creatività artigianale.
Gli addestratori possono anche farci migliorare le caratteristiche di base, anche in questo caso spendendo i punti abilità e pagando la somma richiesta; le caratteristiche, peraltro, vengono modificate anche pesantemente dall’equipaggiamento utilizzato e dagli status del personaggio, così che, tanto per fare un esempio, il nostro alter ego si troverà ad avere un livello massimo di punti ferita sempre diverso, a causa, nella fattispecie, del sempre fluttuante valore di Vitalità.
I punti abilità si ottengono con la crescita di livello, che è gestita col classico sistema dei punti esperienza. Val la pena notare che questi ultimi vengono assegnati, per la maggior parte, al completamento delle missioni: le uccisioni dei mostri comportano da questo punto di vista un guadagno minimo, col risultato che il giocatore è spinto a evitare le creature ostili e ad affrontarle solo quando è realmente necessario. Il problema è che le ambientazioni pullulano di nemici e che il gioco sembra spingere parecchio verso l’esplorazione: il risultato è un po’ contraddittorio, dato che il giocatore si troverà ad affrontare decine di combattimenti lunghi e difficoltosi senza riceverne in cambio ricompensa se non un bottino il più delle volte abbastanza misero. In generale, l’impressione è che la crescita del personaggio sia eccessivamente lenta e che il gioco costringa a scegliere specializzazioni non solo nell’ambito in cui questa scelta è esplicitamente richiesta, ma anche nel resto, soprattutto nell’ambito del ricco comparto di crafting: ma ci si chiede che senso abbia implementare questa ricchezza se in una singola partita si può accedere solo a una minima parte di essa.

4. Il combattimento
Balrum implementa un combattimento a turni molto semplice e diretto: non esistono “punti azione”, ogni turno consente semplicemente di svolgere un singolo gesto, sia esso un colpo con l’arma, il trangugiamento di una pozione, un movimento in una ‘casella’ adiacente a quella di partenza e così via. L’attacco normale è sempre disponibile, mentre le mosse speciali hanno un tempo di ricarica normalmente piuttosto lungo e quindi possono essere usate una o due volte durante ogni scontro; l’utilizzo degli incantesimi, invece, richiede il consumo di una apposita quantità di mana, che si ricarica, al di fuori dal combattimento, con una lentezza esasperante, rendendo la strada del mago ‘puro’ assai complicata da percorrere.
A dire il vero, un po’ tutte le ‘classi’ hanno, in Balrum, una vita dura. Gli sviluppatori hanno infatti deciso di implementare, nei combattimenti, un livello di difficoltà sproporzionato e discontinuo, che costringerà anche il più fine tra gli strateghi ad avere a che fare un po’ troppo spesso con la schermata che laconicamente riporta la scritta “You’re dead!” Il problema è assai comune nei giochi “all’antica”, anche se non mancano lodevoli eccezioni (per esempio i giochi Spiderweb): il luogo comune sembra infatti pretendere che l’appassionato duro e puro di GdR sia un irrimediabile masochista, che gode nel ripetere quasi ogni combattimento almeno un paio di volte, altrimenti non c’è gusto. Restiamo nella fattispecie: i mostri che popolano il Darkwood hanno una quantità di punti ferita semplicemente demenziale, la qual cosa rende ogni combattimento una interminabile serie di clic, effettuata il più delle volte semplicemente sperando che il caso, ovvero i tiri di dado virtuali, siano dalla parte del giocatore. Certo, le abilità speciali e gli incantesimi sono vari e consentono anche utilizzi creativi, ma il più delle volte la sensazione è che la fortuna abbia un peso decisamente maggiore rispetto a quello assegnato all’acume tattico del fruitore: senza contare che, in ogni caso, le creature visivamente più deboli non dovrebbero mai rappresentare un rischio fatale, e che la crescita di livello dovrebbe comportare anche un certo qual grado di sicurezza in più nell’esplorare il mondo.
In Balrum, ahinoi, non succede nulla di tutto questo. Ogni scontro con qualunque nemico è lungo e faticoso, e può portare facilmente all’esaurimento di quasi tutti i punti ferita del protagonista, con poco riguardo di quel che siano il suo livello e quello del suo avversario. I punti ferita, poi, si rigenerano automaticamente solo se il nostro alter ego è pienamente sazio e idratato (approfondiremo più avanti) e in ogni caso la rigenerazione è lentissima: tra un combattimento e il successivo, dunque, dovremo per forza far passare lunghissimi minuti, rallentando il ritmo di un gioco che già di suo non si fa certo notare per il brio e la concitazione. Non sarà pertanto raro, in determinati frangenti, alzarsi dalla scrivania e andare a fare altro, lasciando che il tempo di gioco passi e che i punti ferita si rigenerino, così da riprendere la sessione senza temere la dipartita del protagonista al primo passo falso.

5. L’eroe costruttore
Come abbiamo già scritto, Balrum implementa un comparto di crafting notevolmente approfondito. Il nostro alter ego può creare armi e armature, pozioni ed elaboratissime pietanze, ma può anche costruire la sua casa, coltivare la terra, allevare animali. Esiste un artigianato semplice, attivabile al volo tramite il tasto “combine”, che permette appunto di combinare tra loro due oggetti presenti nell’inventario (per esempio: combinando farina e acqua si ottiene l’impasto per il pane), ed esiste un artigianato più complesso, per il quale è richiesto l’accesso a postazioni di lavoro. Una volta cliccato sulla postazione, il giocatore può decidere di mescolare ingredienti in autonomia, sperando di scoprire una combinazione efficace ma col rischio di sprecare le risorse, oppure di selezionare una ricetta appresa da un addestratore: in questo secondo caso, il gioco selezionerà automaticamente le risorse tra quelle presenti nel nostro inventario (se le abbiamo, ovviamente) e procederà alla creazione dell’oggetto prescelto, l’avanzamento della quale verrà evidenziato da una apposita barra (solitamente, si tratta di alcuni secondi).
Non mancano idee originali e divertenti. Se mettiamo un pezzo di carne sul fuoco, per esempio, dovremo fare attenzione all’avanzamento della cottura: alcune ricette richiedono carne al sangue, altre carne ben cotta, e se il tempo trascorso è eccessivo la carne si brucerà e diventerà inutile. Se il nostro eroe ha parecchio cibo nel suo inventario, potrà vedere spuntare all’interno del medesimo delle fastidiose tarme: se non le uccideremo (cliccandoci sopra un po’ di volte) ci mangeranno tutto!
Produrre cibo non è, in Balrum, uno sfizio a sé stante. Il nostro personaggio, infatti, è dotato di bisogni primari: alimentazione, idratazione e riposo. La scheda dell’eroe ci informa in ogni momento del suo status per quel che riguarda i suoi bisogni, ed è anche possibile visualizzare costantemente a schermo le sue condizioni in ogni istante. Sarà dunque necessario somministrare al nostro alter ego cibo, acqua e sonno, pena la comparsa di gravi penalità. Nella prima versione del gioco, la gestione dei bisogni primari dev’essere stata particolarmente dura, tanto da aver spinto gli sviluppatori a renderla più ‘leggera’ anche tramite un’apposita opzione selezionabile all’inizio della partita. La situazione al momento della scrittura di questo articolo è ben equilibrata: i bisogni primari arricchiscono il gioco senza appesantirlo troppo, anche perché il mondo ci mette a disposizione una quantità di risorse davvero enorme (giusto per fare un esempio: basterà raccogliere tutti i frutti lasciati dai meli e dai peri distribuiti per il Darkwood e non dovremo mai preoccuparci di preparare cibo sofisticato, dato che il nostro eroe pare non risentire affatto di una dieta esclusivamente fruttariana).
Il comparto di crafting forse più interessante è quello relativo alla creazione della casa dell’eroe. Il gioco permette la selezione di decine di differenti pavimenti, pareti, mobili, decorazioni: anche in questo caso sono richieste risorse particolari, nonché l’addestramento nelle abilità apposite. Mettendo da parte i semi che talvolta si ricevono raccogliendo le piante, è possibile creare un proprio orticello, utile sia per l’alchimia sia per la produzione di cibo, e non manca nemmeno la possibilità di costruire recinti per animali e di metterci dentro maiali o galline. Lo sforzo creativo va sicuramente encomiato, anche se abbiamo almeno un paio di perplessità. La prima: il sistema grafico del gioco è piuttosto essenziale e questo limita parecchio la versatilità del sistema di costruzione delle case (che, tanto per fare un esempio, hanno tutte un solo piano e nessun tetto, e sono tutte caratterizzate da uno stile architettonico davvero basico e poco ispirato). La seconda: la creazione della casa è consentita solamente in uno spazio ‘virtuale’, separato dal mondo di gioco, chiamato safeplace e raggiungibile solo tramite teletrasporto; questo amplifica la spiacevole sensazione che si tratti di un comparto accessorio, aggiunto forse in un secondo momento, del tutto slegato dall’intreccio della trama principale.

6. La struttura del mondo, i PnG e le missioni
Anche se Balrum è pubblicizzato come un gioco a esplorazione libera, questa etichetta si attaglia al prodotto solo in parte. Come dicevamo, la vicenda narrata inizia nella foresta di Darkwood: questa ambientazione è composta da quattro differenti ‘zone’, ciascuna molto ampia, tra le quali ci si può muovere liberamente semplicemente raggiungendo il ‘bordo’ della zona in cui ci si trova (esistono anche punti di teletrasporto, ma il gioco non li mette in particolare evidenza). La mappa, estremamente rozza e ben poco funzionale, rappresenta tutte e quattro le zone, ma ‘attiva’ di volta in volta solo la zona in cui l’eroe si trova, mostrando le parti già esplorate e qualche punto di interesse (il giocatore può, e forse se non vuole perdere ore girando a vuoto *deve*, mettere anche i suoi segnalini personalizzati).
Avanzando con la trama, il protagonista scopre altre ambientazioni: nella fattispecie, un lungo e complesso dungeon che conduce, alla fine, verso un’altra location all’aperto, grande quanto il Darkwood, dove si svolge la seconda parte dell’avventura. Gli insediamenti pacifici prendono le forme di modesti villaggi, nei quali le abitazioni sembrano disposte un po’ a caso, senza un qualche tipo di ordine urbanistico/architettonico, e con una dispersione decisamente eccessiva; in ciascun edificio vivono uno o più personaggi dotati sempre di nome proprio (non esistono generici “cittadini”), che generalmente possono offrire un servizio o assegnare una missione. I dialoghi sono a risposta multipla, ma solitamente non consentono vere scelte ma solo un determinato ordine in cui affrontare le questioni.
La scrittura di Balrum è modesta in quantità e in qualità, anche se non mancano missioni che mostrano almeno qualche velleità di ispirazione: talvolta, esistono scelte multiple che però non sono veicolate tramite dialogo ma lasciate alla libera iniziativa del giocatore. Facciamo un esempio. Un PnG si lamenterà di non riuscire a riposare a causa di un troll abitante nel bosco vicino che si lamenta rumorosamente a causa delle sue ferite. Avvicinandoci al mostro, questi ci attaccherà: la maggior parte dei giocatori, dunque, risolverà il problema semplicemente uccidendo il troll. Invece, c’è anche la possibilità di curarlo: basta avvicinarsi non visti alla sua tana e lasciare una pozione curativa dentro il suo forziere. Il giocatore intelligente che intuirà questa seconda possibilità otterrà una quantità di esperienza maggiore rispetto a quella ottenuta da chi si limiterà a uccidere il troll.
Il gioco implementa un sistema di gestione dei furti simile a quello visto in Baldur’s Gate, ma più semplificato. Se il protagonista sottrae qualcosa da una casa altrui rimanendo nell’ombra, in genere non vi sono conseguenze; se viene visto, il personaggio derubato diventa ostile e l’unico modo per calmarlo è usare l’incantesimo Forget Crime, facilmente disponibile anche sotto forma di pergamena. I PnG seguono routine anche piuttosto complesse: lavorano, visitano la locanda, dormono. L’assenza di qualunque tipo di aiuto nel localizzarli può dar vita a qualche complicazione durante la risoluzione delle missioni.

7. Conclusioni
Il panorama attuale nell’ambito dell’offerta di GdR digitali è quanto mai ricco e variegato, e questo è sicuramente un bene: è però un problema per gli sviluppatori dall’approccio più ingenuo, che possono facilmente investire tanto tempo e tanto sforzo in prodotti che semplicemente non sono in grado di emergere in un mondo così carico di attrezzata concorrenza. Balrum ci sembra, ahinoi, proprio un gioco rientrante in quest’ultima categoria di prodotti: il lavoro di Balcony Team è senza dubbio interessante e a tratti anche creativo, ma ogni sua caratteristica è implementata con riduzione eccessiva, forse nella speranza che tanti comparti ‘leggeri’ possano dare vita a una sommatoria ‘pesante’. Purtroppo non è così, almeno non in questo caso: nel corso della nostra partita, abbiamo avuto in mente in ogni istante qualche altro gioco che aveva realizzato quel determinato comparto molto meglio di quel che riesce a fare Balrum. Il combattimento a turni è risibile rispetto a quel che si vede in Divinity: Original Sin; l’esplorazione libera non può competere con un qualunque The Elder Scrolls; la scrittura è fatta a pezzi da più o meno qualunque titolo tripla A, in particolare da quelli firmati Bioware; lo stesso crafting risulta più interessante financo in Fallout 4, gioco che non fa certo di quell’ambito il suo lato meno perfettibile.
Attenzione: non stiamo dicendo che ogni gioco indipendente debba fare meglio dei titoli iperprodotti in ogni singolo comparto. Questo è semplicemente impossibile e implicherebbe la bocciatura preventiva e senza appello di ogni GdR realizzato da sviluppatori minori. Quel che stiamo dicendo è che ciascun gioco deve avere, per essere degno di rimanere nella memoria e di meritare il sudato tempo (e il sudato denaro) degli appassionati, una identità chiara, che lo metta al riparo da confronti persi in partenza. Il mio gioco indipendente deve offrirmi qualcosa che nessun altro può offrirmi: vuoi in termini di atmosfera, vuoi in termini di contenuti, vuoi in termini di meccaniche di gioco. Solo così la sconfitta potrà essere trasformata in vittoria. È senz’altro più facile dirlo che farlo: e infatti finora, nella nostra modesta esperienza, solo i giochi Spiderweb, almeno la serie Geneforge, è riuscita nell’intento.
Balrum è comunque solo il primo passo dei ragazzi di Balcony Team, ed è senz’altro servito per dimostrare la loro buona volontà e la loro creatività. Nulla ci vieta di pensare che il futuro possa riservarci un secondo episodio meno lento e dispersivo e più coinvolgente e focalizzato.

Tre pregi di Balrum
Tre difetti di Balrum
C’è qualche idea originale
La giocabilità è piena di contraddizioni
Cucinare è divertente
Lento e dispersivo
Il sistema grafico è semplice ma piacevole
La scrittura è piatta e banale

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