Arcania: Gothic 4

Il primo passo di Spellbound nel mondo dei GdR per computer è una mezza delusione, ma anche una possibile risposta alla domanda: quanto ci si può allontanare da una etichetta pur continuando a utilizzarla?

[articolo originariamente pubblicato il 7 dicembre 2010]

1. Allora è un vizio
Non sono solito iniziare le recensioni con osservazioni di carattere privato (e anzi tendo a considerare insopportabile chi arricchisce i suoi scritti critici con noiosi excursus personali), ma questa volta farò un’eccezione. Mi occupo della serie Gothic dall’uscita del primo capitolo, che recensii per il sito Iniziopartita.it; in seguito recensii il secondo capitolo, sempre per lo stesso sito; poi la sua espansione e il terzo capitolo per questo sito, e infine il lavoro successivo di Piranha, Risen, sia per questo sito sia per la rivista Giochi per il Mio Computer. In ciascuna di queste occasioni, fu d’obbligo dedicare vaste parti della recensione a problematiche di vario tipo, che rendevano ogni volta ‘incompleto’ il pur notevole piacere derivante dalla fruizione di una serie che comunque ha caratterizzato fortemente il panorama dei GdR per computer nell’ultimo decennio. Il primo Gothic venne distribuito tardi e male sia in inglese sia in italiano; Gothic II vide la versione in italiano arrivare con più di un anno di ritardo dopo essere stata annunciata ripetutamente nei mesi precedenti e aver visto un cambio di distributore in corsa; Gothic 3 fu messo sugli scaffali in condizioni pietosamente incomplete, tanto che ricevette sonore bocciature pur essendo comunque un prodotto vasto e interessante; Risen, infine, risultava tanto funzionale quanto spudoratamente modellato su Gothic e su Gothic II, tanto da sembrare a tratti una sorta di plagio. Riuscirà mai la serie Gothic a realizzare compiutamente tutte le buone idee, sia a livello di meccanismi ludici sia a livello di atmosfere e ambientazioni, che pure sono presenti in nuce fin dal suo esordio? Tutti i giochi elencati sopra sono accomunati da un unico sviluppatore, Piranha: si poteva pensare, dunque, che i problemi di cui sopra fossero connessi in qualche modo a questo talentuoso gruppo di ragazzi tedeschi, probabilmente non ancora capace di organizzare al meglio le sue idee da un punto di vista operativo. Ma non deve trattarsi di questo: sembra quasi che la serie Gothic sia maledetta e che i suoi episodi siano destinati all’incompiutezza o al contrattempo logistico per l’eternità. Ne è testimonianza questo Arcania, sviluppato da Spellbound (Piranha ha perso i diritti sul suo marchio storico e ora lavora sotto l’egida della nuova saga Risen) e rinominato ripetutamente durante i mesi della sua realizzazione: prima caratterizzato come semplice spin-off dal titolo Arcania: A Gothic Tale, poi configurato come vero e proprio nuovo capitolo della serie ufficiale. Il problema, questa volta, è l’opposto di quel che succede con RisenArcania, tra i suoi diversi problemi, non ha quasi nulla in comune con il prestigioso marchio che ne decora la scatola. Molte stroncature sono già arrivate, altre arriveranno: la volontà di rinnovare non può avere come conseguenza il completo snaturamento delle caratteristiche da sempre associate alla tradizione a cui si appartiene.

2. Premesse narrative
Gothic 3 contemplava diversi finali. Quello scelto come ‘canonico’ da Spellbound per agganciarci la storia di Arcania contempla l’ascesa al soglio regale del vecchio protagonista della saga, l’eroe senza nome, che assume il titolo di Rhobar III. Il personaggio che ci troveremo a gestire nel nuovo capitolo è in teoria completamente nuovo: in realtà mantiene tutte le caratteristiche del vecchio eroe, primo tra tutti il fatto di non vedere il suo nome mai esplicitato, ma anche di esibire la solita indole vagamente cinica e distaccata. Questo nostro alter ego è un umile pastore in un altrettanto umile villaggio sull’isola di Feshyr, collocata a sud di Myrtana. Il tutorial ruota attorno a una serie di prove che il nostro deve affrontare per poter legittimamente sposare la figlia del capovillaggio: le vicende iniziali sembrano del tutto staccate dalle epiche storie narrate nei capitoli precedenti, ma la presenza nell’isola del vecchio Diego, amico e mentore dell’originale eroe senza nome, e i vaghi riferimenti alla presenza di minacciosi vascelli all’orizzonte fanno capire che la bucolica tranquillità del placido insediamento non può durare a lungo. Infatti le navi minacciose sbarcano presto, con il loro carico di violenza: i paladini al comando del re Rhobar III devastano l’isola e ne uccidono tutti gli abitanti, compresa la quasi-sposa del nostro alter ego, che giura vendetta. Naturalmente Diego è sopravvissuto, e ha pronto un suggerimento: per scoprire cosa passa per la testa del re e dei suoi soldati bisogna correre a indagare presso un misterioso tempio sull’isola di Argaan. Sarà lì che avverrà la quasi totalità dell’avventura vera e propria, tra verdi distese d’erba e boschi intricati, paludi melmose e spigolose cime di montagne, altipiani soleggiati e oscuri recessi sotterranei.

3. Giocabilità
Arcania utilizza una classica visuale in terza persona, che alterna però due punti di vista differenti. In fase esplorativa, quando cioè il nostro eroe non ha la sua arma sguainata, la telecamera è quasi incollata alle sue spalle; durante il combattimento, invece, la visuale si allontana e consente dunque di controllare con più agevolezza il campo di battaglia. Gli spostamenti avvengono tramite i classici tasti WASD, mentre il tasto SPAZIO gestisce il salto e il tasto E l’interazione con gli elementi dello scenario. Oggetti e personaggi con cui è possibile interagire vengono evidenziati con una sorta di alone luminoso, che non è esattamente il massimo a livello di atmosfera; nel caso di elementi particolarmente importanti (o particolarmente nascosti), il gioco ci aiuta anche con vari feedback visivi, come scintille piuttosto che farfalle svolazzanti. L’interazione con l’ambiente è abbastanza approfondita, ma purtroppo rimane del tutto fine a se stessa: il nostro personaggio può sedersi su sedie, sdraiarsi su letti, leggere libri, lavorare a un tavolo da alchimista… ma le varie animazioni connesse a queste attività (che peraltro, particolare assai eloquente, possono essere disattivate via menu) non hanno assolutamente alcun effetto pratico. I dialoghi sono molto stringati, ma questo è sempre stato un elemento caratterizzante della serie: in alcuni casi abbiamo la possibilità di scegliere alcune risposte, ma le scelte vere sono ridotte all’osso e sono quasi sempre connesse a percorsi diversi per raggiungere il medesimo obiettivo. Il combattimento è inizialmente piacevole e divertente, ma soffre purtroppo di una certa ripetitività, dovuta principalmente alla latitanza di sufficienti varianti ai pochi colpi standard. Nel caso delle armi in corpo a corpo, dopo aver sguainato l’arma (tasto di default F), il nostro eroe scaglierà i suoi fendenti in corrispondenza dei singoli clic col tasto sinistro del mouse. All’inizio della partita, i colpi vengono inferti con una certa lentezza, perché l’eroe tende a riposizionarsi dopo ogni movimento; con l’aumento dell’abilità apposita, diventa possibile legare i colpi l’uno con l’altro, a patto di cliccare col mouse con il giusto tempismo. Per effettuare un colpo ‘caricato’, decisamente più foriero di danni rispetto a quello normale (nonché spesso in grado di ‘rompere’ la posizione difensiva dell’avversario), è necessario tenere premuto per un certo tempo il tasto sinistro del mouse: sarà la postura stessa del personaggio a farci capire quando sarà il momento giusto per rilasciare il tasto e sferrare il colpo. Le mosse più avanzate comportano un consumo di stamina, che comunque si recupera molto rapidamente con il tempo. Il tasto destro gestisce le parate e la posizione difensiva; agendo di concerto tra i due tasti, è possibile anche scagliare veloci contrattacchi partendo proprio dalla posizione riparata. Il personaggio può essere spostato a piacimento durante gli scontri; il gioco, comunque, tende a ‘legare’ l’eroe al suo obiettivo, liberandone del tutto il movimento solo quando quest’ultimo viene sconfitto. Il combattimento a distanza, basato su archi e balestre, necessita una notevole attenzione in fase di mira e anche di ‘caricamento’ del colpo: una apposita interfaccia ci avvisa quando è il momento migliore per scagliare il dardo, rilasciando dunque il tasto sinistro del mouse, mentre un rudimentale sistema di danni localizzati può aumentare l’effetto del nostro colpo sul nemico. Il sistema magico è ridotto ai minimi termini: sono disponibili tre diversi tipi di dardo magico (infuocato, gelido o elettrico), che vengono lanciati in maniera non troppo differente da quel che succede con i colpi di arco e balestra, ma senza possibilità di ‘caricarli’, e con connesso consumo di mana.

4. Lo sviluppo del personaggio
La gestione dell’eroe protagonista di Arcania è basata sul classico sistema dei punti esperienza, assegnati dopo l’uccisione di nemici e dopo la risoluzione delle missioni in cui si articola la trama e delle poche missioni secondarie. Il personaggio giocante è basato su poche, essenziali caratteristiche di base: la salute, ossia i punti ferita, la stamina e il mana. Le capacità offensive sono gestite da tre apposite statistiche: il potere nel corpo a corpo, il potere dalla distanza e il potere magico. Tutti questi valori non sono modificabili dall’utente e si limitano ad aumentare in automatico con la crescita di livello, nonché grazie a eventuale equipaggiamento indossato. Nel momento fatidico in cui si raggiunge un nuovo livello, il giocatore può intervenire solamente nella schermata che illustra le otto cosiddette “abilità”: tre sono connesse al combattimento in corpo a corpo, una al combattimento a distanza, tre alla magia e una al movimento furtivo. L’utente può decidere dove collocare i tre punti che si trova a disposizione ad ogni gradino della crescita del suo alter ego: a determinati livelli le abilità sbloccano mosse o capacità supplementari, in tutti gli altri casi si limitano a migliorare l’eroe passivamente, aumentandone le caratteristiche di base. Il sistema di sviluppo del personaggio è senza dubbio uno dei punti più deboli di Arcania: il problema non è tanto l’eccessiva semplificazione, comunque presente, quanto la scarsa sensazione di ‘crescita’ a cui ciascun aumento di livello è connesso. Distribuire quei tre punti tra le abilità non porta quasi mai a un cambiamento capace di mutare concretamente l’esperienza di gioco: il personaggio diventa certamente più potente, ma il fatto che, come vedremo meglio, l’avventura si risolva in modo del tutto lineare rende vana la sua crescita, dato che la potenza dei nemici varia assieme a quella del protagonista, che dunque si trova di fronte a sfide di pericolosità sempre piuttosto simile. Attenzione, non stiamo dicendo che il gioco implementa il famigerato “livellamento automatico”: semplicemente, essendo il mondo una sorta di lungo ‘corridoio’, non c’è nessuna possibilità diversa dall’incontrare il tal nemico al tal livello. Assente nei fatti, il livellamento automatico è intrinsecamente connaturato alla struttura del gioco, rendendolo un problema ben più grave, paradossalmente, rispetto ai prodotti in cui è ‘concretamente’ presente. Dal punto di vista generale, poi, Arcania soffre di una cattiva calibrazione dei punti esperienza complessivi, che sono un’enormità se paragonati alla capacità di assorbimento del personaggio giocante: verso la fine dell’avventura, dunque, ci troveremo potenti un po’ in ogni ambito, con grave danno per la coerenza interna del sistema di gioco. Un peccato, questo, che può essere perdonato nei giochi a esplorazione libera, dato che lì può trattarsi della conseguenza di uno stile di gioco particolarmente intensivo e puntiglioso: ma non ci sono scuse in un prodotto lineare come Arcania, che risulta del tutto incapace di sfruttare al meglio gli innegabili vantaggi che ha chi progetta un “gioco-corridoio” rispetto a chi progetta un “gioco-mondo”.

5. Il mondo è fatto a isole
La struttura del mondo di Arcania è inizialmente ingannevole, e rivela la sua vera natura dopo diverse ore di gioco. Una volta terminato il tutorial, che avviene nella piccola isola di Feshyr, ci si trasferisce nella grande isola di Argaan. Apparentemente, il nostro eroe può muoversi al suo interno spaziando in tutte le direzioni, con dei limiti fisici quali l’acqua o le montagne che impediscono con coerenza di debordare oltre il mondo previsto dai programmatori. Una volta intrapresa una meticolosa esplorazione, però, ci si rende conto che l’area effettivamente a disposizione è inizialmente molto limitata: il resto dell’isola è collegato a essa tramite un ponte, che però è sorvegliato da alcuni banditi, per sconfiggere i quali sarà necessario seguire le missioni collegate allo svolgimento della trama principale. Una volta eliminato il problema e attraversato il ponte, ci troveremo nella stessa identica situazione: una nuova piccola area diventa disponibile, ma qualche impedimento ci vieta di accedere alla zona successiva, per giungere alla quale saremo costretti a proseguire nella trama principale. Se inizialmente le aree sono comunque di una dimensione sufficiente a dare almeno l’illusione della libera esplorazione, proseguendo le cose peggiorano: in alcuni lunghi capitoli della trama non potremo far altro che avanzare all’interno di un tortuoso corridoio, rappresentato ora sotto forma di classico sotterraneo, ora sotto forma di canyon roccioso, ora sotto forma di angusto quartiere cittadino. A volte lo svolgimento delle vicende narrate prevede che si torni a visitare qualche area già conosciuta in precedenza: ma anche in quel caso gli astuti programmatori hanno previsto qualche passaggio segreto o qualche intricato percorso capace di riportarci là senza fare mai alcun passo indietro, ma continuando semplicemente ad avanzare, come automi in marcia verso un traguardo che appare a ogni passo sempre più insensatamente lontano. Tutto ciò si traduce in una giocabilità che perde ben presto molti elementi di fascino, traducendosi in un avanzamento meccanico e fine a se stesso: inutile perdere tempo ad ascoltare i dialoghi o ad analizzare gli oggetti raccolti, inutile prestare attenzione alle vicende narrate, tanto in ogni momento la direzione da prendere è chiara, mentre sconosciuta o quasi è ogni possibilità di intraprendere iniziative personali. Le stesse missioni secondarie sono ridotte al lumicino, e si riducono al recupero di oggetti o all’uccisione di creature che si trovano comunque quasi sempre nel percorso obbligatorio per la risoluzione della trama principale. Dopo decine di ore spese giocando ad Arcania, il prodotto a cui ci è sembrato più vicino è il primo Dungeon Siege: un risultato che non si può certo definire lusinghiero, se si considerano le caratteristiche della saga a cui l’opera di Spellbound appartiene.

6. Decadenza del gotico
Se già la struttura del mondo e il sistema di sviluppo del protagonista rappresentano qualcosa di molto lontano da quello a cui il marchio di Gothic è sempre stato collegato, con la simulazione della vita artificiale dei personaggi non giocanti arriviamo davvero all’apoteosi della difformità. Il primo capitolo della saga fece a suo tempo molto scalpore proprio per la perizia con cui i programmatori di Piranha Bytes seppero riprodurre la vita dei prigionieri all’interno della barriera, nella Valle delle Miniere. I compagni di sventura del personaggio giocante andavano a dormire la notte, poi si alzavano, andavano a lavarsi la faccia, iniziavano la loro occupazione quotidiana interrompendola periodicamente per qualche bisogno, poi la sera mangiavano e si rilassavano magari suonando una canzone attorno al fuoco e infine tornavano a letto. La sensazione, oggi abbastanza comune ma all’epoca rivoluzionaria, era quella di trovarsi all’interno di un mondo pulsante, che esisteva e andava avanti indipendentemente dagli input del giocatore, con enorme guadagno per la sospensione dell’incredulità. Con Arcania torniamo indietro non solo dal punto di vista della serie, ma anche del mondo del GdR digitale in generale. I personaggi che popolano il mondo di gioco hanno routine elementari se non inesistenti: quando va bene fanno qualche passo avanti e indietro, ma nella gran parte dei casi non fanno altro che stare fermi nello stesso punto per tutto il tempo. Le reazioni alle azioni del personaggio giocante sono state eliminate completamente: nessuno si lamenta se entriamo nella sua casa, men che meno se frughiano tra bauli e scaffali arraffando ogni cosa ci capiti per le mani. Possiamo anche scassinare un contenitore chiuso a chiave, passando attraverso l’immancabile mini-gioco (basato sulla necessità di ‘fermare’ al punto giusto una serie di schermate sovrapposte rappresentanti una serratura stilizzata): nessuno avrà alcunché da ridire di fronte al nostro ladrocinio. Possiamo anche, a dirla tutta, sguainare liberamente la spada nel bel mezzo di un villaggio e menare fendenti a destra e a manca: nessuno ci urlerà contro, anche perché il gioco non prevede che sia possibile ferire con le armi o con la magia le creature che non sono fin dall’inizio caratterizzate come ostili. D’altra parte, di tutte le caratteristiche tipiche della serie Gothic in Arcania non si sente affatto la mancanza. O meglio: se Arcania non fosse un gioco della serie Gothic, siamo sicuri che nessuno si lamenterebbe perché si può rubare impunemente nelle case o perché si può sguainare la spada senza che nessuno ci rimproveri. Queste mancanze vengono notate immediatamente dai fan della serie: tutti gli altri,con ogni probabilità, non possono che osservare che è abbastanza normale che non si presti attenzione a particolari come questi in un clone di Dungeon Siege. Il vero problema di Arcania è che gli sviluppatori hanno scelto fin dall’inizio di creare un prodotto completamente diverso dagli altri della serie: tutte le altre loro scelte di design sono conseguenza di questa prima scelta. Non c’è niente di male nel farla, ovviamente: ma sarebbe stato più onesto, e anche a mio avviso più intelligente a livello di marketing, chiarire tutto fin dall’inizio, caratterizzando giustamente Arcania più come uno spin-off che come un nuovo capitolo della saga. Si era partiti così, poi le cose sono cambiate in corsa, probabilmente per iniziativa di Jowood: è un peccato, perché tutte le cose buone o almeno salvabili presenti in Arcania sono destinate irrimediabilmente a soccombere di fronte all’impietoso confronto con i suoi predecessori.

7. L’aspetto di Argaan
Graficamente, Arcania alterna elementi virtuosistici con cadute di stile non indifferenti. Il mondo è descritto in modo credibile, con effetti di luce mirabili e soprattutto con una gestione della pioggia davvero notevole, soprattutto perché simula non solo la precipitazione ma anche il bagnato e l’umidità sulle superifici su cui l’acqua cade. Purtroppo, lo scorrimento del tempo presente nel gioco base è del tutto irrealistico perché troppo rapido. Questo ha conseguenze a catena: giorno e notte si alternato ogni pochi minuti, le ombre proiettate da alberi e case si muovono in maniera eccessivamente visibile, le condizioni atmosferiche cambiano con una repentinità assurda. (Suggerimento: in questo thread dei forum ufficiali si possono trovare piccoli mod che risolvono in parte questi problemi). L’altro grave problema grafico è rappresentato dai personaggi: pur essendo animati in modo soddisfacente durante i combattimenti, presentano modelli poco dettagliati e che per giunta si ripetono con frequenza, anche tra i ruoli più in vista all’interno della trama principale. Ci sarebbe da ridire anche su alcuni aspetti della direzione artistica: il mondo medievale evocato dalla grafica è discretamente coerente, ma presenta di quando in quando elementi davvero fuori posto. Tra tutti, citiamo almeno il ponte che conduce fuori dalla prima “isola narrativa”, che ricorda più il vecchio west che non il Medioevo europeo (riminiscenza di Desperados, primo lavoro importante di Spellbound?), e soprattutto l’improbabile pettinatura dell’eroe, che a tratti sembra più un tronista di Uomini e Donne che un valoroso cavaliere. Sottolineiamo, anche se si tratta di una osservazione ormai superata, che al momento della sua uscita Arcania soffriva di una notevole pesantezza dal punto di vista hardware: sono però uscite alcune patch che risolvono quasi del tutto il problema.

8. Conclusioni
Fingiamo per un attimo che Arcania si chiami solo così e che non abbia alcun riferimento alla saga di Gothic. Probabilmente il nostro giudizio sarebbe stato più o meno questo: gioco simpatico e divertente, che non prova nemmeno a entrare in competizione con i più importanti esponenti del genere e che può regalare qualche ora di innocuo rilassamento con combattimenti immersi in bei paesaggi fantasy legati tra loro da una trama non eccezionale ma nemmeno terribile. Insomma, Arcania avrebbe potuto ambire a sedere di fianco, senza sovrastarli ma nemmeno senza essere troppo in soggezione, ai classici GdR action ‘spensierati’ come, per l’appunto, Dungeon Siege Titan Quest. Il problema principale di Arcania sta dunque principalmente nel suo sottotitolo: Gothic 4. Considerato come esponente della saga ideata da Piranha, il lavoro di Spellbound non può essere ‘promosso’ in alcun modo: in una sede come questa, che si presume frequentata soprattutto da appassionati di GdR e dunque da conoscitori della storia delle saghe che popolano il nostro genere preferito, è ovviamente necessario tenere in considerazione questo fatto. Posto e premesso che di giochi migliori di Arcania gli scaffali sono pieni, comunque non tutto è da buttare: se ci si avvicina al prodotto Spellbound senza alcuna pretesa e soprattutto dimenticando completamente la serie Gothic, qualche momento di sano divertimento può essere ottenuto senza troppo sforzo. Ma sarà come il divertimento che deriva da un innocuo sketch di comicità televisiva: vi lascerà più che altro una gran voglia di passare alle cose serie.

Tre pregi di Arcania Tre difetti di Arcania
Divertente La giocabilità non ha nulla a che fare con la serie Gothic
Sistema grafico capace di notevoli prodezze Lineare e semplicistico
Non dura tantissimo 🙂 Banale e ripetitivo

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