Viscounts of the West Kingdom

Il terzo capitolo della trilogia di Shem Phillips ambientata nell’Europa medievale è un connubio sperimentale tra deck building, rondel, set collection e maggioranze.

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Esempio di gioco
Analisi critica

1. Architetti, paladini e visconti
Fin dal suo esordio, il designer e produttore neozelandese Shem Phillips ragiona per trilogie: dopo quella del North Sea, è toccato a quella del West Kingdom, a cui sta per seguire quella del South Tigris (a cui, vogliamo scommettere, ne seguirà una ulteriore ambientata verso oriente). I vari capitoli delle saghe hanno in comune l’ambientazione, la direzione artistica e alcuni elementi dell’iconografia: per il resto, si tratta di giochi del tutto indipendenti. Nel caso della trilogia del West Kingdom, il primo gioco, Architects, era un piazzamento lavoratori, mentre il secondo, Paladins, era un gioco di selezione azioni tramite combinazioni di pedine. Tra i due, Architects è sicuramente più sperimentale e ardito, ma anche più ‘esile’, mentre Paladins è più classico e strutturato, ma anche meno innovativo. Con Viscounts si torna alla ricerca dell’originalità: il terzo capitolo della trilogia è infatti basato su un’interessante meccanica di deck building, a cui vengono combinate azioni che prendono di volta in volta forme diverse. L’insieme è piuttosto complesso, forse in termini assoluti rispetto ai capitoli precedenti: scopriamo meglio di cosa si tratta.

2. Giocabilità generale
Viscounts of the West Kingdom ci mette nei panni di visconti al servizio di un re indebolito dalle lotte di potere nell’Europa feudale: il nostro compito è mettere assieme una squadra di specialisti che ci possa aiutare a ottenere prestigio tramite la costruzione di edifici, l’arruolamento di guardie per il castello e la trascrizione di manoscritti. Si tratta di un gioco piuttosto elaborato, caratterizzato da turni suddivisi in varie fasi.
Ogni giocatore ha un suo mazzo di carte, rappresentante la sua squadra di collaboratori, e una sua plancia con 3 slot per altrettante carte: la prima fase del turno consiste nello spostare le carte presenti sulla plancia verso destra, facendo scivolare quella più a destra fuori dalla plancia, sulla pila degli scarti (alcune carte hanno un’abilità che si attiva proprio in questo momento, quando la carta viene eliminata dalla plancia). Poi il giocatore sceglie dalla sua mano, inizialmente composta da 3 carte, una nuova carta da giocare nello spazio che si è liberato a sinistra della plancia. Se la carta rappresenta un criminale, ovvero un personaggio caratterizzato dal simbolo del teschio, il giocatore deve subito ottenere 1 corruzione per ogni teschio visibile sulla sua plancia. La corruzione e la virtù sono registrate su un tracciato che si trova sulla plancia personale, subito sopra agli slot per le carte: il segnalino corruzione si muove da sinistra verso destra, quello virtù da destra verso sinistra. Se i due segnalini si incontrano, da quel momento in avanti si muovono assieme, in un verso o nell’altro. Alcune carte hanno un’abilità che si attiva appena la carta viene giocata: dopo aver ottenuto l’eventuale corruzione, il giocatore deve attivare questa abilità.
Dopo aver giocato la sua nuova carta, il giocatore deve muovere il suo visconte. Si tratta di una pedina sulla plancia generale: quest’ultima si concretizza come un doppio percorso circolare, ovvero un anello esterno e un anello interno, collegati in vari punti. Il giocatore di turno muove la sua pedina in senso orario, di un numero di passi che dipende dalla carta appena giocata. Ogni carta ha un costo: quel costo è anche il numero massimo di passi che quella carta permette di fare. Il giocatore però può sempre decidere di pagare monete per muoversi per un numero maggiore di passi: a ogni passo in più corrisponde 1 moneta da pagare alla riserva.
Il posto in cui la pedina si ferma determina l’azione principale che il giocatore potrà compiere: nell’anello esterno è possibile compiere l’azione commercio o l’azione costruzione, nell’anello interno è possibile compiere l’azione castello o l’azione manoscritto. A ogni azione è collegato un simbolo: il sacchetto per il commercio, il martello per la costruzione, il giglio per il castello e la croce per il manoscritto. I personaggi, ovvero le carte, presentano 1 o più simboli, a indicare la loro specializzazione. Ogni volta che viene compiuta un’azione principale, il giocatore conta la quantità di simboli relativi a quell’azione che è visibile sulla sua plancia: quella sarà la potenza dell’azione. I teschi sono simboli jolly, ovvero influenzano la potenza di qualunque azione. Il giocatore può sempre scegliere di spendere risorse per potenziare un’azione: spendendo monete può potenziare l’azione commercio, spendendo pietra l’azione costruzione, spendendo oro l’azione castello e spendendo inchiostro l’azione manoscritto. Ad esempio: se un giocatore vuole compiere l’azione costruzione e ha 3 martelli visibili sulla sua plancia, se spende 2 pietre potrà compiere quell’azione a un livello di potenza pari a 5. È sempre possibile potenziare l’azione anche scartando la carta presente nella sezione di plancia dove si trova il nostro eroe: ogni ‘spicchio’ della plancia, infatti, ha su di sé un mazzetto di carte scoperte. Se il giocatore lo desidera può pagare il costo della carta visibile in cima al mazzetto, scartarla e sommare alla potenza della sua azione i simboli presenti sulla carta. Quando si scarta una carta in questo modo, però, bisogna sempre attivare la sua apposita abilità collegata a questo frangente, che può avere effetti positivi ma anche negativi.
Vediamo le quattro azioni più nel dettaglio. L’azione commercio è in un certo senso un’azione di supporto e permette di ottenere risorse con cui potenziare le altre azioni: come già accennato le risorse sono denaro, pietra, oro e inchiostro. Ogni ‘casella’ sull’anello esterno della plancia mostra l’effetto dell’azione commercio svolta in quel punto. Alcune caselle non fanno ottenere risorse ma comportano altri vantaggi: per esempio consentono di eliminare dal gioco una delle nostre carte, così da affinare la composizione del nostro mazzo, oppure consentono di girare un debito o un deed, come spiegheremo meglio più avanti. L’azione costruzione permette di prelevare un edificio dalla nostra plancia personale e di collocarlo in uno slot nei pressi della ‘casella’ in cui si trova il nostro visconte: otterremo benefici sia in base allo slot sia in base all’edificio (in quest’ultimo caso si tratta di bonus passivi permanenti, che per esempio aumentano la dimensione della mano o potenziano permanentemente una certa azione). Costruire edifici dà anche punti vittoria a fine partita. L’azione castello permette di piazzare pedine sul castello presente al centro della plancia: la quantità di pedine dipende dalla potenza dell’azione. Il castello è diviso in zone: quando piazzeremo su di esso le nostre pedine, le piazzeremo sempre sulla zona più esterna corrispondente alla posizione del nostro visconte. Quando in una zona del castello ci sono almeno 3 pedine dello stesso colore, le pedine si muoveranno: 1 andrà nello slot più interno e le altre 2 andranno negli slot esterni di fianco a quello di partenza. Questi spostamenti possono causare un effetto ‘valanga’ che provoca a sua volta altri spostamenti in altre zone: negli slot mediani, però, se ci sono 3 pedine dello stesso colore 1 andrà nello slot al centro ma le altre 2 resteranno al loro posto. Lo slot centrale può accogliere un numero qualunque di pedine. Chi ha la maggioranza di pedine nello slot centrale ottiene una carta speciale che aumenta di 1 la sua mano e che dà punti bonus a fine partita: la carta può essere ‘rubata’ nel corso del gioco in base all’andamento delle maggioranze. Se in ogni momenti in una zona del castello ci sono 4 pedine o più, il giocatore di turno deve eliminare 1 delle pedine fino ad arrivare a un massimo di 3: il giocatore la cui pedina viene scartata ottiene però una ricompensa. L’azione manoscritto permette di prelevare il manoscritto in cima alla pila presente nello ‘spicchio’ di plancia dove si trova il nostro visconte: sarà necessario che la potenza dell’azione sia pari o superiore a quella indicata sul manoscritto. I manoscritti danno ricompense istantanee ma conferiscono anche punti a fine partita in base ai set raccolti: ogni manoscritto, infatti, è caratterizzato da un colore, e avremo vantaggi sia raccogliendo tanti manoscritti con lo stesso colore sia raccogliendo set di colori diversi.
Dopo aver svolto l’azione principale, il giocatore di turno può decidere di acquistare la carta in cima al mazzo presente nello ‘spicchio’ di plancia dove si trova il suo visconte: pagherà il suo costo in denaro e la piazzerà nella sua pila degli scarti, ma dovrà sempre eseguire anche l’azione collegata a questo frangente e riportata sulla carta (è la stessa azione che scatta quando la carta viene scartata per potenziare l’azione principale, come spiegato sopra).
A questo punto il giocatore deve controllare la situazione della sua corruzione e della sua virtù: se i segnalini sono nella stessa casella, dovrà eseguire l’azione raffigurata sopra la casella stessa, mentre gli altri giocatori dovranno eseguire quella raffigurata sotto la casella. Dopodiché i segnalini corruzione e virtù andranno riposizionati nelle rispettive caselle di partenza. La risoluzione della ‘collisione’ tra corruzione e virtù determina principalmente l’ottenimento di debiti (se si è più verso la corruzione) o di deed (se si è più verso la virtù). Debiti e deed sono il timer della partita: in fase di setup, infatti, si preparano due mazzetti di debiti e di deed, in numero dipendente dal numero di giocatori. Quando uno dei due mazzetti termina, si entra nella fase di fine partita.
L’ultima azione che il giocatore deve compiere nel suo turno è ripristinare la sua mano, prelevando carte dal suo mazzo di pesca. Se per qualunque ragione il giocatore deve rimescolare le sue carte, quando lo fa deve sempre controllare se ha simboli teschio visibili sulla plancia: se ne ha, deve ottenere 1 corruzione.
Il gioco prosegue a giro finché non si esauriscono i debiti o i deed. Si termina il round in corso e poi si gioca un ulteriore round finale. Poi si calcolano i punti: i giocatori ottengono punti per gli edifici costruiti, per i manoscritti prelevati e per le pedine presenti nel castello. I debiti non ripagati (cioè non ‘girati’) causano un malus di 2 punti ciascuno; i deed danno 1 punto ciascuno se non girati, 3 punti ciascuno se girati. Infine, il giocatore che ha più debiti o deed girati ottiene punti bonus in base a quale mazzetto è finito per primo: se è finito il mazzetto dei debiti otterrà il bonus chi ha più deed, se è finito il mazzetto dei deed otterrà il bonus chi ha più debiti. Chi ha più punti è il vincitore.

3. Componentistica
Il livello produttivo e la qualità dei materiali di Viscounts sono al livello di quanto visto nei precedenti capitoli della saga: il gioco ha una sua sobrietà generale tutta volta a vantaggio della funzionalità, ma non rinuncia del tutto a qualche componente un po’ elaborato, atto a conferire all’insieme una maggiore identità e un maggior spicco. Le illustrazioni di Mihajlo Dimitrievski hanno quel particolare stile espressionista che può piacere o meno a seconda del proprio gusto personale, ma danno senza dubbio al gioco una impronta coloratissima; il riutilizzo di artwork e icone già viste nei capitoli precedenti può essere visto sia positivamente, come segno di continuità, sia negativamente, come possibile fonte di confusione. Gli elementi tridimensionali si limitano alle varie pedine del giocatore, tutte in legno sagomato, tra le quali si fa notare soprattutto il visconte, e il castello in plastica che fa bella mostra di sé al centro della plancia generale e che serve anche come ‘cerniera’ per tenere assieme le sue sezioni. È un elemento senza dubbio curioso e particolare, ma va detto che non è il massimo dal punto di vista della giocabilità: è troppo piccolo e spostare le pedine al suo interno può risultare complicato. Un altro punto discutibile è costituito dalle plance dei giocatori, molto sottili e con una texture lucidissima, che fa ‘scivolare’ su di essa i segnalini di legno. Alcune scelte riduttive dal punto di vista delle dimensioni dipendono forse dalla scelta di inserire un gioco così ampio e complesso all’interno di una scatola molto piccola: ed è, questo, un problema che troviamo anche nei capitoli precedenti della saga.

4. Conclusioni
Viscounts of the West Kingdom è un gioco per molti versi sperimentale, che tenta di legare tra esse molte meccaniche differenti, usando come filo conduttore e pilastro comune il deck building, ovvero la costruzione del mazzo. L’intento è apprezzabile e il gioco nel suo complesso è godibile: la quantità di variabili e la loro reciproca connessione rendono ogni mossa molto strategica e potenzialmente foriera di conseguenze su molteplici livelli. Giocare una determinata carta influenza di quanto possiamo muovere il nostro visconte, e quindi quale azione potremo compiere, e quindi ancora quale altra carta potremo aggiungere al nostro mazzo, e il tutto può portare alla collisione tra il segnalino virtù e il segnalino corruzione, con conseguente prelevamento di debiti o deed e avvicinamento della fine della partita. Le strategie attendiste possono funzionare quanto quelle che puntano rapidamente alla conclusione: tutto dipende dal comportamento dei nostri avversari, con i quali sarà necessario più che mai ‘sintonizzarsi’. Certo, il tutto non è esente da criticità: i turni, ad esempio, sono molto lunghi ed elaborati, e in più giocatori questo può tradursi in un notevole downtime; il bilanciamento delle azioni non sembra perfetto, e molti hanno l’impressione che l’azione collegata al castello sia più potente delle altre. Soprattutto, però, Viscounts soffre per la sensazione di irresolutezza che comunica il pilastro del suo design, ovvero il deck building. Certo, nel corso del gioco ogni partecipante costruirà il suo mazzo e cercherà di gestirlo al meglio, se necessario scartando o eliminando carte: ma le scelte su quali nuove carte prelevare saranno dettate anzitutto dall’effetto immediato delle carte stesse, più che dalla necessità di costruire un mazzo efficiente. Mancando completamente ogni possibilità di combo tra carte, l’accumulo di queste ultime risponde unicamente a criteri di utilità estemporanea e non di strategia a lungo termine: questo toglie la ragione principale che solitamente guida i giochi di questo tipo, dandoci la sensazione di essere di fronte a un esperimento non interamente riuscito. Non crediamo sia un caso che nella trilogia in genere il più apprezzato sia Paladins: è senza dubbio il gioco più solido, ma è anche quello più classico e meno sperimentale, quello che più solletica il nostro bisogno di stare nella comfort zoneViscounts è imperfetto: eppure secondo noi merita almeno un po’ di attenzione, se non altro per la creatività che dimostra nel cercare di tenere assieme tante istanze con il miglior equilibrio possibile.

Tre pregi di Viscounts of the West Kingdom Tre difetti di Viscounts of the West Kingdom
Ha un design generale interessante e creativo. È un esperimento, e non tutto funziona come dovrebbe.
Il tracciato della virtù è un modo davvero originale per gestire la durata della partita. I turni sono molto lunghi ed elaborati, con conseguente alto downtime.
Ogni decisione ha conseguenze a cascata, e questo rende soddisfacente elaborare strategie complesse. Il deck building alla fine non è importante come dovrebbe essere.

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