L’ultimo filler della collana di Pencil First è un mix di draft e gestione risorse, come sempre collegato a un tema lieve e rilassante.
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Esempio di gioco
Analisi critica
1. Enciclopedia della leggerezza
Se il dovere principale di un buon comunicatore è unire medium e messaggio, la squadra degli autori che ruota attorno al marchio Pencil First sta senz’altro facendo un ottimo lavoro. I suoi giochi sono semplici e brevi, stanno all’interno di scatole piccole e occupano lo sforzo mentale richiesto dai momenti di pausa svagata: sono, in altri termini, quelli che vengono chiamati dei filler. Non che il pubblico dei gamer non possa trovarli interessanti: a volte le meccaniche sono sufficientemente elaborate da permettere un minimo di strategia. Probabilmente, anzi, a tenere i gamer duri e puri lontani dai giochi con questo marchio non è tanto la giocabilità, quanto il tema: Pencil First ambienta tutti i suoi giochi in contesti rilassanti, talvolta sognanti, quasi sempre bucolici, descritti con perizia un filo manierata e non aliena da una certa stucchevolezza. In Herbaceous siamo chiamati a coltivare piante aromatiche sul balcone di casa; in Floriferous a passeggiare per un parco inglese alla ricerca di fiori e profumi: in Sunrise at the Studio, il gioco di cui ci apprestiamo a parlare, ci vestiamo dei panni di apprendisti artigiani intenti a realizzare opere di argilla e ceramica. Per rendere il tutto più poetico, dobbiamo immaginarci di essere nello “studio” al mattino presto, magari prima di andare al lavoro: infatti, tra le ricompense che otterrà l’artigiano più abile c’è nientemeno che una tazza di caffè.
2. Giocabilità generale
Una partita a Sunrise at the Studio si sviluppa in 3 round, in ciascuno dei quali i giocatori giocano 3 turni, per un totale di 9 turni complessivi. Gran parte delle fasi può essere svolta simultaneamente da tutti i giocatori.
All’inizio di ogni round, ciascun giocatore riceve 12 carte risorsa. All’inizio del turno, preleverà 4 carte dal suo mazzetto e deciderà come utilizzarle. Le opzioni sono 3: è possibile tenere 3 carte e cedere la quarta al giocatore alla propria sinistra; tenere 2 carte e cedere le altre 2 una al giocatore alla propria destra e una al giocatore alla propria sinistra; tenere 1 carta, scartarne 2 e cedere l’altra al giocatore alla propria destra. In ciascun round bisogna usare tutte e 3 le opzioni: bisogna quindi prestare attenzione al tempismo della propria scelta.
Una volta che avremo le carte a nostra disposizione, che saranno alcune tenute da noi e altre ricevute dagli altri giocatori, dovremo usare le risorse rappresentate su di esse. Le risorse possono essere tipi di argilla, varianti decorative o tipologie di forno per la cottura. Le risorse non sono rappresentate direttamente: le ‘consumeremo’ piazzando generici cubetti di legno sui relativi simboli sulle nostre carte progetto. Queste ultime rappresentano gli oggetti che stiamo cercando di creare: tazze, piatti, ciotole, caraffe. Dovremo per forza consumare tutte le risorse a nostra disposizione: se per qualche risorsa non abbiamo alcun simbolo giusto sui nostri progetti, metteremo un cubetto nella nostra riserva generale. In ogni momento possiamo scartare 2 cubetti da questa riserva per ottenere una risorsa qualunque.
Una volta distribuite le risorse a loro disposizione, i giocatori controllano se qualcuno ha completato un suo progetto. In caso affermativo, si controlla il numero indicato sulla carta progetto: i progetti si ‘risolvono’ uno alla volta, a partire da quello col numero più basso. Chi ha risolto il progetto girerà la relativa carta e otterrà una ricompensa, a scelta tra 3 possibili opzioni: 2 nuove carte progetto, da prelevare dall’apposito display, 1 carta progetto e 1 advantage card pescata dal relativo mazzo, oppure 1 advantage card scelta pescando 3 carte dal mazzo e selezionandone una. Le advantage card danno bonus di vario tipo: alcune offrono obiettivi personali di fine partita, altre diventano nuovi progetti da realizzare, altre ancora danno risorse nella propria riserva generale. Dopo aver scelto la ricompensa, il giocatore che ha risolto un progetto controlla anche se ha completato uno dei challenges, ovvero uno degli obiettivi comuni scelti a inizio partita: ogni obiettivo dà parecchi punti a chi lo completa per primo, e qualche punto anche a chi lo completa per secondo.
Il gioco prosegue in questo modo fino alla fine dei 3 round. I punti si calcolano al termine della partita: ogni progetto completato vale un certo numero di punti, ma si ottengono punti anche per gli obiettivi personali, per i challenges e per le risorse avanzate. I progetti non completati, invece, danno un piccolo malus. Alla fine si controlla anche chi ha accumulato più chicchi di caffè sui propri progetti: chi ne ha di più ottiene l’ambita tazza di caffè, che vale 3 punti. Chi ha più punti è il vincitore.
3. Componentistica
Sunrise at the Studio è essenzialmente un gioco di carte: sono carte i progetti, le risorse, le carte bonus, i challenges e anche la tazza di caffè. L’unico materiale differente e degno di nota è rappresentato dalle tessere di legno colorato e decorato utilizzate per segnare le azioni svolte e gli obiettivi completati; altri e più anonimi cubetti di legno, probabilmente simboleggianti uno scatolone, vengono invece utilizzati per indicare le risorse spese sui progetti. Le illustrazioni, di Laura Bevon, sono caratterizzate da un pronunciato approccio pittorico: purtroppo gli oggetti non hanno alcun tipo di descrizione, e questa è decisamente un’occasione persa perché il gioco avrebbe potuto avere anche un lato didattico se ci fosse stato qualche trivia sui tipi di ceramica e sui tipi di cottura e decorazione. Le plance del giocatore sono sottili e lucide ma svolgono degnamente il loro lavoro. Purtroppo l’insert non è in grado di contenere carte imbustate: si tratta di un problema comune di questa collana.
4. Conclusioni
Sunrise at the Studio è un gioco di draft e gestione risorse: i giocatori devono scegliere al meglio le carte con le risorse così da completare più rapidamente possibile i loro progetti, facendo attenzione sia ai punti a essi collegati sia agli obiettivi pubblici e privati. Il gioco scorre rapidamente: ogni partita è composta da 9 turni per ciascuno, e la gran parte delle attività può svolgersi in simultanea dato che serve stabilire un ordine di azione solamente quando si assegnano le ricompense per le opere completate. Il meccanismo funziona, anche se non contempla alcunché di originale: purtroppo il tema è comunicato in termini assai labili, mancando qualunque caratterizzazione sia agli oggetti creati sia alle risorse spese per crearli. Se si tiene conto del gradiente di complessità e della durata, il gioco appare nel suo insieme un po’ troppo elaborato, vista la necessità di gestire tanti mazzi di carte, diversi display e plancette. È poi discutibile la regolamentazione eccessiva di alcuni passaggi: perché i giocatori dovrebbero ricevere tutte le loro carte risorsa a inizio round quando potrebbero benissimo pescarne 4 dal mazzo generale a inizio turno? Perché si dovrebbe assegnare a ogni giocatore un certo numero di cubetti risorsa se poi si dice apertamente che se un giocatore finisce i suoi cubetti può tranquillamente usare quelli di qualcun altro? Sunrise at the Studio è dunque divertente e simpatico, ma non ha niente che lo faccia spiccare e presenta anzi diverse piccole inconsistenze. Floriferous resta, per il momento, il titolo più notevole di questa collana.
Tre pregi di Sunrise at the Studio | Tre difetti di Sunrise at the Studio |
Il sistema di draft è interessante. | È un po’ troppo elaborato per il suo livello di complessità. |
La giocabilità è in gran parte simultanea e questo rende le partite molto brevi. | Alcuni passaggi sono eccessivamente (e inutilmente) regolati. |
Le illustrazioni sono piacevoli. | Non è per niente tematizzato. |