Il secondo capitolo della trilogia del Sud di Shem Phillips è un meccanismo perfetto di bag building e manipolazione dadi, per di più con un tema integrato ottimamente.
I nostri video dedicati a Scholars of the South Tigris su YouTube:
Esempio di gioco
Analisi critica
1. Territori nuovi ma familiari
Garphill Games, la casa di produzione capitanata dal prolifico designer Shem Phillips, ha messo a punto una routine produttiva davvero interessante: i suoi giochi più importanti appartengono a serie, più precisamente a trilogie, che condividono non solo l’ambientazione ma anche alcune caratteristiche generali e particolari. Tra quelle generali possono esserci delle meccaniche, come, nel caso della trilogia attualmente in essere, la manipolazione dadi, mentre tra quelle particolari possono esserci delle icone o delle specifiche mosse. In questo modo i giochi, pur essendo tutti diversi, risultano anche tutti inestricabilmente collegati, con il piacevole effetto collaterale di far sentire a casa i giocatori al passaggio da uno all’altro, e anche di far considerare le trilogie come parte di un tutto, con effetti prevedibili sulla curiosità ma anche sul collezionismo. In questo articolo parliamo del secondo capitolo della terza trilogia, dedicata al Sud dopo quelle dedicate al Nord e all’Ovest: scopriamo com’è Scholars of the South Tigris.
2. Giocabilità generale
Scholars of the South Tigris è ambientato, come i suoi predecessori, al tempo del Califfato Abbaside. I giocatori sono a capo di una gilda che si occupa di procurare antichi documenti e tradurli in arabo per il califfo: quest’ultimo periodicamente controllerà l’influenza accumulata dai giocatori con le varie gilde, e dopo la quarta ‘visita’ del califfo il gioco terminerà e si procederà al calcolo dei punti. Le visite del califfo sono rappresentate da 4 carte che vanno mescolate insieme alle carte scroll, ovvero alle carte documento, il cui mazzo si prepara in fase di setup sulla base del numero di giocatori.
Dal punto di vista delle meccaniche, Scholars è un gioco di bag building e manipolazione dadi. I giocatori cominciano con una certa quantità di dadi bianchi o colorati all’interno di un proprio sacchetto, e periodicamente ne pescano un certo numero; i dadi pescati vengono lanciati e utilizzati, in sinergia con carte, per eseguire le azioni. Ogni giocatore ha un identico mazzo di carte azione, che si differenziano tra loro perché ciascuna ha simbolo relativo a uno dei tracciati ricerca: nel suo turno, il giocatore sceglie una carta, la posiziona su uno slot della sua plancia personale e ci piazza sopra 1 o 2 dadi, accompagnati eventualmente da meeple colorati. Poi esegue l’azione riportata sotto lo slot, con una potenza che dipenderà dal valore e/o dal colore dei dadi. I meeple servono per aumentare il valore del dado se sono accoppiati a un dado dello stesso loro colore, o a cambiarne il colore se sono accoppiati a un dado di colore diverso. I colori primari, ovvero rosso, giallo e blu, si possono mescolare per creare colori secondari: viola, arancione e verde. In generale, le azioni più potenti richiedono proprio di creare colori secondari; i dadi che hanno già un colore secondario sono sempre di valore alto, perché le loro facce vanno da 4 a 6 e non da 1 a 6 come tutti gli altri dadi. A inizio partita avremo sempre nel sacchetto parecchi dadi bianchi, che sono i meno utili dato che per fare molte azioni dovremo ‘colorarli’ con i meeple: ma nel corso del gioco varie azioni ci permetteranno di eliminare dadi bianchi dal sacchetto, migliorando le successive pescate.
Vediamo le 4 possibili azioni nel dettaglio.
Tramite l’azione reclutamento, possiamo assoldare uno dei traduttori presenti nel display. Nella parte alta della plancia ci sono 8 mazzi di carte traduttori: per accedere a quelle più a destra occorre che l’azione abbia un valore minimo riportato sui dadi. Una volta scelto un traduttore, abbiamo 2 opzioni: possiamo scartarlo per ottenere immediatamente il bonus riportato in alto a destra sulla sua carta, oppure possiamo effettivamente reclutarlo mettendolo al servizio di tutti i giocatori. Per farlo dobbiamo posizionare la carta in uno degli slot (“stanze”) presenti nella parte bassa della plancia: ci sarà un costo da pagare, ma otterremo anche un beneficio immediato. Sul traduttore metteremo un nostro segnalino, a indicare che quel traduttore lavora per noi.
Tramite l’azione viaggio, possiamo procurare nuovi documenti da tradurre spostandoci sulla cosiddetta “mappa”, ovvero la parte centrale sinistra della plancia. Un tracciato corre attorno a un display di carte documento: ogni giocatore controlla un suo segnalino su questo tracciato, sul quale però si trova anche un segnalino neutrale, attivato durante le fasi di riposo, che spiegheremo più avanti. Il giocatore avanza in senso orario sul tracciato di un numero massimo di caselle pari al valore dell’azione: alcune caselle permettono di ottenere un bonus immediato, altre, le più importanti, permettono di prelevare il documento collegato e di spostarlo in una delle gilde, ovvero la parte di plancia al centro a destra. Piazzare un documento su una gilda richiede un pagamento in monete, ma fa guadagnare oro, fa avanzare in uno dei tracciati ricerca e fa anche ottenere influenza nella relativa gilda: avere influenza nelle gilde è essenziale nel momento in cui vengono scoperte le carte califfo, come vedremo più avanti.
L’azione ricerca permette di avanzare in uno dei 6 tracciati ricerca presenti al centro della plancia. Ogni tracciato è collegato a un colore: per poter avanzare in un tracciato occorre che l’azione abbia il giusto colore e anche un certo valore. L’avanzamento nei tracciati dà punti a fine partita e permette di ottenere ricompense sia immediate sia quando si riposa.
L’azione traduzione è forse la più importante e permette di tradurre documenti presenti nelle gilde, ovvero ‘risolverli’ e prelevarli, mettendoli nella propria riserva personale. Di solito i documenti tradotti rappresentano la fonte principale di punti vittoria. Ogni documento indica la sua lingua, il suo valore in punti nonché punti aggiuntivi che si possono ottenere a fine partita solo se si soddisfano certe condizioni: i documenti tradotti diventano quindi anche, in un certo senso, degli obiettivi da raggiungere. Tradurre un documento fa sempre anche avanzare su un tracciato ricerca. Per tradurre un documento bisogna riuscire a passare dalla sua lingua all’arabo: a volte è sufficiente un solo passaggio, altre volte servono 2 o anche 3 passaggi. Affinché la traduzione possa essere intrapresa, occorre individuare i giusti traduttori tra quelli attivi nelle stanze in fondo al tabellone: a ognuno di loro bisogna pagare 1 oro, ma sarà anche necessario pagare 1 moneta al ‘proprietario’ del traduttore se egli non è al servizio del giocatore di turno. Il dado per l’azione di traduzione dev’essere dello stesso colore della gilda da cui si preleva il documento: ovvero dev’essere di colore secondario.
Quando un traduttore ha accumulato su di sé una certa quantità d’oro, che dipende dalla stanza in cui si trova, quel traduttore si “ritira”: il giocatore che lo controlla lo preleverà e lo sistemerà sotto la sua plancia personale, lasciando visibile solamente la parte bassa della carta. Da quel momento in avanti, l’abilità in quello slot godrà del bonus indicato sulla carta. I traduttori “ritirati” danno anche sempre punti a fine partita.
Quando un giocatore non ha più a disposizione dadi da utilizzare per le sue azioni, o anche quando preferirà conservare i suoi dadi per il futuro, potrà decidere di riposare. Si tratta di una sorta di reset delle azioni: il giocatore ottiene le ricompense dei tracciati ricerca indicati sulle carte giocate, in ordine da sinistra a destra, poi preleva nuovi dadi dal sacchetto e li lancia e infine recupera le carte giocate e le rimette nella sua mano. All’inizio di ogni riposo è anche obbligatorio prelevare una carta dal fondo del mazzo delle carte documento: il segnalino neutrale si muoverà nel tracciato attorno alla mappa del numero di passi corrispondente al punteggio indicato sul documento, e la carta presente nello slot in cui il segnalino atterra verrà messa in una gilda o scartata e rimpiazzata.
Tutte le volte che si rivela una nuova carta documento, per riempire lo slot o durante un riposo, potrebbe uscire una carta califfo. La si sistema nell’apposito slot e la si risolve: ogni giocatore che risulta in quel momento a capo di ciascuna gilda, ovvero col maggior numero di segnalini su di essa, sceglie una delle opzioni di ricompensa riportate sulla carta. Dopo aver risolto la quarta carta califfo, il gioco entra nella fase finale: si termina il round in corso e si esegue un round conclusivo. Si procede quindi col calcolo finale: si ottengono punti per la composizione del sacchetto (i dadi bianchi possono dare un malus se sono troppi), per le gilde e le carte califfo, per i documenti tradotti, per il livello raggiunto sui tracciati ricerca e per i traduttori ritirati. Chi ha più punti è il vincitore.
3. Componentistica
I materiali di Scholars of the South Tigris hanno una qualità al livello dei giochi precedenti degli stessi produttori. Le illustrazioni hanno ancora lo stile inconfondibile di Mihajlo Dimitrievski, anche se va detto che questo gioco, a differenza di Wayfarers, è molto meno incentrato sugli artwork dei paesaggi e maggiormente su ‘neutre’ immagini di sfondo. Il tabellone è enorme e robusto, i componenti tridimensionali di legno svolgono adeguatamente il loro dovere e i dadi sono classici dadi di plastica a 6 facce. La scatola contiene un insert unico, che organizza per bene i componenti ma che purtroppo non aiuta per nulla in fase di setup. Va detto che, puntando molto sui colori, il gioco può essere complicato da utilizzare per chi ha problemi nel riconoscerli: forse sarebbe stato utile avere lo schema del passaggio da colori primari a secondari da qualche parte sulla plancia personale, sulla quale manca anche un posto dove piazzare le risorse e i dadi disponibili per le azioni.
4. Conclusioni
Scholars of the South Tigris è un gioco notevolissimo, forse tra i migliori realizzati dalla sua coppia ormai rodatissima di autori. Siamo di fronte a un’opera complessa e sfaccettata, ma dalle meccaniche chiare e anche ben tematizzate, che è un qualcosa di raro e prezioso per quel che riguarda i gestionali profondi. Il gioco ci ha ricordato The Gallerist di Vital Lacerda per come fa interagire tra loro le diverse azioni, e anche per come riesce a conferire a ciascuna una precisa salienza, cosicché ciascun comparto ha una sua identità e un suo ruolo ma risulta anche un ingranaggio di un meccanismo più grande. L’interazione indiretta è veicolata secondo un approccio che vorremmo divenisse paradigmatico nella sua perfezione: svolgendo certe azioni mi costruisco una strategia, ma potrei finire per aiutare anche la strategia altrui, per esempio mettendo a disposizione per tutti dei nuovi traduttori, o dei nuovi documenti da tradurre. Forse l’aspetto che ci ha convinto meno è la gestione dei tempi per mezzo delle carte califfo da distribuire dentro il mazzo dei documenti: questa procedura ci sembra sempre un po’ fastidiosa per come complica il setup, avremmo preferito qualche condizione di fine partita più ‘automatica’, per esempio l’esaurimento di un mazzo o il raggiungimento di certi obiettivi. Troviamo che sia anche una opportunità persa, a livello di ambientazione, il fatto che i documenti non abbiano né un titolo né un autore, magari con un po’ di flavor text. Complessivamente, però, Scholars è un prodotto eccezionale e ci sentiamo di consigliarlo a chiunque ami i gestionali complessi ma non inutilmente complicati.
Tre pregi di Scholars of the South Tigris | Tre difetti di Scholars of the South Tigris |
Le azioni sono solo quatto ma permettono mille variazioni e strategie. | Il setup è un po’ laborioso, soprattutto a causa delle carte califfo da distribuire nel mazzo. |
C’è molta interazione indiretta, molto piacevole e (quasi) mai frustrante. | I colori potrebbero confondere chi non li distingue per bene. |
La tematizzazione è presente e percepita. | Le plance giocatore avrebbero potuto avere appositi slot per i dadi e le risorse. |
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