Il designer neozelandese Shem Phillips ci propone una versione ritematizzata del suo celebre Raiders of the North Sea, spostando l’azione nelle steppe eurasiatiche e introducendo diverse piccole e grandi ottimizzazioni alla giocabilità.
I nostri video dedicati a Raiders of Scythia su YouTube:
Esempio di gioco
Il nostro parere
1. Tornare sui propri passi
Tra i giochi da tavolo di categoria worker placement, quelli di Shem Phillips ricoprono sempre o quasi un posto di primo piano nei dibattiti e nelle classifiche: questo autore ha il merito di essersi costruito una fama le cui radici affondano nella capacità di dar vita a prodotti che sono al contempo solidi e in qualche modo ‘familiari’ ma anche innovativi, soprattutto, per l’appunto, nel modo in cui interpretano il classicissimo meccanismo del piazzamento lavoratori. I giochi principali di Phillips sono organizzati per trilogie: la sua prima serie celebre è stata quella ambientata tra i vichinghi e sviluppatasi nei tre capitoli Shipwrights of the North Sea (2014), Raiders of the North Sea (2015) e Explorers of the North Sea (2016). Successivamente l’ambientazione si è spostata nell’Europa medievale, nell’altrettanto famosa trilogia composta da Architects of the West Kingdom (2018), Paladins of the West Kingdom (2019) e Viscounts of the West Kingdom (2020). Nel corso degli anni la meccanica si è solidificata e stratificata: tra i giochi della prima trilogia, solo Raiders ha avuto il plauso della critica, peraltro dopo essere stato arricchito da un paio di espansioni; la trilogia West Kingdom, dal canto suo, ha avuto un notevole consenso nella sua interezza, ed è tutt’ora in corso di espansione e ottimizzazione. È stata forse proprio la volontà di correggere gli errori di gioventù a far tornare il designer al suo primo gioco davvero celebre, Raiders, nel tentativo di crearne una versione nuova, completa e perfezionata: il gioco di cui ci apprestiamo a parlare è appunto quasi una riedizione, pur avendo al suo interno un numero tale di novità da rendere ingiusto etichettarlo come puro e semplice reskin. Raiders of Scythia è, al contrario, un’esperienza nuova: per il processo di ottimizzazione subito dal meccanismo ludico, ma anche per la nuova ambientazione e il nuovo stile grafico, meno sintetico ed espressionista rispetto a quello di Mihajlo Dimitriev, all’opera in entrambe le trilogie canon di Phillips, e al contrario dettagliato e solido. Il nuovo setting è particolarmente interessante: Raiders of Scythia ci porta tra gli Sciti, popolo nomade delle steppe eurasiatiche dalla storia tanto estesa quanto poco conosciuta. Nei suoi primi secoli di vita, corrispondenti all’età protostorica e classica, gli Sciti praticavano un’economia di rapina, razziando periodicamente territori vicini e lontani alla propria patria, il territorio a nord del Mar Nero. Era consuetudine, per questo popolo, addestrare alla guerra anche le donne: secondo diversi storici furono proprio le guerriere scite a cavallo, abilissime con l’arco, a ispirare presso i Greci il mito delle Amazzoni.
2. Giocabilità generale
Raiders of Scythia è un gioco di piazzamento lavoratori. Nel proprio turno il giocatore, che ha sempre a disposizione un unico lavoratore, deve scegliere tra due opzioni: visitare i luoghi del villaggio scita oppure effettuare una razzia.
Il villaggio serve, generalmente, per preparare il proprio esercito in vista delle razzie. In esso vi sono otto luoghi diversi, ciascuno corrispondente a un’azione: il giocatore dovrà piazzare il proprio lavoratore in un luogo libero ed effettuare, se vorrà, la relativa azione, e poi prendere un lavoratore già presente su un altro luogo ed eseguire, sempre se vorrà, anche quell’azione. Un punto importante è che esistono lavoratori blu, grigi e rossi, e che alcune azioni richiedono un lavoratore di un determinato colore, o hanno effetti diversi a seconda del colore utilizzato: i giocatori cominciano con un lavoratore blu, che è in un certo senso il più debole, e dovranno ottenere lavoratori di altri colori effettuando razzie. Vediamo brevemente tutti i luoghi e le relative azioni. Nella Farm si ottengono Provisions (provviste, indispensabili per effettuare razzie) o, se si usa un lavoratore rosso, Wagons (carovane, anch’esse necessarie per razziare i luoghi più lontani, ma ottenibili anche come bottino durante le razzie). Nel Silversmith si ottiene denaro, necessario per arruolare guerrieri nel proprio esercito. Nella Meeting Tent si possono pescare carte soldato (alla cieca dal mazzo) e ottenere Kumis, bevanda a base di latte fermentato molto amata dagli Sciti; nel gioco il Kumis serve per guarire le ferite e aumentare la forza dei nostri soldati. Nel Market si possono scartare carte per ottenere denaro oppure Wagons o anche Equipment (risorsa necessaria per comprare cavalli e ottenibile anche durante le razzie). Nella Barracks è possibile arruolare soldati o guarire le loro ferite: nel primo caso si paga il costo in denaro di un guerriero che si ha nella propria mano e lo si schiera nella propria plancetta personale, nel secondo caso si scarta 1 Kumis per eliminare 2 ferite da uno o più guerrieri. Nel Town Centre è possibile attivare l’abilità del proprio leader oppure scartare una carta dalla propria mano per attivarne la relativa azione. Questo punto merita un approfondimento. A inizio partita, ogni giocatore sceglie un leader tra un ventaglio di opzioni pari al numero di giocatori +1: ogni leader ha una azione speciale, in genere molto vantaggiosa, che può appunto essere attivata visitando il Town Centre. Anche ogni carta soldato ha una sua azione speciale, che però può essere attivata solamente scartando la carta in questione e quindi privandosi della possibilità di arruolare il soldato nel nostro esercito; ogni guerriero, peraltro, ha anche un’abilità passiva, e quella resta sempre valida finché il guerriero è presente nel nostro esercito. Nelle Stables è possibile acquistare aquile o cavalli da affiancare ai nostri soldati. La scelta va effettuata da un display di 3 carte scoperte: un’aquila costa 2 monete, mentre un cavallo costa 1 Equipment. Gli animali vanno piazzati sopra o sotto i guerrieri nella nostra plancetta personale e possono dare vari benefici: aumentano la forza del nostro esercito, danno punti vittoria a fine partita e altro. Nella Chief’s Tent è possibile scambiare 1 Livestock (risorsa che si può ottenere solo nelle razzie) per 2 Provisions e 1 Kumis, oppure risolvere una quest. Queste ultime sono token di cartone su cui sono è riportata una certa quantità di risorse da scartare per ottenere punti vittoria: a inizio partita si piazzano 2 quest scoperte nel villaggio scita e 1 quest coperta in corrispondenza di ciascun luogo ‘razziabile’. Possono essere risolte solo le quest scoperte, e il giocatore che le risolve si prende il relativo token e lo tiene coperto di fianco alla sua plancetta personale: i punti vittoria verranno calcolati solo a fine partita.
Quando il giocatore è pronto per effettuare una razzia, può piazzare il suo lavoratore in corrispondenza del luogo che intende depredare. Gli eserciti possono dirigersi verso quattro regioni: la Cimmeria (corrispondente all’attuale Crimea), l’Assiria, la Persia e la Grecia. In ciascuna regione ci possono essere fino a 6 luoghi da depredare: il loro numero effettivo dipende dal numero dei giocatori. Le razzie hanno sempre dei prerequisiti: anzitutto richiedono un esercito composto da un certo numero di soldati, e in secondo luogo richiedono al giocatore di scartare una certa quantità di Provisions ed eventualmente anche di Wagons. Una volta pagate le risorse necessarie, il giocatore deve lanciare dei dadi, il cui numero e la cui tipologia dipende dalla regione in cui si trova il luogo razziato e dalla presenza o meno, nel bottino, di oro. Il bottino infatti viene sistemato casualmente all’inizio della partita su ciascun luogo depredabile: quindi ogni giocatore vede fin dall’inizio quali sono i luoghi più profittevoli, in generale o in funzione della sua strategia. Il bottino può contemplare Livestock (animali domestici), Equipment (armi e armature), Wagons (carovane) e Gold (oro). Quest’ultimo è il più prezioso, ma anche il più pericoloso da depredare: se c’è dell’oro nel bottino il giocatore dovrà lanciare anche 1 o 2 dadi gialli, che sono i più letali dato che sulle proprie facce non presentano numeri ma solo ferite. Gli altri dadi, rossi e bianchi, possono invece far uscire numeri e/o ferite: i numeri vanno sommati alla forza dell’esercito razziante, e sarà in funzione della forza totale che il giocatore riceverà o non riceverà punti vittoria per la sua razzia. Nei casi più disperati potrà anche ottenere ferite aggiuntive oltre a quelle uscite sui dadi: le ferite vanno distribuite tra i membri dell’esercito razziante, e se un soldato ha più ferite che forza è considerato morto e viene scartato dal gioco. Il bottino, comunque, viene sempre ottenuto, così come anche il lavoratore sistemato a inizio partita accanto al luogo depredabile: le razzie, in questo gioco, hanno sempre successo, ma ciò che può cambiare è la quantità di punti vittoria e di ferite ottenuti. Una volta razziato un luogo, la quest coperta in corrispondenza di esso viene scoperta: da quel momento in avanti qualunque giocatore potrà risolverla eseguendo la relativa azione presso la Chief’s Tent.
Il gioco prosegue a turno finché non si verifica una di queste due fattispecie: rimangono solo 2 luoghi razziabili o solo 2 quest sulla plancia, coperte o scoperte. A questo punto il giocatore di turno finisce le sue azioni, dopodiché ogni giocatore, incluso quello che fatto scattare la fine della partita, gioca un turno ulteriore. Alla fine vengono calcolati i punti dati dalle abilità dei guerrieri, dagli animali, dal bottino raccolto e dalle quest risolte. Chi ha più punti è il vincitore.
3. Componentistica
Raiders of Scythia è un gioco compatto, ma che non per questo rinuncia alla piacevolezza estetica. Le illustrazioni, in particolare, sono favolose: dettagliate, storicamente attendibili, eppure al tempo stesso colorate ed evocative. Si devono a Sam Phillips, che a quanto pare curerà la parte grafica di tutta la nuova serie ‘minore’ di giochi Garphill inaugurata appunto da Raiders of Scythia e già proseguita con Hadrian’s Wall, gioco di genere flip and write ambientato nella Britannia al tempo della conquista romana. Va detto che in realtà questo stile d’illustrazione così particolareggiato ha suscitato qualche perplessità nella comunità di giocatori: qualcuno si lamenta del fatto che le icone di gioco si confonderebbero un po’ con i fondali, ma noi non abbiamo mai incontrato difficoltà di sorta. L’iconografia, tra l’altro, è chiarissima e non ci è mai capitato di dover consultare il manuale per capire il significato di qualche simbolo.
I componenti tridimensionali sono semplici e puntano alla praticità d’utilizzo: i lavoratori sono meeple di generose dimensioni, il bottino è rappresentato da segnalini di legno esagonali di diverso colore, le Provisions e il Kumis sono segnalini di legno sagomato e le monete, unico elemento vagamente lussuoso della nostra edizione, sono di metallo e raffigurano la testa stilizzata di una Gorgone, probabile riferimento al fatto che gli Sciti hanno imparato a commerciare solo dopo i loro contatti con le popolazioni di cultura greca.
Excursus: strategie
In linea generale, ciò che si dovrebbe cercare di fare in Raiders of Scythia è preparare il più velocemente possibile un esercito in grado di effettuare tante razzie, così da accumulare tanto bottino: ma sono frequentissime le circostanze nelle quali emergono altri modi, più efficienti delle razzie, per accumulare punti. Il modo ‘alternativo’ principale è la risoluzione delle quest, ma a volte può essere anche l’abilità speciale di un nostro soldato a farci costruire una strategia tutta intenta a ottimizzarne le virtù. Un punto importante da imparare è che tecnicamente le razzie hanno sempre successo: l’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è rientrare nei loro requisiti. Certo, un esercito debole faticherà ad assorbire le ferite e otterrà pochi punti vittoria sul momento, ma il bottino recuperato ci darà comunque una marcia in più. È anche importante ricordare che le ferite non hanno alcuna conseguenza alla fine della partita, né è importante che i nostri soldati restino vivi: nella nostra ultima razzia possiamo anche esagerare, tanto l’unica cosa che conta è intascarsi il bottino. |
4. Conclusioni
Raiders of Scythia ci è piaciuto molto: la sua giocabilità è chiaramente collaudatissima e frutto di anni di esperienza e di ottimizzazioni, la sua durata è adeguata e la sua ambientazione è interessante e sufficientemente curata. Certo, non c’è nulla di particolarmente rivoluzionario: soprattutto se già conoscete Raiders of the North Sea, che a suo tempo fece parecchio scalpore per l’idea di dover, in ogni turno, sia piazzare un lavoratore sia prelevarne un altro già presente sulla plancia. Oggi quell’idea ha ovviamente perso il suo sapore di novità, e in generale il gioco di cui stiamo parlando ha una struttura molto classica, tutta basata sulla necessità di ottenere risorse e trasformarle in punti vittoria nel modo più efficiente possibile. Ma questo scheletro così classico ed elementare ha qui una sua esecuzione molto elegante, chiara e raffinata, che a differenza che in Raiders of the North Sea non ci lascia l’impressione di aver bisogno di espansioni ed aggiornamenti per raggiungere il suo stato ideale. Se non avete già fatto indigestione con la prima trilogia di Shem Phillips, e se la nuova ambientazione e la nuova estetica vi attirano, vi consigliamo senza dubbio di provare Raiders of Scythia.
Tre pregi di Raiders of Scythia | Tre difetti di Raiders of Scythia |
La giocabilità è rodata e funzionale | La presenza dei dadi potrebbe indispettire i germanisti più rigorosi |
L’ambientazione è originale e interessante | Il tracciato segnapunti è inspiegabilmente corto |
Le illustrazioni sono fantasticamente dettagliate | Sarebbe stato utile un tracciato su cui registrare la forza dell’esercito |
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