My Island

Dopo lo spin-off in versione roll & write, è giunto sugli scaffali anche il vero e proprio seguito del pluripremiato My City. Scopriamo se Reiner Knizia ha ancora frecce al suo arco, almeno per quel che riguarda questa formula particolare.

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Esempio di gioco
Analisi critica

1. Seguiti obbligatori
Quando un’opera dell’ingegno ha un grande successo, l’arrivo di un seguito è molto probabile. È facile sospettare che il più delle volte si tratti semplicemente della volontà di sfruttare l’onda lunga della popolarità e del successo: ma non sono mancati, in tutti gli ambiti, esempi in cui i seguiti hanno sorpassato l’originale in quanto a qualità. Se il seguito permette agli autori di concentrarsi sul contenuto riutilizzando la ‘forma’ dell’opera originaria, per esempio, i risultati possono essere di ottimo livello: è quel che si verifica talvolta nelle espansioni dei videogiochi. In altre occasioni, il seguito dà modo di limare le imperfezioni dell’opera di partenza. Altre volte, invece, il sospetto di cui sopra si fa realtà: esistono giochi da tavolo che sono ‘seguiti’ e che non fanno altro che rimodulare le istanze dell’originale, perdendo però la freschezza di quest’ultimo e finendo per occupare lo scaffale delle opere mediocri, derivative, ‘stanche’. In alcuni casi estremi l’intento di puro e semplice sfruttamento di un marchio risulta palese nel momento in cui si viene a scoprire che il nuovo capitolo è di un autore diverso da quello del gioco originale, il cui nome però compare comunque sulla scatola. A quale gruppo appartiene My Island, il seguito dell’amato My City, gioco legacy di Reiner Knizia basato sulla meccanica dei polimini? Scopriamolo insieme.

2. Giocabilità generale
My Island è un gioco legacy a campagna: i giocatori sono chiamati a ‘costruire’ la propria isola utilizzando una plancia che nel corso di 24 episodi verrà di volta in volta modificata tramite l’applicazione di adesivi e/o l’apposizione di scritte di vario tipo. Ogni episodio introduce nuove regole e differenti condizioni di vittoria: dato che il senso stesso del legacy è venire a scoprire queste novità man mano che si procede con la campagna, qui non spiegheremo tutto ma ci limiteremo a descrivere le regole del primo episodio. Va detto che il gioco prevede anche una modalità non a campagna, il cosiddetto eternal game: ma dato che esso si basa sulle regole del nono episodio della campagna, qui non ne scriveremo.
Le meccaniche di gioco sono simili a quelle dei flip & write: i turni si svolgono contemporaneamente e cominciano con il rivelare la carta in cima al mazzo comune. Ciascuna carta rappresenta un polimino: in questo gioco, a differenza che in My City, i polimini sono costruiti su base esagonale anziché quadrata. I giocatori hanno tutti la stessa riserva di tessere polimino: quando una carta viene rivelata, i giocatori prelevano la relativa tessera e la piazzano sulla propria isola, seguendo le regole di piazzamento. La regola fondamentale, che resta valida per tutti gli episodi, è che bisogna sempre piazzare le tessere a fianco di tessere già piazzate in precedenza, e almeno un territorio della tessera appena piazzata deve collegarsi allo stesso territorio su una tessera già presente. I polimini infatti possono rappresentare case, campi, strade o muraglie. Nel primo episodio c’è un’altra regola: i polimini possono coprire solo spazi spiaggia e heath (brughiera), non possono coprire le palme o la foresta.
Quando una casa viene collocata sopra una casella spiaggia, il giocatore ottiene immediatamente 1 punto vittoria, che segna muovendo un cubetto sopra il relativo tracciato. I giocatori cominciano già con 10 punti: il motivo è che è possibile, durante la partita, perdere punti per poter saltare turni. Funziona in questo modo: se un giocatore non può o non vuole piazzare una tessera ma vuole proseguire la partita, deve perdere 1 punto vittoria. Può continuare a farlo finché non raggiunge 0 punti. Se invece un giocatore non può o non vuole piazzare una tessera e sceglie contestualmente di terminare la partita, non perde alcun punto. Talvolta può essere difficile decidere cosa fare perché a fine partita si subisce una penalità di 1 punto per ogni casella rimasta vuota.
Quando tutti i giocatori sono usciti dal gioco o quando termina il mazzo di carte, la partita si chiude. Chi ha più punti è il vincitore e ottiene 2 punti progresso; il secondo classificato ottiene 1 punto progresso. Alla fine della campagna, sarà proprio chi avrà più punti progresso a vincere. Talvolta chi non ottiene punti progresso verrà premiato con vantaggi di altro tipo: per esempio adesivi che potenziano le proprie tessere o la propria plancia di gioco.

3. Componentistica
Come My CityMy Island è molto sobrio dal punto di vista dei materiali. La scatola, decisamente sovradimensionata, resta per metà vuota: il gioco prevede plance e tessere di cartone e qualche elemento in legno, quali dadi e cubetti. Il materiale che entra in gioco solo nei capitoli successivi al primo è contenuto all’interno di buste così da conservare la sorpresa: le buste vanno aperte all’inizio di ogni sessione di gioco, ciascuna delle quali prevederà, o almeno così suggeriscono le regole, 3 partite una di seguito all’altra. Quasi ogni sessione prevede, alla fine, l’applicazione di adesivi sulle plance o anche sulle tessere di cartone: a volte è richiesto di applicare adesivi ripetutamente nello stesso punto, con conseguente e un po’ fastidiosa creazione di ‘rialzi’ sulla plancia.

4. Conclusioni
My Island ha parecchie somiglianze con il predecessore My City, ma anche numerose differenze. La principale è un progressivo aumento della complessità più evidente e pronunciato, che prende spesso le forme di meccaniche di gioco completamente nuove, talvolta del tutto slegate dalla meccanica base, anche dal punto di vista ‘fisico’: ovvero, le nuove istanze prendono forma e si muovono su plance diverse, sulla base di diversi presupposti e obiettivi. Se l’intento era garantire maggiore varietà, lo si è raggiunto solo in parte: l’impressione generale è piuttosto quella di una estrema frammentazione e della mancanza di un chiaro ‘arco’ di sviluppo. Quest’ultima sensazione è generata anche dal fatto che ciascun capitolo, ovvero sequenza di tre scenari, vede regole ed elementi introdotti e poi ‘cancellati’ alla fine della sessione. Questo rende anche più deboli i meccanismi di catch-up, ovvero le modalità con cui il gioco offre a chi rimane indietro la possibilità di recuperare terreno: se un vantaggio che mi viene dato alla fine di uno scenario diventa sostanzialmente inutile alla fine del capitolo, si sarà trattato di un vantaggio di brevissima durata e quindi non molto efficace. My Island sembra soffrire di ambizioni eccessive, che alla fine si ritorcono contro l’obiettivo generale: si cercava più varietà e si è ottenuta più confusione, nonché una giocabilità meno godibile perché più imprevedibile e meno razionalmente organizzata, che è un peccato piuttosto grave in un gioco a campagna. La scarsa chiarezza è dovuta peraltro anche a fogli di regole davvero confusi, che spesso mentono apertamente, in particolare quando cercano di riassumere le regole precedentemente introdotte ancora in vigore. My City ci sembra un’opera decisamente più riuscita.

Tre pregi di My Island Tre difetti di My Island
I primi scenari hanno meccaniche semplici ma simpatiche. I nuovi elementi introdotti sono spesso confusi e mal organizzati.
Aprire le buste con i nuovi materiali è sempre emozionante! I meccanismi di recupero per chi perde non funzionano molto bene.
La durata della campagna è adeguata. In diversi punti le regole sono molto poco chiare.

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