Il pluripremiato gioco legacy di costruzione di città firmato da Reiner Knizia ha anche una versione roll & write: scopriamola insieme.
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Esempio di gioco
Analisi critica
1. Viva i polimini
Nel 2020 il celebre e prolifico designer tedesco Reiner Knizia pubblica My City, gioco da tavolo legacy in cui i giocatori sono chiamati a costruire la loro città combinando tasselli di varie forme e colori, simili ai polimini del famoso videogioco Tetris. L’opera ha un successo che va forse anche al di là delle previsioni del suo autore: entra tra i nominati al prestigioso Spiel des Jahre e in Italia vince il premio Gioco dell’anno, organizzato nell’ambito del festival Lucca Comics & Games. Nell’intento di sfruttare l’onda lunga dell’apprezzamento, Knizia mette subito in cantiere un seguito, pubblicato nel 2023 e intitolato My Island; nel frattempo però è stato realizzato anche uno spin off roll & write, come accade ormai sempre più spesso con i ‘marchi’ di successo. L’elemento interessante in questo caso è che anche la versione compatta del gioco mantiene la struttura legacy: non nel senso, ovvio e scontato per un roll & write, che per ogni partita si scrive su un foglio monouso, ma per il fatto che le partite sono organizzate in campagne, nel corso delle quali i nuovi elementi sono introdotti semplicemente tramite il foglio e menzionandoli nel regolamento. Qui, per forza, di cose, accenneremo solamente alle regole che si applicano nella prima partita.
2. Giocabilità generale
In My City: Roll & Build i giocatori sono chiamati a costruire la loro città disegnando su un foglio le forme rivelate da un lancio di dadi. Le partite sono organizzate in campagne di 12 match, pensate per essere giocate in 4 sessioni di 3 partite ciascuna. Ogni episodio prevede l’utilizzo di un foglio diverso, su cui sono riportati di volta in volta simboli diversi che si riferiscono a nuove regole.
Nella prima partita si prende confidenza con il meccanismo generale di gioco, che viene più o meno ripetuto in tutte le sessioni, con opportune variazioni. All’inizio di ogni turno, un giocatore lancia i 3 dadi: si controllano i risultati e ognuno disegna la relativa forma nel proprio schema. Tematicamente, in ogni turno si costruisce un edificio, la cui forma e tipologia dipende dal lancio dei dadi. Due dadi riportano parti di polimini e determinano quindi la forma dell’edificio, mentre il terzo determina la sua tipologia: residenziale, commerciale o istituzionale. I due dadi dedicati alla forma vanno affiancati unendo un apposito simbolo: il polimino da disegnare corrisponderà a quello mostrato sui due dadi affiancati. Alcune facce sono bianche: in quel caso si considererà solamente l’altro dado. Alcune facce riportano il simbolo di una squadra: nella prima partita quel simbolo viene ignorato, nelle partite successive potrà essere usato per indicare edifici speciali.
Il primo edificio va disegnato di fianco al fiume che scorre al centro dello schema: gli altri andranno obbligatoriamente disegnati di fianco a un edificio già presente. Nella prima partita lo scopo è semplicemente occupare più caselle possibili e cercare di coprire quanti più simboli pietra possibili: le caselle vuote e i simboli pietra visibili a fine partita comportano dei malus. I simboli albero, invece, danno punti aggiuntivi, quindi bisogna cercare, quando possibile, di lasciarli visibili. A volte saremo costretti a coprirli perché decidere di saltare un turno ha un suo costo: se non possiamo o vogliamo disegnare un edificio ma vogliamo comunque proseguire nella partita, dovremo annerire un tondino nella fila dei malus, e più ne riempiremo e più sarà la penalità in punti che avremo a fine partita. È però sempre possibile decidere di uscire dal gioco dopo un lancio di dadi: in quel caso però non si potrà più continuare a giocare in seguito.
Nelle partite avanzate vengono introdotti nuovi concetti di gioco: bonus per affiancamenti specifici, nuovi edifici, premi per chi collega più rapidamente due punti dello schema. Ma non scenderemo più nel dettaglio per evitare di rovinare la sorpresa.
3. Componentistica
My City: Roll & Build è un gioco semplice e compatto, sul quale non c’è molto da dire riguardo ai materiali. Dentro la piccola scatola ci sono solamente il blocco dei fogli con cui si gioca, i 3 dadi e un foglietto con le istruzioni. C’è tutto quel che serve, tranne le matite o le penne per scrivere, e va benissimo così.
4. Conclusioni
My City: Roll & Build è una versione compatta di My City, ma non è poi così diverso dal gioco da cui prende le mosse. L’idea di fondo è la stessa: in ogni turno dobbiamo collocare un polimino dentro al nostro schema, ottimizzando le posizioni reciproche dei vari ‘pezzi’ così da fare punti in relazione alle condizioni poste dalla partita. Possiamo decidere di non piazzare un pezzo, ma questo ha un costo in termini di punti: quindi occorre fare molta attenzione a quando è il caso di provare a proseguire e quando è un’idea migliore interrompere del tutto la partita, anche a costo di lasciare qualche casella bianca. Rispetto al fratello maggiore, questa versione del gioco ha una minor componente strategica e un maggior gradiente di alea: nell’originale My City i polimini sono tessere di cartone e a determinare quale posizionare è un mazzo di carte tutte diverse. In quel caso abbiamo quindi la certezza che tutte le tessere usciranno, anche se non sappiamo in quale ordine: in questo caso, invece, tutto è determinato dai lanci di dadi. Quindi la stessa forma e tipologia potrebbe uscire per tante volte di seguito, mentre un’altra forma potrebbe non uscire mai. A parte questo non indifferente aspetto, tutto il resto è assai simile a quanto visto in My City: anzi, va dato atto all’autore di essere riuscito a riprodurre ottimamente il mood del gioco originale, pur con spazi e materiali di entità molto minore.
Tre pregi di My City | Tre difetti di My City |
La meccanica è semplice ma funziona molto bene. | C’è più alea che nell’originale. |
Le partite sono veloci ma non prive di tensione e sorprese. | Una volta esaurita una campagna, non ha molto senso riprenderlo. |
È accessibile ma non per questo banale. | È talmente simile all’originale che forse chi lo giocò può farne a meno. |