Nel 2020 l’editore tedesco Pegasus pubblica un leggerissimo gioco investigativo che ha un successo inaspettato e che arriva a vincere perfino il prestigioso Spiel des Jahres. Che le indagini abbiano inizio!
I nostri contenuti dedicati a MicroMacro: Crime City su YouTube:
Esempio di gioco
Analisi critica
1. Gioco da tavolo o attività ricreativa?
Che cosa rende tale il gioco da tavolo? In generale quando utilizziamo questa espressione ci viene in mente qualcosa di abbastanza preciso: un gruppo di persone sedute attorno a un tavolo che muovono pedine e segnalini su uno o più tabelloni nel tentativo di vincere, tra di loro nel caso dei competitivi o contro il gioco nel caso dei cooperativi. Ma i confini della definizione non sono poi così netti. Tre persone che costruiscono assieme un set Lego non verrebbero mai definite come impegnate in un gioco da tavolo, anche se stanno a tutti gli effetti giocando attorno a un tavolo. E se le stesse tre persone stessero risolvendo assieme un cruciverba? Sono giocatori da tavolo oppure no? Probabilmente molti lettori di questo articolo risponderebbero che no, il gioco da tavolo è un’altra cosa. Eppure molte escape room da tavolo sono a tutti gli effetti esercizi di enigmistica, proprio come lo sono i rebus e gli indovinelli. Il gioco di cui ci apprestiamo a parlare può aiutarci a chiarirci le idee, ma può anche confondercele ancora di più. MicroMacro: Crime City è un gioco investigativo tutto basato sull’osservazione e completamente privo di elementi deduttivi, e può essere tranquillamente paragonato a una attività di risoluzione di enigmi (tanto che nella celebre Settimana Enigmistica ci sono giochi del tutto simili, solo in formato molto minore). Ebbene, quando questo gioco nel 2021 venne premiato nientemeno che con lo Spiel des Jahres, le polemiche non mancarono: proprio per la sua natura controversa, al limite della definizione accettata di gioco da tavolo. Scopriamo un po’ meglio di cosa si tratta.
2. Giocabilità generale
MicroMacro: Crime City è un gioco quasi privo di regole, che si risolve, dal punto di vista dei materiali, in un grande disegno, spiegabile su un tavolo (o su una parete, o su un pavimento) come si farebbe con una grande mappa geografica. Il disegno, rigorosamente in bianco e nero, rappresenta una porzione di città, popolata da centinaia di piccoli personaggi, che prendono talvolta le forme di animali antropomorfi. Dentro questo enorme disegno si celano tante piccole e grandi storie, che i giocatori devono cercare di dipanare. Le storie, ovvero i “casi”, sono in totale 16: a ognuna corrisponde un mazzetto di carte, ciascuna delle quali riporta una domanda sul recto e la risposta sul verso. Una partita è la risoluzione di un caso: il regolamento suggerisce di seguire un determinato ordine, dal più semplice al più difficile, ma si può anche scegliere casualmente.
Una volta scelto il caso, si legge la prima carta, che in genere ci chiederà di trovare un cadavere o comunque una scena del crimine, dando indicazioni di carattere generale (come per esempio “a est, dietro al negozio di ferramenta”). Una volta individuato il punto d’inizio, le carte successive ci faranno altre domande che ci imporranno di controllare i dintorni per trovare le diverse risposte: il più delle volte si tratterà di individuare una ‘pista’, di solito costituita da uno stesso personaggio o da uno stesso veicolo rappresentato più volte in circostanze diverse. L’idea più curiosa alla base del gioco, infatti, è che il disegno non rappresenta un istante preciso della ‘vita’ della città, quanto piuttosto un ‘riassunto’ di tanti momenti, tutti rappresentati in punti diversi, un po’ come nelle storie raffigurate nei cassoni medievali. Trovando per esempio le diverse ‘apparizioni’ della vittima dell’omicidio oggetto del caso, possiamo ricostruire le ultime ore del malcapitato, scoprendo così chi è il colpevole del misfatto. Nei casi più complessi, le carte ci chiederanno di ricostruire tante storie intrecciate tra di loro, che partono a ritroso da punti differenti della storia principale: venirne a capo non sarà affatto semplice e servirà un ottimo spirito di osservazione perché a volte i dettagli decisivi sono davvero minuscoli, tanto che nella confezione del gioco è anche inclusa una lente d’ingrandimento.
Solo quando i giocatori sono convinti di avere la risposta alla domanda sulla carta corrente sono autorizzati a girarla e controllare: il regolamento in realtà dice che la risposta andrebbe controllata anzitutto dal cosiddetto “ispettore capo”, scelto a inizio partita, che potrà leggere il retro della carta a tutti solo se la risposta trovata dai giocatori è corretta. In caso contrario, l’ispettore capo uscirà dal gioco e gli altri dovranno continuare a cercare la risposta. Non è una fattispecie che accadrà spesso: la natura stessa del gioco, privo di elementi deduttivi, fa sì che saranno i giocatori stessi a rendersi chiaramente conto se hanno o non hanno trovato la risposta che cercano.
3. Componentistica
Come già scritto sopra, MicroMacro: Crime City è un gioco semplice ed essenziale: nella scatola oltre all’enorme disegno ripiegabile ci sono semplicemente le carte con le varie domande relative ai 16 casi, alcune bustine per riporre queste ultime e una lente d’ingrandimento. Quest’ultima a dire il vero è molto economica: sarebbe stato molto meglio avere una lente d’ingrandimento ‘vera’, sullo stile di quelle usate dagli investigatori nelle pellicole hard boiled, ma questo avrebbe influito sul prezzo del prodotto. Il disegno, dal canto suo, è veramente curato e dettagliato, e ci si può perdere ad ammirarlo per ore, anche al di fuori delle sessioni di gioco, tanto che molti giocatori lo appendono in casa come un quadro.
4. Conclusioni
MicroMacro: Crime City è molto divertente. Risolvere un caso richiede poco tempo, in genere dai 10 ai 20 minuti, ed è un’attività simpatica e rilassante, che si può svolgere in solitario o condividendola con un numero potenzialmente illimitato di amici o parenti. I casi una volta risolti sono per così dire ‘consumati’, quindi non ha senso ripeterli: ma sono 16 e dopo averli risolti tutti il gioco darà la piena impressione di aver fatto per bene il suo dovere. La natura del prodotto si accompagna a qualche inconveniente tecnico/logistico: serve un tavolo molto grande per poter distendere bene la mappa, occorre avere molta luce e una vista aguzza, e dopo un po’ di tempo passati chini sul disegno la schiena inizierà a essere dolorante (ottimo motivo per ‘disperdere’ le sessioni di gioco e non allinearle tutte una dopo l’altra). Un aspetto curioso della produzione è il fatto che la maggior parte dei ‘casi’ si concretizza in storie piuttosto adulte e scabrose, e questo va in netto contrasto con la natura fiabesca e spensierata del disegno, ma anche della stessa giocabilità. Il limite principale di quest’opera, però, è proprio la sua natura, quasi extra-meta-‘giocosa’, ovvero difficilmente infilabile nel gioco da tavolo tradizionalmente inteso. Se però l’enigmistica light vi diverte, troverete qui tanto pane per i vostri denti.
Tre pregi di MicroMacro: Crime City | Tre difetti di MicroMacro: Crime City |
Risolvere i ‘casi’ è divertente e ci fa sentire molto intelligenti 🙂 | Più che un gioco da tavolo è un esercizio di enigmistica. |
Il disegno è bellissimo e molto dettagliato. | Non si può giocare da seduti e dopo un po’ ci farà male la schiena. |
Il disegno può anche diventare un elemento d’arredo. | Serve un tavolo davvero grande! |
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