Gli statunitensi Mojito Studios ripropongono l’amato titolo di Bruno Cathala e Ludovic Maublanc, originariamente pubblicato nel 2006 da Days of Wonder, in una versione rinnovata nei materiali e nel regolamento. Le apparenze sono sontuose, ma tocca dire che questa nuova edizione di Cleopatra and the Society of Architects non sembra attrezzata a dovere per soddisfare le altissime aspettative dei fan.
I nostri video su Cleopatra and the Society of Architects:
Esempio di gioco
Il nostro parere
Unboxing
1. La rediviva regina d’Egitto
In tempi preistorici per la storia del gioco da tavolo contemporaneo, la carriera di uno dei suoi più blasonati autori era già ben avviata. Il francese residente in Svizzera Bruno Cathala pubblica la sua prima opera, il bizzarro gioco di carte Guerre & Beeeh, nel 2004: due anni dopo arriva la sua prima vera hit, il set collection intitolato Cleopatra and the Society of Architects, pensato in tandem con Ludovic Maublanc e pubblicato nel mercato anglofono da Days of Wonder. Si trattava di una produzione notevole per l’epoca: una parte della scatola diventava un grande tempio tridimensionale, sul quale si accostavano colonnati in rilievo e mosaici di cartone, e al quale si affiancava una plancia che nel corso del gioco si popolava di miniature di sfingi e obelischi. Il gioco era basato su un semplice meccanismo di set collection: i giocatori dovevano creare e giocare combinazioni di carte per ottenere punti, facendo di quando in quando i conti con i malus derivanti dalla presenza di carte potenti ma ‘maledette’. Con il passare degli anni, Cleopatra and the Society of Architects è finito nello scaffale dei ricordi, dal quale però è stato occasionalmente prelevato con l’aumentare della popolarità del suo autore, che a partire soprattutto dal 2014 ha messo insieme una serie di successi davvero notevole, tra cui Five Tribes, 7 Wonders Duel, Kingdomino (premiato con lo Spiel des Jahres 2017). Ha preso la palla al balzo il neonato studio statunitense, con sede in Florida, di nome Mojito Studios, che nel 2019 ha acquisito i diritti per una riedizione dell’ormai introvabile gioco ispirato alla regina d’Egitto: il finanziamento del progetto è avvenuto su Kickstarter, e il successo è stato clamoroso, tanto che l’obiettivo è stato raggiunto in sole 5 ore. Segno che in molti aspettavano il ritorno in pompa magna del vecchio successo di Cathala/Maublanc, peraltro presentato in una versione davvero ricca, che avrebbe fatto impallidire la già notevole edizione originale. Dopo molti ritardi l’opera è finalmente arrivata sia ai backer sia ai negozi: è vera gloria?
2. Giocabilità generale
Cleopatra and the Society of Architects è un gioco molto semplice, adatto a tutta la famiglia. I giocatori vestono i panni di architetti incaricati di costruire e decorare un tempio per Cleopatra, e devono scegliere se prendere tempo e fare i lavori ‘onestamente’ o se accelerare sfruttando la corruzione. Nel proprio turno, il giocatore sceglie tra due azioni: visitare il mercato, cioè prelevare nuove carte, oppure visitare la cava, cioè costruire un pezzo del tempio. Il mercato è rappresentato da tre colonne di carte, in parte scoperte e in parte coperte: il regolamento prevede infatti di dividere il mazzo in tre parti più o meno uguali e di mescolare assieme due terzi scoperti e un terzo coperto. Inizialmente le tre colonne hanno una carta ciascuna, ma ogni volta che un giocatore compie l’azione di pesca deve prelevare le carte presenti in una colonna e poi mettere una nuova carta dal mazzo su ciascuna delle tre colonne, che quindi diventeranno progressivamente più appetibili nel corso del gioco. Le parti del tempio sono sfingi, obelischi, pareti laterali, pareti frontali, mosaici e il trono. Ciascun elemento è collegato a una determinata combinazione di carte raffiguranti artigiani e carte raffiguranti materiali: le sfingi, gli obelischi e le pareti frontali del tempio richiedono artigiani e un certo numero di materiali tutti uguali, mentre le pareti laterali, i mosaici e il trono richiedono artigiani e un certo numero di materiali tutti diversi. Quando ha in mano la giusta combinazione, il giocatore può spendere il suo turno per giocarla e aggiungere al tempio la relativa parte, ottenendo una certa quantità di punti vittoria: ogni elemento ha un valore intrinseco, più un valore che dipende dalla eventuale presenza di altri elementi già costruiti (per esempio le sfingi fanno ottenere 3 punti più 1 punto in più per ogni sfinge già presente nel relativo lato del giardino).
Un elemento importante del gioco è la corruzione: alcune carte raffiguranti materiali sono ‘corrotte’, e questo significa che valgono doppio ma costringono chi le usa a prendere un segnalino corruzione, che andrà messo nella piramide di Sobek, una sorta di riserva nascosta. I segnalini corruzione hanno conseguenze letali a fine partita: possono infatti comportare la perdita di punti vittoria e anche, in casi estremi, l’eliminazione dal gioco. Nel corso della partita però il giocatore può utilizzare due metodi per limitare il loro peso. Il primo è cercare di attivare, sul tetto del tempio, un cosiddetto santuario: se disponendo una tessera mosaico si viene a creare uno spazio chiuso nel quale è impossibile collocare un’altra tessera mosaico, il giocatore di turno può prendere possesso di quello spazio posizionandoci sopra una sua miniatura raffigurante Anubi. Alla fine del gioco, prima di contare i propri segnalini corruzione i giocatori potranno posizionarne uno su ciascuna casella dei propri santuari, eliminando di fatto dal conteggio una certa quantità di segnalini. Il secondo metodo per limitare la corruzione è la cosiddetta offerta ai sacerdoti: in un momento preciso della partita, determinato dal movimento della miniatura di Cleopatra che verrà spiegato più avanti, ogni giocatore deve scegliere segretamente un certo numero di punti vittoria da offrire; chi ne avrà offerti di più potrà scartare 3 segnalini corruzione, mentre gli altri saranno costretti ad aggiungerne altri alla propria riserva nascosta. A fine partita, dopo aver attivato i santuari come spiegato sopra, il giocatore con meno corruzione potrà scartare tutti i suoi segnalini: gli altri giocatori potranno scartarne il medesimo numero, e a quel punto si dovrà fare i conti con la corruzione ancora in gioco, che farà perdere punti vittoria o potrà comportare addirittura la sconfitta.
Un’altra meccanica degna di menzione è quella collegata ai worshippers of Sobek: all’inizio del proprio turno, il giocatore può scegliere di sacrificare punti vittoria o di prendere segnalini corruzione per attivare una abilità speciale che può permettergli di costruire con meno risorse o meno artigiani o anche di effettuare contemporaneamente sia l’acquisto di merci al mercato sia la costruzione. Le abilità speciali hanno un costo che cambia dinamicamente nel corso della partita, così da rendere più costose quelle utilizzate più spesso.
La progressione della partita è rappresentata simbolicamente dall’avanzamento di Cleopatra su un percorso che la porta sempre più vicina al tempio: la regina avanza di una casella ogni volta che vengono completati tutti gli elementi di una medesima tipologia. Esistono sei tipologie e il percorso è di cinque caselle: quindi la partita termina quando viene completato quasi tutto il tempio; l’offerta ai sacerdoti spiegata sopra scatta al passaggio tra la terza e la quarta casella. Una volta giunti al termine, si gestisce la corruzione come già detto e si calcola il punteggio: chi ha più punti è il vincitore.
3. Componentistica
Paradossalmente, quello che dovrebbe essere il maggiore punto di forza di questo prodotto, ossia il comparto ‘fisico’ ed estetico, rappresenta invece la sua più importante criticità. Cleopatra and the Society of Architects somiglia di più a un giocattolo che a un gioco da tavolo: le parti in plastica sono fin troppo appariscenti, il loro aspetto supera in più circostanze quel crinale sottile che separa l’esuberanza dalla pacchianeria e la loro maneggevolezza incerta, unita alla instabilità nei posizionamenti, le rende decisamente inadatte all’esperienza ludica ‘seria’. A risultare discontinua è peraltro anche la qualità stessa dei materiali: una conseguenza forse inevitabile della scelta di rendere i diversi elementi molto elaborati, con decorazioni sporgenti e sottili pronte a spezzarsi o piegarsi, e organizzati nella scatola, per di più, all’interno di insert davvero pessimi, molto sottili e quasi certamente già danneggiati dal trasporto al momento dell’apertura della confezione. Gli elementi discutibili non si esauriscono qui: le carte sono sottilissime e possono rompersi anche solo cercando di imbustarle; una volta imbustate, non entrano nella sede per esse pensata nell’insert; alcune edizioni, non tutte, includono magneti per tenere assieme le parti in plastica del tempio, ma nella confezione non ci sono istruzioni su come utilizzarli; una volta trovate le istruzioni online, si viene a scoprire che le sedi dei magneti non permettono di incastrarli dentro in maniera soddisfacente; anche dopo aver risolto la faccenda, ci si trova davanti al problema rappresentato dal fatto che i magneti tendono a tenere i colonnati sollevati da terra, con effetto finale decisamente improbabile.
Alla fine, Cleopatra and the Society of Architects è la rappresentazione perfetta, nella sua ultima incarnazione, del fatto che in un gioco da tavolo componenti più ricchi non si traducono necessariamente in un prodotto migliore. Un gioco da tavolo è un’esperienza che deve funzionare in forza della coesistenza armoniosa delle sue parti: meccaniche, componentistica, tema, ritmo. Se una di queste parti agisce in contrasto con un’altra, l’insieme non può funzionare. Nel caso in analisi, la componentistica è chiaramente iperprodotta e finisce col “mettersi in mezzo”: rispetto alle meccaniche, ma anche rispetto ad aspetti forse meno importanti ma non per questo del tutto trascurabili, come per esempio lo spazio occupato a scaffale o sul tavolo. La suddetta iperproduzione, per giunta, è anche imperfetta e fumosa: il punto centrale, però, è che questa edizione sarebbe insoddisfacente anche se le componenti fossero realizzate alla perfezione. Perché un gioco da tavolo non è un giocattolo, ma un’entità multiforme, che estende il suo essere nel mondo fisico come in quello ‘mentale’: e nel caso in oggetto, la parte fisica ‘travolge’ quella mentale fino a farla quasi scomparire.
Excursus: strategie
Il punto centrale della strategia del gioco è riuscire a costruire in fretta senza prendere troppe penalità con la corruzione. Tenere sotto controllo cosa fanno gli avversari è, da questo punto di vista, fondamentale: se corrono molto bisognerà scendere a patti con le carte corrotte e utilizzarle, o si rimarrà eccessivamente indietro; viceversa, se il ritmo generale è più lento ci si potrà permettere di tenere in mano le carte corrotte e di cercare di scartarle senza utilizzarle, sfruttando il fatto che è necessario scartare carte quando se ne hanno in mano più di 10 alla fine del turno. Un altro elemento importante è cercare di ottenere punti bonus sulla base delle interazioni tra elementi: può avere senso, in determinate circostanze, aspettare prima di costruire una certa parte anche avendo in mano tutte le carte necessarie così da ottimizzarne il rendimento in termini di punti. |
4. Conclusioni
La nuova edizione di Cleopatra and the Society of Architects è purtroppo decisamente deludente. Per la qualità dei materiali, per l’esuberanza eccessiva di questi ultimi, ma forse anche per le novità introdotte dal regolamento. In sede di conclusione ha senso cercare di imbastire un confronto con l’edizione originale, che oltre a essere molto più elegante a livello di componentistica mostrava meccaniche caratterizzate da elementi di interesse stranamente scomparsi dalla nuova edizione. Forse l’elemento più interessante da sottolineare è che la prima incarnazione del gioco richiedeva di collezionare materiali specifici per ciascun elemento da costruire: questo rendeva tutto più positivamente complesso e anche più realistico dal punto di vista del tema. In secondo luogo l’offerta ai sacerdoti, che nella nuova edizione avviene una volta in ogni partita in un momento prestabilito, nell’edizione originale poteva scattare più volte, o anche nessuna, a seconda dei risultati ottenuti lanciando dei dadi ogni volta che si costruiva un elemento del tempio: l’incertezza dava alla partita un elemento di tensione in più e rendeva assai più strategica la gestione della corruzione. Un’altra differenza importante, ma questa è in genere salutata con favore, è che nella nuova edizione la meccanica dei worshippers of Sobek è del tutto nuova dato che nel gioco originale le abilità speciali erano veicolate da carte appartenenti al mazzo generale.
Complessivamente, le nuove regole di Cleopatra and the Society of Architects sembrano andare verso una ulteriore semplificazione di un gioco che già nasceva come esperienza leggera, adatta anche a famiglie e non giocatori. Un gioco così semplice, e necessariamente destinato a diventare ripetitivo sul lungo periodo, non è in nessun modo in grado di reggere il peso, metaforico ma anche reale, di una componentistica così ipertrofica, traducentesi anche in uno spazio richiesto, a scaffale come sul tavolo, decisamente esagerato. Ci spiace molto perché aspettavamo con belle speranze la riedizione di questo grande classico, ma visti i risultati non ci sentiamo di consigliare il nuovo Cleopatra and the Society of Architects, se non, magari, a chi voglia fare un regalo a dei bambini, sfruttando il loro desiderio di giocattoli come pretesto per introdurli al gioco da tavolo.
Tre pregi di Cleopatra and the Society of Architects | Tre difetti di Cleopatra and the Society of Architects |
La versione dipinta è dipinta bene | Iperprodotto |
Le tessere mosaico sono molto belle | Materiali imperfetti e scatola scadente |
Da bambino mi avrebbe fatto impazzire di gioia | Regolamento eccessivamente semplificato |
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