Il fallimento della raccolta fondi per questo interessante progetto italiano è un fallimento solo ed esclusivamente comunicativo. Ma questo non lo rende meno grave. Scopriamo il perché.
[articolo originariamente pubblicato il 7 marzo 2014]
1. La forma è il contenuto
Qualche giorno fa, segnalavamo la presentazione, sul sito di raccolta di finanziamenti dal basso Kickstarter, di un interessante GdR interamente italiano, Zaharia. Ebbene, la campagna di raccolta fondi è stata un disastro totale ed è già chiusa: ma la cosa curiosa è che questo disastro non è dovuto a una timida risposta da parte del pubblico, bensì alla completa incapacità degli autori di gestire la piattaforma a cui hanno scelto di affidarsi per far decollare il loro progetto.
Il tema è interessante perché riguarda un argomento di cui ci capita spesso di occuparci nelle nostre recensioni e nelle conversazioni online a cui talvolta partecipiamo: il ruolo della comunicazione commerciale (altresì detta marketing) nella realizzazione dell’intrattenimento digitale. Spesso il problema è che le case di produzione millantano caratteristiche poi non presenti nel prodotto finito; in questo caso, invece, sono gli autori stessi a essersi dimostrati privi di ogni capacità e ambizione comunicativa. Il punto è che, per quanto sia spiacevole dirlo, in un sistema come quello in cui viviamo è perfettamente inutile avere idee geniali, se non sai raccontarle. Ed è altrettanto inutile avere in testa un progetto meraviglioso se non metti a punto, in parallelo col progetto stesso, un linguaggio che sappia comunicare al mondo la tua passione e la tua convinzione.
2. Presentare nascondendo
Zaharia è un progetto partito male solo ed esclusivamente dal punto di vista comunicativo, dato che dal punto di vista del contenuto è tra i pochissimi, su Kickstarter, ad aver reso disponibile fin da subito un prototipo del gioco. C’erano dunque sia le idee sia i mezzi per realizzarle. Ma le modalità di presentazione di queste idee erano talmente incerte da esser divenute immediatamente il vero tema di discussione tra gli appassionati non italiani. La pagina di descrizione del progetto su Kickstarter era corredata da un filmato nel quale gli autori parlavano un inglese imbarazzante, dando l’impressione di stare leggendo il ‘gobbo’; inoltre, nessuno di loro aveva una ‘presenza’ tale da giustificare l’apparizione in video, né sembrava esageratamente entusiasta di quel che stava dicendo. Un capitolo a parte meriterebbero ironia e simpatia, concetti a cui questi ragazzi sembrano del tutto estranei, come peraltro molti appassionati duri e puri. Ma se è da una parte comprensibile il fatto che il ruolo del “difensore della purezza del GdR” si accompagni al cinismo e alla disillusione, nel momento in cui chiedi a tutti (e non solo alla tua nicchia ristretta) un sostegno economico, devi per forza abbandonare la maschera dell’inquisitore e indossare quella della simpatia e dell’entusiasmo. E devi soprattutto mostrare quel che hai a disposizione con convinzione e con umiltà, dimostrando che sei perfettamente consapevole non solo di quel che hai in testa ma anche di quel che puoi realisticamente concludere, senza strafare inanellando promesse nebulose o parole vuote ma altisonanti. Prendiamo ad esempio questo passaggio della presentazione:
Our main purpose is to create a fantasy setting that is unique, but also one that feels realistic. To realize our vision, we’ve approached and studied a variety of subjects: history, philosophy, theology, anthropology, sociology and biology.
A voler credere a queste parole, siamo di fronte a dei novelli Leonardo da Vinci, esperti in quasi tutti i campi dello scibile umano. Ci si chiede perché stiano perdendo tempo a realizzare un videogioco e non stiano invece ricoprendo ruoli di responsabilità nelle università o nelle istituzioni governative.
Ma ciò che più stupisce, in quella scheda di presentazione, è forse il fatto che il prototipo del gioco, che è un elemento che non offre quasi nessuno fin dall’inizio e che quindi andava considerato il vero punto di forza del progetto, non compare quasi mai sotto forma di immagine. La pagina, al contrario, è piena di artwork, che sono il tipico riempitivo adoperato da chi non ha nulla di ‘serio’ da mostrare al pubblico. Siamo di fronte a dei ragazzi che hanno già realizzato un mezzo miracolo (un prototipo interessante e funzionante messo a punto senza raccogliere finanziamenti) e che riescono inspiegabilmente a nasconderlo, facendolo ‘vedere’ solo a quella minoranza di pubblico che ha la pazienza di scaricarlo e provarlo. Noi de La maschera riposta siamo andati contro i nostri principi (non giochiamo mai nulla che non sia fatto e finito) e l’abbiamo scaricato, ma non l’avremmo mai fatto se la pagina di presentazione avesse descritto il prototipo nei dettagli e attraverso tante immagini. E sarebbe stato doppiamente positivo, perché in questo modo non ci saremmo accorti dei difetti inevitabilmente presenti al suo interno. A quanto pare gli autori non hanno mai pensato al prototipo come a un espediente promozionale, ma come all’unica (o quasi) modalità di presentazione del prodotto. Come se tutto il mondo non vedesse l’ora di giocare a un demo realizzato da sconosciuti.
3. Sono un genio, dammi i soldi SUBITO!
Tutto quello che abbiamo scritto finora si rimpicciolisce e diventa un dettaglio se messo di fianco all’errore più grave fatto dagli autori di Zaharia. Quando si presenta un progetto su Kickstarter, bisogna accompagnarlo dal primo all’ultimo giorno di raccolta fondi con continui aggiornamenti, preparati ovviamente in anticipo, che facciano capire al pubblico quanto i suoi autori sono in fibrillazione e pieni di entusiasmo per quel che stanno per realizzare. Nelle uscite pubbliche, non deve mai trapelare il minimo dubbio sulla riuscita della raccolta fondi: nessuno è disposto a finanziare un progetto la cui riuscita è messa in dubbio dai suoi stessi autori. E non dovrebbe nemmeno trattarsi di una sorta di commedia: nel momento in cui credi nelle tue idee, la convinzione e l’entusiasmo dovrebbero esprimersi spontaneamente.
Soprattutto, la certezza di raggiungere l’obiettivo non deve essere scalfita nemmeno dal più infausto andamento della raccolta fondi. Ci sono decine di progetti che sono stati finanziati nelle ultime ore, se non negli ultimi minuti della campagna. Noi stessi abbiamo finanziato più di un progetto, ma l’abbiamo sempre fatto alla fine, poco prima della chiusura della raccolta fondi. Sono moltissimi a fare lo stesso, per un motivo abbastanza ovvio: voglio vedere il più possibile del progetto prima di metterci dentro del denaro. Quindi anche se sono convinto fin dall’inizio, magari aspetto di leggere un po’ di aggiornamenti prima di compiere il grande passo. Qual è stato invece il comportamento degli autori di Zaharia? Hanno messo quasi tutto nel piatto fin da subito, incluso il prototipo (la cui distribuzione forse sarebbe stato meglio vincolare al raggiungimento di un determinato capitale) e poi si sono seduti ad aspettare, rilasciando solamente sei aggiornamenti in due settimane, convinti forse che sarebbe bastata la bontà delle loro idee a raccogliere 120000 sterline in pochi giorni. Dopo due settimane, hanno semplicemente chiuso il Kickstarter, di fatto impedendo di contribuire a noi e a chissà quante migliaia di altre persone. E prima di chiudere hanno pubblicato uno sconcertante aggiornamento in cui affermavano che Kickstarter non era andato bene: ma si era solamente a metà della campagna! In pratica hanno consegnato il tema in bianco due ore prima della fine dell’esame, quando l’idea geniale per un tema può anche spuntare negli ultimi dieci minuti. Fuor di metafora: nessuno può prevedere cosa succede durante una campagna su Kickstarter, come dovrebbe sapere chiunque ha un minimo di confidenza con quella piattaforma. Pretendere di ricevere tutto o quasi nei primi giorni denota una ingenuità (o, peggio, un’arroganza) che non lascia sperare niente di buono per il futuro di questo progetto, che pure, a detta degli autori, non verrà abbandonato. Difficile crederci: all’atto pratico, l’hanno abbandonato fin da subito.
4. Il consenso buono
La triste vicenda di Zaharia può servire a comprendere molte cose. Per esempio il fatto che il talento non è sufficiente, da solo, ad affermare chi se ne fregia. Ma anche che il sostegno dovuto al talento va guadagnato sul campo, e non semplicemente a parole. Questa storia, però, ci dovrebbe soprattutto far capire come al talento creativo non si accompagni per forza il talento comunicativo, e che quest’ultimo è fondamentale per distribuire qualunque idea e con qualunque modalità. Di più: comunicare bene è fondamentale per la qualità stessa del prodotto finale, perché la qualità dipende anche dal sostegno ottenuto. Allargando il nostro raggio di pensiero, potremmo chiederci: quanto sarebbero migliori i prodotti Pirahna Bytes se questo gruppo di sviluppatori avesse investito di più nella comunicazione commerciale? La vulgata vuole che il grande consenso si accompagni sempre alla cattiva qualità: noi non siamo così pessimisti. Il grande consenso può anche darti la possibilità di perfezionare quel che fai, rendendolo migliore. In altri termini: non si deve per forza avere paura del consenso. Solo che convincere il mondo della bontà delle tue idee è un compito solo tuo. Rifugiarsi dietro il “nessuno mi capisce perché il mondo è popolato da idioti” è troppo facile. L’esperienza insegna che a nessuno piace farsi del male: se il tuo prodotto è davvero buono, e se sai comunicare, non ti sarà così difficile convincerci. Ma il primo a essere convinto, ovviamente, devi essere tu.