The Sims è un gioco di ruolo?

Il “simulatore di vita” sviluppato da Maxis è il prodotto videoludico di maggior successo di tutta la storia di questo giovane hobby. C’è qualche rapporto fra questo best-seller e il nostro genere preferito?

[articolo originariamente pubblicato il 4 maggio 2005]

1. La decadenza anticipata
Affermare oggi che la televisione è il regno incontrastato dell’idiozia è fin troppo facile: un po’ come sparare sulla croce rossa, direbbe qualcuno. Meno banale può essere cercare di andare indietro con la memoria, tentando di scoprire quando gli eventi hanno portato il piccolo elettrodomestico a diventare la pattumiera degli occhi. Perché è evidente che non è sempre stato così: quando la televisione era ‘piccola’, quando era in bianco e nero (io non sono così vecchio da ricordarmela, ma per fortuna esistono le registrazioni di repertorio), la televisione era fatta da professionisti veri. Sicuramente aiutati dal fatto che non esisteva l’esigenza di raggranellare quanti più spettatori possibile per poi offrire gli spazi pubblicitari al prezzo più elevato, gli autori dei primi programmi televisivi erano molto attenti al dettaglio, amavano le cose fatte bene e con calma. Chi ha visto una puntata di Studio Uno sa di cosa parlo. La differenza principale fra la televisione di oggi e quella di allora è che, allora, la televisione era fatta da lavoratori del settore, da professionisti dello spettacolo: attori, cantanti, ballerini. Stare davanti a una telecamera significava stare davanti a una platea di milioni di persone, quindi, si pensava, occorreva una preparazione ancora maggiore di quella necessaria per un palcoscenico teatrale. Questi ormai sono pensieri fuori moda. Oggi i grandi professionisti si barcamenano cercando di trovare un posticino a notte fonda in cui esibire le proprie capacità a un limitato pubblico di eletti che sa cercarli e trovarli (e anche videoregistrarli se ha la strana abitudine di passare la notte dormendo). Vedi i casi di Marco Paolini, Serena Dandini o Renzo Arbore. E loro tre tutto sommato sono privilegiati: molti fuoriclasse vengono estromessi del tutto dal mezzo televisivo, perché il loro ‘pensiero critico’ potrebbe mettere in crisi le limitate (secondo chi fa i palinsesti) capacità intellettive del pubblico in poltrona: vedi i casi di Michele Santoro o Daniele Luttazzi. Le fasce d’ascolto privilegiate sono occupate in pianta stabile da trasmissioni imbarazzanti in cui viene sbattuto in prima linea chi è palesemente incapace di fare alcunché, o perché non ha mai saputo farlo (vedi le trasmissioni con i giovani allo sbaraglio) o perché lo faceva, ma trent’anni fa (vedi le trasmissioni con i ‘vip’ riciclati). Se il supplizio si limitasse all’esibizione dei loro inesistenti talenti, passi. Il problema è che spesso le telecamere non si accontentano e cominciano a seguire queste teste vuote in ogni dove, facendoci credere che la loro vita privata possa avere un qualcosa di interessante; molte persone, non per colpa loro ma per mancanza di strumenti critici adeguati, ci cascano. Ecco allora che molti minuti preziosi di molte esistenze passano disquisendo dei litigi di tizio con caio, del fatto che la persona A parla male della persona B, o del fatto che la persona X flirta con la persona Y che però a sua volta ci prova con la persona Z. Il fatto è che molti uomini sono per natura inclini al vouyerismo, esattamente come molti uomini sono per natura inclini alla violenza e alla sopraffazione. Se chi produce mezzi di comunicazione avesse un minimo di etica, sentirebbe su di sé l’esigenza di andare oltre il solleticamento dei bassi istinti del pubblico, e saprebbe che è possibile cercare strade diverse, tentando di far venir fuori quanto di buono c’è dentro ciascuno dei singoli che compongono la massa dell’auditel e dello ‘share’.
Ma perché tutte queste disquisizioni sulla televisione in un sito dedicato ai giochi di ruolo per computer? Il fatto è che fu proprio un videogioco, nell’ormai lontano 2000, ad anticipare la moda imperante del reality show. Il gioco in questione si chiama The Sims e lo conoscono più o meno tutti, anche quelli che non videogiocano mai, per il fatto che si tratta del videogioco più venduto (e di conseguenza più discusso) della storia. Quando uscì (oggi è in commercio la seconda versione), fu definito da molti un simulatore di vita. In realtà è più corretto definirlo un simulatore di reality, e ora vediamo perché.

2. Situazioni normali e situazioni ‘estreme’
The Sims è un gioco a suo modo molto innovativo. Attraverso la sua interfaccia, vengono messi sotto il nostro controllo alcuni personaggi virtuali: persone normalissime e non supereroi, immersi nel mondo d’oggi e circondati dagli oggetti che circondano normalmente le nostre esistenze di ricchi occidentali. Ciascuno di questi personaggi ha una serie di bisogni e di desideri, e sta al giocatore cercare di soddisfarli: la non-riuscita dell’intento provocherà conseguenze negative per il personaggio, ed è anche contemplata la possibilità della sua morte. I bisogni sono sia di tipo fisico (mangiare, dormire, andare in bagno) sia di tipo psicologico (divertirsi, socializzare): in pratica il giocatore deve prendersi cura dei suoi simmini badando alle loro esigenze quotidiane, come in una sorta di più sofisticato Tamagotchi. La seconda versione del gioco ha introdotto un elemento di complicazione ulteriore: i simmini nascono, invecchiano e muoiono e quindi al giocatore spetta anche il compito di farli accoppiare e procreare così da avere sottomano qualche erede con cui continuare la partita. Oggi i giochi che non mettono davanti al giocatore degli obiettivi precisi sono abbastanza consueti, ma non era così cinque anni fa: al momento della sua uscita, The Sims sembrò a molti un gioco noioso, privo di stimoli, insensato. Perché spendere tempo a riprodurre su un monitor la vita quotidiana di una persona, con tutti i disagi e i limiti della routine che quotidianamente sperimentiamo sulla nostra pelle? Probabilmente in pochi avrebbero scommesso di essere di fronte a un gioco che sarebbe diventato pietra di paragone del mondo videoludico infrangendo ogni precedente record di vendite. Come si spiega tutto questo successo? I critici si sono sbizzarriti. Secondo alcuni, il gioco consente a ciascuno di costruirsi la sua vita dei sogni, immedesimandosi del tutto con il suo simmino. Secondo altri ha più merito il tool di costruzione della propria casa, che consente di costruire e personalizzare ogni dettaglio dell’abitazione dei nostri sogni. Secondo altri ancora, la principale freccia all’arco del gioco è la sua possibilità di personalizzazione e di espansione, infinite almeno quanto è infinitamente varia la vita. Secondo altri ancora, infine, il gioco avrebbe avvicinato al computer una tipologia di giocatori che fino a quel momento se n’era tenuta alla larga, poco interessata alle atmosfere fantascientifiche che permeano molti videogiochi: è un dato di fatto che The Sims sia il videogioco più giocato in assoluto dalle ragazze (anzi, praticamente il 90% delle videogiocatrici gioca solo a The Sims). In ogni caso, la domanda che prima ci si poneva resta: cosa c’è di così divertente nel costruire sul monitor una vita identica o quasi a quella che conduciamo tutti i giorni? Secondo me si è posta poca attenzione su un fatto: in The Sims, gli esserini virtuali che popolano il nostro monitor non dipendono del tutto dalle scelte del giocatore; hanno, al contrario, un certo grado di autonomia decisionale, se così si può dire. Se un simmino se la sta facendo addosso, non aspetterà il nostro input prima di andare in bagno: ci correrà da solo. Il gioco viene catalogato come gestionale appunto per questo: è caratteristica tipica dei gestionali conferire alle ‘pedine’ un grado di obbedienza inferiore a quello presente nelle pedine dei giochi strategici, che invece di solito non decidono quasi nulla in autonomia. La cosa sembra un dettaglio, ma non lo è affatto: il fatto che i simmini vivano (o tentino di vivere) indipendentemente dalle scelte fatte dal giocatore è a mio avviso uno dei segreti del successo di questo titolo. Il fatto che i personaggi abbiano una intelligenza artificiale indipendente ha una conseguenza importante sul ruolo assunto dal giocatore, che può sì immedesimarsi del tutto in uno dei simmini, ma contemporaneamente può anche assumere un ruolo semi-divino e divertirsi a giocare con le loro reazioni piazzandoli nel bel mezzo di circostanze strane o sgradevoli. Insomma, The Sims sembra progettato apposta per solleticare il piacere perverso che molte persone provano nello spiare il prossimo: adoperando il gioco in un certo modo, possiamo dare vita a una sorta di Grande Fratello virtuale. E’ sufficiente creare alcuni simmini, metterli dentro una casa e osservare cosa succede. Se la faccenda diventa noiosa, è possibile renderla più interessante facendo succedere qualcosa di buffo, tipo facendo flirtare un simmino con la simmina che più lo odia di tutta la casa: se ne vedranno delle belle. Il retro della confezione di The Sims 2 è lampante in questo senso: la frase riportata sotto alcune immagini del gioco è “Crea i tuoi Sims, coinvolgili in situazioni estreme”. Insomma, sembra che la cosa più bella del gioco non sia far vivere bene i personaggi cercando di accontentarli il più possibile (come sarebbe forse logico pensare) bensì crearli, far vivere loro dei guai e divertirsi alle loro spalle. Mi sembra evidente il legame fra chi usa il gioco in questo modo e chi si diverte un mondo con i reality show: il grande successo di questo prodotto videoludico si spiega anche per la sua vicinanza con i prodotti peggiori dell’intrattenimento televisivo.

3. The Sims e il gioco di ruolo
Il fatto che in The Sims sia possibile creare un personaggio e farlo vivere ha fatto nascere un dibattito sulla sua possibile natura di gioco di ruolo. In The Sims non ci sono quest né c’è una storia da seguire, ma se pensiamo che anche un gioco di ruolo come Morrowind  può essere giocato senza badare alla storia e alle quest (cioè semplicemente facendo ‘vivere’ il personaggio), ci potrebbe venire il dubbio che sotto sotto anche il simulatore di vita Maxis possa rientrare nella categoria pertinente al nostro hobby preferito. Anche perché sotto certi aspetti è perfino possibile scegliere una ‘classe’ per il nostro simmino: oltre che per un carattere preciso, possiamo optare per una carriera lavorativa piuttosto che per un’altra, con tutte le conseguenze del caso. Ma vediamo di costruire un ragionamento il più possibile scientifico. Un buon punto di partenza può essere la definizione minima di gdr data nella sezione Cos’è un gioco di ruolo? Eccola: “è gioco di ruolo qualunque gioco in cui uno o più partecipanti assumono i panni di un personaggio immaginario (o anche di un piccolo gruppo di personaggi immaginari) e ne gestiscono la caratterizzazione, dal momento della creazione ai momenti di crescita successivi, o anche solo per un certo periodo della ‘vita immaginaria’ dei personaggi in questione”. In The Sims, è possibile gestire la caratterizzazione di un personaggio immaginario dal momento della creazione ai momenti di crescita successivi? Apparentemente sì. Alcuni appassionati di gdr mettono appunto l’accento sull’uso che del prodotto viene fatto, piuttosto che sulle sue qualità intrinseche. Esattamente come Morrowind può essere giocato come uno sparatutto ambientato in un mondo fantasy oppure come un perfetto gioco di ruolo, così The Sims può, secondo queste persone, essere giocato sia come bieco ‘simulatore di reality’ sia come raffinato gdr ambientato nel mondo d’oggi. Secondo me, tuttavia, queste persone non prendono in considerazione l’aspetto che prima tentavo di far emergere, cioè il fatto che tutti i simmini, anche quello controllato dal giocatore, sono dotati di intelligenza artificiale e presentano un certo grado di autonomia nelle scelte. In altre parole, in The Sims è impossibile, secondo noi, realizzare una vera interpretazione, perché per realizzarla è assolutamente necessario che il personaggio che interpreto sia totalmente dipendente da me. Il concetto di ‘intelligenza artificiale’ è importantissimo in un gioco di ruolo per computer, ma la sua applicazione deve riguardare unicamente i NPC, i personaggi controllati dal computer, e non il personaggio interpretato dal giocatore. Qualcuno potrebbe ribattere che il piccolo grado di indipendenza dei simmini possa, al contrario, aiutare la separazione fra giocatore e personaggio che deve essere alla base dell’interpretazione. Alla qual obiezione è facile rispondere che tale separazione deve avvenire sulla base di una forte consapevolezza e non di una mera costrizione. In altre parole: non devo sentirmi altro dal mio personaggio perché il mio personaggio fa di testa sua, ad esempio rifiutandosi di obbedire a un comando se è di cattivo umore (cosa che capita sistematicamente in The Sims); devo sentirmi altro perché solo l’esser-altro dà senso all’interpretare. Anzi, capovolgendo l’obiezione di cui sopra, potremmo dire che è proprio il potere assoluto che il giocatore di gdr ha sul proprio personaggio a definire la separazione fra questi due elementi, dato che le limitazioni e gli ostacoli che The Sims pone al controllo del personaggio ricalcano (volutamente) i limiti intrinsechi nella vita quotidiana dell’uomo e della donna d’oggi, vanificando la carica libertaria insita nel gdr e spingendo verso una totale identificazione giocatore/personaggio, anche in virtù dell’ambientazione. Secondo me il punto è questo: non si tratta tanto di cercare se c’è o non c’è una storia, se si parla tanto o poco, se si combatte o no, se c’è libertà d’azione o no. Tutti questi elementi (importantissimi in sede di giudizio e recensione, ovviamente) sono solo elementi di contorno nel momento in cui si cerca di individuare la natura di un prodotto, che non si deve basare sulla frequenza con cui si incontrano certe caratteristiche, ma sulla natura delle medesime. In questo senso, lo stesso Diablo II è infinitamente più gioco di ruolo della serie The Sims.

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