Non fanno più i GdR di una volta!

Ci si può fidare della nostalgia? Ascoltando i pareri di chi gioca di ruolo da decenni, sembra che i prodotti migliori realizzati per computer siano quelli più lontani nel tempo, quando le software house, non avendo molto da lavorare nella grafica, dedicavano quasi tutti i loro sforzi ai ‘contenuti’. Ma sarà vero? Il sito americano RPGVault ha chiesto un parere a un gruppo di importanti sviluppatori: dato l’interesse e lo spessore delle risposte, La maschera riposta ha deciso di tradurre il lungo articolo e di offrirlo ai lettori italiani. Buona lettura!

Nota: questo articolo è la traduzione della sesta ‘tavola rotonda sui RPG’ organizzata da RPGVault, ai cui autori va tutto il credito del caso. Il sito non esiste più e non ci risulta che l’originale sia rinvenibile online. Il testo tra parentesi quadre è un mio commento a quanto scritto sopra. Tradotto e pubblicato su gentile concessione della redazione di RPGVault.

[articolo originariamente pubblicato il 3 novembre 2006]

Avendo dato vita a una grande e crescente quantità di titoli e di serie capaci di trasportarci dai confini del mondo mortale verso una vasta gamma di regni immaginari, dove abbiamo intrapreso avventure epiche, incontrato personaggi intriganti, visitato luoghi affascinanti e combattuto nemici potenti, il genere del RPG occupa un posto significativo nella storia del videogioco. Questa particolare categoria ha anche alimentato la creatività e il talento di parecchi sviluppatori, che sono oggi indicati come pionieri, visionari, vere e proprie leggende degli anni passati. Dato che quest’industria in realtà è ancora giovane, molti di loro sono ancora attivi e continuano a costruire la propria eredità e a ispirare la generazione successiva di autori. Fra questi ultimi, alcuni si sono già fatti conoscere, altri guadagneranno reputazione man mano che le loro creazioni arriveranno sui nostri hard disk.
Per migliorare la nostra comprensione dei giochi di ruolo per computer e di come vengono realizzati, abbiamo dato vita a una serie di iniziative durante le quali riuniamo diversi sviluppatori per discutere di determinati temi connessi con il loro lavoro. Abbiamo tentato di dare a questi incontri virtuali l’atmosfera che si respira in certe conferenze con partecipanti eterogenei, da vere icone del settore a quasi-esordienti, cercando di rappresentare sia le grandi case di sviluppo sia i gruppi semi-amatoriali. Anche se è difficile riprodurre la spontaneità delle conferenze ‘vere’, siamo comunque in grado di chiedere a persone con storie anche profondamente diverse di condividere i loro punti di vista su certi temi e problemi che non sempre possono essere visti alla stessa maniera. Questa volta abbiamo deciso di chiedere delle opinioni su un tema che sicuramente risulterà familiare.

Argomento: “Non fanno più i RPG di una volta”
Questa tesi viene sostenuta molto spesso. Il più delle volte viene fatta propria da chi ha una grande esperienza all’interno di questo genere di intrattenimento. Molti ricordano con grande affetto i titoli classici giocati durante i cosiddetti ‘anni d’oro’, solitamente collocati attorno alla metà degli anni Novanta. Abbiamo pensato potesse essere interessante sentire cosa ne pensano gli sviluppatori in proposito.

D.W. Bradley (Heuristic Park: Dungeon Lords, Wizards & WarriorsWizardry)
Chiunque abbia sperimentato la nascita del gioco per computer durante gli anni Settanta e Ottanta o che abbia usato per la prima volta una tastiera negli anni Novanta, chiunque abbia giocato qualcuno dei RPG delle origini sentirà evocare dalla frase riportata sopra una sorta di nostalgia comprensibile soltanto per chi c’era. E’ un fatto che la magia e l’eccitazione che erano un tempo il tratto di molti RPG oggi sembra scomparsa, un qualcosa di intangibile e indefinibile che si perde nei meandri del passato. Eppure… Se dovessimo confrontare i computer di oggi con quelli di un tempo, i primi sorpassano i secondi in base a ogni possibile standard; la grafica e la tecnologia sono avanzate in modo incredibile, le performance hanno raggiunto livelli impensabili e tristi immagini composte da solo quattro colori sono state sostituite da visioni spaventosamente realistiche. Eppure… Il senso che manchi qualcosa è comprensibile: nonostante i gloriosi avanzamenti tecnologici, ci si chiede cos’è capitato al fascino di essere trasportati magicamente in terre e regni lontani. E’ successo che queste terre vivevano nella nostra immaginazione. E i giochi di oggi hanno come obiettivo quello di annullare la nostra immaginazione per portare l’esperienza direttamente dallo schermo alla nostra mente, dove tutti i regni magici e lontani esistono, sono sempre esistiti e sempre esisteranno.
I giochi odierni hanno in un certo senso passato una linea. Non dipendono più dalla loro capacità di stimolare la nostra immaginazione (anzi, se qualche gioco lascia spazio all’immaginazione viene spesso mal giudicato per questo!); la maggioranza di essi mira al contrario a stimolare aree del cervello e del sistema nervoso che sono connesse direttamente con la percezione della realtà esterna. Il successo di molti giochi contemporanei deriva dalla loro capacità di eliminare ogni suggestione effimera, di definire la realtà attraverso i singoli oggetti che la compongono invece che di evocare i fantasmi presenti nella nostra mente. Attenzione, la capacità tecnica di realizzare mondi virtuali realistici è un traguardo positivo, ma fino a questo momento l’industria ha investito gran parte dei suoi sforzi in questo aspetto trascurando il contenuto, il messaggio, lo scopo.
Questa concentrazione contemporanea sul mondo virtuale realistico non significa che i RPG non proveranno mai più a stimolare la nostra immaginazione o a catturare la nostra mente. L’evoluzione del game design e della tecnologia continueranno per decenni, se non per secoli. Il computer è il primo medium che può comunicare non semplicemente tramite parole o immagini, ma attraverso una esperienza ‘viva’: abbiamo ancora una lunga strada davanti nella comprensione e nello sviluppo delle sue potenzialità. La popolarità dei giochi per computer che hanno come punto di maggior merito lo stimolo visivo e auditivo della nostra capacità di cogliere la realtà esterna significa semplicemente che questo particolare settore è quello che attualmente contribuisce maggiormente all’evoluzione della nostra specie, se così si può dire.
Sì, manca qualcosa, ma il solo fatto che in molti percepiscano che manchi qualcosa indica che il futuro ci porterà qualcosa di nuovo e diverso: siate sicuri che qualcuno sta lavorando per portarvelo…
Alla base di ogni raggiungimento umano stanno coloro che sono pieni di così tanta passione da dedicarsi costantemente alla creazione di cose nuove, all’elaborazione di nuove idee, di nuovi mondi, di nuove scoperte. Sono queste persone ad accendere la nostra immaginazione e quindi anche a nutrire il nostro spirito.

[Bradley introduce secondo me un tema molto significativo, che meriterebbe di essere maggiormente approfondito un po’ in tutte le sedi. Alcuni aspetti della questione meritano definizioni più precise: per esempio, alcuni RPG, pur rappresentando la realtà in modo realistico nei suoi dettagli, stimolano comunque la fantasia lasciando il giocatore libero di vivere la ‘sua’ storia. Altri, viceversa, dirigono il giocatore dentro una storia definita ma lo lasciano libero di immaginare certi particolari dell’ambientazione o dei personaggi. Il punto fondamentale, che perfino molti specialisti e appassionati mostrano di non aver ben capito, è che il RPG non ha il compito di ‘mostrarci tutto’, ma di evocare quel tanto che basta da scatenare la nostra fantasia e quindi il nostro divertimento].

Ferret Baudoin (Bioware: Dragon Age)
Penso che entri in gioco la nostalgia quando le persone parlano dei vecchi RPG dei tempi passati idealizzandoli. A me capita piuttosto spesso di riprendere in mano vecchi titoli e rigiocarli: FalloutBaldur’s GateUltima e Martin Dreams. Ma giocarli è per tre quarti un piacere e per un quarto una scocciatura, almeno per me. E questo succede perché in realtà i RPG, negli ultimi anni, sono andati costantemente migliorando.
Molti vecchi RPG resistono bene alla prova del tempo, almeno se il fruitore riesce a tollerare la grafica datata. Spesso essi avevano obiettivi che oggi paiono dimenticati. C’era più esplorazione, un maggior numero di side quest, e le cose potevano essere davvero enormi (a volte anche troppo, onestamente). Aggiungere contenuto era incredibilmente economico all’epoca: un designer con una certa idea poteva svilupparla fino in fondo senza spendere troppo. Anche se c’era bisogno di un nuovo elemento grafico, bastava offrire una pizza a un artista senza troppe pretese per trovarsi tra le mani un nuovo sprite 2D. I giocatori poi non avevano l’aspettativa di vedere tutto dentro il gioco: qualche oggetto o qualche creatura potevano essere una semplice descrizione testuale. In pratica, i vecchi giochi potevano contare sul potere dell’immaginazione del fruitore, un po’ come fanno i libri.
Mi stanco presto dei vecchi RPG perché questo genere è migliorato molto negli ultimi tempi. La grafica è la cosa più ovvia a cui pensare. Ma con l’aumento dei costi per la realizzazione di un gioco, gli autori hanno cominciato a spendere molto più tempo nel migliorare ogni aspetto dei loro giochi. Il testo viene controllato più volte, le sezioni vengono giocate e rigiocate per appurare che non vi siano errori. Tutte le parti di un gioco sono realizzate con più attenzione, e questa è una cosa buona. Nell’insieme, i RPG stanno imparando dal loro passato. Niente più ‘cacce al pixel’, i dialoghi sono generalmente scritti in modo più intelligente e il gameplay sta migliorando e si sta espandendo come si espande una valanga man mano che rotola verso il basso.
Oggi c’è meno spazio per l’immaginazione perché i giochi hanno bellissimi filmati dove si vede l’esercito che avanza anziché sentirne solo parlare. Ci si può avvicinare di più ai personaggi dato che di solito le loro voci sono doppiate… cosa che è una croce e una delizia dato che adesso neanche più la parola scritta è economica.
In generale sono ottimista sul presente e sul futuro dei RPG. Gli sviluppatori hanno a disposizione più strumenti per presentare la loro visione del divertimento e per disegnare mondi diversi e lontani, e qualche volta il risultato sembra degno di Hollywood. Ci sono cose che mi mancano del passato, ma con un buon emulatore DOS si può sempre tornare indietro per un po’ 🙂

[La tesi di fondo di Baudoin può essere accettabile, ma il suo intervento pecca di eccessivo ottimismo; purtroppo siamo quotidianamente testimoni di prodotti che sono tutto fuorché ottimizzati o controllati più volte prima di essere messi in commercio. A me pare anzi che il trend sia esattamente l’opposto: oggi il vero betatester è il pubblico pagante].

Alexander Mishulin (Nival Interactive: Night WatchHammer & SickleSilent Storm)
“Non fanno più i RPG di una volta” è una frase che si sente spesso al giorno d’oggi, sia dai giornalisti sia dai giocatori stessi. C’è una parte di verità in questa frase, specialmente se parliamo di giochi per computer.
Ci sono due tendenze nella creazione di RPG oggi: action-RPG, che sono per lo più cloni di Diablo con una grafica migliore ma la stessa idea base (uccidi, raccogli gli oggetti, ripeti) e RPG ‘aperti’ con grandi e bellissimi mondi pronti per essere esplorati, pieni di possibilità e di missioni ma privi di profondità e di una storia davvero coinvolgente. Se non mi credete, date un’occhiata a cos’è stato pubblicato negli ultimi tre anni: SacredDungeon Siege II e Titan Quest appartengono al primo tipo; Gothic 3 e The Elder Scrolls IV: Oblivion appartengono al secondo tipo; Knights of the Old Republic 2 e l’imminente Neverwinter Nights 2 non entrano in nessuna delle succitate categorie. Dove conducono questi trend? Entrambi vanno verso un medesimo obiettivo, ma con strade diverse: il MMORPG. Già adesso sono molto simili a quello che potremmo chiamare un MMORPG per giocatore singolo. Mentre gioco a Oblivion, spesso mi trovo a pensare che potrei fare quasi le stesse cose in World of Warcraft, con la differenza che sarebbero più interessanti dato che avrebbero conseguenze maggiori su di me e sul mio personaggio. Quindi questi tipi di RPG, con gli stessi processi che si ripetono e con il medesimo approccio al game design, hanno iniziato a muoversi sullo stesso terreno dei MMORPG. Però mancano di una componente fondamentale, l’interazione sociale, e senza di essa con ogni probabilità perderanno la competizione con il MMORPG, quindi questi trend sono perdenti.
C’è poi un’altra questione: durante gli ultimi anni, la storia è diventata una componente importante praticamente in ogni genere, dato che ogni genere si è evoluto e ha in qualche modo incorporato buone narrazioni e personaggi credibili. I RPG si sono mossi nella direzione opposta: la storia è diventata meno importante, i personaggi sono solo abbozzati, e il genere in passato più legato alla storia oggi manca proprio della storia, mentre i giochi d’azione e i FPS, paradossalmente, ce l’hanno.
Infine, ma non è meno importante, parte dell’attuale situazione è causata da un declino di questo genere particolare, che spero sia temporaneo. Nel 2004 sono stati pubblicati solo due RPG importanti. Ora sono cinque, che è un passo avanti, ma sono ancora pochi rispetto ad altri generi. A causa di questo e dei rischi connessi, gli sviluppatori sono stati riluttanti a spostarsi da soluzioni già sperimentate. La mancanza d’innovazione nell’intera industria e nei RPG in particolare è un tema caldo in ogni conferenza di settore, ma credo faccia bene sottolinearlo: questo genere ha bisogno di innovazioni.
Ironicamente, i MMORPG sono molto più innovativi. Basti l’esempio di un gioco che vanta una storia, dei personaggi ben definiti e un sistema di combattimento originale: Guild Wars. La cosa divertente è che in molte recensioni veniva chiamato un MMORPG che si può giocare da soli. E anche se è stato progettato come un MMORPG, e quindi tenendo conto delle relazioni sociali, è più fresco, più innovativo e più vicino a “quei bei giochi di una volta” di tanti altri RPG anche apparentemente più ‘ortodossi’.
Quindi, c’è ancora una possibilità di tornare ai bei RPG di una volta: basta che qualcuno si decida finalmente a raccontarci una storia.

[Potrei ribattere per ore a tutte le inesattezze contenute in questa riflessione, ma preferisco soprassedere. Consiglio a Mishulin di ripassare la definizione di “gioco di ruolo” in un buon dizionario :-)]

Jan Beuck (Legend: Hand of God)
Anzitutto, penso che la frase di partenza sia giusta. “Loro”, cioè noi sviluppatori di RPG, non facciamo più i RPG come li facevamo 10, 15 o 20 anni fa. E’ un bene o un male? Per rispondere, dobbiamo considerare che cosa è cambiato. E siccome è un argomento vasto, sceglierò un singolo tema, la grafica. La grafica è migliorata. O forse no?
Sicuramente è maggiormente realistica, ma una grafica moderna è in grado di supportare meglio o peggio il gameplay? La risposta, paradossalmente, è: peggio. Per esempio, colori schematici e visuale dall’alto rendono le cose più chiare che non colori fotorealistici e vista da dietro alla FPS, che riducono la visuale e il senso di controllo sulla situazione. Non sono il primo game designer a dirlo, ma la faccenda viene semplicemente ignorata! Leggete questo estratto da una intervista con il designer Koji Igarashi, perché io non potrei spiegarlo meglio di lui:
Domanda: quando un gioco passa dalle 2 alle 3 dimensioni, spesso il gameplay deve cambiare completamente. Pensi che si possano veicolare gli stessi mecccanismi d’azione o di piattaforma in 2 o in 3 dimensioni?
Koji Igarashi: no, è praticamente impossibile arrivare a veicolare la stessa giocabilità. Il gameplay in 2D è preciso: un singolo pixel può determinare l’accuratezza di un attacco, di una difesa, di un salto. In un ambiente 3D, la valutazione della distanza è più sottile e il controllo deve lasciare più spazio all’errore. Nel 2D la distanza fra il giocatore e il nemico è importante e deve essere attentamente calcolata; nel 3D non è importante la distanza ma piuttosto il ritmo degli attacchi. La transizione diretta dalle 2 alle 3 dimensioni non funziona, e ci sono varie prove di questo.
Domanda: preferisci le 2 dimensioni?
Koji Igarashi: assolutamente, adoro il 2D.
Cosa preferite voi, il vecchio gameplay con la vecchia grafica o il nuovo gameplay con la nuova grafica? Dipende da voi: se preferite il vecchio, procuratevi un programma come DOSBOX e giocate ai grandi bei giochi del passato 🙂
Nel frattempo, diamo un’occhiata a un altro tema. Si sa che i RPG sono il genere a cui si ruba di più: al giorno d’oggi si trovano l’equipaggiamento, i punti esperienza, lo sviluppo del personaggio e i dialoghi non solo in molti FPS (Deus Ex), che un tempo erano il prototipo del gioco ‘stupido’, ma addirittura nei giochi di skateboard (Tony Hawk’s American Wasteland) che fino a poco tempo fa si concentravano solo sullo… skateboard. Meno risaputo è che anche i RPG hanno rubato aspetti ad altri generi: per esempio alcuni (Oblivion) usano la visuale in prima persona e l’action-combat tipico dei FPS. Questo li rende meno ‘per appassionati’ di Ultima VII: qualcuno anzi potrebbe dire che più si ruba ad altri generi e più si perde della propria identità.
Dato che molti affermerebbero che la ragione principale di tutto questo è il maggiore costo dello sviluppo, che implica si debba riscontrare poi un consenso di massa, vorrei porre l’accento su un’altra questione. Le persone che dicono “non fanno più i RPG di una volta” sono le stesse che dicono “Continuano a fare giochi tutti uguali”? Io non lo so, ma certamente esiste anche quest’ultimo gruppo.

[Il tema del passaggio dal 2D isometrico al 3D in prima persona e delle sue conseguenze sulla giocabilità è interessante, ma credo che Beuck giunga a conclusioni affrettate. Anzitutto credo che, dal punto di vista ruolistico, ciascuna delle due soluzioni abbia lati positivi (e lati negativi). Ma soprattutto credo che la visuale isometrica non sia affatto stata abbandonata, neanche dai publisher maggiori (vedi Titan Quest o Neverwinter Nights 2)].

Jeff Vogel (Spiderweb Software: GeneforgeAvernum)
La tentazione nel controbattere alla frase di cui sopra è di essere troppo semplicistici. Prima risposta semplicistica: certo, i RPG non sono più come una volta. Una volta *si facevano* RPG. The Elder Scrolls IV: Oblivion è un bel gioco, ma il motivo principale per cui ha ottenuto tutta questa ammirazione è stato il fatto che finalmente una grande casa di sviluppo aveva realizzato un grande RPG per giocatore singolo. Wow! Seconda risposta semplicistica: certo, i RPG non sono più come una volta. Una volta venivano giocati da un giocatore. Adesso vengono giocati da migliaia di giocatori contemporaneamente. Eravamo abituati a scappare dall’idiozia del mondo immergendoci in un gioco di ruolo. Adesso gli idioti ci seguono dentro il gioco.
Io comunque ho una risposta meno semplicistica, che arriva dai miei tanti ricordi del passato, dato che iniziai con Wizardry e Ultima ben 23 anni fa (sì, li ho contati). I RPG sono più belli, più grandi, più luccicanti, ma sono fondamentalmente lo stesso gioco di quegli anni. Uccidi dei mostri. Ottieni esperienza e oggetti. Usali per uccidere mostri più grandi. E’ la solita soddisfacente procedura, l’illusione di aver creato qualcosa e di averla migliorata con il tempo. Che siano single player o MMORPG, vecchi o nuovi, per PC o per console, il fondamento di questi giochi è lo stesso.
Ciò che è cambiato è che la durezza dei primordi si è addolcita e il contesto è migliorato. Sapevate che quando si moriva nel vecchio Wizardry l’intero party veniva perso nel dungeon e bisognava crearne un altro per andare a recuperare i vecchi corpi? Oppure, bisognava adoperare un editor dei personaggi. Mio Dio! Che cosa sadica!
I sistemi di inventario erano macchinosi. I personaggi e le storie erano rudimentali. I combattimenti erano semplicistici. L’ambientazione era povera di dettagli. L’interfaccia a volte era fastidiosa.
Ora siamo usciti da questi momenti difficili. Come in tutti gli altri generi, abbiamo dato vita a una lunga serie di miglioramenti che hanno reso più piacevole il nostro gioco e che hanno dato vita a contesti e storie capaci di coinvolgerci anche a livello emozionale. E’ un po’ come il percorso da Warcraft a Warcraft 3. Alla base il gioco è lo stesso, ma migliorato sotto tutti i punti di vista.
Quindi non facciamo più i RPG di una volta: facciamo lo stesso gioco, ma meglio.
E se davvero volete sfogare la vostra nostalgia su di me, fatelo. Prima però dovete giocare a Ultima IV. Provate. E’ gratis adesso. Nessuno ha ammirato quel gioco più di quanto ho fatto io. Era una rivoluzione dentro una piccola scatola. Adesso però è ingiocabile.

[Credo che Vogel centri il punto della questione: spesso ci dimentichiamo che, se alcune cose rispetto al passato sono peggiorate, altre sono migliorate, e anche molto. E non sto parlando solo della grafica. Del tutto condivisibile è poi la frecciata ai MMORPG, che potremmo ribattezzare “i giochi di ruolo aperti anche agli idioti” :-)].

Erich Schaefer (Flagship Studios: Hellgate: London)
A me sembra che ci siano molte similitudini fra i RPG del passato e quelli che giochiamo oggi. Facciamo ancora crescere di livello i personaggi, esploriamo ancora caverne e sotterranei, otteniamo ancora equipaggiamento sempre più potente e disegnamo ancora ogni quadratino di ogni sotterraneo su fogli di carta millimetrata. Come? Non fate mappe dei sotterranei sulla carta millimetrata? Ma i sistemi di mappatura automatica sono per gli idioti!
Per tornare seri, quando si parla delle differenze, la prima cosa che salta all’occhio è il passaggio dal RPG basato sul party al RPG basato sul singolo eroe. Nei miei vecchi giochi preferiti, come WizardryBard’s Tale o la serie di Might and Magic, il giocatore creava un party di sei personaggi prima di mettere un solo piede nel mondo di gioco. Anche nella serie Ultima i personaggi sono sempre stati almeno due.
In questi giorni invece ciascun giocatore muove solitamente un solo personaggio: pensiamo a OblivionWorld of Warcraft o anche Diablo. Alcune ragioni per questo cambiamento riguardano la grafica e il sistema di controllo dei nuovi motori. Se devi manovrare in un ambiente tridimensionale manipolando costantemente in tempo reale la tua distanza rispetto ai nemici, è molto più semplice dare al giocatore il controllo di un solo avatar.
Forse però la spinta maggiore verso il RPG basato sul singolo avatar è stata per così dire ‘sociale’. In quest’epoca di dominio del multiplayer e del MMO, il tuo unico eroe rappresenta te stesso, il giocatore, in relazione a tutte le altre persone che si possono incontrare online. Penso che questo trend rinforzi positivamente il concetto di ciò che dovrebbe essere il gioco di ruolo. In un certo senso al giorno d’oggi ciascuno interpreta un ruolo in relazione ad altre persone che interpretano i loro rispettivi ruoli, in opposizione all’interpretare simultaneamente sei ruoli e al simulare quali potrebbero essere le loro interazioni. Un beneficio è che il tuo personaggio è più caratterizzato rispetto agli altri. Le sue abilità e il suo equipaggiamento lo definiscono all’interno del mondo di gioco. Le sue realizzazioni possono venir paragonate a quelle degli altri giocatori. Queste dinamiche sociali possono essere raggiunte con maggior facilità se si agisce con un solo personaggio; è difficile che un party di sei personaggi possa avere una ‘personalità’.
Quanto ai lati negativi, credo che lo sviluppo di RPG al giorno d’oggi sia limitato a livello di immaginazione. Con un budget altissimo e la necessità di assumere sviluppatori specializzati per ciascun aspetto della realizzazione, è difficile lasciare la creatività correre liberamente. Forse sto guardando al passato con il condizionamento della nostalgia, ma mi sembra che nei ‘bei tempi andati’ un singolo designer dotato di fantasia e coraggio potesse creare, per esempio, un livello ambientato in un’astronave dentro un RPG fantasy! Magari sarà anacronistico, magari non aiuterebbe lo svolgimento della trama… ma sarebbe certamente divertente.
In questi giorni, anche se io personalmente ho le mani abbastanza libere di creare anche le cose più bizzarre che mi vengono in mente, è complicato mantenere uno spirito realmente libero quando nel tuo lavoro devi coinvolgere artisti, disegnatori, designer dei livelli, autori dei codici, sceneggiatori e una dozzina di altri specialisti. Loro hanno del lavoro da fare! E mentre spieghi perché una cosa sarebbe bellissima alla decima persona, inizi a perdere l’entusiasmo per il livello ambientato nell’astronave. Varrà la pena spenderci 50000 dollari? E’ forse una cosa più importante del momento critico di una certa quest? No, direi di no. Quindi, a volte sento nostalgia per i giorni nei quali era tutto più semplice, quando uno o due sviluppatori potevano realizzare quello che volevano per conto proprio.

[Quanto all’opposizione tra il gioco di ruolo basato sul party e quello basato sul singolo eroe, credo che Schaefer confonda un po’ le carte in tavola. Nei RPG ben fatti, il party non è composto da più pedine tutte nelle mani del giocatore: il giocatore interpreta comunque un solo personaggio, gli altri sono suoi ‘compagni di viaggio’ che possono anche litigare con lui o fra di loro e abbandonarlo sul più bello. Più condivisibile è la seconda riflessione: indubbiamente oggi il videogioco pensato e realizzato da uno o da pochi autori è una realtà impensabile, almeno nel grande mercato. Questo significa che necessariamente stiamo perdendo e perderemo molti pezzi della creatività del singolo genio].

Jan Lechner (Radon Labs: Drakensang: The Dark Eye)
I RPG sono sicuramente cambiati. Capacità tecniche, giocabilità e meccaniche di gioco sono cambiate e migliorate. Nei primi anni, i limiti tecnici costringevano gli sviluppatori a fare i conti con una certa quantità di astrazione, che si concretizzava in decine di tabelle e indici. Solo alcuni elementi all’interno di queste tabelle potevano essere visualizzati graficamente. Questo significa che solo i veri fan dei RPG potevano giocarci per lungo tempo. Allo stesso tempo, questo significa che l’attenzione era focalizzata sull’elemento essenziale del RPG, la storia. Tutti gli elementi della storia (i personaggi, la crescita di livello, le relazioni tra i personaggi, la caratterizzazione del mondo, la sceneggiatura stessa) ricevevano grande attenzione.
Oggi chi sviluppa un RPG ha possibilità molto maggiori. E questo va ammesso. Il problema è che questo fatto ha spostato l’attenzione. Molti RPG attualmente in sviluppo stanno cercando di ricavare il massimo dalla tecnologia, ma gli sviluppatori stanno dimenticando che i RPG sono costituiti soprattutto da elementi non visibili come la sceneggiatura e la costruzione psicologica dei personaggi, ma anche il coinvolgimento del giocatore e della sua immaginazione. Naturalmente non si può generalizzare: ci sono sempre stati giochi buoni e giochi meno buoni, e sarà sempre così. E forse è solo l’alto numero di uscite che c’è oggi a far pensare ai giocatori che ci fosse più qualità nei tempi passati.
Non è passato molto tempo da quando i RPG, proprio a causa del loro uso dell’astrazione, costringevano il giocatore a crearsi la sua propria visione di certi elementi. Questo però significa anche che il giocatore poteva plasmare il suo personaggio, il suo universo e i suoi abitanti nel modo che più gli andava, perché *doveva* usare l’immaginazione, esattamente come nei RPG cartacei che sono sempre stati la base di partenza del gioco di ruolo per computer. Quando creiamo un gioco dobbiamo tenere a mente che le immagini e i ricordi che si provano in questo modo possono essere più intensi di quello che si prova davanti ai giochi di oggi.
Poi oggi è cambiato il target dei RPG per computer. Non esiste più la comunità piccola ed ‘esclusiva’ che esisteva allora. Oggi i CRPG devono piacere a un grande gruppo di persone, ciascuna con la sua idea su come dovrebbe essere un RPG. A causa di questo, gli sviluppatori tentano di ridurre la complessità e di rendere l’accesso al CRPG più semplice. I tutorial aiutano a muovere i primi passi e introducono il giocatore al mondo di gioco. Le tabelle e gli indici del passato, come anche i dialoghi, sono oggi presentati in modo più accattivante.
I generi si sono mischiati e stanno emergendo nuovi sotto-generi. Oggi ci sono i “RPG classici”, gli “action RPG”, i “MMORPG”. Alcuni RPG sfiorano il confine con l’avventura grafica e perfino con lo sparatutto.
Il mercato dei videogiochi e soprattutto il suo segmento relativo ai CRPG sono molto cambiati recentemente, e l’industria sta cercando di tenere il passo. Non sempre le cose funzionano: c’è una mancanza di innovazione, e questo può essere spiegato attraverso l’aumento dei costi di produzione, che diminuisce la volontà di investire in qualunque cosa sia vista anche solo minimamente rischiosa.

[A proposito del ruolo della fantasia, ribadisco quanto detto sopra: oggi è impensabile che una grande casa di produzione abbassi volontariamente il dettaglio della grafica per stimolare maggiormente la fantasia dei fruitori. La soluzione è stimolarla in altri modi, per esempio evitando di imbrigliare i giocatori in una storia già dettagliatamente sceneggiata. Quanto al cambio di ‘target’, è sicuramente vero che oggi un gioco deve risultare appetibile anche a un pubblico più vasto, ma è altrettanto vero che molti giocatori oggi sono adulti e non ragazzini, hanno gusti più raffinati e pretendono di più. Quindi non tutti i cambi di target vengono per nuocere].

Lukasz Mach (CD Projekt: The Witcher)
Avevo 17 anni quando giocai a Fallout per la prima volta. Le cose erano differenti allora. Niente lavoro, niente problemi: solo io e l’abitante del Vault. Solo io e una grande storia, un vasto mondo da esplorare, e un sacco di tempo libero da dedicare al divertimento. La stessa cosa era vera per Baldur’s Gate e per un sacco di altri titoli. Io e i miei amici discutevamo continuamente i nostri progressi all’interno di quei giochi. Non eravamo semplici giocatori… era la nostra vita! Un gioco nuovo avrebbe potuto cambiare l’organizzazione delle nostre giornate senza che ci fossero serie conseguenze. Ma ora è tutto cambiato…
Non sono più un ragazzino che gioca per tutto il tempo. E non sono il solo: ci sono molte persone che erano giocatori di RPG ‘hardcore’ e che ora giocano solo ogni tanto. Recentemente ho giocato a Oblivion e a World of Warcraft, ma anche a qualche altro gioco. Ce ne sono di molto belli, questo si può dire senza dubbio. Ma per me, non è la stessa cosa che in passato. Adesso posso giocare per un’ora al giorno dato che il mio lavoro, la mia ragazza e, beh, la mia vita richiedono molto tempo. A causa di questo, non sono più in grado di apprezzare i giochi come facevo una volta. Non posso più esplorare ogni grotta, parlare con ogni NPC e, alla fine, dirmi “conosco questo gioco al cento per cento!”
Come persona che lavora con i giochi, non direi mai che “non fanno più i RPG di una volta”: sono troppo appassionato, e apprezzo troppo il lavoro e le idee degli sviluppatori. Ma il giocatore medio non tiene conto di queste cose. Ecco perché sentiamo spesso persone che ricordano i ‘bei tempi andati’, soprattutto nei siti e nei forum dedicati ai RPG.
Io, per essere franco, penso che i RPG stiano migliorando. I miglioramenti grafici sono ovvi, ma non è questo il punto. Nei RPG moderni, è possibile esplorare il mondo liberamente, creare il personaggio ponendo grande attenzione ai dettagli, o anche parlare con altri giocatori in giro per il mondo (nei MMORPG). Queste cose sono tutte positive per me. Molti scettici affermano che i moderni RPG sono troppo semplici e schematici. Ma non era la stessa cosa nei giochi più vecchi? Baldur’s Gate o Icewind Dale erano forse pieni di quest uniche e mai viste prima? Non particolarmente.
Certo, adesso i giochi sono grandi business e alcuni produttori spingono gli sviluppatori a farli più orientati al combattimento e all’azione e meno alla storia rispetto a prima. Ecco perché molti giochi moderni mancano di una storia profonda e complessa e di lunghe sessioni di dialogo. Ma questa non è una regola e credo che alcune nuove uscite come Gothic 3 e ovviamente The Witcher porteranno i CRPG a tornare sui loro passi e a vantare una storia ricca e interessante. Dopotutto non è questo a caratterizzare un RPG? Senza una buona storia, non sarebbe un RPG.
Non sono i giochi a non essere più come una volta, siamo noi giocatori. C’è sempre la tendenza a dire che “i tempi andati erano migliori”. Questa frase si sente quando si parla di musica, di libri, di film. Ora sta succedendo anche per i giochi perché la prima generazione di giocatori sta invecchiando. Questo è il solo motivo per cui succede.

[Direi che condivido tutto quanto detto da Mach, con la precisazione che non mi pare di vedere, oggigiorno, una così grande penuria di storie profonde e complesse. Mi pare sinceramente che in nessuno dei giochi usciti ultimamente il problema maggiore sia la qualità della storia. Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di un’arte ‘giovane’ e spesso ancora intrappolata dentro molti cliché. Non possiamo usare Torment come pietra di paragone: Torment è un’eccezione!]

Thomas Riegsecker (Basilisk Games: Eschalon: Book I)
E’ vero che non fanno più i RPG di una volta. Anni fa, i RPG erano un genere eccentrico giocato da giocatori che si divertivano a spendere dozzine di ore disegnando mappe di sotterranei su carta millimetrata davanti al computer dei genitori. Il RPG di oggi è uno sfavillante paese delle meraviglie completo di acqua con i riflessi e magnifici giochi di luce, giocato nella console più all’avanguardia mentre ci si rilassa sul divano. Le differenze tra i RPG di ieri e quelle di oggi sono notevoli e durante il passaggio dal floppy disk al DVD il genere ha un po’ perso la sua integrità.
La ragione più ovvia del cambio nel modo in cui i RPG vengono progettati è la crescita dell’industria del videogioco e del costo necessario per realizzare i giochi. Per esempio, vent’anni fa un buon RPG poteva essere realizzato da un gruppetto di amici; al contrario, la creazione di Oblivion ha richiesto il lavoro di più di 100 persone. Questo è un investimento notevole per un produttore e quindi gli sviluppatori hanno la necessità di realizzare un gioco che attragga il pubblico più vasto possibile in modo da massimizzare le vendite. L’ironia è che questo processo di creazione di RPG per le masse tende a respingere il mercato di nicchia degli appassionati che a suo tempo diedero vita al genere stesso!
Lo spostamento verso il RPG di massa ha avuto un profondo effetto sulle meccaniche di questi giochi. Un trend comune è stato quello di semplificare la complessità dei RPG rendendo meno complesse le statistiche e le abilità del personaggio. Si dà per scontato che il giocatore casuale non voglia curare nei dettagli i propri personaggi e quindi il mercato di massa ha semplificato questo aspetto per far sì che indipendentemente da quanto si trascuri lo sviluppo del personaggio si possa comunque godere del gioco. I maghi stupidi e i guerrieri deboli vengono penalizzati raramente.
Un cambiamento più recente e anche più deludente è stato quello di rendere il mondo costantemente ‘livellato’ sul personaggio giocante. Penso che si tratti della cosa peggiore che sia mai capitata ai RPG da quando la parola “action” è stata associata al genere. Se sicuramente un gioco diventa in questo modo più accessibile per il giocatore casuale, viene contemporaneamente distrutto uno dei piaceri fondamentali del role-playing, l’avanzamento del personaggio. Dato che il mondo di gioco ‘produce’ sempre nemici e tesori regolati sul livello corrente del personaggio, un personaggio di livello basso non troverà mai casualmente un nascondiglio con dentro armi potenti, e un personaggio di alto livello non potrà mai entrare in un campo di inetti criminali per fare un po’ di facile giustizia. Sono solo pochi i momenti in cui davvero si teme per la vita del personaggio o in cui ci si sente il più potente del mondo. In tutta sincerità, tutto questo è terribile.
Infine, molti produttori sanno che spesso la chiave per vendere molto è la grafica di qualità, e di conseguenza i soldi del budget vengono spesi in accordo con questa convinzione. La grafica è certamente importante, ma la vera essenza del gioco di ruolo è l’uso da parte del giocatore della sua immaginazione per interpretare i suoi personaggi. La grafica luccicante attira solo il giocatore casuale, il vero giocatore di RPG cerca la sostanza, e si accorge subito di quando si è data troppa importanza alla grafica rispetto al resto.

[Osservando il livello di complessità dei regolamenti alla base di giochi come Neverwinter Nights, non mi pare ci sia poi stata questa grande semplificazione rispetto al passato. Mi pare che si tenda a voler leggere una congiuntura legata a certi giochi e a certi periodi come un trend generale: in realtà ci sono sempre stati giochi semplici e giochi complessi. E comunque non è detto che la libertà di interpretazione sia sempre facilitata dalla presenza di numerose variabili numeriche. Il problema del livellamento mi sembra del tutto off topic dato che non è certo un’invenzione dei giochi di questi anni. Mi pare che Riegsecker volesse togliersi un sasso dalla scarpa; niente di male, ma poteva almeno avere il coraggio di dire il nome del gioco contro cui stava parlando (Oblivion, ndr)].

Bill Roper (Flagship Studios: Hellgate: London)
Ci sono davvero pochi giochi, in realtà, che vengono fatti “come una volta”, e come nella maggior parte delle cose della vita, spesso si guarda all’indietro attraverso lenti colorate di nostalgia. Ho tirato fuori alcuni di quei grandi vecchi RPG e, se si può dire che avevano senz’altro degli aspetti notevoli, è ovvio che abbiamo fatto grandi passi avanti nel rendere i giochi più coinvolgenti, più semplici e soprattutto più pratici da navigare.
Sono cresciuto giocando a Bard’s Tale e a Wizardry, nonché alla favolosa serie Gold Box di SSI. Wizardry in particolare è stato fondamentale nel farmi realizzare il desiderio di mettermi a creare dei giochi, e ho molti cari ricordi collegati a quella serie. Ma quando sono tornato a giocarci, tutte quelle cose che davo per scontate come parte del gioco le ho trovate onestamente pesanti e frustranti. Dover trascorrere sei minuti in ogni combattimento mentre cercavo di farmi strada fra quattro gruppi di 99 mostri era snervante. L’ambientazione “3D” che a suo tempo era coinvolgente sembra terribilmente “vecchia” se paragonata ai sistemi di combattimento e di esplorazione di oggi, anche quando sono basati su sistemi di regolamento simili.
Poi c’è stato il mio riavvicinamento alla serie Bard’s Tale. Dover disegnare le mappe man mano che proseguivo nell’esplorazione del mondo… wow, avevo dimenticato quanto tempo serviva! Ho dovuto provare ogni porta per capire quale era chiusa a chiave, quale era quella di un negozio, quale era quella della Gilda degli Avventurieri dove ottenere nuovi livelli… e nel frattempo dovevo fare attenzione a segnare tutto nella mia carta fatta a mano. Senza contare tutte le volte che venivano usate stanze segrete o scuri passaggi.
Naturalmente poi questi RPG erano tutti per giocatore singolo. Nella moderna era del gioco online io sento l’esigenza dell’interazione sociale. Non fraintendetemi, io adoro i RPG per singolo giocatore (Oblivion è la prova di questa affermazione) e anche in World of Warcraft gioco spesso da solo. Ma anche se vado solo raramente a fare qualche missione con la mia gilda, sono in una gilda, compro e vendo oggetti, ne creo per i miei amici, e occasionalmente mi avventuro in aree troppo difficili per l’avventuriero solitario. E tutto questo mi piace. Mi piace il modo in cui sono fatti i RPG oggi.
Quello che mi piacerebbe vedere è qualche idea presente nei vecchi capolavori rivestita a nuovo e inserita dentro la nuova era. Il dungeon crawling della serie Wizardry (o anche di Diablo), gli enigmi di Bard’s Tale, l’innovativo sistema di creazione del personaggio e l’universo di Ultima: datemi più di queste cose e meno RPG che devono basarsi su qualche licenza per essere interessanti. Che siano per giocatore singolo o MMO, preferisco i RPG di oggi quando sono ben fatti. Ma credo che questo possa valere per ogni generazione di giochi; forse gli avventurieri di oggi hanno una concezione più alta della grandezza. O forse è di nuovo colpa di quelle lenti colorate di nostalgia.

[Riflessione condivisibile, anche se continuo a non capire cosa c’entri World of Warcraft col gioco di ruolo :-)].

Ken Levine (Irrational Games: BioShock)
Per quanto la cosa possa contrariare alcuni fan dei RPG, i giochi sono dovuti cambiare man mano che la tecnologia ha aperto nuove porte e che i giocatori sono diventati più esigenti. Se i RPG erano una volta gli unici giochi in cui la storia e lo sviluppo del personaggio erano importanti, adesso questi elementi vengono visti come componenti obbligatori di ogni gioco di alto livello. Una buona storia non è sufficiente per essere competitivi; il business spinge verso un approccio cinematografico con doppiaggi completi e grafica realistica, magari anche con un doppiatore famoso e con pubblicità all’interno del gioco.
Non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma questo è lo stato attuale dell’industria. Tocca agli sviluppatori far progredire la categoria, usando i metodi a loro disposizione per catturare i giocatori all’interno di una storia; d’altra parte, non tutta l’evoluzione tecnologica deve venire per nuocere.
Molti dei RPG più memorabili ci hanno catturato per settimane o mesi, e il loro completamento diventava una specie di lavoro part-time. Sfortunatamente gli alti costi di sviluppo significano che probabilmente non vedremo presto molti giochi della durata di 200 ore o più. Tuttavia i giochi che ci arriveranno saranno più saldamente divertenti. Possiamo usare la tecnologia per offrire ai giocatori un’esperienza più ricca di atmosfera, evocando livelli di emozione e di coinvolgimento impensabili con gli sprite della grafica in 2D.
Quindi se i giochi sono dovuti diventare più brevi, i migliori sono anche diventati più profondi. Gli stessi elementi che amiamo nei RPG (una bella storia, un profondo sviluppo del personaggio, la presenza di numerose strade all’interno del gioco) sono ancora presenti in molti giochi per PC e console della nuova generazione. Sta diventando sempre più difficile dividere i giochi tra generi, dato che i migliori prendono qualunque elemento vi sia a disposizione per dare ai giocatori la miglior esperienza possibile.
Anche se Bioshock è stato chiamato un nuovo esponente degli “sparatutto intelligenti”, molta della sua profondità deriva dai RPG. Costringiamo i giocatori a fare continuamente delle scelte, e dipende dalle loro il tipo di morale del personaggio, la sua affinità con il combattimento eccetera. Anche se molti RPG hanno dato ai giocatori la possibilità di affrontare le situazioni in modo diverso, solo adesso stiamo vedendo giochi in cui il mondo reagisce veramente alle scelte del giocatore. Ci piace molto lavorare in quest’ambito, e abbiamo sempre pensato che il genere dei RPG abbia tante cose da insegnare agli altri generi. A Bioshock stiamo cercando di ‘far imparare’ proprio questo.

[Anzitutto non credo affatto che il business spinga verso l’approccio cinematografico: è pieno di giochi recenti di grande successo che sfruttano grafiche fumettose, deformate, ironiche. Il realismo estremo è solo una delle tante strade percorribili. In secondo luogo, i giochi che durano per più di 200 ore esistono ancora, eccome se esistono! Basta saperli adoperare nel modo giusto :-)].

Mark Brouwer (Larian Studios: Divine Divinity)
L’argomento di discussione implica che la qualità dei RPG sarebbe peggiorata negli ultimi anni perché il genere si sarebbe allontanato dagli elementi con cui i giocatori hanno familiarità. Per prima cosa vorrei dire che non c’è evoluzione senza cambiamento e che quindi da questo punto di vista non vedo problemi nel fatto che il genere si muova verso nuove direzioni. In secondo luogo, negli ultimi anni le aspettative del cliente sono cambiate molto, assieme al mercato stesso. Nuove persone hanno scoperto il meraviglioso mondo del gioco per computer. A causa di questo, gli sviluppatori stanno cercando di rendere il complesso universo dei RPG accessibile a un pubblico più vasto.
I RPG di una volta richiedevano un po’ di tempo per essere compresi, specialmente se se ne accostava un non esperto del genere. L’effetto dell’aggiunta di un punto alla forza invece che all’agilità poteva cambiare molto da gioco a gioco. World of Warcraft ha fatto un passo decisivo nel semplificare le statistiche facendo sì che i punti vengano distribuiti automaticamente. Questo danneggia il gameplay? Non penso, dato che World of Warcraft è comunque un gioco di ruolo molto divertente. E’ un gioco di ruolo, non una prova di matematica. Questo non significa che non possano essere presenti al suo interno complessi sistemi matematici; al contrario, se possono aggiungere spessore al gameplay è meglio aggiungerli, ma che differenza fa se rimangono nascosti? Il risultato finale sarà lo stesso.
Diamo un altro sguardo alla complessità del genere dei RPG. Nel passato, molte quest richiedevano ore, se non giorni, per essere completate. Al giorno d’oggi, molte persone vengono considerate “giocatori casuali”. Non hanno il tempo per giocare per molte ore di seguito. Vogliono essere intrattenute, possibilmente fin dal primo momento in cui iniziano a giocare. Se il gioco è troppo difficile, smetteranno subito. Il mercato è cambiato col tempo, gli sviluppatori tentano di soddisfare la nuova domanda e di portare al giocatore giochi divertenti. Anche l’angolo di attenzione del giocatore è cambiato nel corso degli anni. Con Divine Divinity abbiamo creato un gioco di circa 100 ore. Al giorno d’oggi la maggior parte dei giochi sta fra le 5 e le 40 ore, e l’aspettativa del giocatore si è regolata di conseguenza.
Da un altro punto di vista, immaginate il costo che avrebbe la creazione di 100 ore di gioco agli standard odierni con personaggi e ambientazioni ultra-caratterizzati, animazioni realistiche, un motore fisico, un gameplay perfetto. Il grande miglioramento della qualità grafica richiede anche una gran quantità di tempo di produzione aggiuntivo. L’avanzamento tecnologico ha reso lo sviluppo dei giochi più lungo e complesso. Se una volta si usava una sola texture per ogni modello, adesso se ne usano anche 10. Poi c’è la grande popolarità del gioco online, che richiede molto tempo per essere implementato, senza neanche pensare a tutti i problemi di bilanciamento. Ottimizzare i tempi di produzione è un duro lavoro, dato che è l’estetica ad attirare anzitutto i giocatori, visto che il gameplay è qualcosa che deve essere sperimentato col tempo.
Il gameplay si è evoluto durante gli anni e secondo me è migliorato parecchio. Le persone non ricordano i flop del passato, solo i successi, ed è per questo che il passato sembra sempre migliore, dato che i grandi successi non sono così frequenti.

[La tesi di fondo è condivisibile, ma vorrei ribadire che esistono ancora giochi che durano per 200 e più ore e che sono al contempo realizzati secondo gli standard tecnologici più elevati. L’aspettativa del giocatore non si è affatto abbassata riguardo alla durata dei giochi: il sottoscritto e molti altri recensori danno gran peso al fattore durata e rigiocabilità in sede di giudizio di un gioco. Quanto ai problemi derivati dal gioco online, basta non implementarlo. Ci sono giochi di grande successo che sono solo per giocatore singolo. Quindi dov’è il problema?]

Alan Miranda (Ossian Studios: Darkness over Daggerford)
Che si parli di rock and roll o di RPG, che le cose cambino è del tutto naturale. Come il sound del rock and roll è cambiato dagli anni Cinquanta a oggi, così il gameplay dei RPG cambia di anno in anno. Alla base ci sono elementi che rimangono gli stessi, quindi sarà vero che il miglior RPG di oggi è peggiore di quello ‘di una volta’? Penso che la risposta riguardi sia i fatti sia le ‘illusioni’.
Il fatto è che gli sviluppatori davvero non fanno più i RPG come una volta. Non è una affermazione negativa: sto parlando del loro approccio nei confronti dello sviluppo. La conoscenza accumulata dal fare giochi di ruolo negli ultimi 25 anni ci ha insegnato tante cose. Abbiamo sperimentato e rifinito, pescando da quella conoscenza per creare giochi di successo che vantano meccaniche superiori a qualunque prodotto del passato. Per esempio chi vorrebbe essere ancora rallentato dal peso del suo oro o dover ancora mangiare per sopravvivere? I giochi di ruolo di oggi hanno anche caratteristiche superiori, mirano a essere realistici, a sembrare più cinematografici e coinvolgenti grazie a doppiaggi completi e a musiche d’orchestra. Come si può dire che non siano migliori rispetto al passato?
In generale è così, ma questo non significa che si siano perse certe cose lungo il percorso. Stiamo continuando a sperimentare nuove meccaniche per migliorare i nostri giochi e ad avere le nostre potenzialità limitate dal clima finanziario che si respira nell’industria. Che tutti i NPC abbiano i dialoghi doppiati in un gioco è bellissimo, ma significa anche che la quantità di dialogo deve essere ridotta, che ogni concetto deve essere scarnificato altrimenti le spese di doppiaggio saranno troppo alte. Sviluppare un’interfaccia e un gameplay che funzionino sia sul PC sia sulle console significa magari lasciare meno spazio al mouse e quindi dare agli utenti PC l’impressione che il gioco sia poco curato. Questi esempi non rappresentano necessariamente direzioni negative; sono semplicemente elementi diversi rispetto al passato.
L’altra metà della mia risposta riguarda l’illusione, l’illusione creata dalla nostalgia. Sono sicuro che i miei genitori alzavano gli occhi al cielo sentendo la musica che ascoltavo quando ero teenager, e che pensavano che era terribile se paragonata a quella che ascoltavano loro quando erano teenager. Io pensavo fosse magnifica perché per me era una cosa nuova, ed è diventata il mio punto di riferimento per giudicare tutto quello che è venuto dopo. Era meglio forse della musica di vent’anni prima? E’ del tutto soggettivo. Penso che i giocatori di breve data stiano giocando i RPG di adesso e pensando che siano la cosa migliore del mondo, perché per loro sono una cosa nuova. Non possono fare paragoni con i successi di 10 o 15 anni fa come le persone che hanno effettivamente giocato ai capolavori di 10 o 15 anni fa. Sono solo i vecchi giocatori che si lamentano delle cose nuove, ma credo che per la maggior parte sia colpa della nostalgia.
Se mi lascio dominare dalla nostalgia, allora anche io sento la mancanza dei vecchi RPG. Allo stesso momento, però, so che i RPG non sono mai stati migliori di adesso.

[La tesi di fondo è condivisibile, anche se forse venata di un qualche ottimismo di troppo. L’unica obiezione riguarda quel “chi vorrebbe dover ancora mangiare per sopravvivere?” Risposta: le migliaia di appassionati di Morrowind che hanno scaricato il plugin Necessities of Morrowind, uno dei più ‘gettonati’ in assoluto. Un motivo ci sarà :-)]

Amanda Fae (Amaranth Games: Aveyond)
Tecnicamente, sì, non fanno più i RPG di una volta. Oggi abbiamo un sacco di strumenti che una volta non c’erano. I trend sono sempre stati qualcosa di temporaneo. I giochi sono un po’ come la moda. Un giorno va di moda una cosa, il giorno dopo va di moda il suo esatto contrario.
Le avventure grafiche erano il genere di maggior successo nei tardi anni Ottanta e nei primi anni Novanta, il dungeon crawling nei tardi anni Novanta, e oggi i ragazzini più alla moda non si perdono nemmeno uno sparatutto. L’industria è molto giovane, quindi non abbiamo ancora avuto modo di osservare il ritorno di certi trend del passato.
Ho amato molto la grafica in 2D dei primi RPG, e mi piacerebbe molto vedere un RPG in 2D ad alta risoluzione oggi. Ricordo quando sono usciti i primi giochi in 3D, e anche quelli mi sono piaciuti molto. Ma oggi è tutto in 3D e sento la mancanza dei giochi ‘vecchio stile’ che non si vedono più.
Una delle cose che mi mancano di più dei vecchi giochi è il fumetto che descriveva le cose. Mi piaceva molto cliccare sugli oggetti e leggere descrizioni ironiche degli stessi. Oggigiorno i giochi sono troppo seri e troppo simili ai film. Ho bisogno di qualche risata, e non mi capita spesso di farne davanti ai RPG d’oggi. Mi piacerebbe molto che i vecchi RPG tornassero indietro…

[L’ironia è un’arma efficace, se usata con stile. Credo però che l’atmosfera leggera che permeava molti vecchi giochi non fosse dovuta a una consapevole esigenza di voltare la vita in commedia ma al semplice fatto che i giovani fruitori non avrebbero probabilmente compreso delle tematiche più adulte. Ridere davanti a una bella battuta dà soddisfazione, ma ne dà altrettanta, se non di più, una riflessione sul senso delle cose scatenata, magari, da una sessione di gioco a Planescape: Torment].

2 thoughts on “Non fanno più i GdR di una volta!”

  1. “Per esempio chi vorrebbe essere ancora rallentato dal peso del suo oro o dover ancora mangiare per sopravvivere?”, ha avuto la straordinaria capacità di descrivere in una sola frase tutti i giochi di sopravvivenza che tanto sono andati di moda poco tempo fa.
    Questo approfondimento è molto interessante, anche se personalmente non sono d’accordo con molto di quanto ho letto, dal parlare della nostalgia (in quanto non ho vissuto quel periodo all’epoca, ma ci nutro comunque un profondo interesse) al continuo accenno alla grafica e al miglioramento.

    Per esempio per quanto riguarda la grafica, a parer mio non bisogna fare un discorso legato all’immaginazione usata per colmare una bassa risoluzione, ma piuttosto vedere come una bassa risoluzione può regalare un’esperienza differente da qualcosa di ben definito. Un lavoro in pixel art ti lascia qualcosa di diverso da un prodotto in 3D fotorealistico, ne migliore e ne peggiore (anche se sicuramente più economico) ma semplicemente diverso. Per questo per esempio amo il filone horror che si ispira alla prima playstation, non per nostalgia ma perché con tali limitazioni ed effetti dovuti da una tecnologia più acerba si poteva ottenere qualcosa di differente.

    1. Mosè Viero

      L’articolo è di 15 anni fa, bisogna tenerne conto. Non credo che in quell’epoca ci fosse la pixel art intesa come forma d’arte autonoma, almeno non c’era come c’è oggi. Né esisteva all’epoca tutto quel filone di GdR dichiaratamente ‘vecchio stile’ come Pillars of Eternity, Tides of Numenera et similia. Sono d’accordo con quello che scrivi: alla fine a fare la differenza è il progetto artistico, più che la resa grafica vista in senso assoluto.

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Scroll to Top