Il buon senso è finito su Andromeda

Nei forum e nei gruppi di discussione, l’episodio più recente della saga di Mass Effect si trova al centro di pesanti polemiche. Polemiche che rappresentano un ottimo spunto di riflessione sulle modalità distorte della comunicazione online tra appassionati.

[articolo originariamente pubblicato il 3 maggio 2017]

1. Demolizione controllata preventiva
Alla fine di marzo del 2017 è stata pubblicata l’ultima fatica di Bioware, Mass Effect Andromeda, nuovo capitolo e per certi versi anche nuovo inizio della celebre space opera che ha visto protagonista, nella trilogia originale, il mitico capitano Shepard. Chi come noi frequenta i forum di appassionati, anche solo da lurker (cioè da utente che legge ma non partecipa attivamente alle conversazioni), ha dovuto sorbirsi, nei mesi precedenti la pubblicazione del titolo, fiumi di parole su quello che sembrava un difetto imperdonabile del prodotto ancora in via di realizzazione: la resa imbarazzante delle animazioni e in generale lo scarso appeal estetico dei personaggi, soprattutto degli umani. La rete è stata letteralmente invasa da materiale ironico e satirico, generalmente sotto forma di GIF, immagini animate ricavate dai filmati del gioco diffusi dal publisher EA o da versioni alfa o beta divenute di dominio pubblico nel sottobosco del web profondo. L’animazione imbarazzante riproposta in loop e magari affiancata da commenti o riferimenti iconografici tratti dalla cultura pop dà vita a un inevitabile effetto comico. Ecco alcuni tra gli esempi più utilizzati.

Come sa chi frequenta regolarmente i forum e i gruppi di discussione, nella realtà parallela degli appassionati duri e puri Bioware è, già da molti anni e a prescindere dalla qualità effettiva dei suoi prodotti, oggetto di critica e demolizione preventiva. Soprattutto dopo il suo assorbimento da parte di EA, gigante dell’intrattenimento identificato da molti come incarnazione perfetta della volontà di guadagno realizzata a scapito della qualità del prodotto, la casa di sviluppo canadese è, assieme a Bethesda, altra vittima prediletta dell’odio senza se e senza ma, obiettivo di vere e proprie campagne di denigrazione sistematica. È ovvio quindi che un comparto d’animazioni come quelle viste sopra, senza dubbio discutibile, rappresenta un assist formidabile ai polemisti da tastiera di ogni ordine e grado: il “popolo del web” ha deciso la bocciatura senza appello di Mass Effect Andromeda prima ancora di toccare il gioco con mano, di provarne l’ossatura e la giocabilità, di godere delle trovate presenti a livello di trama e ambientazione. Quella grafica che in altre occasioni e in altri dibattiti viene sempre derubricata a elemento secondario e financo distraente diventa, in questo caso, l’unico metro di giudizio possibile: tutto fa brodo, quando si tratta di demolire il publisher cattivo e di portare acqua al mulino delle produzioni autentiche e genuine, vale a dire quasi tutto ciò che non è Bioware o Bethesda.
Non è questa la sede per raccontare la natura vera di Mass Effect Andromeda, un titolo che ha senza dubbio dei problemi ma le cui animazioni, viste al di fuori delle GIF alienanti e all’interno del fluire naturale della giocabilità, rappresentano un accidente tutto sommato secondario se non quasi completamente ininfluente. Qui vorremmo invece partire dalle polemiche appena descritte per alzare un po’ lo sguardo e parlare più in generale di quanto sia distorta l’immagine del nostro hobby preferito per come emerge dalla comunicazione online tra appassionati: un tema che, come avremo modo di vedere, offre interessanti spunti di riflessione che vanno anche al di là del nostro passatempo particolare.

2. Il più furbo è sempre l’hater
Semiologi e sociologi concordano sul punto già da tempo: per sua stessa natura, l’internet favorisce il pensiero dietrologico. Mai come prima d’ora, grazie alla comunicazione in rete, sono fiorite le cosiddette teorie del complotto: spiegazioni assolutamente improbabili di eventi della storia umana, messe assieme in genere da persone prive di qualunque competenza in materia, che contribuirebbero a far emergere le motivazioni vere dietro agli eventi medesimi. Se alcune di queste teorie sono solo l’innocuo passatempo di qualche disadattato, altre hanno conseguenze terribili: basti pensare alle leggende metropolitane collegate ai vaccini, che stanno riportando in vita malattie che si pensavano definitivamente debellate da decenni.
Il tema è ovviamente molto complesso, ma in questa sede ci faremo bastare la seguente, rozzissima esegesi: se le nuove tecnologie permettono a chiunque di lanciare messaggi a centinaia se non migliaia di persone, per giunta con la protezione dell’anonimato, è evidente che il modo più facile per attirare l’attenzione e guadagnare seguito è spararla grossa. Certo, occorre una certa eleganza nel farlo: la sparata deve essere al contempo assurda ma anche plausibile, e possibilmente supportata da un corredo di spiegazioni basate su una logica più che elementare, così da essere alla portata di tutti. Una volta diffusa la sparata, scatta una dinamica che si può prevedere fin nei dettagli: i più sprovveduti la sosterranno a spada tratta; qualcuno dotato della quantità minima di neuroni cercherà di spiegare che è un’idiozia; a quel punto i primi accuseranno quest’ultimo di essere un difensore dello status quo o un servo del potere.
L’elemento forse più interessante è che questa dinamica è riconoscibile in quasi tutti i confronti in seno ai social network, non solo quando si tratta specificamente di confronti relativi a una qualche teoria del complotto. All’interno dei meccanismi della comunicazione online, colui che ragiona pacatamente e soprattutto colui che oltre ad attaccare difende e che magari è disponibile a riconoscere il buono dovunque esso sia ha irrimediabilmente meno appeal di chi critica a testa bassa. Perché l’internet è aperto a tutti, anche a chi è, non certo per sua colpa, completamente privo di strumenti di critica e di analisi, vale a dire anche a chi ragiona non con la testa ma con la pancia. E la pancia, ahinoi, tende a essere sempre distruttiva.
Gli esempi si sprecano. Si pensi a quando un politico affaccia timidamente su Facebook o su qualche altro social: indipendentemente dalla sua posizione, riceverà anzitutto pernacchie, anche quando starà esprimendo opinioni degnissime se non universalmente condivisibili. L’unico caso in cui non succederà sarà quando il politico stesso si farà espressione dell’odio indiscriminato del “popolo della rete”: in Italia siamo purtroppo all’avanguardia su questo aspetto, essendo l’unico paese europeo ad avere un grande partito, il probabile prossimo partito di Governo, a basare tutta la sua piattaforma sul qualunquismo ostile tipico dell’internet.
Torniamo alla nostra passione particolare. Chi può risultare più interessante, in un forum popolato principalmente da giovani e giovanissimi (e quindi potenzialmente ancora più sprovveduti dell’utente medio): chi difende il videogioco pubblicato dalla major mostrandone i pregi o chi lo demolisce senza pietà evidenziandone i difetti? Non serve nemmeno rispondere. A far la figura peggiore sarà forse, paradossalmente, proprio colui che cercherà di individuare pregi e difetti senza farsi influenzare dal nome degli autori, dagli episodi precedenti, dagli altri giochi della stessa tipologia. Perché farà la figura di quello più pavido, indeciso, cerchiobottista. La lotta senza quartiere in cui si risolve ogni dibattito nell’internet richiede il suo tributo di sangue: o sei di qua o sei di là. Il ragionamento complesso che vada al di là del sistema binario è per i perdenti, la presa di posizione rigorosa e senza compromessi è per i vincenti.

3. Se lavori, sei un corrotto
Corollario inevitabile di quanto esposto nel paragrafo precedente è una delle più grandi tragedie dell’epoca contemporanea: la perdita di ogni fiducia verso gli esperti. Se sulla rete si trovano risposte immediate per ogni possibile domanda e soluzioni semplici per problemi complessi, ciascuno può diventare non solo il medico di se stesso ma più in generale il tuttofare di se stesso. Volendo restare all’ambito tutto sommato frivolo delle opere dell’ingegno, un tempo funzionava così: acquistavo una rivista dove un recensore qualificato analizzava le opere, e quelle analisi potevano darmi spunti di riflessione (e volendo suggerimenti per l’acquisto) più o meno condivisibili. Ora la ‘mediazione’ del recensore qualificato sembra non servire più: l’internet pullula non solo di forum di discussione per appassionati ma anche di siti in cui traboccano le recensioni fatte dagli acquirenti o semplicemente dai fan, a disposizione di tutti e per di più gratis.
Ma se il professionista fosse solo considerato inutile, la tragedia potrebbe ancora essere risolvibile: il problema è che il professionista non è solo inutile ma è, quasi per sua stessa definizione, anche corrotto. Il sillogismo elementare è presto fatto: se tanti appassionati spendono tempo e fatica per dire la loro opinione sui forum e nessuno li paga, perché qualcuno paga il recensore per la sua recensione? Cosa c’è sotto? Non serve neanche dirlo: il recensore viene pagato dal publisher, per parlare bene del prodotto. Come si spiega, altrimenti, il fatto che tanti giochi hanno un voto aggregato ‘ufficiale’ di una certa natura e un voto aggregato “dei fan” di natura completamente diversa? Ovvio: i fan dicono la verità, mentre i professionisti sono corrotti. A nessuno viene in mente che la realtà possa essere opposta: ovvero che i “fan” dicono parole a caso senza rendere conto a nessuno mentre il recensore deve rispondere non solo alla sua deontologia professionale ma anche a una redazione dove presumibilmente vi sono numerosi esperti del settore. Ancora una volta, il mito della gratuità dell’internet richiede il suo tributo di sangue: se ti fai pagare per scrivere per il web, c’è sotto qualcosa di losco; se invece scrivi gratis dal tuo ufficio mentre il capo è distratto, dalle tue parole distilla la verità assoluta, incorrotta dal demone-denaro.
A ben vedere, però, non si tratta nemmeno di un problema collegato al denaro. A urtare il “popolo della rete” è soprattutto l’approccio professionale. Basta non aderire alle dicotomie decise dalla massa (per restare nel nostro ambito, Bioware versus CdProjekt, per esempio), basta avere un proprio criterio metodologico autonomo, basta voler approfondire anziché tagliare i giudizi con l’accetta e si passa automaticamente dalla parte del torto. In alcuni ambienti basta financo parlare in italiano corretto, scorrevole e ricercato per dare subito adito a sospetti. Da dove esce questo professorino? Chi si crede di essere? Scrivi forse così per manifestare la tua superiorità su di noi, povero e onesto “popolo della rete”? Un tempo il ricco curriculum e la competenza erano qualità, oggi sono onte delle quali vergognarsi.

4. Approccio critico alla critica
Il discorso, come si è visto, consente di andare ben al di là di ciò che riguarda la nostra passione particolare, e può facilmente offrire opportunità per ampie aperture sulla situazione nazionale e internazionale: ma in questa sede non ci pare il caso di parlare di massimi sistemi. Ciò che ci preme, qui, è cercare di far emergere le dinamiche dietro una certa “dialettica da forum”, così da consentire a chi si espone a certi ambienti di riconoscere queste dinamiche e mettere a punto strumenti di difesa adeguati.
Intendiamoci: leggere i forum di appassionati può essere molto divertente e istruttivo. Ma bisogna sapere cosa si sta facendo, perché se non si è provvisti di strumenti interpretativi adeguati si corre il rischio di prendere per vero un mondo solo virtuale, fatto di coraggiosi appassionati senza macchia e senza paura che combattono per il vero gioco di ruolo contro le bieche manovre dei grandi gruppi economici o semplicemente degli sviluppatori incompetenti. Per nostra fortuna, la realtà è molto più complessa di così: e anche la natura stessa del gioco ‘riuscito’ è assai più sfuggente di quel che sembra sfogliando certe discussioni tra appassionati.
Si dice che il punto fermo di ogni approccio critico dovrebbe essere il seguente: mettere in dubbio ciò che si legge, sempre. Può essere vero, ma con due precisazioni. Prima: che questa ansia di dubitare non deve diventare patologica. Seconda: che se devo dubitare di una recensione pubblicata da un sito professionale, devo dubitare mille volte di più di un commento di un appassionato anonimo. Il recensore professionista ha un curriculum, ha superato una selezione, deve rendere conto a dei capi. L’appassionato che scrive sul forum sta, nella maggior parte dei casi, solo ammazzando il tempo o cercando di ottenere tanti “mi piace”. Fate attenzione a chi eleggete come vostro mentore, sempre.

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